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16.

Premessa: mi sento in dovere di chiedere perdono (?) a tutti i lettori che leggeranno questo capitolo e che si ritroveranno alla fine, a domandarsi perché abbia fatto una scelta del genere, in quanto autrice.
Ma tutto accade per un perché e l'evento che verrà narrato alla fine di questo capitolo è solo uno dei tanti anelli che servono a concludere la catena.
Buona lettura!

***

L’aria era cosparsa di un gelo quasi invernale. Il freddo penetrava nella pelle, nonostante la protezione dei cappotti, ogni istante che passava un po' di più. Avevano appena abbandonato il tepore dell'auto e adesso si ritrovavano a percorrere il marciapiede che costeggiava la schiera di villette.

«Voglio che questa storia finisca il prima possibile» mormorò Judith, tenendosi a debita distanza da Dave, mentre Christopher, davanti a loro, sospirava. Judith aveva capito e aveva deciso: prendere le distanze da Dave, da quel ragazzo che le aveva piacevolmente sconvolto la vita e l’aveva fatta rinascere, sarebbe stata la giusta soluzione morale per far finire tutto quello. Non sarebbe stata la medicina, per lei. Avrebbe sofferto ancora, ne era certa, ma la sua famiglia, nonostante tutto, rimaneva la cosa più preziosa.

«È quello che vogliamo tutti» disse Christopher. La voce roca, attutita in parte dal fatto che fosse voltato di spalle, scivolò addosso a Judith, troppo concentrata su Dave, accanto a lei, per prestarvi attenzione.
Il ragazzo teneva le spalle incurvate in avanti, aveva l’espressione amareggiata, affranta, gli occhi rivolti verso l’asfalto.

Judith sapeva che, come lei, anche Dave doveva soffrire quella situazione, nonostante le avesse dato validi motivi per dubitare del fatto che a lui, di lei, importasse realmente qualcosa. Poi, però, la ragazza aveva accantonato la propria testardaggine, il proprio orgoglio, e a mente lucida aveva compreso che allontanarsi fosse l’unica soluzione; la più dolorosa, ma anche quella che avrebbe permesso ad entrambi di tornare a vivere ognuno la propria, seppur frastagliata, bella vita.
Eppure adesso eccolo lì, sembrava un bambino appena sgridato dai genitori. Judith avrebbe voluto fare o dire qualcosa, sapeva che avrebbe dovuto, ma dubitava che Dave l’avrebbe ascoltata.

Fu sul punto di pronunciare il suo nome per la terza volta da che erano scesi dalla macchina, ma qualcosa, nel suo profondo, la fece desistere, ancora. La mano di Dave era lì, penzolante lungo il fianco, e lei avrebbe voluto così ardentemente afferrarla e stringerla, come aveva fatto tante volte… Ricordò il suo tocco, così caldo e confortante, così familiare, e avvertì la sua mancanza più di qualunque altra cosa. Lentamente, gli si avvicinò, pronta a parlargli ma, in quel momento, Christopher sussurrò qualcosa.

«Judith, vieni qui. »
Lei fece una fatica immensa a distogliere lo sguardo da Dave per portarlo sul fratello.
«Che succede?» domandò, avvicinandosi. Lo sguardo di Christopher era puntato verso la facciata principale di casa sua, assottigliato, attento.
«Christopher… »
«Di solito lasciate le finestre aperte, a quest’ora tarda della sera? »
Judith lo guardò, confusa, poi scosse la testa.
«Chiama Dave» asserì, avvicinandosi scrupolosamente all’abitazione.
Con un’espressione confusa stampata in faccia, Judith si diresse verso Dave, scuotendolo per un braccio. Questa volta, senza fermarsi troppo a riflettere.

«Vai da Christopher… Vuole parlare con te» gli disse in un sussurro appena percettibile. Lui rimase qualche secondo interdetto, alternando lo sguardo dalla sua mano, ancora stretta sulla manica del suo cappotto, al viso di Judith, attraversato dall'inquietudine e, gli parve di scorgere, anche da un pizzico di speranza.
Dopo essersi ripreso, Dave annuì. Judith lo vide raggiungere il fratello, che si chinò appena per sussurrargli qualcosa all’orecchio. Qualcosa che la ragazza cercò in tutti i modi di percepire, fallendo miseramente.

«Posso sapere che sta succedendo?»  gli domandò, percorrendo a passi rapidi la distanza che li separava.
Nel farlo la sua voce era salita di qualche tono; Christopher la afferrò per un braccio, intimandole di stare zitta. Quel gesto, inaspettato, scaturì in Judith una reazione di ribellione. «Lasciami. »
Sperò di essersi solo immaginata l’ombra della delusione sul volto del ragazzo che, sotto sua richiesta, la lasciò andare.
«Christopher pensa che ci sia qualcuno in casa, Judith» la informò Jason, senza voltarsi. «E io sono dello stesso parere. »
«Che cosa? »

Judith sgusciò davanti ai due fratelli per vedere. La finestra principale della villetta era spalancata, le tende chiare si gonfiavano, agitate dal vento leggero della sera. Dall'interno non proveniva alcuna fonte di luce. Sul davanti, in corrispondenza del giardino, il cancelletto era stato lasciato aperto.
«Magari stanno dormendo… »
Christopher fece una smorfia. «Lasciando le finestre spalancate? E il cancello aperto? »
Judith deglutì, cercando di mandar giù l’amaro che si sentiva in gola.
No, certo che no.
Inaspettatamente, la mano di Dave si posò sopra la sua, stringendo appena le dita. Lei voltò la testa verso di lui, ma si accorse che Dave non la stava guardando. Forse voleva infonderle un po' di coraggio… Ma per cosa?

«Vado io» decise Christopher, spingendoli indietro con una mano. «Voi restate qui.»
«Non se ne parla proprio, Chris» replicò Dave, scansandogli la mano. «Vengo con te. Veniamo con te.»
Lui scosse la testa ma, prima che potesse dire qualunque cosa, Judith trascinò Dave verso il cancelletto della villa, sotto lo sguardo stranito di Christopher.
«Forse sarebbe meglio che lei restasse fuori.»
Entrambi si voltarono verso di lui. Fu Judith a prendere la parola.
«Non me ne resterò qui con le mani in mano, mentre voi entrate a scoprire cosa sia successo a casa mia, Christopher. Sono coinvolta quanto voi.»
Furono sufficienti quelle parole a mutare l’espressione sul viso del ragazzo: aveva già intuito quanto Judith fosse coraggiosa e si preoccupasse per la sua famiglia, ma ora ne aveva la certezza più assoluta.
«Entriamo.»
Christopher li superò ancora e questa volta non ammise di esser lasciato indietro. Se Judith voleva entrare, aveva bisogno di uno scudo, ben più forte di quanto potesse esserlo suo fratello.

Judith vide l’ombra del dubbio sul volto di Dave, quindi gli strinse ancora di più la mano.
«Stammi vicino» sussurrò piano, in modo che Christopher non potesse sentire.
Dave volse lo sguardo verso di lei, sorridendole appena.
«Avevi qualche dubbio? » 
La ragazza si sentì avvampare, ma comprese che non era né il momento né la situazione adatta a lasciarsi andare alle emozioni.

«Va bene, ora silenzio assoluto» disse Christopher, prima di varcare la soglia e ritrovarsi nell'oscurità più totale. Judith si strinse di più a Jason, mentre anche loro entravano. Era buio, talmente buio che non si riusciva a vedere dove mettere i piedi. Testando la parete familiare, Judith trovò l'interruttore della luce, ma scoprì che era fuori uso.
«Non c'è luce, maledizione» imprecò sottovoce.
«O è saltata o qualcuno lo ha manomesso» meditò Dave a voce troppo alta.
Neanche tu scherzi, in fatto di intelligenza.
Christopher gli fece segno di tacere, prima di estrarre il cellulare dalla tasca dei jeans, sbloccando il display per avere una piccola fonte di luce. Dave e Judith fecero lo stesso, ricominciando ad avanzare.
Lei viveva lì. Quella era la sua casa.
Il senso di turbamento cominciò a farsi più forte quando, salendo in camera dei genitori, la trovò vuota. Il letto era ancora intatto, le finestre sigillate.

«Ma che diavolo… »
«Judith» sussurrò Dave, alle sue spalle, mentre Christopher faceva correre la luce del cellulare sulle pareti della stanza.
«Di solito a quest’ora i tuoi dormono?»
Lei ci pensò su qualche istante, poi scosse la testa.
«No. Mia madre si stende sulla poltrona e guarda un po' di tv, e mio padre fa lo stesso, dopo aver gettato l'immondizia… »
La voce di Judith si interruppe. Dave la guardò, per quanto fosse possibile nella flebile luminosità dei cellulari, cercando di capire cosa l'avesse indotta a fermarsi.
«Non abbiamo controllato di sotto…»
«Giusto» replicò Jason, annuendo.
Christopher attraversò la stanza, cominciando a scendere lentamente le scale che conducevano ai piani inferiori.
«C'è troppo silenzio» asserì, facendogli segno di seguirlo.
Troppo silenzio, era vero.
I suoi genitori non si sarebbero mai comportati in quel modo ― il letto intatto, le finestre spalancate, il cancello aperto ― di proposito. Judith percepiva un freddo tagliente contro la schiena e le costole, come se decine di lame si stessero premendo contro la sua carne.
Non capiva come fosse possibile, ma, del resto, in quei giorni molte cose accadute erano inspiegabili.

«Merda
L’imprecazione di Christopher fu chiaramente percepita, all'improvviso, una volta che ebbe raggiunto il soggiorno. Dave superò Judith di qualche passo, facendole segno di rimanere ferma. Lei serrò le labbra, appoggiandosi alla parete. Cercò di contenere l’angoscia, ma fu del tutto impossibile; il fatto che volessero tenerla fuori da qualunque cosa, poi, la mandava in bestia. Quella era la sua casa, la sua famiglia, aveva il diritto di sapere. Prendendo un respiro profondo, si staccò dal muro e seguì Dave a distanza, senza fare rumore. Lui e Christopher stavano confabulando qualcosa sottovoce; Judith poté avvertire su di sé il dolore di Dave, un dolore che, ancora non sapeva, su di lei si sarebbe riversato amplificato e letale.

Stringendo le labbra e imponendosi di mantenere la calma, si decise ad entrare nella stanza, con il solo ausilio del telefono come unica fonte di luce.
Jason era inginocchiato accanto alla poltrona, Christopher in piedi che scrutava la strada, oltre la finestra spalancata. Non vide le loro espressioni, né intuì i loro pensieri. Ma, quando raggiunse Dave, lentamente e con passi tremanti, non ebbe bisogno di capire niente. 

La prima cosa che le saltò agli occhi fu la mano di sua madre penzolante lungo il bracciolo della poltrona, a pochi centimetri dal volto di Dave; vide la testa adagiata di lato, in modo che la luna, fuori dalla finestra, illuminasse il suo collo bianco e la catenina che non si era mai sfilata, in tutti gli anni che Judith aveva trascorso con lei. Vide i capelli biondi davanti agli occhi, che ricadevano come se si trattasse di una detenuta, e poi, spostando lo sguardo più in basso, vide ciò che sarebbe rimasto impresso per sempre nella sua memoria, ciò che l’avrebbe segnata nell’anima; una prigione, orrida, da cui non sarebbe più uscita.

Una pozza di sangue scuro si allargava sul petto di Jenna, espandendosi a vista d'occhio; la mano, quella accanto al volto di Dave, era ancora scossa da un fremito appena percettibile e gli occhi, rivolti verso l’alto, stavano man mano perdendo vivacità.

Il cuore di Judith perse un battito, poi un altro. Le sembrò che il pavimento si aprisse sotto i piedi, reclamandola al centro della Terra, mentre cominciava ad annaspare rumorosamente in cerca di quell’aria che le stava mancando così violentemente. Il sangue prese a pulsarle ritmicamente nelle tempie, tanto da annebbiarle la vista e l’udito, e un istinto primordiale la scosse prepotentemente dalla testa ai piedi. Convulsioni, avrebbe detto un medico. Ma quelle non erano convulsioni; erano un concentrato di dolore, rabbia, tristezza, incredulità. Erano consapevolezza, brutale e insaziabile consapevolezza.
Non riuscì a dire una parola; un groppo le si formò in gola. Tutto quello che fece fu gettarsi contro il corpo di Jenna, ignorando Dave, Christopher, che tentò di fermarla, ignorando qualunque cosa o persona ci fosse nella stanza. Le afferrò i vestiti, tirandola verso di lei, sotto lo sguardo attonito e sofferente dei due fratelli.
«Guardami… guardami… »
Il dolore le spezzò la voce, impedendole di continuare. Sua madre non la guardò; il suo respiro, a scatti, usciva in piccoli rantoli e gli occhi, quasi completamente spalancati, erano fissi verso la televisione, spenta.
Non puoi, Jenna, non devi. Sbatti queste dannate palpebre. Sbattile. Sbattile, maledizione!

Judith si morse le labbra fino a farle sanguinare, poi passò le mani sopra la pozza di sangue denso e scuro, senza curarsi di sporcarsi o di apparire come una pazza.
Ti prego. Mamma, ti prego. Sei tutto quello… tutto quello che…

La bocca di Jenna, all'improvviso, tremò. L’ultimo alito di respiro lasciò le sue labbra quasi pallide, mentre gli occhi si immobilizzavano per sempre, perdendo lucidità.
La sua mano, quella accanto al viso di Dave, non si mosse più. 
E il cuore di Judith, definitivamente, si frantumò, mentre la cosa sorrideva soddisfatta.



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