71. La soluzione finale
Lunedì procede tranquillo, così come martedì. L'umore di Serafina migliora di giorno in giorno - penso si sia convinta della bontà della nostra idea - e il lavoro procede senza scossoni. Miranda mi ha detto che è la settimana libera di Silas, perciò non mi sento neanche in dovere di rimanere in guardia.
Va tutto sufficientemente bene: Anthea è tornata a casa più serena, dopo le nostre chiacchiere, e perfino Ruben sembra leggermente più rilassato, perché Tanya gli ha scritto di sua sponte e Amos e Ford hanno finalmente confermato il volo per il Brasile.
Insomma, vivo sul ciglio del burrone, ma per un secondo il vento non mi soffia contro.
O almeno credo.
Martedì sera vado da Ben e mi stupisco di trovarci anche Stephanie, seduta al bancone con in mano un bicchiere pieno di camomilla, come se la parentesi del talent show fosse stato solo un sogno.
"Hey." La saluto, un poco sospettoso, appoggiando lentamente la custodia del violoncello a fianco dello sgabello libero. Lei volta il viso e mi guarda. Ha gli occhi stanchi, in un modo che non mi sembra di ricordare.
"Hey." Risponde, accennando un sorriso.
"Che ci fai qui, Steph?" Le domando, mentre prendo posto. "Non era meglio prendersi dei giorni di riposo?"
"La musica non vuole riposo."
"Te lo saresti meritato."
"Direi tutto il contrario."
Smette di guardarmi e torna a sorseggiare la sua camomilla. Io la fisso per qualche alto istante, poi mi rendo conto che stiamo parlando solo lei e io, manca qualcuno.
"Ben?"
Di nuovo quel sorrisetto. Non risponde.
"Oh? Che sta succedendo?"
"Ben è nella merda."
"Che?"
Fa cenno verso la porta che conduce al piano di sopra.
"Stella."
"Che ha fatto Stella?"
"È ufficialmente impazzita."
"Cosa significa?"
"Quello che ho detto."
"Gesù, Stephanie!" Sbotto senza controllarmi, esasperato dal suo fare criptico. "Spiegati! Non ci sto capendo niente."
Stephanie rimane a guardare in silenzio la sua tazza di camomilla. Penso subito che stia per urlarmi contro perché ho osato risponderle così duramente, invece lei resta semplicemente zitta per qualche istante, prima di dire: "Penso che sia colpa mia."
"Colpa tua cosa? Cosa hai fatto?"
"Ho fatto una scenata per l'arrivo dei Miller. Stella ha visto tutto. Ho paura i averla scioccata."
Mi inquieto e non riesco a stare fermo sullo sgabello. Faccio per alzarmi, poi cambio idea e poso entrambi i gomiti sul bancone, girandomi di un quarto verso di lei.
"È successo qualcosa all'asilo?"
"Già."
"Cosa?"
"Ha rotto un dente a un suo compagno."
"Motivazione?"
"A quanto dicono le maestre, e così mi ha detto Ben, i suoi compagni stavano parlando di venerdì sera. Non so se bambini così piccoli guardano i talent show, boh. A quanto pare sì, comunque. Devono aver detto qualcosa su di me o una roba simile e Stella ha perso la testa."
Ah. Ora capisco il sorrisetto di poco prima. Non era ironia, ma sofferenza. Mi pento ancora di più di esserle saltato addosso.
"Non penso che tu c'entri qualcosa." Affermo lentamente, pensandolo sinceramente. "Stella l'avrebbe fatto anche se non fosse accaduto quello che è accaduto, lo sai. Difende come un lupo quello a cui tiene."
"Beh..." Sospira Steph. "Questa potrebbe essere l'ultima. Hanno chiamato i servizi sociali."
Rimango di sasso nell'usare quella notizia. Non è mai successo che la scuola si decidesse per questa soluzione estrema nei confronti dei Kelly. Da quanto diceva Ben, le maestre avevano sempre compreso e accettato il problema famigliare di Stella. La psicologa era stata interpellata, ma all'epoca aveva solo accennato al fatto che la bambina era particolarmente vivace e per questo un po' manesca. Forse la sua analisi, in definitiva, era stata un po' troppo sbrigativa.
"E... e quindi? Ora che si fa?"
"È una cosa seria. I servizi sociali sono delle merde." Sentenzia Steph, serissima. "Non gliene frega un cazzo se vuoi bene ai tuoi genitori, se decidono che non sanno educarti o peggio mantenerti, ti spediscono altrove."
Ho come la sensazione che stia parlando di se stessa, ma non ho il coraggio di indagare. Non penso sia nella giusta disposizione d'animo per confidarsi con me.
"Temi che possa succedere con Stella?"
"Sì. Ben è un padre single. Soleil era pazza. Ci sono tutte le carte per spedire la piccola in un istituto tipo riformatorio per poppanti."
La cosa mi pare in qualche modo assurda, ma non lo dico a Steph. Lei di sicuro conosce quel sottomondo meglio di me.
"Cosa gli hanno detto di preciso?"
"Che verrà una persona a casa loro. Per capire la natura del disagio della bambina."
"Mi faranno passare per un molestatore."
Benjamin compare dietro al bancone con un viso devastato dalla preoccupazione. Ha le maniche della camicia arrotolate male, è sudato, sembra quasi malato. Mi guarda come lo farebbe uno di quei cani abbandonati sull'autostrada. È difficile sostenere il suo sguardo.
"Non esagerare, Ben." Lo rimprovera Stephanie. "Tutti noi possiamo testimoniare il contrario. Compresa Stella."
"Ma se hai appena detto che i servizi sociali fanno quello che vogliono."
"Non così tanto."
"Non tentare di mentirmi."
Steph sbuffa e picchietta con le unghie sul piattino sotto la camomilla. Sembra essersi pentita di aver parlato troppo liberamente con me. Chissà quanto ha sentito Ben...
"Comunque mi è venuta una mezza idea." Dice lui, mentre si mette a pulire il bancone, anche se non è affatto necessario. "Una mezza idea che potrebbe fare la differenza."
"Cioè?" Chiedo io.
Ben continua a pulire e dobbiamo attendere pazientemente qualche minuto, prima che si decida a risponderci.
"Arriveranno i miei genitori."
"Che?!"
Steph sputacchia tisana ovunque e Ben si sbriga ad asciugare ogni goccia che nota in controluce.
"Sì." Risponde deciso. "Li ho già chiamati. Potrebbero fare la differenza coi servizi sociali. E fare del bene anche a Stella."
"Ma, Ben, i tuoi abitano in Europa."
"Mia madre ha sempre sognato di venire qui."
Stephanie e io ci guardiamo. Sappiamo entrambi che questa mossa così azzardata - costringere i suoi anziani genitori a un lunghissimo viaggio fino a New York e anche costringere Stella a vivere, in questo momento così delicato per lei, con due praticamente perfetti sconosciuti che ha visto solo via Skype - potrebbe costare caro a Ben. Cosa succederebbe se i servizi sociali, al posto di approvare la presenza dei nonni, decidessero che sono un incentivo al disagio della bimba? Potrebbe ottenere l'effetto contrario rispetto a quello che spera di ottenere.
"Ne sei proprio sicuro?" Domando, senza riuscire a nascondere la mia incertezza.
"Sì. Ho deciso così."
"Lo dirai alle maestre?"
"Per il momento no."
Almeno questo.
"Beh, se tu sei convinto, Ben..." Dice Steph, stiracchiandosi. "Io non me la sento di contraddirti. Guarda in quale mare di merda sono appena precipitata."
"Sei finita sui giornali?" Le chiedo, quasi sollevato dal cambio di argomento.
Lei si stringe nelle spalle e risponde: "Domani facci caso, quando passi per un'edicola. Ti farai quattro risate."
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