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58. Lenticchia che fuma

Dopo un tempo che mi è sembrato interminabile, finalmente torno dai miei vecchietti.

Eh già! Questa è una domenica normale, non ho scuse per non presentarmi dalla mia combriccola di spensierati criminali in pensione. Sono allo stesso tempo emozionato e preoccupato per questo evento, perché  rappresenterà una sorta di battesimo del fuoco di Anthea. Sì, ho deciso di portarla con me. Per la persona che è, potrebbe essere divertente. Certo, rischio un po', ma sono pronto a osare. Spero solo che i miei anziani musicisti non siano troppo indiscreti e la mettano in difficoltà. 

Propongo l'idea di giornata solo il mattino dopo, mentre Thea è impegnata a ridacchiare con Ruben di qualcosa relativo ai porcellini d'India. Nemmeno Honey pare essere al sicuro dalle loro malelingue.

"Stavo pensando..." Inizio a un certo punto, interrompendo una spiegazione molto scientifica di come funziona il magico mondo degli accoppiamenti tra cavie e delle loro infedeltà. "A quello che potremmo fare oggi."

Ruben si zittisce e mi guarda, ma capisce subito che questa volta non sto parlando anche con lui, perché subito torna a divorare i suoi biscotti, rimanendo in ascolto.

"Cosa?" Chiede Anthea. Ha la voce nasale, il naso rosso e un fazzoletto incastrato nel taschino del pigiama. Il suo raffreddore non è passato così rapidamente come speravo. Non ha voluto nemmeno sentire ragioni quando le ho consigliato di prendere un medicinale per combatterlo. Penso creda fermamente nelle capacità del proprio sistema immunitario. 

"Sai che sono volontario in una casa di riposo, vero?"

"Certo. Ci andiamo?"

"Pensavo... di sì. Questo pomeriggio. Solo qualche ora, niente di impegnativo. Ci stai?"

"Sono uno più pazzo dell'altro." Commenta Ruben con un sorriso. "Devi vedere che personaggi. Spero di invecchiare malvagio come loro."

"Sono davvero malvagi?" Domanda Anthea, stupita. Io scuoto subito la testa, preoccupato che si faccia l'idea sbagliata. 

"Sono solo un po' eccentrici."

"E trafficano sigari cubani nella casa di riposo."

"Beh, anche questo è vero."

"Beh, devono essere molto particolari, allora. Ci sto."

Mi sorride, entusiasta, e anche il mio cuore si ritrova a esserlo. Ogni volta che accetta una mia proposta senza nemmeno tentennare mi chiedo se lo faccia solo per me, ma poi mi convinco che non è davvero nel suo carattere: Anthea non è accondiscendente. Non penso che sia capace di mentire tanto bene e, soprattutto, dopo un po' si stancherebbe di ogni cosa. 

La mattina la passiamo indaffarati in cose diverse: io preparo il pranzo - molto impegnato, questa volta voglio che evitare di sfigurare di fronte ai piatti di Ruben - e lei studia, seduta al tavolo della nostra cucina. Sono passati così tanti anni dall'ultima volta in cui ho visto qualcuno farlo.

"Posso ripeterti un paio di cose?" Mi chiede a un certo punto. La lascio fare e improvvisamente, mentre spadello riso e rompo uova, mi ritrovo studente e anche un po' tutor. Le correggo un paio di pronunce e sorrido quando lei inizia ad abbandonare il discorso generale, andando a impelagarsi in esempi di Mirabilia della Naturalis Historia. Ha una memoria di ferro, in particolare quando si tratta di queste cose. Alla fine, tra una pausa e l'altra - in cui Thea non manca di venire a importunarmi chiedendo se può aiutare, solo per farsi abbracciare e farsi ricondurre al tavolo - riesco a servire a lei e a un carismatico Ruben, oggi nei panni di critico culinario, il mio riso alla cantonese e i miei involtini primavera.

Nonostante tutto, ricevo commenti positivi. 

"Certo, nulla che possa battere la mia cucina." Tiene a precisare il dottor Kaloosh. "Ma diciamo... discreto."

Dopo questo commento dal retrogusto di superbia, sono più che felice di abbandonare l'orgoglioso coinquilino nelle mani - o meglio, nelle zampette - di Honey. È tempo di pulire la gabbietta. 

"Sicuri che non volete rimanere?" Chiede speranzoso, sicuramente con il doppio fine di fare scaricabarile con gli impegni che lui stesso si prende. Anthea, sconvolgente come al solito, risponde con un secco: "No." E poi chiude la porta. Faccio fatica a contenere le risate, immaginando la faccia sconvolta che Ruben ha sicuramente fatto. Neanche volendo potrei aiutarlo: abbiamo già un altro impegno. 

***

Il Boschetto è come al solito immerso in una quiete illusoria in cui, a un occhio poco esperto, i vecchietti non sembrano altro che pie anime intente a trascorrere i propri ultimi giorni. Balle. 

"Era ora che tornassi, Chinatown." Mi apostrofa malamente Jacob, nonon appena metto piede nella saletta delle prove. "Ti sei preso proprio una bella vacanzina."

"Tu no?" Gli chiedo con un sorriso, mentre poso la custodia del violoncello e faccio cenno ad Anthea di entrare. "Mi hanno detto che siete stati ancora al mare."

"Mare, sì. Ma lo fanno anche coi galeotti. Chi è la creatura?" 

Il vecchio ebreo si tende verso di noi, assottigliando gli occhi. Tutta scena: ci vede benissimo. Deve solo mantenere il personaggio nella parte. 

"Anthea, la mia ragazza." Dico, non senza un moto di orgoglio che per poco non mi serra la gola. "Thea, il signor Jacob Jacobson. Il più intrattabile vecchio ebreo di questa casa di riposo."

"Sono qualsiasi vecchio ebreo in questa casa di riposo, visto che sono l'unico." Mi corregge lui, mentre Anthea gli va incontro per stringergli la mano. 

"Piacere." Gli dice con un sorriso. Jacob la valuta per un secondo, dopodiché se ne esce con un: "A parte le lenticchie, sei carina. Non sapevo avessi la ragazza, Cinesino."

"Le lenticchie?" Chiedo io, prima di rendermi conto che sta parlando delle lentiggini di Anthea. "Jacob!"

Eppure lei si mette a ridere. Scoppia proprio in una risata leggera, ma incontenibile, tanto che si mette una mano sulla bocca per evitare di fare rumori inconsulti. 

"Questa è nuova." Commenta.

"È nuova perché Jacob è il Diavolo in persona." 

Sulla porta compare Margarita, in compagnia di tutto il resto della truppa. Molto probabilmente sono rimasti a origliare nel corridoio, perché nessuno di loro mi pare molto sorpreso di vedere Anthea con noi. A May brillano addirittura gli occhi. 

"Che bella!" Squittisce adorabile. "Come sei graziosa!"

"Grazie." Risponde lei, mentre va a presentarsi a tutti loro. Il Generale si distingue subito per eleganza, visto che le fa un baciamano, ma viene subito tacciato di ruffianeria da Jacob e questo conclude le presentazioni. Controllo Anthea, ma mi pare ancora contenta, più che altro divertita e forse anche un pochino stranita. Sì, la capisco: non ci si può immaginare come siano questi vecchi signori, senza incontrarli.

"Quindi oggi suoni con noi." Le chiede Melody, stringendo i suoi piccoli pugnetti su cui spiccano unghie rosse ben rifinite. "Dov'è il tuo strumento?"

È un lampo: vedo passare il panico negli occhi di Anthea.

"In realtà io... non so suonare granché."

"No? Cantare?"

"Neanche."

Jacob mi guarda e commenta: "Te la sei scelta rotta."

"Non ascoltare il vecchio sionista acido." La sostiene Marge, spostandosi per farle posto sullo sgabellino del piano forte. "Vorrà dire che mi girerai le pagine degli spartiti."

Sorrido, anche se non dovrei: non c'è alcuno spartito. È tutta improvvisazione. E temo che Thea lo capisca subito, dal momento in cui il Generale batte tutti sul tempo iniziando con uno dei suoi grandi classici: Crazy little thing called love. Cerca con gli occhi qualcosa che assomigli a uno spartito, lancia un'occhiata a Marge - che attacca subito col piano e si limita a sorridere furba - e poi guarda me, disperando una spiegazione. Io mi stringo nelle spalle, le sorrido e dopo poco cambio, per farle capire come funziona: dai Queen a Sia, come spesso succede: Fire meet Gasoline. Alzo gli occhi, continuando a suonare e controllo: lei mi fissa, ma ha capito. Lo so che ha capito, me ne rendo conto da come si illumina. Mi lascia il tempo di completare la prima strofa, prima che dica ad alta voce: "Don't stop believin'" e come risposta ottiene la bellissima voce di Melody intonare il ritornello mentre Jacob l'assiste con la melodia del suo violino. Vedendo che funziona, mi sorride. È un sorriso grande, pieno di stupore, da bambina che ha appena scoperto un gioco sensazionale: un juke-box della terza età che risponde a ogni suo desiderio. 

Oggi va così e l'idea piace a tutti: per una volta non siamo noi a cambiare la musica, ma lo facciamo su richiesta. Anthea chiede di tutto: dai grandi classici del secolo scorso alle novità degli anni Duemila, senza tralasciare nemmeno un paio di arie d'Opera molto famose, che la nostra cantante è più che felice di intonare. Margarita ogni tanto le dà un colpetto con il gomito per attirare la sua attenzione, prima di lanciarsi in un virtuosismo sui tasti del piano, che viene quasi subito contestato da un assolo di violino, successivamente zittito da uno squillo di tromba, come un ordine da un superiore che ingiunge a due commilitoni di fare i bravi e smetterla di azzuffarsi. May ridacchia un sacco, tra un soffio nell'armonica e l'altro, e Melody continua a picchiettarle sulle ginocchia per ingiungerle di rimanere concentrata.

"Siete meglio di Spotify." Decreta Thea, durante la pausa in cui il Generale visita il bagno con qualche difficoltà e le amiche vanno a prendersi una cioccolata nel punto ristoro al pianoterra.

"Cosa ti aspettavi, Lenticchia." Chiede Jacob, mentre si infila tra i denti un sigaro cubano, appoggia i piedi con le pantofole sulla sedia davanti a sé e se lo accende, come se fosse una cosa assolutamente normale in una casa di riposo. "Sono all'ospizio, mica morto. Personalmente mi so ancora divertire."

"Ci sappiamo tutti divertire." Lo corregge Marge, togliendogli dalla tasca la scatoletta di legno che contiene il loro prezioso carico in tabacco. "Ne vuoi uno, bambina?"

Mi aspetto che dica subito di no e invece sorride, mi lancia un'occhiata divertita e dice: "Magari solo un tiro."

"Ah!" Esclama il fastidioso signor Jacobson. "La marmocchietta ha più fegato di te."

"La marmocchietta ha tutta l'intenzione di tossire da qui a dopodomani." Dico, per niente contento della situazione. "Hai anche il raffreddore."

"Questo brucia tutto. Germi, batteri, virus. Tutto." Afferma sicura Marge, infilandole in bocca un sigaro e accendendoglielo con un'elegante torsione di polso. "Respira piano."

Anthea lo fa e all'inizio non succede niente, ma poi diventa verdognola e comincia a tossire, togliendosi il sigaro dalle labbra. Margarita la fissa, probabilmente aspettandosi che riprovi, ma lei glielo tende e la ringrazia, tra un colpo di tosse e l'altro. 

"Un po' troppo forte..." Balbetta, con le lacrime agli occhi. Marge si stringe nelle spalle e se lo infila tra i denti, sogghignando. 

"Più è forte, più è buono. Il mio Robert pensa solo al meglio per me." Dice orgogliosa. 

"Pensa al meglio per entrambi." Conviene Jacob, dando un colpetto al suo per far cadere la cenere nel vaso di fiori sul piccolo davanzale della foresta. "Facciamo un sacco di soldi con la vendita di questi sigari."

"E cosa ci comprate?" Chiede Thea. Io lo so cosa ci fanno e alzo gli occhi al cielo, ben conoscendo la risposta.

"Diamo la mancia ai nipoti." Dice Marge. "E con quello che rimane compriamo alcol."

"Che cosa?"

"Non ci crederai, ma tutti siamo corruttibili." Sentenza Jacob, annuendo soddisfatto. "Anche gli infermieri che meno lo sembrano."

"Rum." Precisa la sua degna compagna di vizi. "E ogni tanto anche un po' di vodka."

Anthea rimane in silenzio per un pochino, riflettendo sulla questione, poi se ne esce con un: "Wow. Voglio invecchiare anche io così."

"Ma sei matta?" Esclamo. "Vuoi diventare una vecchia delinquente?"

"Delinquente." Ripete Marge, scuotendo la testa come se le avessi rivolto una parolaccia. "Sai, non ti facevo così maleducato."

"E comunque non vendiamo mica erba." Rincara Jacob. "Quello sì che è da delinquenti."

"Perché state parlando di fumo?" Domanda Melody, ricomparsa sulla porta in compagnia degli altri due. Strizza un occhio a Thea e dice: "Da giovane me ne intendevo. Erano belli gli anni dell'amore libero."

"Okay, okay." Taglio corto io. "Pausa finita. Riprendiamo."

Guardo quel furbo vecchiaccio di Jacob mentre sposta il sigaro al lato della bocca per riprendere in mano il violino e mi ricordo della promessa fatta al suo timido figliolo. Mi affonda il cuore nello stomaco al pensiero che non ho ancora ottenuto niente. Dovrò lavorarci. E forse Anthea mi potrà dare una mano. 


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