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28. La melodia della normalità

"Allora, com'è?"

Non avrei mai pensato che un giorno sarei uscito in una specie di appuntamento romantico con la persona perfetta, ritrovandomi seduto su un muretto nella via attigua a Park Avenue a mangiare hot dog. 

"È buono. Se solo riuscissi a non sporcarmi ogni mezzo secondo."

Però sapete una cosa? Non ci avrei mai pensato, ma sono contento che stia succedendo. 

"Aspetta. Hai una macchia di ketchup sulla guancia."

Mi sto divertendo. 

"Di nuovo?"

Sto facendo qualcosa di estremamente normale con la ragazza giusta. Niente di spettacolare, niente che esca dai miei canoni di normalità. Ma è proprio questa la magia: la normalità che improvvisamente dimostra di possedere una nuova sfumatura. Non prevista, non cercata, assolutamente gradita.

"Vuoi un fazzoletto?"

"Ci penserò dopo. Tanto mi sporcherò ancora."

Voglio così bene ad Anthea per tutto quello che mi sta dando. La guardo mentre siede al mio fianco, il viso impiastricciato di salsa, il vestito a fiori della nostra prima uscita spolverato di briciole. Non riesco a non sorridere quando una sottile ciocca di capelli sfuggita al fermaglio sulla nuca si posa con grazia sul bordo del panino, colorando le punte di giallo senape. 

"Accidenti."

Faccio per passarle un fazzoletto, quando lei prende la ciocca e si infila la punta tra le labbra. 

"A mali estremi..."

Rido e le sistemo il mazzetto di capelli nella spilla. Quando sono arrivato a prenderla, Anthea era già al piano terra in mia attesa, bella e sorridente come un fiore. Quella che ho di fianco ora è una corolla un po' stropicciata, come succede quando un'ape si posa su di essa, ma comunque splendida. La sua vista mi fa dimenticare i silenziosi lutti a cui assisto in questi giorni al lavoro, tra Kirti che sta per partire e Henry che sembra intenzionato a farla finita con la felicità. Sono contento di avere un piccolo spazio felice per me stesso.

"Spero che il locale ti piacerà." Le dico, mentre lei mangia l'ultimo boccone di hot dog e subito dopo si lecca il dito sporco di unto. "È piccolo ma molto caratteristico. Ha una sottile vena irlandese, penso." 

"Tipo una birreria?"

"Qualcosa del genere. Nel senso, la struttura è quella solita di un locale notturno, ma è tutto fatto di legno e ci sono delle belle vetrate sul lato che dà sulla strada. Gialle e verdi. Raffigurano vecchi minatori e marinai."

"Che bello! Ben è irlandese?"

"Nato in Inghilterra da genitori irlandesi. Molto irlandesi." 

Tiro fuori un fazzoletto di carta dallo smunto pacchetto che porto con me, gli do un colpetto per aprirlo e poi lo passo a Anthea. Lei mi ringrazia con un sorriso e si pulisce la bocca, smettendo di avere un alone di unto attorno alle labbra e una macchia rossa sulla guancia. 

"Che cosa suonerai stasera?"

"Qualcosa di diverso dal solito. Normalmente lascio che sia la ragazza con cui suono a condurre la prima parte della serata. Così è lei che decide il mood."

"E oggi un che mood sei tu?"

Sorride nel chiedermelo. Forse ha notato la mia gioia, forse lo chiede perché è curiosa. 

"Ottimo."

"Non vedo l'ora di sentirti suonare."

"Però ti dico fin da subito che non sono un genio della musica. Non aspettarti chissà quale virtuosismo."

Allunga la mano con il fazzoletto piegato e strofina una macchietta di maionese non notata sulla punta del mio naso. 

"L'unica cosa che voglio fare," dice, " è capirti un po' di più."

Mi bacia, mettendo fine alle mie preoccupazioni. L'impegno del martedì sera ci chiama. 

***

Benjamin sta pulendo con perizia un bicchiere fatto di piccoli esagoni quando Anthea e io entriamo all'Old Man Glory. Ci sono cinque o sei clienti, ma sono già stati tutti serviti, accomodati ai tavolini vicino al palco. Appena sente la porta aprirsi, lui alza gli occhi su di noi e non tenta nemmeno di non farsi sorgere in viso un'espressione sorpresa. 

"Hey, Jess." Dice, lanciando un'occhiata cauta alla mia ospite. "Hai compagnia?"

Tengo per mano Anthea e per un secondo, mentre aspetto che la porta si chiuda dietro di noi, mi chiedo se non dovessi lasciargliela. Non c'è niente di ufficiale tra noi, giusto? Come bisogna comportarsi in questi casi? Come la devo presentare ai miei amici? Non posso dire che sia la mia ragazza, ma neanche un'amica. Aiuto. 

"Ben, ti presento Anthea. Anthea, questo è il mio amico Benjamin, proprietario di questo fantastico locale." Decido di dire, girandoci attorno, quando ormai abbiamo raggiunto il bancone. Non ho specificato in che rapporto io sia con lei, ma è davvero così importante?

A giudicare dallo sguardo improvvisamente curioso di Ben, temo proprio di sì. 

"Ciao, piacere." Le dice, tendendo una mano verso di lei. Sono alti uguali e questa cosa mi rende irrimediabilmente ilare. Anthea sorride e risponde al saluto, gentile come al solito. 

"Hai un bellissimo locale."

"Grazie." Risponde Ben, per poi aggiungere: "È la prima volta che vieni qui?"

"Sì."

"Abita in New Jersey." Spiego io, attirando l'attenzione del mio amico su di me. Oh sì, sta morendo dalla voglia di spettegolare. Se ci fosse qui Stephanie direbbe che è in uno dei suoi momenti da vecchia comare irlandese

Sorride ad Anthea e le propone: "Accomodati pure, vuoi bere qualcosa?"

"Una soda, per favore."

Mi siedo al suo fianco su uno degli altissimi sgabelli del bancone - Anthea ha le gambe penzoloni - e chiedo: "Come va, Ben?"

"Tutto bene." Risponde lui, servendo la bibita nello stesso bicchiere che stava lucidando pochi secondi prima. "Anche se Stephanie non si è fatta più sentire."

"Penso che sia nel contratto."

"Cosa? Tagliare i ponti con amici e famiglia?"

"Una cosa del genere."

"Bello schifo."

Anthea sta in silenzio, sorseggiando la sua bevanda e guardando prima uno e poi l'altro. So che non si intrometterà mai nella discussione, così mi sento in dovere di spiegare di chi stiamo parlando.

"Stephanie è la sassofonista di cui ti ho parlato." Le dico. "La ragazza che suona con me."

"E che ora sta per sfondare nel mondo della discografia." Sospira Ben. "La mia piccola Aldobrando."

"Aldobrando?" Chiede stupita Anthea. "Partecipa a The Musician?"

"Sì." Risponde Ben, prima sorpreso poi gradevolmente colpito dal fatto che la sua star sia già famosa. "Come fai a conoscerla?"

"Ho visto le repliche della selezione, l'altra mattina. È stata... Incredibile."

"Sulla base di Take me to Church, vero." Conviene Ben, senza nascondere una punta di emozione. "Come al solito dopo ha improvvisato. Le viene così bene."

Anthea si gira verso di me con un viso acceso dalla sorpresa e dall'emozione.

"Conosci un sacco di persone interessanti!"

"È un caso." Mi schermisco, cercando di non arrossire, non proprio davanti a Ben, che starà sicuramente analizzando la situazione nei suoi minimi particolari nel tentativo di capire con certezza chi Anthea sia.

"Purtroppo Stephanie non si farà vedere per un po', qui in giro." Dice lui, con espressione triste. "La vedremo in TV da questo venerdì."

"La guarderò sicuramente quando torno a casa."

All'inizio credo ingenuamente che stia parlando dell'appartamento di Jenny e Pam, poi realizzo con la stessa intensità di uno schiaffo ben assestato che venerdì ci sarà un treno ad attenderla. Anthea tornerà a casa, quella vera, entro tre giorni. Il mondo un po' mi crolla addosso. Tre giorni. Tre giorni! Sono pochissimi! E poi per quanto non la vedrò? Settimane? Mesi? Una mezza relazione come la nostra può resistere a così tanto tempo? Il mio umore si affloscia in modo repentino. Come ho fatto a non pensarci prima? Ho vissuto in una bolla di gioia per qualche giorno, ingenuo e senza pensieri, quando invece avrei dovuto farmele eccome, le paranoie.

"Jess, è quasi ora." Ben mi distoglie dai miei pensieri disperati, alzando un sopracciglio. "Sei pronto?"

No, non sono più pronto. Avevo scelto un repertorio interessante di canzoni felici, ma ora come ora tutte mi sembrano di cattivo giusto, dal momento che sono in lutto con me stesso. Non ho molta voglia di suonare, a dirla tutta. Ma devo. Porca miseria, ho invitato Anthea per sentirmi suonare, non per guardarmi mentre mi deprimo. Tiro un bel sospiro e sorrido. 

"Certo."

"Chissà cosa ci offrirai, senza Steph."

"Il meglio del meglio."

Mi alzo e recupero la custodia nera del mio strumento, che mi sono trascinato dietro per mezza Manhattan. Anthea segue il mio movimento e quando torno a guardarla mi sta sorridendo dolce.  

"Sarai bravissimo." Sospira con il suo solito strano modo, piegando leggermente la testa a destra. "Incantami."

"Oh sì, è molto bravo nel farlo." Concorda Benjamin, sogghignando sotto l'ormai ampia barba.

"Ci proviamo." Ribatto, avviandomi nella mia postazione, lasciando Anthea seduta sullo sgabello. Temo che Ben tenti un approccio per interrogarla, ma mentre estraggo il violoncello dalla custodia, mi rendo conto che non mi importa. Che va benissimo che lo scopra, che lo sappia. Non è qualcosa di cui io possa vergognarmi. Forse sto per stringere una vera relazione con una persona incantevole. Non è esattamente un reato. 

Prendo posto sulla sedia al centro del palco e osservo il mio pubblico. Ci sono quindici o sedici persone, per lo più avventori che conosco di vista. Qualcuno mi sorride, un altro mi fa un cenno con il capo. È l'ambiente ideale, non c'è tensione. Raddrizzo le spalle e preparo l'archetto. Penso alla scaletta che mi ero preparato e per un attimo sorrido. Faccio una piccola modifica, respiro, posiziono le dita e chiudo gli occhi.

Dalle corde fluisce subito l'inconfondibile ritmo di una canzone che ha già qualche anno, ma che riesce sempre a emozionarmi. Little talks è un po' complicata da suonare perché le voci sono differenti, sono uomo e donna. Per riprodurle con lo strumento uso due toni molto diversi e l'effetto, l'ho già dimostrato a me stesso, è impagabile. È un dialogo tra melodie. La prima canzone dedicata a Anthea ha proprio questo messaggio: il dialogo. So che mi sta guardando, lo so e mi sento bene al pensiero di impegnarmi per lei. Batto con il piede il tempo. Devo rimanere concentrato, pronto a cambiare. Perché il gioco è sempre quello. Proprio al secondo ritornello, ritmo e altezza variano, mentre la prima canzone scivola e si fonde con Viva La Vida, che ha sufficienti significati storico - artistici per essere dedicata alla brillante mente di Anthea. L'archeggio è rapido e vivace, una toccata e fuga dalle corde, seguito da movimento più lungo e rilassato, che continuano a vibrare intense e aumentano la loro forza quando alla canzone dei Coldplay si sostituisce We are Golden, difficile ma divertentissima. So cosa sta pensando Ben: crederà che sono fuori di testa. Io sono quello che porta canzoni tristissime, un fan spietato di Adele, non un patito di musiche allegre come questa. Siamo d'oro, davvero, Jess? Sorrido, mentre a occhi chiusi faccio correre l'arco, passando per pochi secondi al pizzicato. Ho tre giorni. Tre giorni per dimostrare a me stesso e ad Anthea che ce la possiamo fare. Bisogna essere positivi. Bisogna essere... Happy. Ringrazio chiunque sia stato l'inventore del pizzicato, perché per questa canzone è insostituibile. Sorrido quando sento i primi battiti di mano. Ah, al mio pubblico piace. Velocemente diventano un coro di applausi a tempo con la canzone e per non deluderli continuo con questa, alzando la mano con l'archetto a incitarli a continuare. Forza, ragazzi. Voglio veder sorridere Anthea! 

"Sei un grande, Jess!" Sento urlare dal bancone. Ben, sempre il solito. Termino la canzone per il mio pubblico e quando finalmente il tumulto va calando, così fa anche la mia canzone. È l'ultima del repertorio e voglio che sia speciale. Ci ho pensato per ore, ma alla fine sono arrivato a una conclusione. 

E Your Song prende il posto di qualsiasi altra canzone nella mia testa, sulle mie corde e nel locale. Non posso donare una canzone scritta da me a quella ragazza che siede su uno sgabello troppo più alto di lei e che ha ancora qualche briciola incastrata tra i capelli, ma posso pur sempre suonare per lei, dedicandole una canzone d'amore. Per la prima volta da quando ho iniziato, alzo gli occhi per guardarla e quello che vedo mi fa capire che forse faccio male a essere così preoccupato per il nostro futuro. Le basse luci presenti vicino al bar fanno brillare un grosso luccicone che sta lentamente scivolando sulla sua guancia, mentre mi guarda con le mani strette al cuore. 

È possibile innamorarsi così velocemente? Può bastare una settimana per capire di avere davanti la ragazza giusta? Non ne ho idea e probabilmente voi direte di no, ma credetemi: non saprei descrivere una persona più perfetta per me. Forse non posso parlare di amore, è vero. Ma sono innamorato. Cosa dite? È una cotta da liceale? Può darsi. Ma da qualche parte bisognerà pur partire per amarsi, no? Sorrido ad Anthea e lei ricambia emozionata. So che forse, quando tornerò da lei, mi bacerà. Sì, davanti a tutti e davanti a Ben. E io contraccambierò.


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