Cap.8
Passa solo un attimo, in cui il materasso che mi ha accolta in queste ultime ore, ricomincia a prendere la sua forma originaria, risparmiato dal peso del mio corpo sommato a quello dei miei pensieri.
Un attimo in cui mi ritrovo a piedi nudi sul freddo pavimento; il freddo stesso che ormai non sento più.
Il non sentire dovuto alla stessa durezza e consistenza che mi accomuna alla superficie che percorro, a seguito di chi mi ha preceduto un minuto fa in questo stesso tragitto. Nel cercare di origliare una situazione alquanto anomala, vista l'ora, non riesco a ponderare se questo mio interesse mi darà alla fine qualche risposta, o se mi si ritorcerà contro.
Alla fine la curiosità ha la meglio sul senso di giusto o sbagliato, e mi ritrovo in questa penombra che spero nasconda al meglio il mio corpo.
Due voci: la prima, che distinguo benissimo. Quella di mia madre.
L'altra...
L'altra non so proprio dire a chi appartenga.
E poi ascolto, ascolto un botta e risposta che non mi sembra affatto nuovo.
Può cambiare forse l'ora e l'interlocutore, ma quante volte ho sentito le stesse identiche parole...
"Mi scusi l'ora signora, ma si rende conto di cosa sono dovuto arrivare a fare per riuscire a trovare qualcuno che mi rispondesse in questa casa?"
Ed ecco che la voce della ragione mi sussurra di risparmiarmi il resto e di tornare in quel letto disfatto che mi ha vista sveglia sino adesso. E mi impongo una forza che forse non ho, continuando a torturarmi i timpani.
"Mi scusi tanto se non trova mai nessuno, ma lavoriamo tutti sino a sera", risponde lei in tono sommesso.
"Sì, è proprio per questo che ho deciso di venire adesso. Perché sfido qualsiasi lavoro svolgiate a non trovarvi a quest'ora."
Ed il silenzio totale avvolge ogni risposta che mia madre abbia pensato di dare, nella consapevolezza di non essere stata creduta.
"Dica a suo marito che ha tempo fino a domani per iniziare a pagare il suo debito."
Quanto può far male uno schiaffo?
Io non lo so spiegare, ho perso il conto tra tutti quelli ricevuti in senso fisico, ma questo ha fatto abbastanza male.
Un altro creditore, un altro usuraio, un altro uomo a cui regalare la fatica di sentirsi la schiena a pezzi ogni giorno per niente. E con essa gli animi di chi vive tutto questo senza averlo chiesto.
E la rabbia per i troppi interessi pagati finora, dovuti da chi è di là che dorme beatamente in camera sua, e che per ironia della sorte non si interessa di nessuno se non di se stesso; interessi senza alcun interesse.
E una moglie che si ritrova schiacciata ancora una volta dalla delusione e dal giogo che ha scelto di cucirsi addosso giorno per giorno; delusione dopo delusione, debito su debito.
Si è proclamata martire da sola, mia madre.
Un martirio grande che si concede in vista di un cambiamento desiderato, verso chi è l'artefice del suo spegnersi a poco a poco.
Ci spera, lei. Spera di salvarlo quell'uomo che ha sposato venti anni fa. Venti anni che hanno visto più lacrime solitarie da parte di lei, che sorrisi felici da parte di entrambi.
E io mi chiedo se sia possibile salvare chi non vuole essere salvato; chi non ritiene essere la causa di alcun male, chi ha il coraggio di vedere una famiglia allo sfascio e non fa nulla per evitarlo.
E mentre mi crogiolo nei miei dilemmi personali, resta sola, lei. Sola mentre crede che nessuno abbia ascoltato. Sola con il viso stanco di chi ne ha sopportate già troppe, e non sa che in questo momento c'è qualcuno che divide con lei questa solitudine.
Qualcuno che è rimasto in attesa solo per vederla affondare un po' di più.
E sola la lascio adesso, per davvero.
Mentre il rewind del mio corpo mi riporta nel letto ormai freddo, che ha visto andare via la persona curiosa che lo abitava fino a poco fa, e che adesso si lascia cadere su di lui con la stanchezza non dovuta alla notte insonne, ma per la tristezza condivisa da due donne.
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