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Harry, kiss and the anonymous message

Have you been drinkin’, to take all the pain away?

(Justin Bieber – Nothing like us.)

Harry.

Non mi pentivo di quello che avevo fatto la sera prima. Deve imparare a farsi i cazzi suoi e credo che dopo quest’episodio non avrà più il coraggio di disubbidirmi. Non volevo che nessuno le facesse del male e odiavo vedere sul suo corpo quel succhiotto che gli aveva fatto James, quel figlio di puttana.

«Le dovresti chiedere scusa.» disse dolcemente Louis.

«Deve imparare la lezione.» dissi infastidito.

«Ci sono altri modi, non si deve usare per forza la violenza.» spiegò il mio migliore amico sorridendomi.

L’unica persona che mi è stata accanto nei momenti difficile, l’unica persona che mi ha visto cadere e poi rialzarmi. Ci conosciamo da anni e anche dopo le innumerevoli litigate, la nostra amicizia non si è mai distrutta, anzi, è diventata ancora più forte.

«Le parlerò domani a scuola.» dissi ammiccando un sorriso.

*

La mattina fui svegliato dall’odore di pancake e controvoglia mi dovetti alzare per andare a scuola. Sarei entrato a seconda ora poiché con gli altri dovevo fare un lavoretto nella zona A.

Feci una doccia veloce e dopo aver asciugato i capelli, indossai un pantalone nero, una maglietta bianca a manica corta e le mie All Star.

«Buongiorno ragazzi.» dissi scendendo le scale e andando incontro a loro.

«Buongiorno.» dissero in coro.

Mi sedetti a tavola e Liam portò un piatto con sopra una pila di pancake. Non avevo molta fame e quindi presi soltanto un sorso di caffè, avrebbe aiutato a svegliarmi.

«Non fai colazione?» mi chiese Liam preoccupato.

«Prenderò una tazza di caffè.» dissi sorseggiando il contenuto della tazza fumante.

Per noi Liam è come un padre. In quel periodo è capitato molto spesso che si preoccupasse per noi. Mi alzai dal mio posto e, dopo aver salutato gli altri e preso le chiavi della mia auto, guardai l’orologio. Erano le otto e avevo un’ora di tempo per consegnare la roba. I ragazzi mi avrebbero raggiunto appena avrebbero finito di fare colazione.

Per andare al posto stabilito, dovetti passare da casa di Faith e quando notai la Mercedes nera di biondo tinto, strinsi la presa sul volante. Tutto questo m’infastidiva e la loro amicizia stessa identica cosa.

Harry calmati. Dopo penserai a lei, adesso finisci questo lavoro.

Spostai lo sguardo verso lo specchietto e riconobbi le auto dei ragazzi. Le strade della zona A sono sporche e puzzano di marcio, ma quando si tratta di soldi, si può soltanto accettare. Il luogo non era

adatto alle persone con gli stomaci delicati mettiamola così.

Tutto sommato questa vita mi piaceva.

Odiavo quando il vento scompigliava i miei ricci, per giunta se li avevo appena lavati. Raggiunsi il luogo prestabilito da noi tre giorni prima e rimasi stupito quando trovammo i ragazzini che per un po’ di roba pendevano dalle nostre labbra.

«Puntuale come al solito Styles.» ironizzò Shon, il capo branco.

«Fa’ meno lo spiritoso Shon.» dissi con un sorriso beffardo.

«Hai portato la roba?» mi domandò ritornando serio.

«Dovresti conoscermi moccioso.» dissi prendendo il sacchetto dalla tasca del mio giubbotto.

«Moccioso chiama la prostituta della tua ragazza.» disse facendomi un occhiolino. «Girano voci tra i clan che tu ti sia fidanzato.» aggiunse.

Non sopportavo quando persone che conoscevo a stento s’intromettevano nella mia vita privata, ma per non fare casini cercai di rimanere calmo.

«Non sapevo neanche che fossi fidanzato.» ironizzai.

«Si sente che sia una bellissima ragazza.» disse accendendo una sigaretta. «Francis aveva accennato al suo nome, ma adesso sfortunatamente non lo ricordo.»

«Non credo che questi siano cazzi che riguardano voi di altri clan.» dissi stringendo i pugni.

«Miller sta avendo a che fare con quella ragazza.» disse Shon. «Se ricordo bene l’ha chiamata Faith.» aggiunse buttando la sigaretta ormai consumata nel cesto dell’immondizia.

Non mi ci raccapezzavo più in questa storia. Tutto era così confuso e non capivo come conoscessero la mia Faith.

«Digli a quel figlio di puttana di Miller che se prova a toccare la mia Faith, lo ucciderò con le mie stesse mani.» lo avvertì avvicinandomi a lui minacciosamente.

«Glielo dirò, ma adesso vorrei la mia roba.» disse prendendo dalla tasca dei pantaloni il malloppo.

«Fai avere questo mio messaggio a Francis.» risposi porgendogli la roba per poi ritirare i soldi e andare a scuola.

«Ah Styles, controlla la tua amichetta.» urlò dall’altro lato della strada. «Se è tanto bella, quanto dice, Francis non se la farà scappare.»

Dovevo mantenere la calma e parlare con lei di tutta questa storia. Sarebbe venuta a vivere con noi, non potevo lasciarla in quella casa… sola e al pericolo. E se non avesse voluto venire con noi, l’avrei costretta con la forza. Trovai il numero di Alex e premetti il pulsante verde.

«Alex, mi dovresti fare un favore.» dissi bevendo un sorso dalla mia bottiglietta d’acqua.

*

Ritornai a casa per prendere lo zaino, ma prima ci misi qualche libro e qualche quaderno. Presi il pacchetto di sigarette dalla mensola del bagno e uscì da casa per andare in quel posto chiamato scuola.

Bruce sarebbe stato in Italia a fare un lavoretto con dei nostri soci e sarebbe tornato solo la settimana prossima. Dan, Alan e Aaron invece sarebbero tornati domani mattina da un altro lavoretto.

In questo periodo molti dei nostri più cari soci avevano chiesto il nostro aiuto per dei nemici a noi tuttora sconosciuti.

Parcheggiai l’auto nel grande parcheggio di scuola e accendendomi una sigaretta aspettai che arrivassero i miei compagni.

Seduta sotto l’ombra di un albero vidi la sua migliore amica e Faith, stavano… parlando. Adesso che ci penso era da tanto che non le vedevo stare un po’ insieme. Dopo un paio di minuti vidi le loro macchine parcheggiare e aspettai che scesero per andare a sedermi sul mio amato muretto.

Era il mio posto preferito per fumare in santa pace e in più da quella distanza potevo controllare i suoi momenti e se qualcuno le avrebbe rotto le palle, sarei potuto intervenire in qualsiasi momento.

«Harry stai ascoltando?» mi domandò Liam.

«Stavo pensando ad altro, scusa Liam.» dissi distogliendo lo sguardo da Faith.

«So’ pure a chi stai pensando Styles.» disse facendomi l’occhiolino.

Gli diedi un pugno amichevole sulla spalla e iniziammo a ridere. Vidi Faith prendere la borsa frettolosamente e avviarsi dieci minuti prima – cosa mai vista - in classe. Se ricordavo bene a seconda ora, avevo letteratura e quindi significava stare in classe con lei. Era strano vederla entrare per prima, poiché è sempre l’ultima a entrare in classe, che fosse successo qualcosa?

Suonò la seconda ora e, dopo aver preso i libri dal mio armadietto, andai in aula e la trovai a guardare un punto fisso fuori dalla finestra. Era così bella. Non si accorse nemmeno della mia presenza e – come sempre – quando è nervosa, guardava l’ora sul suo cellulare.

Sospirò e ritornò al suo solito posto, credo che fosse il suo preferito. Prese il cellulare e collegò tramite il cavo le cuffie. Chinò il capo e la sentì singhiozzare. Non era forte come ormai tutti nella scuola erano abituati a vederla, infondo era rimasta sempre e solo la piccola e debole Faith, anche se non lo ammetteva.

Alzò lo sguardo e quando riconobbe la mia figura, asciugò velocemente le lacrime che rigavano il suo volto e prese la sua borsa per uscire dall’aula. Mi sorpassò a sguardo alto dandomi una spallata, ma prima che potesse uscire, le presi il braccio.

«Che cazzo vuoi?» sbottò lei.

Dai suoi occhi si poteva capire quanto lei soffrisse e i suoi occhi gonfi e arrossati ne erano la prova.

«Non ti è bastata la lezione di ieri?» le dissi fulminandola con gli occhi.

I suoi occhi si riempirono di lacrime e per non farle cadere buttò la testa all’indietro.

«Sei uno stronzo.» disse con tutta la rabbia.

«E uno stronzo farebbe questo?» dissi avvicinandomi a lei e posando le mie labbra sulle sue.

Bel modo per farsi perdonare Styles!

Lasciò cadere i suoi libri sul pavimento e dopo un paio di minuti si abbandonò a quel bacio. Mi mancavano le sue labbra e lei, dovevo ammetterlo. Ma che cazzo sto dicendo? Non posso innamorarmi.

Da un semplice bacio a stampo, diventò qualcosa di più passionale e se non mi sarei staccato, me la sarei sbattuta in quell’aula sotto gli occhi dei presenti che iniziarono a entrare. Per alcuni il nostro credo che sia diventato uno spettacolo pubblico, altri ci guardavano con strafottenza e altri ancora con invidia, odio o disprezzo, ma a noi non poteva fregar meno in quel momento.

Ci staccammo con riluttanza da quel bacio e senza proferire parola prese i libri e tornò al suo posto rimettendosi gli auricolari. Poggiai il mio zaino accanto al suo e mi sedetti accanto a lei. Arrivò la professoressa e tutti – tranne noi ovviamente – si alzarono in piedi.

«Evans e Styles in piedi!» ci richiamò la professoressa.

«Se il buongiorno si vede dal mattino, la mia vita è una merda.» borbottò Faith alzandosi in piedi e mandando un’occhiataccia alla vecchia professoressa Martin.

«Modera i termini signorina.» disse prendendo un gesso dalla cattedra e scrivendo con la sua calligrafia qualcosa d’incomprensibile. «Fate questi esercizi a fine ora ritiro!»

Presi un quaderno dal mio zaino e iniziai a scarabocchiarlo. A prima mattina l’unica cosa che volevo fare era dormire. Girai lo sguardo verso la mia compagna di banco e la vidi giocherellare con il suo cellulare, il nervosismo sembrava che la stesse mangiando viva.

Mi teneva all’oscuro di qualcosa, ne ero sicuro e l’unico modo per poterlo scoprire era controllare tra i suoi messaggi. Non sopportavo quando qualcuno mi mentiva, l’ultima volta che l’hanno fatto se ne sono pentiti amaramente.

«Dammi il tuo cellulare.» dissi serio.

Lei scosse la testa e guardò prima me e poi il cellulare.

«Fatti i cazzi tuoi.» disse mettendo il cellulare in borsa.

Le presi la borsa e velocemente con essa anche il cellulare. Cominciai a scorrere i messaggi sul suo cellulare e ne trovai alcuni che colpirono la mia attenzione.

 

Da: Anonimo.

Sei bellissima oggi e la voglia di saltarti addosso, toglierti quei vestiti è molto alta e non so se riuscirò a trattenermi. xx

 

Da: Anonimo.

Ti sto osservando. x

Strinsi i pugni fino a conficcare le unghie nel palmo della mia mano. Me lo doveva dire cazzo.  Miller si sta già dando da fare vedo, ma non per molto. Avrei collegato il mio cellulare al suo e avrei saputo chi chiamava, a chi mandava messaggi e senza che lei lo sapesse anche i messaggi che le arrivavano. Avrei ordinato ad Aaron di farlo, poiché era un genio di tecnologia.

«Quando cazzo, avresti pensato di dirmelo?» le dissi mostrandole quei due messaggi.

La sua espressione cambiò dall’esser tranquilla alla terrorizzata. Non volevo che avesse paura di me, ma se sarebbe stato l’unico modo per affermare la verità... l’avrei fatto.

«M-Mai.» la sentì balbettare. 

«Me lo dovevi dire porca puttana.» dissi prendendole i polsi e stringendoli.

Lei sobbalzò dalla sedia e, quando suonò la campanella prendendo dalle mie mani il cellulare, scappò insieme alla sua borsa nel bagno delle ragazze, credendo che non avrei avuto il coraggio di entrare a prenderla per capelli. Tenevo tanto a lei, ma certe volte i suoi comportamenti mi facevano completamente girare le palle.

Senza alcuna esitazione entrai nel bagno delle ragazze e la vidi come sempre a fumare. Odio vederla fumare, mi fa saltare i nervi e allo stesso tempo venire anche a me la voglia di accendermene una.

Mi avvicinai a lei che – come al solito – non si accorse nemmeno della mia presenza. Non credeva che ne avrei avuto il coraggio, beh, si sbagliava.

Chiusi la porta dietro di me e mi sedetti accanto a lei prendendo il mio pacchetto di sigarette e in seguito il mio accendino.

«Scusa.» disse girandosi verso di me e abbassare lo sguardo subito dopo.

Istintivamente gli poggiai un braccio dietro al collo e la tirai verso di me abbracciandola. Sto diventando troppo smielato, non è da me abbracciare le persone. Mi staccai da lei e per l’imbarazzo abbassò lo sguardo che rialzai con due dita poggiate sul suo mento.

«Tu da oggi verrai a vivere con me e tutti gli altri.» le dissi. «Non è una domanda, ma un ordine.»

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