Jaff p.o.v.

Era notte fonda,la luna splendeva nel cielo coperta parzialemente dalla fitta nebbia che caratterizava il luogo.
Ero riuscito a trovare un posto nel quale non sarebbe stato facile trovarmi,era quasi impossibile, era una vecchia casa imponente e diroccata,io avevo occupato la cantina in modo da non dare segni evidenti della mia presenza.

Jane era sempre in agguato ma erano alcuni anni che non mi aveva ancora trovato, chissà,prnsai,magari si era arresa.
A volte capitava che qualche gruppo di ragazzi esplorasse la casa e finisse nelle mie grinfie,era così che commettevo qualche omicidio,ma non abbastanza, però per quanto mi sarebbe piaciuto andare nelle case di notte non potevo,se l'avessi fatto sarei morto.
Lei era diventata bellissima grazie a me,era solita indossare vestiti neri, la parrucca che le avevo regalato e delle scarpe con il tacco tipicamente femminili, ero riuscito a vederla nel giorno nel quale si avvicinò a catturarmi.
Lei mi aveva salvato la vita,quando venni arso vivo lei aveva fatto irruzione per salvarmi, ora invece voleva uccidermi perché avevo ucciso i suoi genitori.
Un brivido mi percorse la schiena al ricordo della ragazza dalla pelle bianca che indossava la parrucca di capelli corvini e la maschera che impediva ap suo volto di essere visto,era così bella, era bellissima,le sue ferite erano guarire e a parer mio avrebbe potuto lasciar andare la maschera.
Io non capivo perché la mia ossessione per lei era diventata così morbosa,perché finivo inevitabilmente a pensare a lei, lei era il mio incubo ma allo stesso tempo era il mio sogno proibito era l'unica cosa,persona di cui avessi mai avuto paura ma allo stesso tempo era l'unica cosa,persona che volevo a tutti i costi.
Avevo iniziato a tenere un diario, parlavo di me,di lei di quello che provavo, di ciò che volevo ,dei miei ricordi e del brivido di piacere che mi provocava vedere il terrore negli occhi delle mie vittime,del piacere nel portare via la vita perfetta che avevano, parlavo di quanto per me fosse bello strappare via la felicità alle persone.
Entrai nell'enorme villa,i vetri delle finestre erano rotti e la polvere era sopra ogni cosa, le mattonelle del pavimento erano crepate e il mobilio rovinato,di fronte al portone d'entrata vi era una scalinata imponente e dietro era celata una piccola porta in ferro piuttosto arrugginita,la aprii e entrai nella stanza buia e umida che mi faceva da rifugio.
L'unica fonte di illuminazione era la candela consumata che si trovava sul piccolo e rovinato tavolo di legno,affianco vi avevo posizionato un vecchio materasso e avevo recuperato da una delle stanze due sedie di legno malmesse,una era posta di fronte al tavolo sul quale era appoggiato il quaderno che mi faceva da diario e l'altra era al centro della stanza,sul soffitto,esattamente sopra la sedia c'era un gancio in ferro piuttosto robusto che usavo per giocare con le mie vittime.
In questo luogo non vi era differenza tra la notte e il giorno a causa della fitta nebbia se non per la luna,mi distesi sul materasso e mi addormentai.
Mi svegliai e mi misi la mia felpa.
Infilai le scarpe e decisi di fare una passeggiata nei dintorni,era giorno eppure non sembrava così, mi diressi nella parte più fitta della foresta in cerca di vittima ma trovai solo un gatto nero che mi fissò intensamente, poi corse via,io dato che non avevo di meglio da fare lo seguii, con una strana sensazione che diventava sempre più forte e pesante man mano correvo dietro a quel gatto nero così aggraziato e agile, non lo avrei di certo ucciso,non ero così disperato, avevo intenzione di prenderlo come una sorta di animali domestico.