Capitolo 39 "Dove sei?"
Gli asciugai le lacrime.
"Scusa..."
"No, no...non scusarti."
"Ora mi odierai."
Lo avvicinai a me.
"Non ti odio, è stata dura per te..."
"Tu sei troppo buono."
Posai le mie labbra sulle sue. Inizialmente fu un bacio lento, poi diventò sempre più bisognoso. Le lacrime ricominciarono a scorrergli sulle guance.
"Ehi ehi..." sussurrai.
Liberò il suo volto dalle mie mani e si alzò.
"Jason..."
Alzò lo sguardo respirando profondamente, poi mi guardò.
"Scusa..."
Si avviò verso il vialetto. Mi voltai, rimanendo seduto sulla panchina. Anche lui si girò, scosse la testa e corse via.
"Cazzo..." sussurrai.
Che potevo fare per farlo stare bene? Forse era la tristezza suscitata da tutti quei ricordi, ma Jason mi era sembrato davvero distrutto, fragile. Mi alzai e andai verso la fontana.
"Questo posto è bellissimo, no?"
Riconobbi la voce, così rimasi immobile e aspettai che lui si mettesse accanto a me.
"Sì."
"Anche tu lo sei."
"Blane..."
"Era solo un complimento. Ora Jason spunterà dal nulla e mi picchierà?"
Risi, ma dopo qualche istante mi ricomposi.
"Io so..."
"Cosa?"
"Tutto."
Il suo tono di voce cambiò e potei percepire un po' d'ansia.
"Tutto?"
"Jason mi ha raccontato le cose che sono successe. Perché lo hai fatto?"
Il sottofondo dell'acqua iniziava a darmi fastidio. Mi aspettavo una risposta sgarbata e mille giustificazioni, ma...
"Non lo so...."
Si girò verso di me e notai che i suoi occhi si erano riempiti di lacrime.
"Lo ami ancora?"
"Mi dispiace..."
"Allora lo ami ancora."
Anche io iniziai a piangere, ma con più contegno.
"Sì, ma anche tu mi..."
"Cosa?! Tu mi hai solo usato come giocattolino! Ma ti dico una cosa Blane Johnson."
Feci un respiro profondo.
"Io non sono Jason. Tu non mi userai."
Mi avviai verso il vialetto.
"Jake!" urlò da dietro.
Non mi voltai, dovevo andare avanti: amavo Jason e nonostante Blane fosse un bel ragazzo, rimaneva sempre uno stronzo.
Davanti alla casa c'erano Sarah e Tomas che litigavano. Lei sembrava davvero mortificata, mentre lui incazzato.
"Ragazzi!"
Mi misi tra i due in modo da poterli guardare in faccia.
"Dai, che state facendo?! Siete perfetti insieme e quello di Sarah è stato un errore..."
"Jake è inutile che la difendi! È soltanto una stronza."
"Ehi ehi ehi! Stai parlando di Sarah! Vacci piano con le parole."
Mi spinse leggermente.
"Ah sì? Altrimenti che fai?!"
"Tomas non ti riconosco più, ma che hai?" disse Sarah, mettendosi davanti a me.
Le presi la mano e la trascinai dentro.
"Allora? Che pensavi di fare?"
"Io volevo solo..."
"Lascialo stare, sarà un brutto periodo per lui."
"Sì okay...ma ora non pensarci. È il tuo compleanno!"
"Hai ragione. Per caso hai visto Jason?"
"Ho visto che se ne andava in una macchina nera, che era parcheggiata qua davanti."
Non ebbi il tempo di pensare a dove potesse essere andato, perché Sarah mi prese per i fianchi e iniziò a ballare. Fu una notte lunga e piena di alcool, e quando si trattava di bere io non sapevo controllarmi.
-
Sentii qualcuno bussare alla porta. Aprii gli occhi e mi toccai la fronte. Mi guardai intorno e capii che quella non era la mia camera. Non sapevo dove mi trovavo e per qualche istante la preoccupazione mi assalì. Mi girava la testa. Bussarono di nuovo. Misi la mia maglietta che stava per terra e aprii.
"Jake scusa non volevo svegliarti, ma sono le 7:40 e fra poco dobbiamo andare a scuola."
Era Teo e capii dalle sue occhiaie che anche lui era sfinito.
"Questa è la tua stanza?" chiesi, imbarazzato.
"Sì. Ti ho trovato qui, verso le 4:30 e non volevo svegliarti."
Arrossii di colpo.
"Scusa! Sono un disastro. Quando bevo non capisco più niente."
"No, non preoccuparti. La casa è grande e ho due stanze per gli ospiti."
Ci preparammo e andammo verso la sua macchina. Una volta saliti, Teo sospirò.
"Tutto okay?" chiesi.
"Bè, sono un po' stanco e non ho voglia di fare niente..."
Si afferrò la testa fra le mani e la piegò all'indietro.
"Allora non andiamo a scuola."
"Purtroppo oggi ho un'importante verifica di filosofia. Quella professoressa mi odia e se la saltassi non me lo perdonerebbe."
"Non dirmi che hai..."
"La 'Russel'."
"Anch'io! È insopportabile e ha preso di mira anche me. Certo, non sono uno studente modello, però anche lei ci mette del suo."
Scoppiano in una sonora risata. Mise in moto e andammo a scuola. Arrivati all'entrata della scuola lo salutai e andai in classe.
"Jake."
"Ehi Dan."
"Come stai?"
"Bene, tu?"
"Alla grande! Ti adoro, perché grazie alla tua festa ieri ho avuto l'occasione di conoscere una bella ragazza."
Mi sedetti e buttai lo zaino a terra.
"Per 'conoscere' intendi dire 'scopare'?"
"È..."
Scossi la testa, poi sorrisi.
"Sono contento per te." dissi.
"Grazie amico."
Le lezioni furono interminabili e la sbronza mi passò solo verso la terza ora. A ricreazione andai a controllare se Jason era in classe sua: niente. Mi sembrò strano: lui non mancava mai il giovedì, perché aveva due ore di letteratura, che era la materia che adorava in assoluto. Se avesse potuto, mi aveva confessato una volta, avrebbe abolito tutte le altre. Tornai nella mia aula e iniziai a parlare con Maicol e Daniel: ragazze, scopate, pompini: erano questi gli argomenti principali delle loro conversazioni. Eppure anch'io una volta ero etero, ma non mi ero mai sentito a mio agio a parlare di queste cose. Forse non sono mai stato etero, semplicemente prima era più facile nascondere la mia vera natura.
Stanco di tutte quelle cavolate, mi affacciai alla finestra e iniziai ad osservare i bellissimi fiori che la primavera aveva donato al nostro triste cortile, rendendolo molto più accogliente. Aprile mi piaceva, adoravo quella nuova aria fresca e pulita. La primavera era come la rinascita di una natura morta. Mi accorsi che Daniel mi aveva appoggiato una mano sulla spalla.
"Pensare troppo fa male."
"È tutto ciò che mi rimane. Non so che fare."
-
Passarono giorni prima che iniziassi a preoccuparmi sul serio. Jason non rispondeva al telefono e non era a casa. Più volte, passando là davanti, avevo provato a bussare, ma niente: lui non c'era.
Domandai a Teo e ad alcuni dei suoi compagni di classe, ma nemmeno loro sapevano dove fosse andato. Iniziavo a temere il peggio. Pensavo a cose come sequestro di persona, o anche peggio...
Di chi era quella macchina nera in cui era salito la sera del mio compleanno?
Me ne stavo sul letto a pensare e ripensare. Era passata una settimana. Qualcosa mi interruppe: stavano bussando alla porta. Andai ad aprire e rimasi immobile.
"Salve, posso aiutarla?" chiesi.
Era un ragazzo moro, con gli occhi verdi e qualcosa in lui mi ricordava Jason.
"Sì. Jake Smith?"
Dopo tanta attesa ecco un nuovo (anche se corto) capitolo. Stavolta aggiornerò prima e scusate ancora per l'attesa. Grazie a tutte le mie lettrici e ai mie lettori :)
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