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Capitolo 8 "Dolci tentazioni"

Jake's Point of View:

Sentii delle mani toccarmi il volto. A quel punto urlai con tutta la forza che avevo, ma una mano mi tappò la bocca. Aprii gli occhi e vidi Jason inginocchiato accanto a me.

"Ehi, ehi, è tutto okay. Sono io."

Lo guardai con occhi sgranati e gli tolsi la mano dalla mia bocca.

"S-stavo per morire di paura..."

Appoggiò una mano sul mio petto e con l'altra prese ad accarezzarmi una guancia.

"Scusa, sono venuto a cercarti, perché ero preoccupato per te. A quanto pare ho fatto bene."

"Non c'era bisogno, sto bene. Voglio solo un po' di pace." mentii.

"Okay, allora se è così, me ne vado."

Fece per alzarsi, ma io lo bloccai per un polso.

"N-no, non andartene..."

Mi guardò.

"Ma hai appena detto che va tutto bene."

"Ho mentito..."

"Che succede?"

Si inginocchiò nuovamente.

"Sono inciampato e sono caduto a terra. La caviglia mi fa malissimo e non riesco a muoverla."

Mi alzò leggermente i pantaloni, fino al polpaccio e inizio a massaggiarmi la caviglia.

"Ahi!" esclamai.

Scossi la testa e lo bloccai.

"Fa male..." sussurrai.

Prese il telefono e guardò lo schermo.

"Cazzo, non c'è campo!"

Sospirai e mi toccai la caviglia, che si stava gonfiando.

"Che facciamo ora?"

"Hai bisogno di ghiaccio, ma dove lo trovo qua?"

Sospirai per l'ennesima volta.

"Senti, ti prendo di peso, ce la fai ad alzarti per qualche secondo?"

Mi appoggiai sui gomiti e guardai la mia caviglia scoperta. Annuii, mordendomi il labbro inferiore.
Mi aiutò ad alzarmi, ma fu molto complicato perché potevo appoggiare il peso solo sulla gamba sinistra. Gli misi le braccia attorno al collo per reggermi e appoggiai il volto sul suo petto, stringendo i denti.

"Ce la fai?" sussurrò.

Iniziai a singhiozzare.

"Jake? Cosa ti prende? Fa così male?"

"Brutto stronzo, non è la caviglia, è il fatto di averti così vicino e non sapere se volerti o odiarti!" sbottai.

Il mio corpo era completamente premuto contro il suo. Tentai di asciugarmi le lacrime, ma rischiai di cadere. Intrecciai di nuovo le braccia dietro al suo collo e lo guardai negli occhi. Le punte dei nostri nasi si stavano sfiorando. Lui aveva afferrato il mio fondoschiena, per non farmi cadere. Riuscivo a sentire i nostri cuori battere quasi all'unisono.

"Jason, stai toccando il mio..."

Arrossii e deglutii.

"S-sì, scusa..."

Spostò le sue mani sulla mia schiena e continuò a fissarmi.

"Che c'è?" chiesi.

"Niente."

"Mi fissi, ci deve essere qualcosa."

"Il fatto è che sei così bello."

"Smettila ti prego, non mi piacciono le frasi fatte e..."

"Non è una frese fatta, è la verità." mi interruppe.

Accarezzai il suo collo con le punte delle mie dita e socchiusi la bocca. Lui avvicinò leggermente il suo volto al mio, ma io lo allontanai.

"Quello che è successo ieri non deve più succedere. Mettitelo in testa: io e te non stiamo più insieme."

"Allora perché sento che tu non sei sicuro di ciò che stai facendo. So che provi ancora qualcosa per me, Jake."

Abbassai lo sguardo, poi lo rialzai subito dopo.

"I-io..."

"Jake! Dove sei?! Jake!"

Era la voce di Cassie che mi stava chiamando. Ci girammo entrambi nella direzione dalla quale proveniva la voce e vedemmo Cassie correre verso di noi.

"Jake!" esclamò.

Guardai Jason e lui guardò me, poi ci voltammo verso di lei.

"Ragazzi, che ci fate qua?" chiese, incrociando le braccia.

"Noi..." iniziai.

"Jake..." disse lui, contemporaneamente.

Ci guardammo.

"Che succede qua? Perché siete così vicini?"

Sembrava quasi infastidita.

"Jake si è fatto male alla caviglia e io lo stavo aiutando."

"Jake, è vero?"

"Mi stai dando del bugiardo Cass?" chiese lui, stringendo la mia maglietta da dietro.

"Sì, è così, mi stava aiutando." risposi, abbassando lo sguardo.

"Allora, Jason tu vai a chiamare gli altri, io rimango qua con lui."

Mi sedetti a terra, aiutato da lui e Cassie si mise accanto a me.
Quando rimanemmo soli, iniziai a fissarla.

"Tutto okay Cass?"

"Sì." rispose, in tono freddo.

"Non sembra."

Si voltò verso di me.

"Cosa stavate facendo tu e Jason?"

"Te l'ho detto, mi stava..."

"Seriamente, cosa è successo. Ti ha toccato o baciato...?"

"No, no! Come ti salta in mente. Mi ha solo aiutato ad alzarmi."

"Lui ti fa del male Jake. Pensavo che facendolo riavvicinare, saresti stato meglio, ma in te vedo tanta di quella tristezza. Non sei più il ragazzo sorridente che ho conosciuto qualche mese fa."

"Cassie, sto bene. Perché non la smettete di provare pietà per me?! Io sto andando avanti, la vita va avanti. Non tutte le storie vanno a finire bene, ma bisogna andare avanti."

"Ma tu non potrai farlo finché non fai uscire Jason dalla tua vita."

"Cosa stai dicendo?"

La mia domanda non ebbe nessuna risposta, perché il nostro discorso fu interrotto dalle voci di Teo, Tomas e Jason. Continuai a guardare Cassie finché Teo non mi prese di peso. Lei si alzò e mettendosi le mani in tasca, iniziando a camminare a pochi passi davanti a noi.

"Ti portiamo in ospedale, okay?"

"Teo, non c'è davvero bisogno. Forse ho bisogno solo di un po' di ghiaccio."

"No, potrebbe essere grave."

"Non voglio rovinarvi la serata..."

"Verrò solo io, non preoccuparti. Gli altri resteranno."

"Ehi amico devi rimetterti entro pochi giorni, perché ti voglio carico al mio compleanno." disse Tomas, sorridendo.

Annuii e ricambiai il sorriso. Appena arrivammo vicino al falò, gli altri vennero verso di noi.
Cassie entrò in macchina e mise in moto. La guardai attraverso il vetro dello sportello. Lei scosse la testa e se ne andò.

"Dove va Cassie?" chiese Sarah.

"Forse era stanca." risposi.

"Non è da lei andarsene così, senza salutare nemmeno. Comunque, come stai?"

"Bene, più o meno." risposi, alzando le spalle.

Iniziavo a sentirmi in imbarazzo, perché Teo mi stava ancora tenendo di peso. Salutammo gli altri e lui mi accompagnò in ospedale. Non era grave, era un distorsione. Avrei recuperato in un paio di settimane.

Quando arrivammo a casa mia, lui si offrì di accompagnarmi dentro, ma io rifiutai la sua offerta, perché gli avevo già dato abbastanza problemi quella sera.
Lo salutai ed entrai in casa, aiutandomi con le stampelle. Salii le scale, usando tutte le mie forze e andai in camera mia. Mi sdraiai sul letto mettendomi sotto le coperte. Iniziai a ripensare al mio corpo contro quello di Jason, alle sue mani sul mio fondoschiena, alle mie mani sul suo collo, alle sue labbra a un soffio dalle mie. Il cuore iniziò a battermi all'impazzata. Sorrisi appena e mi toccai il petto. Solo in quel momento realizzai che stavo nel mio letto, lo stesso in cui l'avevano fatto per la prima volta. Mi portai la coperta fino al naso e inspirai.

"Magari solo per stanotte..." sussurrai, prima di chiudere gli occhi.

Non fu così, perché continuai a dormire sul quel letto per tutta la settimana.

-

Era venerdì mattina. Mi svegliai prima che la mia sveglia suonasse. Mi alzai dal letto, aiutandomi con le stampelle. Ero davvero stanco, perché camminarci era una tortura per le spalle e i polsi. Mi preparai e scesi le scale, molto lentamente. Mi sedetti sul divano per aspettare Teo. Quando arrivò uscii di casa e lui mi aiutò a prendere lo zaino. Salimmo in macchina. Mise in moto e iniziò a guidare verso la scuola.

"La caviglia ti fa ancora male?"

"No, non tanto."

"Eric e Mercy quando tornano?"

"Dovrebbero tornare domenica."

"Oh, capito. Siamo arrivati, devo accompagnarti in classe?"

"No, ce la faccio."

Scesi dalla macchina e presi lo zaino.

"Sei sicuro? Non è un problema per me."

"Non voglio essere un peso, è da una settimana che mi accompagni a scuola."

Sorrisi e iniziai a "camminare" verso l'entrata. Una ragazza mi aprì la porta e io la ringraziai. Vidi Sarah e Helen davanti alla bacheca. Le salutai

"Ehi, ragazze."

Si voltarono contemporaneamente.

"Jake, come stai?" chiese Sarah.

Helen tornò a fissare la bacheca.
Alzai gli occhi al cielo.

"Bene, bene. Domani è il compleanno di Tomas, dove lo festeggerà?"

"A casa di Teo."

"Oh, va bene."

Diedi un'occhiata veloce a Helen e me ne andai. Appena entrai in classe vidi il banco di Daniel vuoto, come i giorni precedenti. Non ero preoccupato, era da Daniel sparire a volte. Ma infondo ero sicuro che lo avrei visto Sabato alla festa di Tomas. Avrebbe dovuto esserci, avrebbe dovuto...

-

Le ultime due ore di quel giorno, prevedevano motoria. Mi sedetti sugli spalti e iniziai a guardare i miei compagni allenarsi. Non ho mai creduto nella sfortuna, ma il fatto che una pesante palla da basket colpì la mia caviglia destra, bè quella può essere definita sfortuna. Mi chinai di colpo e mi morsi il labbro così forte che iniziò a sanguinare. Era un dolore così atroce, che sentii il respiro mancarmi. Delle lacrime iniziarono a scendermi involontariamente dagli occhi. Il ragazzo che mi aveva colpito continuò a chiedermi scusa per più di cinque minuti filati. Gli avrei voluto urlare che quegli "scusa" e "mi dispiace" non avrebbero fatto passare il dolore, ma mi trattenni. Il professore mi portò in infermeria e mi fece sdraiare sul lettino infondo alla stanza. Mi diede del ghiaccio e mi disse di tenerlo sulla caviglia per trenta minuti, per poi lasciarmi solo. Mi misi seduto e appoggiai il ghiaccio sul lettino. Avevo dei pantaloncini, quindi potevo vedere la caviglia: era rossa e gonfia. Non avevo il coraggio di toccarla, neppure per appoggiarci il ghiaccio. Tirai il capo all'indietro e sospirai. Sentii la porta aprirsi di scatto, per poi riuchidersi subito dopo. Guardai davanti a me e vidi Jason.

"Che ci fai-..."

"Che è successo?" mi interruppe.

"No, senti, cosa ci fai qui?"

Lui si avvicinò fino ad arrivare davanti a me.

"Stavo andando in biblioteca, quando ho visto il professor. Collins uscire dall'infermeria. Mi ha detto che ti sei fatto male."

"Sì, un po'."

"Mmm? Fa vedere."

Si chinò e mi afferrò la gamba destra, per poi scendere fino al polpaccio. Guardò la caviglia e si morse il labbro inferiore.

"Questo lo chiami un po'? È abbastanza grave invece."

"Che?! Quanto grave...?"

"Ti dovranno operare..." disse in tono drammatico.

"Jason! Pensi che sono in vena di scherzi? Smettila, non è divertente."

Incrociai le braccia e lo scostai. Lui si rialzò e si piazzò nuovamente davanti a me.

"Allora, cosa è successo?"

"Una fottuta palla da basket. No, dimmi quante probabilità c'erano che colpisse proprio la mia caviglia? La destra, poi!"

Ridacchiò e io sorrisi.

"Stai sorridendo." disse.

"Sì, credo di sì."

Iniziò a massaggiarmi la coscia sinistra e a fissarmi. Avevo le gambe leggermente divaricate. Lui si avvicinò ancora di più.

"Jason, la mia coscia sinistra sta bene, sai. È la caviglia che mi fa male."

"Oh sì, scusa."

Sorrise e appoggiò la mano sul lettino. La guardai poi guardai i suoi occhi. Il suo bacino era quasi a contatto con il mio.

"Sei molto vicino in questo momento..." sussurrai.

"Lo so."

Si avvicinò ancora di più e le nostre intimità entrarono in contatto, divise solo dai nostri vestiti. Sobbalzai leggermente e gemetti per quel gesto improvviso. Lui appoggiò anche l'altra mano sul lettino e mi lasciò un bacio umido sul collo, poi salì.

"Ho tanta voglia di baciarti, in questo momento." sussurrò al mio orecchio.

Appoggiai le mani sul suo petto, ma lui me le scostò, bloccandomele sul lettino.

"J-Jason..."

In realtà anch'io avrei voluto assaporare, anche se per poco, le sue labbra, ma quell'orgoglio che avevo dentro mi impediva di farlo. Scossi la testa. Lui permette ancora di più la sua intimità contro la mia e io gemetti di nuovo.

"S-smettila..." sussurrai.

"Lo sai che ti voglio con tutto me stesso, lo sai vero?"

Lo guardai negli occhi e strinsi le mani ancora bloccate, a pugno. Lui sfiorò le mie labbra, con esitazione e io feci un respiro profondo. Iniziò a baciare prima il mio labbro inferiore e poi quello superiore, per poi impossessarsi completamente delle mie labbra. Ormai la caviglia non la sentivo nemmeno, perché l'adrenalina che avevo in corpo era davvero troppa. Non obbiettai, non lo respinsi, ma ricambiai. Liberai le mani dalla sua presa e le appoggiai sui suoi fianchi, mentre lui andò ad afferrare il mio fondo schiena.

"Ah!" gemetti ancora.

Mi staccai dalle sue labbra e ripresi fiato. Lo guardai negli occhi e per un momento ebbi voglia di fermarmi, ma poi richiusi gli occhi, perché le sue labbra entrarono nuovamente in contatto con le mie. Cercai di non pensare, perché se lo avessi fatto la magia del momento sarebbe finita.
La passione del bacio diventò sempre più forte e travolgente.
Jason era il ragazzo che avevo amato per troppo tempo per dimenticarlo e per far finta che quei sentimenti non fossero mai esistiti.
Quando mise una mano nei miei boxer, mi staccai dalle sue labbra e lo guardai.

"Forse dovremmo fermarci qua."

Avvicinò il suo volto al mio collo e iniziò a baciarmelo. Tirai il capo all'indietro e socchiusi la bocca.

"J-Jason..." sussurrai.

Iniziò a toccarmi. Le sue mani che avevano sfiorato la mia pelle un'infinità di volte, quelle labbra che avevano baciato tutto il mio corpo. Il piacere era sempre più forte, il mio respiro sempre più affannato e i nostri corpi sempre più vicini.
Prese un lembo di pelle del mio collo, tra i denti e iniziò a mordicchiarlo e a succhiarlo. Non diedi peso a quel gesto, perché ero troppo preso dalla sua mano sulla mia intimità. Quando si staccò dal mio collo, prese a baciarmi, ma io non ricambiai, perché il fiato iniziava a mancarmi. Venni, ma lui continuò a toccarmi.

"B-basta..."

Mi guardò e sorrise. Fece per baciarmi, ma io lo spinsi leggermente.

"Ti è piaciuto?"

"Perché lo hai fatto? Perché?!"

"Ma tu hai ricambiato, non ti ho costretto."

"Lo sai che sono vulnerabile e tu ne stai approfittando. Quel giorno al parcheggio del centro commerciale, la sera del falò e ora! Basta io non ce la faccio più..."

Delle lacrime mi rigarono il volto. Me lo coprii con entrambe le mani. Sentii la porta aprirsi.

"Jason, che ci fai qui?"

Era la voce del professor Collins.

"Ero venuto a controllare la caviglia di Jake." rispose lui, con esitazione.

Mi scoprii il volto, facendo scivolare le mie mani fino alle cosce.

"Mi fai il piacere di andartene?" gli dissi, indicando la porta.

"Jake..."

"Vattene!" esclamai.

Lui mi guardò, con un'espressione quasi sconvolta, poi uscì dalla stanza sbattendo la porta. Il professore si avvicinò a me e prese la busta con il ghiaccio.

"Perché l'hai trattato così? Voleva solo essere carino."

"Mr. Collins, lei non può capire."

"Mmm, ma ciò che capisco è che lui non è venuto qua per la tua caviglia. "

"Che?"

"Il ghiaccio si è sciolto e la caviglia è ancora gonfia."

"Oh, sì-..."

"Dai aspettami qua, vado a prendere un'altra busta."

Uscì dalla stanza e chiuse la porta. Mi aggiustai i capelli, tutti spettinati e mi toccai le labbra.

"Cazzo, no. Non può essere successo realmente."

Sospirai.
Era un cosa assurda, come avevo fatto a farmi trascinare da lui? Non era la prima volta che accadeva. Avrei dovuto aumentare il mio autocontrollo per non cedere di nuovo alle sue tentazioni. Quelle dolci, ma sbagliatisssme tentazioni.

~

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