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Capitolo 29 "Because i love him"

*le scritte in corsivo staccate dalle altre frasi, sono pensieri.
Leggete la nota a fine capitolo, per favore.

Jake' Point of View:

Bussai alla porta del suo appartamento, lo stesso che non vedevo da mesi, ormai.
Mi guardai intorno e aspettai che lui venisse ad aprirmi. Quando la porta si spalancò, io sobbalzai appena e lo guardai sorridendo appena.

"Jason..."

"Jake."

Decisi di non prendermela troppo per i suoi modi freddi e continuai a parlare.

"Posso entrare?"

"Ora? In realtà ho del lavoro da fare, per l'azienda, sai..."

Mi accigliai e incrociai le braccia al petto. Non mi sarei di certo arreso in quel modo.

"Se è per quello che è successo domenica, guarda che non fa niente, davvero."

Lui sospirò sconfitto e strinse le labbra per un istante, come se stesse combattendo con sé stesso per prendere una decisione.
Mi fece un cenno ed entrò. Lo seguii, chiudendo la porta alle nostre spalle.
Mi mordicchiai leggermente il labbro inferiore, notando che quella casa non era cambiata affatto in tutto quel tempo e che anzi, sembrava molto più ordinata del solito.
Andammo in sala ed io mi sedetti sul divano, appoggiando il mio zaino a terra.

"Perché sei qua?" chiese lui, rimanendo in piedi.

Appoggiai le mani sulle mie gambe e mi irrigidii appena, mettendo su un sorrisetto nervoso.

"V-Volevo...in realtà..." farfugliai.

Mi chinai e presi un libro di matematica dal mio zaino, porgendoglielo.

"Ho dei test tra qualche settimana e non ci capisco niente di questa roba."

Lui afferrò il libro e mi guardò perplesso per qualche istante, per poi appoggiarlo sul tavolino là davanti, che era pieno di scartoffie e moduli.

"Seriamente?"

"Seriamente." risposi.

Annuì e chiuse gli occhi, prendendo un respiro profondo, per poi riaprirli.

"E Isaac?" chiese, improvvisamente.

Abbassai lo sguardo e feci spallucce.

"Va bene, ho capito. Aspettami qua, vado spegnere il pc, così iniziamo."

Annuii, mentre lui spariva lungo il corridoio che portava alla sua stanza.
Alzai lo sguardo e vidi la stessa foto che era lì anche l'anno prima, quella di Jason, Blane e Helen.
Continuai a guardarla per un po', per poi notarne un'altra accanto ad essa. Arrossii leggermente e sorrisi, nostalgico: era la foto che avevamo scattato prima del ballo scolastico, la stessa che tenevo sul mio comodino, un tempo.
Mi alzai, per raggiungere lo scaffale e osservare meglio la foto, ma urtando il tavolino davanti al divano, feci cadere dei fogli. Sbuffai e mi chianai a raccoglierli.
Mentre li risistemavo sul tavolo, la mia attenzione fu catturata da un modulo in particolare. Assottigliai gli occhi e lessi, rimanendo a bocca aperta: cosa ci faceva un modulo di matrimonio nell'appartamento di Jason?
In quel momento sentii dei passi provenire dal corridoio, ma non feci in tempo ad alzarmi, perché Jason era già di fronte a me, con un'espressione sorpresa.

"Questi sono documenti importanti per l'azienda, nessuno dovrebbe leggerli." mi ammonì, con la sua voce profonda.

Tremai leggermente quando le sue mani sfiorarono le mie, mentre riprendeva i fogli che gli appartenevano.
Lo guardai per qualche secondo, per poi farmi forza e parlare.

"Che ci fa un modulo di matrimonio nel tuo appartamento?"

Lui si bloccò a fissarmi, per poi iniziare a sistemare tutti i fogli che stavano sul tavolino.

"Ma perché sei andato a curiosare tra la mia roba?" chiese, in modo quasi scocciato.

Feci una smorfia e mi accigliai, incrociando le braccia.

"In realtà ho urtato contro il tavolino e l'ho visto per caso." risposi, cercando di non sembrare troppo nervoso. "Allora?" insistetti.

Lui sospirò e ridacchiò.

"Mio fratello si sposa, ecco."

Spalancai occhi e bocca, provocando una risata a Jason.

"E-Edward si s-sposa?!"

Lui annuì, arruffandomi leggermente i capelli e sedendosi sul divano.

"È venuto qualche giorno fa a dirmelo e forse si...si è dimenticato di riprendere il modulo. Tanto questa è solo una copia, l'originale ce l'ha lui."

"Oh mio Dio! Non ci credo, ma è una notizia fantastica!"

Gli saltai praticamente addosso, abbracciandolo. Lui appoggiò completamente la schiena allo schienale del divano per sostenere il mio peso e lo sentii sospirare, come di sollievo. Comunque non diedi troppo peso alla cosa, troppo preso dalla bella notizia.

"Chi è la fortunata?"

Esitò un po', per poi rispondere.

"Una ragazza italiana, penso..."

"Oh, non l'hai ancora vista, immagino."

Scosse la testa e mi fece sedere sul divano, liberandosi dalla mia stretta.

"Allora, vogliamo studiare?"

Era come se volesse cambiare argomento ad ogni costo e non sembrava felice. C'era qualcosa di strano nei suoi modi e la sua voce tremava appena quando usciva dalla sua bocca.
Decisi di non pensarci troppo, volevo godermi quella giornata che avrei passato con lui, anche se per studiare. A me bastava stare in sua compagnia.

"Okay, iniziamo." annuii.

-

Helen's Point of View:

Dopo quella lunga settimana di pioggia, decisi di andare a fare un po' di compere. Volevo liberarmi per un po' di quella depressione che mi si era attaccata come un sanguisuga, la settimana prima.
Mentre giravo per il centro commerciale, non facevo altro che guardare le altre ragazze e paragonarmi a loro, specchiandomi di tanto in tanto nelle vetrine dei diversi negozi. Ogni volta facevo un lungo sospiro di frustrazione e continuavo a camminare, a testa bassa.
Quando sentii una mano toccarmi la spalla destra, strinsi la mia borsa tra le mani e mi voltai, pronta ad attaccare chiunque fosse. Era un effetto collaterale dello stress: ero estremamente irritabile.
Quando constatai che si trattava di una persona familiare, abbassai al borsa all'altezza dei mie fianchi e feci un sospiro di sollievo.

"E-Ehi, tutto okay?"

Anuii leggermente e forzai un sorriso.

"Il fratello di Cassie, Jul...?"

"Julyan. Tu devi essere Helen, non è così?"

"Sì, ma come fai a sapere il mio nome? Voglio dire, ci siamo visti solo una volta e non ci siamo nemmeno presentati."

Lo vidi esitare per un attimo, prima di rispondere.

"M-Mia sorella mi ha parlato molto di te, ecco..."

"Ah, spero che non abbia detto cose spiacevoli." dissi, ridacchiando.

Lui scosse la test, forse un po' troppo veloce, per poi tornare a guardarmi.

"Che ci fai qui, tutta sola, di sabato mattina?"

"Bé, volevo fare un po' di shopping per tirarmi su di morale, ma ora che ci penso mi è passata la voglia. Meglio che vada a casa, ci vediamo Jul-..."

"No!" disse, afferrandomi una mano.

Arrossii appena per quel gesto e rimasi immobile, alzando un sopracciglio in attesa che lui parlasse.

"V-Volevo dire, già che ci siamo possiamo andare a fare un giro, magari ti posso offrire qualcosa da bere o da mangiare."

Lasciò la presa ed io lo guardai, stupita: era la prima volta che un ragazzo mi trattava così e ne ero davvero lusingata. La maggior parte dei ragazzi mi cercavano solo per delle scopate o per fumarsi una canna insieme.
Invece Julyan voleva solo passare del tempo con me e la sua espressione dolce mi convinse.

"Okay, allora andiamo." dissi, iniziando a camminare.

Lui mi raggiunse, allungando il passo e avrei potuto giurare che stesse sorridendo come un ebete.
Quando entrammo in una caffetteria che stava al secondo piano del centro commerciale, cercai con tutta la mia forza di trattenere i conati di vomito per quel forte odore di cibo.
Sospirai e mi sedetti, seguita subito dopo da Julyan che si mise di fronte a me.

"Allora, cosa prendi?" chiese, sorridendo dolcemente.

Sobbalzai appena, sbattento velocemente le palpebre appena fui strappata via dai miei pensieri.
Non sapevo davvero cosa prendere, anzi non volevo nemmeno vedere del cibo. Però se avessi rifiutato sarei risultata scortese, quindi decisi di far scegliere a lui. Al massimo avrei potuto dire che non avevo molta fame o mangiare tutto, per poi cercare il bagno più vicino per svuotarmi.

Helen a cosa ti sei ridotta? È un po' di cibo e non ti ucciderà mica. E poi questo ragazzo è stato così gentile...

"Stupiscimi." dissi, ammiccando.

Julyan annuì e chiamò una cameriera, che prese le ordinazioni e se ne andò.

"Come sta Cassie?" chiesi improvvisamente, giusto per rompere il silenzio.

Lui fece uscire un sospiro dalla sua bocca e fece spallucce.

"Non bene, diciamo. Sai, è un periodo un po' difficile per noi..."

Lo guardai negli occhi e mi ricordai che in effetti quando io e gli altri provavamo a parlare con Cassie, lei era sempre evasiva e cambiava argomento.

"Oh, che succede...?"

"N-Nostra madre è malata, ha un cancro al seno e sta per morire. Mio padre ha iniziato a bere e abbiamo un po' di problemi economici..." fece una pausa, per poi continuare. "Mi dispiace, non volevo sfogarmi con te, voglio dire, non ci conosciamo nemmeno. Scusa a volte sono così stup-..."

Gli afferrai le mani da sopra al tavolo e guardai le nostre dita intrecciate, sorridendo appena.

"Non preoccuparti Julyan, siamo umani, siamo estremamente fragili, come dei bicchieri di vetro. A volte è normale sentire il bisogno di sfogarsi con qualcuno. Comunque mi dispiace molto per ciò che state affrontando, io non ne avevo idea..."

Le ordinazioni arrivarono ed io lasciai le sue mani, per fare posto sul tavolo.

"Grazie Helen, sei così dolce. Ora basta con la tristezza però, mangiamo!"

Annuii, notando solo in quel momento le due tazze di caffè e i due piatti con due fette di torta al cioccolato davanti a me. Sentii una fitta al cuore e strinsi il tovagliolo che era vicino alla mia mano destra, deglutendo.
Lui iniziò a mangiare, mentre a me veniva solo voglia di piangere.

Helen mangia, è solo un po' di torta, non ingrasserai per un paio di calorie in più.

Strizzai gli occhi e iniziai dalla tazza di caffè, prendendone un sorso.

"Allora, cosa hai intenzione di fare dopo la scuola?"

Fui presa alla sprovvista da quella domanda. Appoggiai la tazza sul tavolo e ci riflettei per un attimo.

"I-Io non lo so proprio..."

"Oh..." sussurrò lui, quasi deluso. "A me piacerebbe creare un gruppo musicale, scrivere canzoni mie, girare il mondo..."

Ridacchiai e annuii.

"Molto ambizioso." dissi.

"Sì, ma sai, amo la musica e vivere facendo ciò che amo sarebbe bellissimo."

Dopo quella frase ci fu un po' di silenzio, durante il quale lui finì il suo pezzo di torta.

"Helen?"

La su voce mi fece sobbalzare appena.

"Mmh?"

"Non ti piace, vero? Ah, lo sapevo che dovevo prendere quella alla fragola!"

Risi e scossi la testa. Mi sentivo terribilmente in colpa. Eppure non potevo farci niente, ormai la mia vita era quella e il cibo mi spaventava. Odiavo vomitare, mi faceva sentir male sia fisicamente che psicologicamente, ma sapevo che se avessi mangiato poi avrei dovuto farlo. Era come un obbligo che mi imponevo, un istinto che ormai teneva in pugno la mia vita.
Se all'inizio era una semplice dieta, ora era diventata una vera e propria tortura.

"Julyan, è okay. Mi sono solo distratta, ora la mangio. Avanti, chi non ama la cioccolata?"

Lui sorrise e iniziò a bere il suo caffè.

Avanti Helen, tutto in una volta.

Presi la forchetta e iniziai a mangiare, forse troppo velocemente. Ogni boccone era una lacrima trattenuta e una morsa allo stomaco.
Quando finii, lasciai cadere la forchetta sul piatto, provocando un tintinnio che attirò l'attenzione di Julyan.

"L'hai già finita? Wow, allora ti piace davvero la cioccolat-..."

"Devo andare, mi dispiace."

Mi alzai di scatto e afferrai la mia borsa.

"Helen, ho detto o fatto qualcosa di sbagliato?"

Si alzò a sua volta, seguendomi fino all'esterno della caffetteria.

"No, ma ora devo davvero andare, grazie mille per il caffè."

Iniziai a camminare, ma lui mi bloccò per un polso e mi fece girare nuovamente.

"Helen?"

Iniziai a piangere senza nemmeno accorgermene: volevo solo liberare il mio stomaco da quella fottuta torta e mi sentivo patetica per quello.

"Julyan, devo andare."

Lui lasciò il mio polso ed io lo guardai un'ultima volta, prima di correre fino ai bagni pubblici più vicini ed entrarci.
Alcune ragazze mi guardarono stranite e quello non fece altro che aumentare il mio stress.
Entrai nell'ultima cabina e buttai la mia borsa a terra quasi con rabbia.
Mi inginocchiai a terra e misi due dita in bocca, andando in profondità, fino alla gola. Ormai era facile, era come quelle cose normali che si fanno ogni giorno come bere l'acqua, respirare o mangiare.
Quando sentii qualcosa risalire dallo stomaco, tolsi le dita e vomitai. Ripetei il gesto per diverse volte, finché non iniziai a vomitare solo succhi gastrici.
Mi ripulii la mano destra con una salvietta e mi sedetti a terra, guardando le nocche leggermente arrossate. Sbattei il capo sul muro dietro di me, con rabbia.
Iniziai a piangere, singhiozzando fino a perdere il respiro.
Mi facevo schifo per diverse cose in quel momento: avevo lasciato Julyan da solo per una cazzata, avevo vomitato di nuovo, mi facevo problemi inutili e mi deprimevo mentre Julyan riusciva a sorridere nonostante la sua situazione molto più difficile della mia.
Chiusi gli occhi e rimasi lì per un po', sperando che quello fosse solo un incubo e non la mia vita.

-

Jake's Point of View:

Tomas e Sarah avevano chiamato tutti e avevano detto che avevano una notizia importante da darci.
Ci incontrammo al Recency quella domenica.
Quando entrai nel bar, gli altri erano già seduti al 'nostro' tavolo, tutti tranne Jason e Isaac, naturalmente.
Mi sedetti e fui accolto con alcuni abbracci e sorrisi: era bello essere di nuovo come una famiglia.

"Allora, volete tenerci qua per tutta la giornata? Sparate!" disse Daniel, iniziando a mangiare il suo sandwich.

"Oh Dan, abbiamo appena pranzato, che senso aveva ordinare un sandwich?" lo riprese Blane.

Il biondino alzò gli occhi al cielo e fece spallucce, non rispondendo. Cassie sospirò, guardando Blane. Solo in quel momento mi accorsi che il ragazzo aveva un livido sulla guancia sinistra.

"Bene, ormai tutti sapete che Sarah è incinta..." iniziò Tomas.

"Abbiamo deciso di tenerlo, perché non abortirei mai, è una cosa crudele. Però siamo troppo giovani per tutto questo e penso che sia meglio che il bambino abbia dei genitori più...maturi." continuò Sarah.

"Volete darlo in adozione?" chiese Teo, quasi deluso.

Sarah annuì, sospirando.

"Che c'è Teo? Ti eri già preparato a fare lo zio?" disse Daniel, ironicamente.

"Bé, sarebbe stato carino." rispose Teo.

"Dai, l'importante è che Sarah sforni questa pagnotta, poi chi se la mangerà se la mangerà."

"Daniel, stai seriamente parlando di quel bambino come se fosse del cibo?" chiese Blane, scuotendo la testa.

Il biondino ridacchiò e appoggiò la testa sulla spalla di Blane: erano davvero perfetti insieme. Per qualche istante provai anche un po' d'invidia.
Però sapevo che anche ciò che c'era tra me e Jason era un legame forte e che forse dopo quello che era successo, si sarebbe rafforzato ancora di più.

"Pensate che stiamo facendo la cosa giusta?" chiese Tomas, stringendo la mano di Sarah.

"Il bambino deve stare con i suoi veri genitori... So che siete giovani, ma noi potremmo aiutarvi, vero ragazzi?" disse Teo.

Gli altri annuirono, ma io ero troppo preso dai miei pensieri per seguire il discorso.

Il modulo di matrimonio, che ci faceva quello stupido modulo di matrimonio nel suo appartamento? E se mi stesse mentendo? Però forse Edward si sta davvero per sposare. Bé, per averne la conferma potrei semplicemente...

"Ragazzi, devo andare!" dissi, alzandomi.

"Ma... stiamo parlando di un argomento importante." disse Sarah, accarezzandosi la pancia che sporgeva un po'.

"Mi dispiace, devo fare una cosa importante."

In quel momento Blane ricevette un messaggio e si accigliò appena, alzandosi.

"Anch'io devo andare, è per... lavoro." disse Blane.

"Devo venire con te?" chiese Daniel.

Il moro scosse la testa e insieme ci dirigemmo verso l'uscita, dopo aver salutato.
Quando fummo fuori dal Recency, guardai Blane, con aria confusa.

"Dove vai?"

Lui alzò le sopracciglia e si guardò intorno.

"Parli con me?"

Alzai gli occhi al cielo e sbuffai.

"Sì Blane Johnson, proprio con te."

"Devo fare una cosa importante. Tu?"

"Anch'io."

Feci un cenno e iniziai a camminare, ma lui mi richiamò.

"Jake!"

Lo guardai e aspettai che dicesse qualcosa.

"Mi dispiace, sono stato uno stronzo. Ho rovinato la tua vita ed è colpa mia se hai sofferto così tanto. L'ho realizzato sul serio solo ora, perché se mi portassero via Daniel io ci rimarrei più che male. Capisco che tu voglia solo prendermi a schiaffi e mandarmi a quel paese ma... Mi perdoneresti?"

Mi venne l'istinto di sorridere, perché erano delle scuse sincere, quelle che vengono dal cuore.
Mi avvicinai e lo abbracciai, sentendo un suo sospiro causato dalla sorpresa del mio gesto.

"Perdonato." sussurrai.

Mi staccai e ridacchiai per la sua espressione sconvolta.

"Non te lo aspettavi, è?" dissi.

"Ormai non ci speravo più, in realtà."

Annuii e sorrisi.

"Mai dire mai, giusto?" conclusi.

Lo salutai e iniziai a camminare, in cerca di un taxi.
Mi sentivo un po' più leggero: era quella la sensazione che si provava quando ci si lasciava il passato alle spalle?
Infondo diventare adulti e maturi significava anche quello: perdonare.
Ed io quel giorno mi allontanai un po' di più dalla mia adolescenza, facendo un altro passo verso la mia maturità, perché sì, avevo perdonato la persona che mi aveva portato via la persona che amavo di più al mondo.
Avevo finalmente perdonato Blane Johnson.

-

Jake's Point of View:

Entrare nell'azienda dei McCurthy non era stato difficile, in fondo. Trovare l'ufficio di Edward, quello, era stato difficile.
Qull'edificio era enorme e mi chiedevo come facessero i dipendenti a non perdersi là dentro.
Quando finalmente lo trovai, bussai un paio di volte, per poi entrare quando sentii una voce provenire dall'interno.
Quando il fratello di Jason mi vide, sembrò più sconvolto che sorpreso.

"Che ci fai tu qua?! Sai che non dovresti-..."

"È un piacere rivederti Edward!"

Mi avvicinai a lui e lo abbracciai. Lui si alzò dalla sedia e si scostò con delicatezza.

"Queste confidenze?" disse.

Feci spallucce e ridacchiai.

"Comunque non dovresti davvero essere qui, come hai fatto ad entrare?"

"A volte essere un bel ragazzo biondo aiuta."

"Ah, devo dire a papà di cambiare quella gatta morta che lavora nella reception. È una buona a nulla..." mormorò. "Allora, di che hai bisogno?"

"Di risposte."

Ci sedemmo sul divanetto che stava accanto alla sua scrivania ed io iniziai a parlare con un po' d'esitazione.

"S-Sono felice che ti sposi, volevo complimentarmi..."

Lui alzò un sopracciglio e scoppiò a ridere. Quando vide che io ero totalmente serio, smise e sgranò gli occhi.

"Cazzo..." imprecò.

"Che succede?"

Iniziai a preoccuparmi sul serio e a torturarmi le mani per l'ansia.
Lui si passò una mano tra i capelli e sospirò.

"Chi ti ha detto che mi sposerò?"

"Jason, perché?"

Si diede uno schiaffetto sulla fronte e appoggiò una mano sulla mia spalla.

"Lui non te l'ha ancora detto, non è vero?"

Iniziai a tremare leggermente e scossi la testa.

"D-Dirmi c-cosa?" balbettai.

Si alzò e mi trascinò fino alla porta, aprendola.

"Jake, torna a casa e... Sii forte, okay?"

"Ma che stai dicendo? Dimmi che sta succedendo Edward!"

"Ma tu e mio fratello non avevate litigato? Perché ti interessa così tanto?"

Abbassai lo sguardo e mi morsi il labbro inferiore con forza: anche la su famiglia sapeva della nostra rottura.

"Perché io lo amo da morire, Edward. Io l-lo amo..."

L'ultima frase uscì quasi come un sussurro.
Lui mi guardò con occhi tristi e mi abbracciò.

"Cazzo, questa non ci voleva proprio... Jake, ora torna a casa e cerca di riposarti. Torna qui domani e ti spiegherò tutto."

"Ma io..."

"Jake, sei stanco, si vede. Non posso trattare questo argomento ora, non con te in queste condizioni."

Annuii e mi arresi, uscendo dal suo ufficio.

"Domani ti aspetterò davanti all'azienda. Vieni la sera, verso l'orario di chiusura, almeno non ci sarà molta gente."

Sospirai e annuii nuovamente, salutandolo.
Quando fui fuori dall'azienda, presi il mio telefono e chiamai Jason. Quando partì la segreteria, staccai la chiamata e guardai il cielo che si stava lentamente riempiendo di nuovole grigie.

"Jason, dove sei?" sussurrai tra me e me, iniziando a camminare.

-

Jake's Point of View:

Quando arrivai a casa, iniziò a piovere. Ero stato davvero fortunato, perché non mi andava di bagnarmi dalla testa ai piedi.
Mi tolsi le scarpe e la giacca, ma non feci nemmeno in tempo a fare un passo verso le scale, che bussarono alla porta.

"Chi sarà a quest'ora della domenica?"

Aprii la porta e spalancai la bocca quando vidi Blane davanti a me: era tutto bagnato e aveva il fiato corto.

"Blane?"

"Jake, perdonami, ho cercato di fermarlo, ma era troppo tardi!"

"Che stai dicendo? Che succede Blane?!"

Ero stanco di tutte quelle domande senza risposta.

"Jason." disse lui.

Afferrai le sue spalle e iniziai a piangere anche prima di sapere ciò che stava succedendo. Avevo già quel brutto presentimento dentro di me.

"Lui è...partito." concluse.

Spazio me:

Perdonatemi per questo finale così, ma ormai mi conoscete, vero? Perdonatemi per eventuali errori, ma l'ho scritto e corretto ieri alle dieci di sera ed ero stanchissima.
Comunque, voglio ringraziarvi per i bei commenti, i messaggi e gli apprezzamenti. Anche se non rispondo quasi mai (sarebbe anche impossibile rispondere a tutti), sappiate che li leggo e vi adoro per il vostro sostegno. A volte non ho proprio la forza di fare le cose, perché sono così, quando sono giù mi metto nel letto e ci passo giornate intere, ma voi riuscite a farmi sorridere nonostante siate lontani, anche più di tutte le persone che sono intorno a me. Grazie di tutto tesori miei, vi mando un abbraccio forte forte e un bacio♡♡.
Se avete qualche domanda, richiesta o volete semplicemente chiacchierare, non esitate a scrivermi.

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