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Capitolo 28 "It doesn't matter"

Tomas' Point of View:

Jake era uscito da una decina di minuti e il film iniziava a diventare noioso. Mi alzai, dicendo di dover andare a bere qualcosa. Sarah mi guardò con uno sguardo indecifrabile e lasciò la mia mano, sorridendo appena.
Andai in cucina, frugando nella dispensa e guardando le diverse bottiglie messe in fila sul primo scaffale. Presi una piccola bottiglietta di succo e l'aprii, iniziando a bere. Quando staccai le labbra dall'orlo della bottiglietta, il mio sguardo incontrò quello di Sarah, che stava sulla soglia della porta della cucina. Inclinai leggermente la testa e le feci cenno di avvicinarsi.

"Tomas..." sussurrò lei, rimanendo immobile.

Appoggiai la bottiglietta di succo sul tavolo e la guardai confuso, mentre lei fece qualche passo verso di me, lasciando scendere qualche lacrima.

"Sarah?"

Rimase in silenzio e si toccò l'addome, guardandomi con le lacrime agli occhi. Iniziai a preoccuparmi seriamente e mi avvicinai a lei, a piccoli passi.
Sarah prese la mia mano destra, appoggiandola sul suo addome. Guardai le nostre mani in contatto e poi i suoi occhi color nocciola.

"C-Cosa...?" sussurrai.

"Tomas, io-..."

Non finì la frase, ma già capii qualcosa, inconsciamente: nell'ultimo periodo aveva iniziato a mangiare di più e non facevamo l'amore da tempo. Inoltre era sempre stanca e la sua pancia iniziava a sporgere leggermente.

"No!" esclamai, scuotendo la testa.

"Tesoro, ascoltami, fammi f-finire..."

Mi coprii il volto con le mani e indietreggiai.

"Non ci posso credere, non può essere..."

"Non è facile nemmeno per me, Tomas! Sono io che lo terrò nove mesi nella mia pancia!" sbottò lei, iniziando a singhiozzare.

"T-Tu...i-io non so che dire, cazzo! Abbiamo solo diciotto anni, cosa dovremmo fare? Vuoi d-davvero tenerlo?"

Mi bloccai, notando che in cucina erano entrati tutti gli altri.
Scossi la testa e presi una bottiglia di un alcolico a caso. Diedi una leggera spallata a Teo, che stava davanti alla porta, mentre passavo e uscii fuori.
Ero confuso, frustrato e arrabbiato. Perché me lo aveva nascosto fino a quel momento, ma soprattutto come era successo? Eravamo sempre stati attenti.

Iniziai ad andare verso il lago, ma rallentai il passo quando vidi Jake e Jason davanti a me.

"Tom?" mi chiamò Jason.

Non mi ero nemmeno accorto che delle lacrime stavano rigando le mie guance, lo realizzai solo in quel momento.

"S-Sarah è incinta..."

I due si scambiarono un'occhiata veloce e confusa, per poi tornare a me.
Jake mi fece un cenno e insieme andammo a sederci sulla riva del lago.

"Allora, prima di tutto dammi quella bottiglia di whiskey e respira profondamente, hai bisogno di calmarti." disse Jason, prendendo la bottiglia dalle mie mani.

"I-Io volevo solo ubriacarmi, ridammi quella roba!"

Lui scosse la testa e la buttò nel lago, provocando una risata di Jake: era strano, quei due sembravano più affiatati e calmi del solito. Jake notò che lo stavo guardando e tornò serio, arrossendo.

"Allora, cos'è successo?" chiese Jason.

Sospirai, iniziando a torturarmi le mani. Ero ancora scosso per quella rivelazione improvvisa.

"Sarah è incinta, la mia ragazza aspetta un bambino da me!"

"Ne sei sicuro?"

"Avanti, non rendere le cose più difficile, Jason. Sul fatto che sia incinta non ci sono dubbi, e spero davvero che sia mio, almeno. Però allo stesso tempo non mi sento pronto per questo..."

"Ed è in questi momenti che amo essere gay." mormorò Jake tra sé e sé, giocherellando con dei fili d'erba.

Io e Jason lo guardammo perplessi e lui si accigliò.

"Che c'è? Stavo parlando con me stesso, non fateci troppo caso." disse Jake, facendo spallucce.

Jason sorrise appena e tornò a me: ma perché quei due erano così felici tutto ad un tratto?

"Okay, capisco che hai paura, ma Tom, pensaci bene: avere un figlio è una delle cose più belle che possa capitare ad un uomo." continuò Jason.

"Io, un uomo?"

Sentii un peso all'altezza del petto e deglutii.

"Sì Tom, infondo siamo tutti adulti qua, o quasi. Quindi dobbiamo iniziare a prenderci le nostre responsabilità."

Jake continuò a rimanere in silenzio, sbadigliando di tanto in tanto, mentre io iniziai a fissare la superficie del lago illuminata dalla luna piena.

"Non sono fottutamente pronto, Jason..." mormorai.

Lui sorrise appena e mi accarezzò la schiena.

"Lo sarai presto. Non preoccuparti, non sei solo, ci siamo noi e i ragazzi. Non vi abbandoneremo."

Lo sarai presto.
Quelle parole sarebbero rimaste impresse nella mia mente per molto tempo.

-

Jake's Point of View:

Alla fine, la sera prima decisi di tornare in camera, lasciando Tomas e Jason a parlare da soli.
La mattina dopo, mi svegliai nel mio letto, con Isaac ad un soffio dal mio volto: dormiva come un angelo e il suo respiro sfiorava la mia pelle. Mi alzai lentamente e mugulai per il mal di testa.

"Che palle..." mormorai, stiracchiandomi.

Guardai fuori dalla finestra, intravedendo la riva del lago, oltre gli alti alberi davanti alla casa.
Iniziai a ripensare a quanto stare con Jason mi rendeva felice e mi voltai per guardare Isaac. In pochi istanti fui invaso dal senso di colpa, perché la realtà era che stavo prendendo in giro quel dolce ragazzo dai capelli mossi e gli occhi azzurri.
Non sapevo nemmeno con quale faccia sarei tornato da Jason, o come avrei fatto a rompere qualunque cosa ci fosse tra me ed Isaac.
L'unica cosa di cui ero certo era una: mi ero innamorato di nuovo di Jason. Anzi, forse non avevo mai smesso di amarlo.
La porta della camera si spalancò di colpo, strappandomi dai miei pensieri. Mi voltai e notai che Isaac si era svegliato e si era messo seduto sul letto, mentre Teo stava sulla soglia della porta.

"J-Jake, ho bisogno del tuo aiuto." disse il moro, quasi con urgenza.

"Che succede?" chiesi, mettendomi una felpa a caso.

"Si tratta di Cassie, non esce dalla sua stanza da ieri sera e ha chiuso la porta a chiave."

Uscii dalla camera, seguendo Teo. Quando arrivammo davanti alla stanza di Cassie, iniziai a bussare.

"Ehi Cass, apri, sono io! Cass, sono Jake!"

Teo mi guardò con sguardo preoccupato e mi fece spostare.

"La butto giù, forse le è successo qualcosa." annunciò.

Sgranai gli occhi e lo guardai, con le sopracciglia alzate.

"Teo, tu non puoi fare sul serio..." scherzai.

Lui annuì ed io rimasi in silenzio, realizzando che non stava scherzando affatto. Mi feci da parte e lui iniziò a contare.

"Uno, due, tre!" esclamò, fiondandosi sulla porta.

Strizzai gli occhi, in attesa del rumore della porta che si rompeva, ma esso non arrivò. Li riaprii e vidi Cassie davanti a me, mentre Teo se ne stava a terra dietro di lei.

"Del tipo che la casa non è vostra e non potete andare a sfondare porte a caso." disse, con aria scocciata.

Aveva un maglione enorme e dei leggins neri addosso. I capelli erano spettinati e gli occhi erano rossi e gonfi, come se avesse pianto per ore.

"Cass, finalmente..." dissi, abbracciandola.

Teo mugulò e si rialzò.

"Perché hai aperto la porta all'ultimo momento? Mi sono fatto male..." si lamentò.

"Scusa Teo, non avevo voglia di alzarmi dal letto." rispose lei, staccandosi dal mio abbraccio.

Entrai nella stanza e chiusi la porta alle mie spalle. Teo si sedette sul letto e si mise comodo, mentre io rimasi in piedi.
Cassie prese due sigarette dal pacchetto che teneva sotto al cuscino e me ne porse una. La presi ed iniziammo a fumare accanto alla finestra socchiusa.

"Allora, che succede Cass?" chiesi.

"Ma da quand'è che fumi? La mia ragazza sta andando sulla cattiva strada..." disse Teo, sdraiandosi del tutto sul letto e sospirando.

"Teo io non sono la tua ragazza e mi dispiace, ma ho bisogno di nicotina per calmarmi."

La guardai e vidi una profonda tristezza nei sui occhi.

"Che hai?" chiesi nuovamente.

"Ho fatto una cazzata, tutto qua..."

Fece una pausa per fare un altro lungo tiro.

"Ho baciato Daniel ieri e Blane ci ha visti."

Rimasi sorpreso da quella frase, ma non più di tanto: infondo avevano rotto da poco ed era naturale che Cassie provasse ancora qualcosa.

"Cosa?" intervenne Teo, alzandosi dal letto.

"Sì, lo so, sono una stup-..." iniziò lei.

"No, non devi buttarti giù per questo. Ieri sera ho visto Daniel e Blane parlare tranquillamente, significa che non hanno litigato. Non sentirti in colpa per quello che hai fatto." la interruppi.

Lei sgranò leggermente gli occhi, come se fosse stata sorpresa da ciò che avevo detto.
Buttò la sigaretta dalla finestra e strinse leggermente le mani, per poi rilassarle.

"È il momento di cambiare, allora." annunciò, con voce tremante.

Io e Teo ci guardammo, poi ritornammo a lei.

"Che intendi dire?"

Mi guardò: i suoi occhi erano rossi, come se stesse trattenendo delle lacrime.

"D-Devo andare avanti. Devo dire addio a Daniel Taylor, per sempre stavolta..." sussurrò.

-

Jake's Point of View:

Dopo aver consolato un po' Cassie e aver pranzato, andai nello stanzino per fare il bucato.
Richiusi la porta alle mie spalle, notando che la luce era già accesa.
Guardai alla mia sinistra e lo vidi: Jason era girato di spalle, intento a combattere con il timer di una delle tre lavatrici.

"J, ma che stai facend-...?"

"Questa fottuta roba non vuole funzionare!" si lamentò, voltandosi di scatto. "Oh, Jake, sei tu..." continuò, arrossendo appena.

Ridacchiai e mi avvicinai, avviando la lavatrice in pochi istanti.

"Fatto."

"Ma...ma..."

"Sai, dovresti imparare a fare queste piccole cose, sono utili quando vivi da solo."

"In realtà io spedisco semplicemente i miei vestiti in lavanderia."

"Ricchi..." mormorai, alzando gli occhi al cielo.

"Anche tu sei ricco, stupido."

Incrociai le braccia e alzai un sopracciglio.

"Ma almeno io so usarla una lavatrice."

"Tu, piccolo ragazzino, ti stai prendendo gioco di me!"

"Forse." ridacchiai.

"Vieni qua!"

Mi afferrò per una spalla e iniziò a farmi il solletico.

"Oddio ma p-perché mi fate s-sempre il s-solletic...co!!" dissi, tra una risata e l'altra.

"Perché sei così tenero e sensibile."

A quel punto lo spinsi al muro, riprendendo fiato.
Intanto lui aveva smesso di farmi il solletico e mi stava guardando con una strana espressione.
Appoggiai le mani sul suo petto e sentii il suo cuore che batteva irregolarmente, proprio come stava facendo il mio.

"Jason?"

"J-Jake, posso baciarti?"

Socchiusi la bocca e alzai le spalle.

"Non ti è bastato quello che abbiamo fatto ieri?"

"Jake, voglio baciarti, ora."

Era come se mi stesse implorando e non resistetti a quegli occhi dolci.
Mi avvicinai lentamente e sfiorai il suo labbro inferiore, per poi far congiungere le nostre labbra.
Lui sospirò pesantemente e afferrò i miei fianchi: era come se mi stesse trattenendo, nonostante io non avessi alcuna intenzione di andarmene. Mossi un paio di volte le labbra, per poi leccare le sue e staccarmi lentamente senza nemmeno approfondire il bacio.
Lo guardai perplesso.

"Jason, che ti prende, sei strano..."

Invertì le posizioni e mi bloccò al muro, chiudendo gli occhi.

"J-Jake non fare domande, solo...lasciami fare."

Mi baciò nuovamente, questa volta con più foga, quasi con rabbia. Faceva scontare le nostre lingue, mordeva le mie labbra e ci soffiava sopra.
Dopo un po' non potei far altro che farmi scappare un piccolo gemito. Strinsi il tessuto della sua maglietta, avvicinandolo di più a me e nella foga del momento, il mio labbro inferiore si scontrò troppo forte con i suoi denti. Sentii un sapore metallico in bocca e mi staccai.

"J-Jason, fermati..."

Lui si bloccò e mi guardò, come se si fosse appena svegliato da un sogno. C'era pentimento nei suoi occhi e anche tristezza.

"Perdonami..."

"Non fa niente."

Leccai via il sangue e sorrisi appena. Feci per abbracciarlo, ma lui mi bloccò i polsi a mezz'aria.

"Basta con questa cosa, vai da Isaac. Sai che non dovresti essere qui, vai da lui."

Mi accigliai e scossi la testa, confuso: ma che gli prendeva, cos'era quel cambiamento improvviso?

"M-ma io pensavo che tu..."

"Hai pensato male, vai via, devo finire di fare il bucato."

"Jason..." sussurrai, con gli occhi lucidi.

"Vai via ho detto!"

Mi scostai e uscii, sbattendo la porta. Scoppiai a piangere e mi afferrai la testa con entrambe le mani, sedendomi a terra.
Perché mi trattava bene, per poi mandarmi in frantumi anima e cuore?
Odiavo Jason McCurthy, ma lo amavo.
Sapevo che c'era qualcosa che non andava, lui non era così. Qualunque cosa lo stesse tormentando, io avrei trovato il modo per distruggerla e farlo sorridere. Volevo solo quello: vederlo felice.

-

Jake's Point of View:

Il ritorno a Londra fu estremamente triste. Londra era triste, ma con le previsioni che dicevano che ci aspettava una settimana di pioggia, lo era ancora di più.

La scuola era triste e sembrava deserta. Quel giorno decisi che avrei parlato con Isaac, dopo averci riflettuto per giorni.
Aspettai la fine delle lezioni e andai verso il suo armadietto, dove lui era solito andare ogni giorno.
Lo vidi là davanti, mentre metteva dei libri nell'armadietto.
Mi avvicinai con esitazione e picchiettai sulla sua spalla destra per attirare la sua attenzione.
Lui si voltò e sorrise, baciandomi quasi subito. Ricambiai a fatica, perché non mi andava per niente, ma non volevo farlo arrabbiare prima del tempo.
Si staccò e mi guardò un po' confuso.

"Che ti prende, piccolo?"

"I-Io devo p-parlarti..." balbettai.

"Okay, andiamo, ti do un passaggio a casa."

Annuii e sospirai, facendomi trascinare nella sua macchina, che era parcheggiata davanti alla scuola.

"Allora?" chiese, senza però mettere in moto.

"Isaac penso che dovremmo finire questa cosa, ora."

La sua espressione mutò di colpo e ciò mi turbò ulteriormente: infondo non volevo fargli del male, mi era stato sempre accanto nonostante non lo avessi sempre trattato nei migliori dei modi.

"Che significa questo?"

Presi un respiro profondo e abbassai lo sguardo, mordendomi il labbro inferiore.

"S-Significa che non voglio più stare con te, Isaac. Non sono felice, non mi sento a mio agio, i-io-..."

"È per quel Jason McCurthy? Avete fatto qualcosa alla casa al lago, non è così?!"

Sobbalzai per quel cambio di tono di voce improvviso e chiusi gli occhi.
Mi strattonò facendo si che lo guardassi.

"Lui ti ha fatto del male, non puoi ancora amarlo dopo tutto quello..."

"Isaac, mi dispiace."

Delle lacrime iniziarono ad uscire dai miei occhi e sentii una morsa allo stomaco nel vedere che anche lui aveva iniziato a piangere: era la prima volta che lo vedevo così.

Mi attirò leggermente a sé, appoggiando le sue labbra sulle mie. Non lo respinsi, sapevo che aveva capito e che voleva solo un addio decente. Incrociai le mie braccia dietro al suo collo e lui iniziò ad accarezzare la mia schiena, mentre faceva scontrare la sua lingua con la mia.
Fu il primo a staccarsi e quando lo fece, mi guardò per un istante, prima di voltarsi verso il volante. Quella era una domanda silenziosa, sapevo che voleva che me ne andassi, così scesi dalla macchina e iniziai a camminare verso casa.
A metà strada iniziò a piovere, ma non mi preoccupai nemmeno di usare l'ombrello che avevo nello zaino. Volevo sentire le gocce infrangersi sulla mia pelle, volevo sentire qualcosa che non fosse quella profonda angoscia che mi stava riempiendo il cuore.

Così continuai a camminare, cercando di capire se ciò che avevo sul volto erano lacrime o pioggia.

Ma ormai niente aveva più importanza.

-

Isaac's Point of View:

Il giorno dopo Jake non era a scuola, ma io non mi sforzai nemmeno a cercarlo: ormai era finita, era inutile andargli dietro.
Però una cosa dovevo ancora farla.

Durante la pausa pranzo aspettai Jason fuori dalla sua classe e lo afferrai per un braccio, trascinandolo nei bagni di quel piano, che erano quelli meno usati.
Lo sbattei con forza al muro, dandogli un pugno in faccia, senza nemmeno dargli il tempo di parlare.
Quando si rialzò, il suo naso stava sanguinando e lui se lo stava massaggiando, guardandomi con aria interrogativa.

"Che cazzo significa questo?"

Ghignai e incrociai le braccia al petto.

"Che se proprio devi portarmi via Jake, almeno devi soffrire un po' anche tu, brutto stronzo."

Lo spinsi a terra e gli diedi un calcio sull'addome, ridendo nuovamente.

"Sei patetico, non so come faccia Jake ad amarti ancora."

Lui si rialzò, afferrandosi la pancia e guardandomi a bocca aperta.

"A-Amarmi?"

"Sì, stupido! Lui ti ama ancora e ieri a rotto con me per tornare tra le tue braccia."

Mi guardò con occhi tristi e sospirò pesantemente.

"Isaac non lasciarglielo fare, devi far si che lui stia con te, a tutti i costi."

Mi stava prendendo in giro o cosa?

"Senti non prendermi per il culo, di che parli?"

"Tu fallo e basta, capito?"

"Ti stai solo prendendo gioco di me, non è vero?!"

Mi bloccò al muro e mi guardò dritto negli occhi, facendomi sobbalzare appena.

"Isaac Wood, non sono mai stato più serio di così in vita mia. Ora ascoltami bene, perché non te lo ripeterò due volte. Le cose stanno per cambiare per sempre e io non posso proprio farci niente. Però posso far si che Jake sia felice, almeno in parte. Quindi, tu promettimi di stargli accanto, qualunque cosa lui faccia o dica."

"Cosa diavolo stai blaterando...?"

"Promettilo e basta, ti prego. So che mi odi e nemmeno tu mi piaci chissà quanto, ma stavolta mettiamo da parte le nostre divergenze. Ora devi promettermi che lo farai."

Lo guardai perplesso e annuii, liberandomi dalla sua presa.
Lui prese un respiro profondo e si voltò, andando verso la porta.

"Jason, che succede? Se sei nei guai posso aiutarti..." dissi.

Lo odiavo, sì, ma sembrava davvero turbato ed io non ero proprio senza cuore.

"No, va tutto bene. Ora devo andare."

Uscì, sbattendo la porta ed io mi guardai allo specchio.
Qualunque cosa stesse succedendo, doveva essere grave, perché aveva indotto Jason a mettere nelle mie mani l'amore della sua vita.

-

Blane's Point of View:

Quando finii i miei soliti controlli medici, mi diressi verso l'uscita dell'ospedale, accartocciando quei fogli pieni di parole che nemmeno comprendevo. Una cosa però la sapevo: stavo peggiorando.
Aveva piovuto per tutto il giorno e l'aria era abbastanza fresca.
Presi una sigaretta e la misi tra le labbra, ma qualcuno me la strappò via bruscamente.

"Io ti odio! Sei uno stronzo, ma allo stesso tempo non posso lasciartelo fare."

"Cassie, ma cosa...?"

"Se proprio devi scoparti la persona che amo, almeno vedi di non morire prima del tempo, coglione."

"Non riesci proprio a riferirti a me senza usare parolacce, è?"

Accese la sigaretta che mi aveva preso e iniziò a fumare.

"Penso che sia più forte di me, perdonami."

"Scusa, ma da quando fumi?"

Fece spallucce e un lungo tiro.

"Da un po', in effetti. Tanto ormai niente a più senso, non mi interessa se mi faccio del male o no."

"Cassie, non parlare così."

"Così come?"

"Come se non te ne fregasse niente della tua vita."

Fece cadere la sigaretta a terra e la calpestò, quasi con rabbia.

"È questo il punto, non me ne frega più un cazzo della mia vita."

Non sapevo che dire, così rimasi in silenzio per un po'. Non conoscevo bene Cassie, ma sapevo che lei non era quel tipo di persona.

"Tu non sei così. Dov'è la Cassie sempre sorridente e felice che conoscevo un tempo?"

Mi guardò con occhi tristi e scosse la testa, sospirando appena.

"Non c'è più."

Vidi delle lacrime rigare le sue guance ed ebbi l'istinto di abbracciarla, così lo feci. Lei si dimenò all'inizio, ma poi si lascio andare, scoppiando in un pianto liberatorio.

"Come sta tua madre?"

"Mi madre sta fottutamente per morire!"

Si scostò ed io indietreggiai di un paio di passi.

"Cassie, ora calmati..."

"Tu, brutto stronzo, sei l'ultimo sulla faccia di questa terra che può dirmi cosa devo o non devo fare! Ti sei preso l'unica cosa che mi rendeva felice, cosa vuoi ancora?!"

"P-Pensavo che avessimo risolto con quello..."

Ridacchiò appena e scosse la testa.

"Niente è risolto, almeno non per me. Ora devo andare a lavoro, non ho più tempo da perdere con te."

Iniziò a camminare, ma io la bloccai per un polso. Non potevo lasciarla andare in quelle condizioni, avrebbe potuto fare delle cazzate.
Lei si voltò e mi diede uno schiaffo con la mano libera.

"Ho detto che devi lasciarmi in pace, stronzetto. Avete fatto uscire la parte peggiore di me e ora ne pagherete le conseguenze."

I suoi occhi erano vuoti e quella frase suonò come una minaccia.
Mi toccai la guancia, un po' arrossata e la guardai sbigottito.

"Cassie, che ti succede..."

Lei guardò la mano con cui mi aveva colpito e poi me.

"N-Non lo so Blane, non so più chi sono ormai."

Spazio me:

So che non è perfetto, ma è un capitolo indispensabile che fa da ponte per il prossimo. Pubblicherò appena posso♡♡.

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