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Capitolo 23 "Secondo Flashblack"

/5 mesi prima/

Jake's Point of View:

Era da settimane che ero chiuso in camera mia. Quella sera, dopo quel disastro, mi ubriacai con tutto l'alcool che mi capitò sotto mano in casa.
Ora Mercy stava bussando insistentemente alla porta, chiamando il mio nome. Riuscii a distinguere anche la voce di Eric.

"Lascialo stare Mercy, starà male!"

"Ma che male e male? Se non mangia qualcosa ci muore là dentro!"

Mi affacciai alla finestra e accesi una sigaretta.

"Ora che mi ci fai pensare hai ragione...Forse dovremmo chiamare qualcuno?"

"E chi, la polizia?

"Sì Mercy, immagina: pronto polizia, non riusciamo a far uscire nostro fratello minore dalla stanza, ah sì ed è un adolescente. Ci staccherebbero il telefono in faccia."

"Che ne so, chiamiamo Jason. È il suo ragazzo."

A quel punto aprii la porta, facendo scattare la chiave nella serratura e fulminai i due con lo sguardo.

"Se provate a chiamare quello stronzo bastardo traditore, giuro che me ne vado di casa."

"Cazzo, quante parolacce ci hai messo in una sola frase?" disse Eric, ironico.

"Non sono in vena di battutine o giochi. Voglio che mi lasciate in pace a morire in questa camera, senza chiamare un cazzo di nessuno!"

Sbattei la porta, chiudendola a chiave.

"Io non capisco quel ragazzo, fino a poco tempo fa era felice per il matrimonio e tutto, mentre ora è incazzato con tutti. Vado da Meredith, dai, sono stanco."

"Non lasciarmi con lui! Guarda che è anche un tuo problema se sta male. Dobbiamo aiutarlo."

"E come?!"

Seguì una lunga pausa e un sospiro di Mercy.

"Hai ragione dai, vado a fare un giro, ciao." disse.

"Jake, se vuoi parlare ci sono. Ora vado, ma chiamami per qualsiasi cosa." disse Eric dall'altra parte della porta.

Lui c'era sempre stato per me, anche se a volte mi lasciava solo per lavoro, era sempre pronto ad aiutarmi. Ma in quel momento volevo davvero essere lasciato da solo a mandare giù quella pillola amara.

-

Jason's Point of View:

E stavo ancora in quel parco vicino a casa mia, con un'ennesima bottiglia di birra, a bere. Volevo far sparire quella tristezza con l'alcool e forse ci stavo riuscendo.

"Alla salute, coglione." dissi, tra me e me.

In quel momento passò una signora con un bambino. Lei gli coprì le orecchie e lo trascinò via.

"Salve bella signora!" la salutai, ridacchiando.

Lei prese il bambino in braccio e camminò più veloce.

"Devono stare tutti lontano da me, brava scappa. Sono un disastro."

"No, non lo sei."

Mi voltai e vidi Mercy, la sorella di Jake.
Buttai la bottiglia a terra e le feci spazio.

"Che ci fai qua...?"

Di sicuro Jake le aveva detto tutto e lei voleva farmi un discorso.

"A casa non c'eri così sono venuta qui a fare un giro."

"Sei andata a casa mia?"

"Sì, devo capire, Jason. Tu sei il suo ragazzo, o eri. Perché mio fratello si è chiuso in camera e dice di voler morire?"

"Ha detto davvero quello...?"

"No, ma me lo fa fatto capire. Cos'è successo, ragazzi?"

"Non è facile da dire, sai..."

Abbassai lo sguardo.

"Non preoccuparti, sono un'adulta, capirò."

Deglutii e sentii delle lacrime rigarmi le guance.

"L'ho tradito, Mercy. Ho tradito quel bellissimo ragazzo a quella fottuta festa e lui mi ha visto. E per tradimento non intendo un semplice bacio..."

Lei sospirò e io mi preparai alla sua reazione.

"E perché lo avresti fatto?"

La sua voce era calma, non c'era nemmeno una nota di rimprovero in essa.

"Ero ubriaco fradicio..."

Lei si alzò e mi guardò negli occhi.

"Hai spezzato il cuore del mio adorato fratellino, Jason. Sei fortunato che lo abbia scoperto prima io, perché Eric..."

"Lo so, lui mi ammazzerà. Sono pronto a prendermi le mie responsabilità."

"E allora dimostralo e smettila di ubriacarti. Non servirà a niente, lo sai? So che tutto andrà per il meglio, perché tu e Jake siete fatti per stare insieme, ma dagli solo del tempo, okay?"

Annuii e la guardai andarsene, camminando velocemente. In pochi istanti sparì, come era arrivata e mi lasciò solo, con in miei sensi di colpa, che crescevano sempre di più.

-

Jake's Point of View:

Alla fine ero uscito dalla mia camera quella sera, a causa delle urla di Eric, provenienti dal piano di sotto.
Scesi, facendo attenzione a non cadere, dato che non mangiavo da due giorni.

"Io lo ammazzo! Lo avevo avvertito, solo un passo falso, solo uno e lui avrebbe anche potuto dire addio alla sua serenità. Nessuno fa soffrire il mio piccolo Jake, nessuno!

"Calmati Eric! Vuoi che tutto il vicinato ti senta?!" lo riprese Mercy.

"Come si è permesso? Cos'ha Jake che non lo soddisfa? Okay, non è altissimo e non avrà i capelli più morbidi di questo mondo, ma è un ragazzo a posto."

A quel punto entrai in sala ed alzai un sopracciglio.

"Cos'hai contro i miei capelli, eh? E poi come cazzo lo avete scoperto di Jason..."

"Ci ho parlato stamattina."

"Mercy non ne avevi il diritto! È la mia vita!"

"E allora cosa avrei dovuto fare? Rimanere a dormire nel mio letto mentre tu morivi di fame e di dolore nella stanza accanto?"

Sospirai e strinsi i pugni.

"Eric tu non ammazzi nessuno e tu Mercy, non farti più gli affari miei."

I due si guardarono e annuirono, per poi venirmi incontro e abbracciarmi.

"Ragazzi, ehm...ehi ragazzi! Mi soffocate!"

"Ah piccolo Jake, io andrò a 'parlare' con Jason, che tu lo voglia o no." disse Eric.

"E io ho tutto il diritto di farmi gli affari tuoi, sono tua sorella."

"Ma vaffanculo, vecchietti iperprotettivi."

"Vecchietti a chi?" chiese Mercy, ridendo.

"A voi, vecchietti."

"Ah vieni qua!"

Iniziarono ad inseguirmi per tutta la sala, con dei cuscini in mano. Finalmente stavo sorridendo, dopo giorni. In quel momento capii che forse le cose un giorno sarebbero tornate normali, anche senza Jason.
Però avevo bisogno di tempo. Molto tempo.

-

Blane's Point of View:

Ian esclamò il mio nome, venendo sul suo addome, mentre io venni subito dopo, per poi uscire da lui velocemente e rivestirmi.

"Blane, ma che ti prende?"

Ripresi fiato e lo guardai.

"Che intendi?"

"Sei strano, abbiamo appena fatto l'amore e tu ti alzi così dal letto, come se ti avesse fatto schifo."

Scoppiai a ridere, accendendomi una sigaretta.

"L'amore? Sei davvero divertente. Io non faccio l'amore, Ian, io scopo."

Lui si alzò, rivestendosi.

"È per quel Jake, vero? Tu ami lui, non mi vorrai mai."

A quel nome, rabbrividii e sentii una rabbia profonda, salire dentro di me. Ero arrabbiato con me stesso per avergli rovinato il futuro con Jason. Forse era la prima volta che mi sentivo davvero in colpa per qualcosa.

"Io non amo nessuno e non amerò mai te! Grazie per la scopata, puttanella. E ora vattene da casa mia!"

Lui mi tirò uno schiaffo ed iniziò a singhiozzare. Corse fuori dalla mia stanza e quando sentii la porta del piano di sotto sbattere violentemente, mi sdraiai a terra, spegnendo la sigaretta sul pavimento.
Meritavo quello schiaffo, anzi, era troppo poco: meritavo più dolore. Volevo sparire.

-

Jason's Point of View:

Mancavano poche settimane all'inizio della scuola. Avevo provato più e più volte a chiamare Jake, ma senza ricevere alcuna risposta. Infondo, cosa mi aspettavo? Che tornasse da me con un sorriso stampato in faccia e che mi perdonasse come se niente fosse? Ormai anche gli altri sapevano dell'accaduto, ma non tutto nei dettagli. Jake lo aveva detto a Daniel, per sfogarsi, il quale lo aveva detto anche a tutti gli altri. Io lo avevo scoperto da Teo, quando lo chiamai quel venerdì mattina: mi aveva praticamente dato dello stupido, dicendomi di sapere tutto e mi aveva staccato il telefono in faccia, senza neanche darmi il tempo di parlarne.
Ora me ne stavo sul divano del mio appartamento e solo il campanello mi fece alzare. Aprii la porta, beccandomi subito una spinta da Eric.

"Cosa cazzo ti prende?!" esclamai.

In risposta ebbi un pugno in faccia, che mi fece cadere a terra.

"Che ti è saltato in mente, è? Tradire mio fratello, lui che ti ha dato il suo cuore e ha pure accettato di sposarti!"

"Ah ecco..."

Mi alzai, toccando la mia guancia destra.

"Che ti è preso Jason? Tu non sei così..."

Abbassai lo sguardo e sospirai.

"Ero ubriaco..."

"E questa ti sembra una scusa?"

"Non mi sto giustificando, sto solo dicendo come è andata."

"Ti consiglio di lasciar stare Jake, per ora."

"Mi dispiace davvero, Eric. Non era mia intenzione."

"Lo so, lo so..."

Andò verso la porta.

"Cioè, sei venuto qui solo per darmi un destro e sgridarmi?"

"In effetti sì, ma se vuoi ti do un pugno anche sulla guancia sinistra."

Alzai le mani in segno di resa e lui se ne andò, chiudendosi la porta alle spalle.
A poco a poco, le conseguenze di quel grande errore stavano arrivando. E quel livido sulla guancia destra era solo l'iniziò.

-

Jason's Point of View:

Era sabato mattina.

Il campanello di casa mia, stava suonando di nuovo. Quel rumore interruppe il mio sonno, così mi alzai ed andai verso la porta d'ingresso. L'aprii e mi svegliai tutto in una volta.

"E-Edward?"

Cosa ci faceva mio fratello là?

"Scusa, ho provato a fermarli, ma hanno insistito." disse semplicemente, entrando.

Là davanti a me c'erano i miei genitori e mio padre mi stava praticamente uccidendo con gli occhi.

"Tu, brutto fannullone, tu Jason McCurthy, ti rendi conto di cosa hai fatto?!" esclamò mio padre, scostandomi ed entrando in casa, seguito da mia madre.

Chiusi la porta e li raggiunsi in sala.

"È un piacere anche per me rivedervi." mormorai.

Edward se ne stava in piedi a curiosare tra i diversi oggetti sugli scaffali sul muro, mentre i miei genitori si erano seduti sul divano.

"Io mi sarei volentieri risparmiato un viaggio fino a Londra, se tu non avessi mandato a monte quell'importante affare con il cliente cinese."

Mi diedi uno schiaffetto sulla fronte e sospirai.

"Cazzo." imprecai.

"Sì, quella è l'espressione che userei." disse mio padre.

"Tesoro, controllati..." lo riprese mia madre.

La guardai e sorrisi. Lei ricambiò e si alzò, venendomi ad abbracciare.

"Tesoro, cresci sempre di più! Stai diventando un bell'uomo!"

"Oh mamma, non esagerare ora..." mormorai, arrossendo.

"Sì mamma, non esagerare. A me non fai mai i complimenti è?!" si lamentò Edward.

Mia madre si staccò e incrociò le braccia, ridacchiando.

"Ma certo che anche tu sei bellissimo."

Gli strinse una guancia e sorrise.

"Ahi! Ahi! Mi fai male mamma!" esclamò Edward liberandosi dalla presa.

"Jason, non pensare che tua madre possa salvarti da me. Hai trascurato il lavoro in questo mese e mi hai fatto perdere soldi."

"Papà, io...ho avuto da fare."

"Avevi da fare? Eri occupato a scoparti il figlio degli Smith, non è vero?"

"Oh Adam, basta! Avevi promesso di non tirare fuori questo argomento!" esclamò mia madre.

"Carolyn, sai quanti soldi ho perso per causa sua? Solo a pensarci mi viene da piangere, guarda."

"Quanti soldi ho perso, i miei soldi! Perché parli come se fossi da solo. Quel denaro l'ho perso anch'io, ma non per questo me la prenderò con Jason. Ha solo diciotto anni e già lavora, è normale che a volte voglia del tempo per sé."

"Grazie mamma. E papà, se proprio vuoi saperlo, non me lo scopo più il figlio degli Smith. Ho combinato un disastro."

"Davvero?!" chiese mio padre, evidentemente felice.

"Davvero?" ripeté mia madre, sorpresa.

Annuii e mia madre mi abbracciò, stavolta più calorosamente, per consolarmi.

"Mi dispiace fratellino." intervenne Edward.

"A me no." disse mio padre.

Mia madre lo guardò e scosse la testa.

"Che c'è? Sai da quand'è che aspetto questo momento? Jason, lascia stare il cliente cinese, a me neanche piaceva, era troppo esigente. Fanculo i soldi, anzi, ti pagherò anche questo mese che hai saltato. Basta che non provi a tornare con Smith."

A quel punto sentii una rabbia improvvisa salirmi fino al cervello. Strinsi i pugni.

"Non li voglio i tuoi fottuti soldi! Capisci che io amo quel ragazzo? Non è semplicemente 'il figlio degli Smith', come dici tu. Lui è Jake e un giorno lo sposerò, cazzo!"

Scoppiai in lacrime e nella stanza calò il silenzio.

"Tesoro, non fare così..." sussurrò mia madre, al mio orecchio.

"Jason, se piangi fai piangere anche me." disse Edward, accarezzandomi la schiena.

"Mi dispiace per come è andata, ma succede no? Troverai una ragazza che-..." iniziò mio padre.

"Oh cazzo, ma quando lo capirai? Sono gay, fottutamente gay! Mi piacciono i ragazzi, anzi me ne piace uno: Jake."

Mio padre si avvicinò a me e mi diede uno schiaffo: stavolta era la guancia sinistra, non la destra, quella che era stata colpita da Eric il giorno prima. Mia madre si fece scappare un urlo, per poi coprirsi la bocca, mentre Edward, allontanò mio padre da me.
Mi palpai la guancia e scossi la testa.

"Non permetterò a mio figlio di essere un finocchio. Mettitelo in testa!"

E quella fu l'ultima frase che sentii dire da mio padre, prima che uscisse di casa.

"Oh Jason..." disse mia madre.

"Mamma, non preoccuparti. È okay, penso. Ora andate, voglio stare da solo."

Le lacrime minacciavano di uscirmi dagli occhi, ma le trattenni con tutta la forza che avevo.
Loro fecero un cenno e uscirono.
Io mi guardai nello specchio che stava in un angolo della sala e a quel punto scoppiai in lacrime.
Ero un disastro.

-

Blane's Point of View:

Era una domenica piena di pioggia e triste. Infondo da quel giorno, tutto sembrava triste.
Nonostante ciò, quando Jason mi chiamò al telefono, risposi. Anche se mi avesse solo insultato, l'avrei accettato, rimanendo in silenzio.

"Pronto?" risposi.

Lo sentii sospirare, per poi tirare su col naso.

"Stai piangendo."

"Dovrei ridere?"

Mi diedi dello stupido e rimasi in silenzio.

"Blane?"

"Sì, ci sono."

"Mi serve aiuto."

Riflettei su quelle tre parole: perché mi aveva chiamato? Io ero la causa di tutto ciò.

"Che intendi?"

"Intendo che devi portare subito il tuo culo a casa mia. Ora!"

"Jason, hai bevuto? Poi perché vuoi rivedermi dopo... quello." mormorai l'ultima frase.

"Ormai tutti sanno, Jake mi odia e i m-miei genitori, i-io..."

"Calmati e respira, controlla te stesso."

Quando faceva così significava che era messo davvero male. Non volevo gli venisse un attacco di panico, aveva sofferto molto in passato per quelli. Gli prendevano a scuola, a casa, quando uscivamo a volte. Erano improvvisi e lo colpivano con potenza ogni volta, togliendogli il controllo di sé stesso; ed io sapevo quanto lui lo odiasse.
Quando sentii che la sua respirazione era tornata regolare, parlai.

"Hai bevuto?"

"Certo che no... almeno non nelle ultime ventiquattro ore."

"Arrivo."

"Arrivi?"

Sembrava davvero sorpreso dalla mia risposta.

"Sì, dammi venti minuti e sono lì da te. Intanto rilassati e cerca di non fare cazzate."

Staccai e iniziai a vestirmi, con le prime cose che mi capitarono tra le mani. Presi le chiavi della macchina e quando iniziai a guidare, controllai l'orario. Continuai a farlo per tutto il tragitto.
Quando arrivai, entrai nel palazzo. Presi l'ascensore per andare al suo piano. Bussai alla porta e attesi.
Venne ad aprirmi dopo qualche istante e mi guardò dalla testa ai piedi: i suoi occhi erano gonfi, come se avesse pianto per tutta la notte; i capelli erano spettinati e aveva dei lividi sulle guance.

"Come ti sei ridotto?" chiesi.

"E tu? Quella felpa viola è orribile." rispose, facendomi entrare.

"Non è colpa mia se mi chiami alle dieci di mattina, di domenica poi."

"Perché ci hai messo così tanto?"

"Traffico."

"Di domenica?"

"Oh ma quante cazzo di domande fai? Sono qui, quindi inizia a sfogarti dai. Sembri sul punto di esplodere."

Ci sedemmo sul divano.

"Prima di tutto, vaffanculo brutto stronzo."

"Grazie, me lo merito." risposi.

"Jake non mi perdonerà mai, cazzo! E ora anche tutti gli altri sanno."

"Gli altri si scorderanno in fretta dell'accaduto. Senti, ma sanno anche..."

"No, il tuo nome non è uscito e un altro vaffanculo per questo! Anche tu devi soffrire, sei la causa di tutto. Ero ubriaco quella sera, tu hai approfittato di me!"

"Mi dispiace, ho agito senza pensare. Non riesco... non riuscivo ad accettare la vostra relazione così perfetta."

"Hai mandato a puttane la mia vita, Blane. Non ci sono scuse."

Sospirò e si passò una mano tra i capelli.

"Hai detto qualcosa riguardo i tuoi genitori, al telefono."

"Sì, loro ed Edward sono in città."

"Oh, e li hai visti?"

"Purtroppo sì."

"Purtroppo?"

"Mio padre ha fatto uno scenata perché ho trascurato il lavoro all'azienda, poi ha esultato quando ho detto di aver rotto con Jake. Infine mi ha dato un bel ceffone in faccia."

"Quello stronzo. Senza offesa."

"Ma figurati, è un vero e proprio stronzo. Poi come se non bastasse, venerdì Eric è venuto a casa mia e mi ha dato un pugno anche lui. Era arrabbiato e anche molto."

"Ora si spiegano i lividi in faccia..."

"Blane, sono così... stanco. E il fatto che io me ne stia qui a confidarmi con te, che sei la causa di tutto questo, mi fa incazzare."

"Be', è solo perché non hai più nessuno..."

"Vuoi che ti prenda a pugni? Non ricordarmelo!"

Lo guardai negli occhi, poi distolsi lo sguardo, notando una foto.

"Ce l'hai ancora?"

Lui seguì il mio sguardo e alzò le spalle.

"È da tipo anni che mi dico 'domani la butto, lo giuro', ma che poi non lo faccio mai. C'è qualcosa in quella foto."

"Ma se siamo orribili! No avanti, guarda la mia faccia e quella di Hel. Forse tu sei l'unico decente."

Scoppiammo a ridere.

"Forse dovrei davvero buttarla, tanto le cose non torneranno mai come un tempo." disse lui, tornando serio.

"I fantastici tre non sono più così tanto fantastici, ma soprattutto non sono più in tre." sospirai.

"Triste."

Quella fu l'unica parola che uscì dalla sua bocca. Seguì un silenzio tombale. Non era imbarazzante, perché entrambi eravamo presi dai nostri pensieri.

"A volte vorrei cambiare tutto e tornare a prima di quell'estate di merda. Se avessi lasciato stare Helen e mi fossi messo con te, noi saremmo ancora amici e questa merda non sarebbe mai successa. Ma poi penso a Jake, a Eric e a tutte quelle persone fantastiche che mi stanno accanto." disse lui, interrompendo il silenzio.

"Giusto, Jake..." mormorai.

"Blane, forse è semplicemente destino: io e te non siamo fatti per stare insieme."

Mi morsi il labbro inferiore e appoggiai una mano sulla sua gamba destra.

"Eppure ora siamo qui, seduti sul divano di casa tua e siamo così vicini..."

Sentii qualcosa al cuore, nel pronunciare quella frase, come se fossimo le uniche persone al mondo in quel momento: infondo lui era solo e anch'io e nella nostra solitudine ci eravamo ritrovati quella triste domenica di metà Agosto.

Fu tutto improvviso, le mie labbra sulle sue, i vestiti a terra e un'altro peccaminoso e sporco tradimento, stavolta sul divano di casa sua.
E dopo che l'avevamo fatto, lui non si era preso del tempo per baciarmi o coccolarmi. Si era girato dall'altra parte e si era addormentato. Era stato solo dello sporco sesso.
Lui non avrebbe mai scelto me, ma sempre Jake. Loro si sarebbero sempre scelti a vicenda. Erano fatti per stare insieme e io ne ero consapevole. Sapevo che Jason l'aveva fatto con me, solo per sfogare le sue frustrazioni in qualcosa. E ci era riuscito.
Non avrebbe mai scelto me. Mai.

-

Jake's Point of View:

Così quella domenica ricevetti un messaggio. Era sera ormai e aveva piovuto tutto il giorno. Me ne stavo sdraiato sul mio letto ad ascoltare la musica, quando il mio telefono si illuminò e vibrò. Lessi il nome sul display "Stronzo 2" e cioè Blane. "Stronzo 1" era Jason. Mi venne voglio di lanciare il telefono sul pavimento, ma mi trattenni dal farlo e lessi.

da Stronzo 2:

So che forse non leggerai nemmeno questo messaggio, ma volevo chiederti scusa. Non tanto per farlo, davvero. Ti sto chiedendo scusa dal profondo del mio cuore. Sono qui, sul divano di Jason e lui è accanto a me. Sì, l'abbiamo fatto, ma è stato solo dello sporco sesso, niente baci, niente contatti dolci. Ora che lo sto guardando, mi rendo conto del disastro che ho combinato. Voi due siete fatti per stare insieme e io quella sera ho solo approfittato di un povero ragazzo ubriaco. Lui non era cosciente, capisci? Lui ti ama e stasera ha fatto un grande errore, ma perdonalo, Jake. Infondo anche tu sai la verità e cioè che nonostante tutto, anche in mezzo ad un ciclone o con tutto il mondo contro di voi, lui sceglierà sempre te. Pensaci bene. So che prenderai la scelta giusta.

Lessi tutto in una volta, per poi far cadere il telefono sul letto e prendermi il tempo per capire ogni parola di quel messaggio e digerirla.
Senza che me ne rendessi conto, delle lacrime rigarono il mio viso. Fu in quel momento che realizzai realmente che non c'era più niente, perché Jason si era sentito libero di scoparsi di nuovo Blane. Fu in quel momento che capii che la vita era una puttana che mi aveva appena fottuto tutto.

/Fine flashback/

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