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Capitolo 2 "Bad and good memories"

Era il Lunedì della seconda settimana di scuola. La prima era stata praticamente inutile: niente test, niente compiti, niente amici. Ormai era come se mi avessero tagliato fuori dal mondo ed era tutta colpa mia e della mia tristezza.
Stavo davanti a scuola ad aspettare che suonasse la campanella. Me ne stavo lì, appoggiato alla ringhiera delle scalette all'entrata a fissare con insistenza le porte d'ingresso.
Mi guardai un po' intorno e vidi gli altri, in gruppo. C'erano tutti, tranne Blane. Per un attimo mi venne l'istinto di andare lì e unirmi a loro, ma poi il mio sguardo andò a finire su Jason, che parlava con Sarah. Cambiai subito idea, perché meno gli stavo vicino e meglio era. Continuai a guardarlo, perché i miei occhi avevano preso il controllo. E così, improvvisamente, lui si girò e i nostri sguardi si incrociarono come la prima volta che ci eravamo visti: il mio azzurro, il suo verde. Non avevo il coraggio di abbassare lo sguardo per primo e così continuammo a fissarci, finché Teo non andò accanto a Jason, dandogli una pacca sulla spalla e indicandomi. Rabbrividii di colpo e sentii l'istinto di scappare, ma le mie gambe erano bloccate e non volevano saperne di muoversi.
Jason sorrise e si avvicinò a me, guardandosi un po' intorno. Alzai gli occhi al cielo e cercai di sembrare il più freddo possibile.

"Ehi." disse lui, in tono quasi allegro.

Incrociai le braccia ed abbassai lo sguardo.

"Ehi." sussurrai.

Lui mi afferrò il mento facendomi alzare il volto. Rabbrividii, perché non ero più abituato al suo tocco. Sgranai gli occhi e gli scostai la mano.

"Ora ti da fastidio anche solo essere sfiorato da me?"

"Sei venuto qua per litigare ancora o cosa?"

Sospirò rumorosamente e si morse il labbro inferiore.

"Teo mi ha detto di invitarti alla festa a casa sua che farà questo sabato."

Lo guardai e sentii una fitta al cuore, una specie di nostalgia improvvisa.

"Mmm."

"Questo è un "sì"?"

"Sì, è ora che io incontri gente nuova, no?" ribattei, in tono provocatorio.

Mi afferrò un polso, facendomi fare un passo verso di lui: i nostri volti erano vicinissimi.

"Ripeti."

"Voglio andare avanti Jason. Tu sei solo una storia passata."

"Non possiamo buttare nel cesso tutto quello che avevamo, tutto quello che abbiamo..."

Guardai le sue labbra, poi i suoi occhi.

"Noi non abbiamo proprio un bel niente."

Mi liberai dalla sua presa e feci un respiro profondo.

"Ci vengo alla festa, ma stammi lontano." conclusi.

Prima di andarmene notai che gli altri ci stavano guardando, ma appena mi voltai tornarono a conversare tra di loro. Andai in classe e mi sedetti, buttando lo zaino a terra.

"Com'è andata con Jason?"

"Mmm?"

Vidi Daniel, che si era appena seduto accanto a me.

"Tu e Jason stavate parlando."

"Sì."

"Ma ti devo tirare fuori le parole con le pinze? Dai, spara."

Feci il segno di una pistola che spara, appoggiando il mio indice e il mio medio sulla sua tempia.

"Ah ah ah, molto divertente." disse, applaudendo.

"Bene, dimmelo tu cosa mi ha detto."

Alzai un sopracciglio e feci un mezzo sorriso.

"Che stai insinuando?" chiese.

"Dan, so che lo avete mandato voi a parlare con me."

"Ma..."

"Non siamo più all'asilo. Siamo tutti adulti o quasi adulti e siamo in grado di prendere le nostre decisioni."

Sospirò e fece un mezzo sorriso malinconico.

"So che è passato poco da quando ti ha tradito, ma..."

"Fanculo." mi limitai a dirgli.

"Jake, fammi parlare!"

In quel momento entrò la professoressa.

"Senti, io sono sicuro che se voi provaste a parlare..."

Gli mostrai il palmo della mia mano sinistra.

"Scusa, ma voglio seguire la lezione."

Scosse la testa e rimase in silenzio. Sentii i miei occhi inumidirsi. Strinsi un foglio del mio quaderno per trattenere le lacrime. Le mani iniziarono a tremarmi e sentii un'ansia improvvisa. Mi alzai di scatto prendendo lo zaino.

"Ehm, Smith dove crede di andare?" chiese la professoressa.

"Via da questo posto."

"Si sieda."

Daniel mi guardò, come tutto il resto della classe. Le lacrime iniziarono a scendermi, rigando le mie guance.

"Ehi, che ti prende?" chiese Dan, quasi sussurrando.

Mi guardai intorno e corsi fuori dall'aula. Andai in bagno e appena entrai buttai lo zaino a terra. Appoggiai le mani ai lati di un lavandino e mi guardai allo specchio. In quel preciso istante ricominciai a singhiozzare ancora più forte. Guardai l'anello che avevo al dito e che non avevo avuto il coraggio di togliere, nonostante ciò che aveva fatto Jason.
All'improvviso sobbalzai perché le mie spalle furono afferrate da dietro.

"Tutto okay?"

Mi voltai asciugandomi le lacrime.

"Certo, perché...?" dissi, con voce roca.

"Stai piangendo."

Guardai il ragazzo, assottigliando gli occhi.

"Tu sei quello con cui mi sono scontrato... "

"Il primo giorno di scuola." concluse lui, con un bel sorriso stampato in faccia.

Lo guardai dalla testa ai piedi e incrociai le braccia.

"Mi segui o cosa?"

"Una cosa del genere."

"Mmm? Sei uno stalker o roba simile?"

"E se lo fossi?" rispose prontamente.

"Allora penso che dovrei denunciarti."

Sospirai e lo guardai negli occhi alzando leggermente il volto, perché era più alto di me.

"Tu stai con quel tipo, quel Jason McCurthy?" chiese improvvisamente.

A quel punto cercai di superarlo per andarmene, ma lui mi bloccò, facendomi ritornare davanti a lui.

"No, non voglio nemmeno sentire quel nome."

"Qualcuno dice che ti aveva chiesto di sposarlo."

Feci un respiro profondo e avvertii di nuovo quella brutta sensazione di prima. Mi si inumidirono gli occhi e iniziai di nuovo a piangere.

"Ehi, io non volevo farti pressione, scusa..." disse lui, con voce dolce.

"Ma chi sei? Io non ti conosco, che vuoi da me?! Volevi vedermi piangere? Ecco lo sto facendo e ora puoi anche andartene."

Mi asciugò le lacrime.

"Cos'ha fatto quel Jason per rovinare le cose?" continuò lui.

"Non ti devo spiegazioni. Non so nemmeno il tuo nome." risposi in tono freddo.

Andai alla porta.

"Uno di questi giorni forse vengo a farti compagnia."

"Che?"

"A casa tua."

"Come cazzo fai a sapere dove abito?"

"Ehm..."

Alzò le spalle e non rispose. Rimasi a bocca aperta e uscii dal bagno.
Quel ragazzo aveva dei seri problemi. Quel giorno, poi, sembrava che tutto e tutti intorno a me volessero ricordami Jason. Ero stanco di scoppiare in lacrime come una donna incinta tutta ormoni, quindi decisi di tornare a casa.
Feci scattare le chiavi nella serratura e aprii la porta quasi con rabbia. Buttai lo zaino a terra e corsi di sopra.

"Jake?"

Mi voltai e vidi Mercy con una cesta di vestiti puliti in mano e l'aria un po' confusa.

"Ero stanco e ho fatto il permesso per uscire prima..."

"Hai tipo falsificato la mia firma?"

Annuii, abbassando lo sguardo. Posò la cesta per terra e venne da me.

"Sai che ci saranno conseguenze, guarda che non puoi fare quello che ti pare!"

"L-lo so..."

"Eric sembra non accorgersene, ma io l'ho notato Jake. Tu stai cambiando: puzzi quasi sempre di alcool e fumo, piangi ogni notte, non mangi, salti le lezioni..."

Altre lacrime.

"Tu mi hai sentito?"

Mi alzò il volto e mi guardo negli occhi.

"Tutte le notti, Jake."

"Scusa."

Iniziai a singhiozzare senza controllo: cosa mi stava succedendo?

"Jake? Che ti prende?"

"Scusa!" urlai.

Mi afferrai la testa fra le mani. Lei appoggiò le sue sulle mie, iniziando ad accarezzarle.

"Se non parli non posso aiutarti piccolo..."

"M-mi man..." inziai, tossendo leggermente. "N-niente, è tutto okay."

Mi asciugai le lacrime e ripresi fiato.

"Lo so che Jason ti manca. Lui ha sbagliato, okay, ma era mezzo ubriaco e non..."

"Basta, cazzo! Non difenderlo anche tu!"

Appoggiò una mano sul mio petto.

"Sì che gli vuoi ancora bene." insistette lei, sorridendo appena.

Le scostai la mano e scossi la testa.

"Lo odio e non voglio più saperne di lui."

"Smettila di mentire anche a te stesso. Se non te ne fregasse niente di lui, non saresti in questo stato."

Aprii la porta della mia camera e rimasi immobile per qualche istante.

"Non voglio essere disturbato e non avrò fame stasera."

"Ma non prendermi in giro, ormai tu convinvi con la fame. Stasera tu mangi, Jake."

"No!"

Feci per sbatterle la porta in faccia, ma lei la bloccò con il palmo della mano destra.

"Mangi, fine del discorso."

Sospirai e chiusi la porta. Misi un CD dei Bring Me The Horizon nello stereo e mi sdraiai sul letto, il letto della nostra prima volta. Mi spostai leggermente verso la mia sinistra e mi lasciai letteralmente cadere a terra: non volevo più avere contatti con lui o tutto ciò che lo riguardasse. Eppure in un certo senso il mio cuore era ancora suo, quindi sarebbe stato impossibile ignorare la morsa allo stomaco e il groppo alla gola che mi veniva ogni volta che pensavo a una vita senza Jason McCurthy.
E improvvisamente, mentre fissavo il soffitto, sulle note di "Blessed with a curse", ebbi un flashback su quella serata di metà Agosto. Chiusi gli occhi:
Jason era lì che mi aspettava sulla spiaggia, pronto a pronunciare il suo bellissimo discorso, prima di farmi la proposta. Per un attimo ebbi anche l'impressione di riuscire a sentire ancora quel buonissimo profumo di rose.
Poi la confusione si fece spazio nella mia mente. Mercy aveva ragione anche stavolta: stavo continuando a mentire agli altri e a me stesso e facevo finta di non soffrire, negando l'evidenza. Ma per quanto sarebbe durato quel gioco? Come si perdeva e come si vinceva? Sarei crollato da un momento all'altro, quello era certo. Perdere sarebbe significato distruggermi sempre di più. Vincere, andare avanti a testa alta, accettare il tradimento di Jason e ricominciare con o senza di lui. Mi tastai una tempia, poi rilassai il braccio, facendolo appoggiare accanto a me.
I bei e i brutti ricordi di noi due avrebbero continuato a tormentarmi a lungo, se non per sempre; ma era inevitabile perché essi erano parte di me.
Mi addormentai, con la speranza che il giorno dopo, svegliandomi, avrei aperto gli occhi e avrei scoperto che tutto quello era solo un brutto incubo.

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