Capitolo 16 "You promised"
Jake's Point of View:
Cercai di evitare Jason per un po', anche se era difficile dato che la casa non era poi così grande. Quel discorso insensato che aveva fatto due sere prima, non era poi così insensato. Penso che lui avesse la piena consapevolezza di ciò che stava dicendo. No, non era ubriaco e non penso avesse fumato. Mi aveva spiazzato così tanto che dovetti alzarmi di corsa e andare a chiudermi in bagno per il quasi attacco di cuore che mi stava per venire. Ero rosso in viso e il respiro non si decideva a tornarmi.
Ero in cucina, ed era la vigilia di Natale. Ripensando a quella mia reazione provai quasi rabbia verso me stesso.
"Coglione, sono un coglione. Penso di esserci nato, cazzo, ma non è possibile che faccia sempre cose stupide, Dio mio!" dissi tra me e me, mentre affettavo la verdura.
Tagliavo quelle povere carote e zucchine, come se stessi uccidendo qualcuno. Avevo bisogno di sfogare quella rabbia e quello stress. Delle mani afferrarono i miei polsi da dietro e li fermarono da quella furia "omicida". Molti erano usciti per fare una passeggiata prima di pranzo, quindi a casa c'eravamo solo io, Helen, Jason e Cassie. Non ci volle molto per capire chi fosse, dato che non aveva mani tanto femminili. Feci incastrare la punta del coltello sul ripiano di legno e mi voltai.
"Ehi Jason!" finsi di essere sorpreso.
"Ehi piccoletto."
"Wow, inizio a pensare che tu e Isaac abbiate una fissa per questo nomignolo."
"Non paragonarmi a quello e poi tu sei davvero piccolo."
Era strano. Da quando erano lì, Jason sembrava sempre tranquillo. Non sbolliva mai, non reagiva alle provocazioni di Isaac, né agli sguardi freddi di Blane durante i pasti. Già solo il fatto che avesse invitato Blane era strano. Anzi era quasi una cosa dell'altro mondo a pensarci bene.
Feci spallucce e guardai la sua mano. La benda non c'era più, ma una profonda cicatrice gli percorreva parte del palmo per poi arrivare al polso. Afferrai la sua mano destra e calcai la cicatrice con l'indice.
"Com'è successo?"
Lui sembrò molto sorpreso ed esitò prima di rispondere.
"Ho fatto cadere un piatto e..."
"Jason la verità."
"È la verità."
"Probabilmente eri ubriaco no?! So che hai ricominciato a bere. Pensi sia un gioco?"
Il suo sguardo era rilassato.
"No, ma ho i miei motivi per farlo piccoletto."
"Sei serio...?"
Poi capii e corsi le scale andando verso la sua camera. Lui mi seguì, tentando di fermarmi. Aprii la porta e frugai tra i cassetti, poi li trovai. C'erano così tante pillole di calmanti che avrebbero potuto stendere un elefante. Le gettai a terra e lo guardai deluso.
"Tu avevi promesso che non l'avresti fatto mai più. Alcool e pillole ti potrebbero uccidere Jason..." dissi, con voce spezzata.
Senza nemmeno rendermene conto mi ritrovai in lacrime.
"Quella promessa non vale più un cazzo, piccoletto. Ormai è tutto così rotto che non si può più aggiustare niente."
Ecco che ricominciava con discorsi senza senso.
"Ma tu l'avevi promesso-..." insistetti.
Lui si avvicinò e sorrise.
"L'avevo promesso su un amore che non esiste più."
Scoppiai in lacrime e mi lanciai sul suo petto. Afferrai la sua maglietta e la strinsi, mentre i miei singhiozzi si fecevano sempre più forti e spezzati.
"Stronzo, stronzo, stronzo! Hai rovinato tutto!"
Lui mi guardò con aria confusa e fece per parlare, ma fu interrotto dalla voce di Cassie.
"Cosa gli hai fatto?" chiese, staccando le mie mani dal suo petto.
Nella stanza era entrata anche Helen che stava guardando la scena a bocca spalancata.
"Jason che hai combinato?" chiese la biondina, nervosamente.
Io continuai a singhiozzare, mentre Cassie mi accarezzava la schiena, dolcemente.
"Uscite tutti dalla mia camera!" esclamò.
Dopo quella frase, calò il silenzio. Lui prese le pillole e le iniziò a buttare nella spazzatura.
"Ecco è questo che vuoi? Bene, smetterò, continuando a soffrire. Quei calmanti sono come un'anestesia a questo dolore, ma tu sei così egoista e non ci hai pensato, no?"
Cassie mi trascinò fuori. Mi voltai leggermente e potei giurare di aver visto Helen, lasciare un veloce bacio sulla fronte di Jason ed abbracciarlo.
Cassie non chiese spiegazioni, come se mi avesse letto nel pensiero e avesse capito che non volevo assolutamente parlare.
Quella sera ci riunimmo tutti in sala, dove iniziammo una specie di festa pre-Natale. Non avevo assolutamente voglia di stare con gli altri. Soprattutto con Blane che mi fissava con un sguardo indecifrabile, Daniel e Cassie che si scambiavano sguardi confusi e Sarah e Tomas che continuavano a pomiciare.
"Buonanotte ragazzi." dissi, alzandomi.
"Ma dove vai?" chiese Teo, che fino a quel momento stava conversando con Isaac.
"A dormire. I miei poveri occhi hanno sopportato abbastanza."
Andai al piano di sopra e passai accanto alla camera di Jason. Non avevo assolutamente intenzione di disturbarlo. Aprii leggermente la porta e mi avvicinai a suo letto con cautela: dormiva così profondamente. Mi chinai e senza nemmeno sapere il perché, gli diedi un delicato bacio sulla guancia. Uscii velocemente e mi avviai verso la mia camera. Sentii dei rumori familiari provenire dal bagno in fondo al corridoio. Mi avvicinai alla porta e rimasi immobile. Qualcuno stava vomitando e non ci misi molto a capire chi fosse. Sentii lo scarico, poi l'acqua del lavandino scorrere per qualche istante. La porta di spalancò e Helen fu quasi spaventata nel vedermi.
"Ehi Jake."
Mi salutò e fece per andarsene, ma io la bloccai.
"Che stavi facendo là dentro?"
"Ti sembrano domande appropriate da fare?" chiese, ridacchiando.
La guardai in modo serio. Lei smise di ridere e si liberò dalla mia presa.
"Perché lo fai? Ti ho sentito anche quella volta a casa mia. Hel, perché?"
Lei abbassò lo sguardo, ma poi lo rialzò subito dopo con un sorriso forzato.
"Ci sono cose che non tutti possono capire."
E detto questo corse al piano di sotto, per raggiungere gli altri.
-
Jason's Point of View:
Sentii qualcuno entrare in camera. Finsi di dormire, perché non avevo voglia di parlare con nessuno in quel momento. Delle labbra si appogiarono alla mia guancia destra. Quel calore provocato da esse sparì quasi subito e la porta si richiuse. Mi toccai la guancia e sorrisi come un ebete. Avrei potuto riconoscere quel profumo anche ad occhi chiusi.
"Jake..." sussurrai.
E mi addormentai guardando le stelle dalla finestra.
Una luce mi svegliò. Helen aveva appena aperto le tende e mi aveva augurato 'Buon Natale', sorridendo.
"Che? È già mattina?" chiesi, mugulando e sbadigliando.
"Sì caro e non ti permetterò di rimanere a letto tutto il giorno."
Mi diede il tempo di prepararmi, per poi trascinarmi in sala, dove gli altri si stavano già scambiando i regali. Isaac stava appiccicato a Jake, che però sembrava a disagio.
"Ehi buongiorno!" mi salutò Teo, felice nel vedermi.
Feci un timido cenno con la mano e mi sedetti accanto a lui.
Fu una mattinata piacevole e fu strano, dato che nel gruppo c'erano state tante divergenze nell'ultimo periodo. Anche le cose tra Cassie e Daniel sembravano andare bene. Fui felice di tutto ciò e dopo tanto tempo mi sentii di nuovo in famiglia tra i miei amici. Fu una giornata quasi perfetta.
La sera decidemmo di festeggiare, con tanto cibo e naturalmente alcool. Mentre tutti erano in sala, andai in cucina per prendere dell'acqua.
"Jason, Jason, Jason."
Mi voltai e feci un sorso dal bicchiere.
"Isaac."
Lui fece un ghigno e si avvicinò.
"Come te la passi?"
Non capivo dove voleva andare a parare.
"Bene, penso." risposi con indifferenza.
"Posso farti una domanda?" chiese.
Alzai le spalle ed annuii.
"Pensi davvero che Jake tornerà da te un giorno?"
Era davvero uno stronzo, o almeno con me si comportava come tale.
"Allora ce l'hai proprio con me? No, perché con gli altri sembri un angelo sceso in Terra."
Lui rise.
"In effetti mi stai un po' sul cazzo. Ora rispondi alla mia domanda."
"Fatti gli affari tuoi."
"Be' ti dirò una cosa..."
"No non ci tengo a sentirla, grazie." lo interruppi e feci per andarmene.
"E io te la dico lo stesso." disse, bloccandomi per una spalla.
Lo guardai e rimasi in silenzio, stringendo così forte il bicchiere, che credetti lo stessi rompendo.
"Farò innamorare Jake così perdutamente di me, che si dimenticherà anche della tua inutile esistenza."
Quelle parole mi ferirono, ma non potevo farglielo vedere. Lo lasciai perdere e me ne tornai in camera. Per fortuna non avevo bevuto, così la mattina dopo non mi sarei dovuto svegliare con i postumi della sbornia. Aprii la finestra e iniziai a fumare una sigaretta. Ero completamente avvolto nei miei pensieri, quando sentii delle mani, afferrarmi i fianchi da dietro e delle labbra lasciarmi baci sulla parte posteriore del collo.
"Fa così freddo qua, dovresti chiudere la finestra..." sussurrò Jake.
Jake? Cosa ci faceva lì?
Buttai la sigaretta fuori dalla finestra, prima di richiuderla.
Mi voltai e lui si fiondò sulle mie labbra, con così tanta passione che credetti le stesse quasi consumando. Portò le braccia dietro al mio collo, avvicinandomi ancora di più a lui ed io lo lasciai fare per un po', prima di staccarmi e guardarlo confuso.
"O questo è un sogno o tu sei impazzito." dissi, riprendendo fiato.
Lui ridacchiò e perse l'equilibrio per qualche istante, cosa che lo indusse ad aggrapparsi alle mie spalle.
"Sei così sexy..." mugugnò, strascicando le parole.
Alzai gli occhi al cielo.
"E tu sei ubriaco."
"N-no..."
Lo guardai serio.
"Okay, f-forse un p-pochino."
Iniziò a ridere e singhiozzò.
"Dai, ti riporto dal tuo ragazzo."
Lui protestò e mi spinse sul letto, mettendosi poi a cavalcioni su di me.
"Per essere ubriaco, sei davvero forte."
"Prendimi Jason..." sussurrò sulle mie labbra, prima di baciarmi nuovamente.
Iniziò a cercare la mia lingua con la sua e premette la sua intimità in modo provocatorio contro il mio bacino. Gemetti e lui ne approfittò per impossessarsi anche della mia lingua. Lo feci sdraiare e mi misi sopra di lui, bloccandogli le mani sopra la testa. Lo guardai: nei suoi occhi c'era desiderio.
"Prendimi Jason..." ripeté, quasi supplicando.
Stava supplicando di fare l'amore con me. Poi ci riflettei bene. Era ubriaco e non mi serviva dello sporco e inutile sesso con la persona che amavo. Mi alzai dal letto e mi ci sedetti, subito dopo afferrandomi la testa fra le mani.
"Non mi vuoi?" chiese, come se stesse per piangere.
Non risposi ed aspettai che se ne andasse, ma era troppo tardi: il suo respiro si fece profondo e lui si addormentò.
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