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Capitolo 14 "Helen Bailey"

Helen's Point of View:

Di nuovo. Ero di nuovo in quel bagno davanti a quello specchio che avrei voluto buttare dalla finestra. Era ormai da mezz'ora che mi fissavo e pizzicavo le cosce e l'addome. Era tutto sbagliato in me: dagli occhi troppo piccoli, al naso troppo grande. Dalle spalle troppo larghe alle cosce troppo grandi, o almeno per me lo erano. Aprii il primo cassetto dell'armadio accanto a me, ma una voce mi chiamò: proveniva dal corridoio. Chiusi immediatamente il cassetto e mi rivestii, aprendo la porta. Davanti a me c'era Violet, la ragazza con ci condividevo l'appartamento. Ormai ero andata via di casa da qualche mese. Avevo bisogno del mio spazio, la mia libertà, ma soprattutto di non litigare ogni giorno con i miei.
Lei mi guardò sospettosa e mi passò un drum che aveva appena fatto. Me lo misi tra le labbra e sentii subito che non era un semplice drum.

"Non dirmi che ti stavi di nuovo..."

"No, niente di tutto ciò che sicuramente stai pensando. Sto bene, stavo solo cercando una cosa."

Controllò le mie mani.

"Mmm niente arrossature..."

"Te l'ho detto, non vomito da un mese ormai."

Sorrisi per rassicurarla. Lei mi passò l'accendino e io iniziai a fumarmi la canna con tiri profondi, condividendola con lei. Andammo in sala e aprimmo la finestra.

"Domani è venerdì e cioè il tuo ultimo giorno di scuola. Che ne dici se partiamo e andiamo a farci una bella vacanza per Natale?" propose.

Feci un tiro e gliela passai.

"Mmm in realtà ho già degli impegni per Natale. Un mio..."

Mi fermai un attimo: potevo davvero definire Jason un mio 'amico'? Alzai le spalle e continuai.

"Un mio amico mi ha invitata nella sua casa in montagna."

Lei fece un sorrisetto malizioso.

"Mmm vi aspettano due settimane focose!"

Scoppiai a ridere per ciò che aveva capito.

"Lui è gay e comunque saremo un gruppo di circa dieci persone."

"Ah, capisco." rispose Violet, quasi delusa.

Dopo qualche istante di silenzio lei parlò.

"Senti Hel, domani sera invito un amico e volevo chiederti se..."

"Non preoccuparti troverò qualcuno da cui dormire."

Sorrisi un po' forzatamente e ammiccai. Lei mi si lanciò addosso, abbracciandomi.

"Grazie, grazie, grazie!"

Ridacchiai divertita dalla sua reazione e ricambiai l'abbraccio.

"Giuro che ti trovo un amichetto appena torni."

"A-amichetto?" chiesi confusa.

"Un ragazzo, amante, scopamico...come vuoi. Consideralo il mio regalo di Natale."

Arrossii e scossi la testa.

"Nessuno vorrebbe una come me e poi sono un po' fuori forma."

Lei prese un cuscino e me lo lanciò addosso.

"Smettila di sparare cazzate Hel, perché devo dirti la verità, se io fossi un maschio ti sposerei."

La guardai sorpresa.

"D-dici davvero?" chiesi, pizzicandomi il polso per l'imbarazzo.

Annuì, appoggiando la testa alla mia spalla e accendendo la tv.
Continuai a ripensare per un po' a ciò che aveva detto e per un momento mi sentii realmente una ragazza carina, ma poi la magia svanì. La verità era che nascondevo la mia profonda insicurezza dietro una maschera di perfezione. Il mio sorriso svanì e io iniziai a guardare la noiosa replica della seconda stagione di CSI insieme a Violet.

-

Aprii gli occhi lentamente e una forte luce mi accecò. Capii subito di non essere nella mia stanza perché io chiudevo sempre le tende prima di andare a dormire. Mi alzai e realizzai di essermi addormentata sul divano. Violet mi aveva lasciato un bigliettino sul tavolo. Lo presi e lo lessi.

'Hel, sono dovuta correre a lavoro. Mi dispiace di non averti svegliata per farti andare in camera, ma dormivi così bene. C'è del caffè in cucina e ricorda di mangiare bene a colazione.'

Mi stiracchiai e andai a prepararmi per andare a scuola. Bevvi il caffè, ma decisi di resistere ai crampi di fame e di uscire di casa a stomaco vuoto. Iniziai a fumare un sigaretta, in un angolo in disparte nel cortile della scuola, in attesa che la campanella suonasse. Quando vidi Teo avvicinarsi, sorrisi forzatamente e lo salutai.

"Pronta per domani? Sarà bellissimo passare il Natale tutti insieme, non credi?" disse lui.

"Sì, davvero figo."

"Mmm 'figo'? Tu non useresti mai un aggettivo simile. Sei sicura di stare bene?"

Sentivo le gambe tremarmi e i crampi mi stavano uccidendo. Almeno la nicotina avrebbe fatto placare la fame per un po'.

"S-sì."

Prese la mia sigaretta e la buttò a terra calpestandola.

"Meglio non fumare di prima mattina, è?"

"Teo smettila di fare il padre. Dio, hai diciannove anni. Comportati come farebbe una ragazzo della tua età."

Lui ridacchiò e mi arruffò i capelli.

"Ehi!"

Cercai di aggiustarli e iniziai a camminare verso l'entrata. Mi bloccai e mi voltai a guardarlo.

"Allora che fai, non vieni?"

Lui sorrise e mi seguì.

Durante la pausa più lunga andai in cortile, controllai che non ci fosse nessuno che mi conoscesse e misi una canna tra le labbra. L'accesi e andai a sedermi nella panchina più isolata. Lì seduto c'era Jason, ma feci finta di niente e mi sedetti il più lontano possibile. Dopo qualche istante lui mi guardò. Notai che aveva una bottiglia in mano, che all'apparenza sembrava di acqua, ma il colore del liquido all'interno non era così limpido come avrebbe dovuto essere.

"Helen Bailey, qual buon vento ti porta qui?"

Sbuffai e lo ignorai. Dal modo in cui strascicava le parole e le sue occhiaie, capii che doveva essere messo davvero male.

"Seriamente Jason?"

Presi la sua bottiglia e ne presi un sorso per confermare i miei sospetti.

"Vodka lemon di prima mattina?" dissi.

Lui prese il mio spinello e ne fece un tiro.

"Seriamente Hel? Erba di prima mattina?"

Scoppiò a ridere e mi restituì la canna, aspettandosi in cambio la bottiglia.

"No, te lo scordi, ma hai visto come sei messo?"

Ridacchiò e prese la bottiglia dalle mie mani, cercando di berne il più possibile prima che io la buttai a terra con un colpo.

"La vodka lemon è la sua preferita..." disse, con un tono nostalgico.

"Oh per favore, dimmi che non ti sei ridotto così per quello."

Lui mi guardò, con sguardo assente, poi iniziò a fissare il vuoto.

"E tu? Perché fumi di prima mattina?"

"Ho bisogno di distrarmi."

"Da cosa?"

"N-niente che ti riguardi."

Ci fu un attimo di silenzio.

"Da quanto?" chiesi.

"Di che stai parlando..."

Lo feci voltare, afferrandolo per un braccio.

"Da quanto hai ricominciato a bere?!"

Lui si morse un labbro e alzò gli occhi cielo, come se stesse cercando di ricordare qualcosa.

"Da qualche settimana." disse con un filo di voce.

L'avevo visto troppe volte distruggersi in quel modo e vederlo nuovamente a pezzi, dopo tutti quegli anni, mi rese triste.

"E tu?" chiese lui, poi.

Lo guardai confusa.

"Da quando hai ricominciato a non mangiare?"

"Non so di che parli."

"Solo perché sono ubriaco non significa che io sia stupido."

Sospirai e risposi. Ormai mi conosceva e sapeva. Non mi vergognavo di lui, ne avevamo passate tante insieme.

"Un po', diciamo..."

Seguirono due sospiri, fatti contemporaneamente e un paio di minuti passati in silenzio a guardare il vuoto.

"Sai Hel, io proprio non capisco, sembri una ragazza così sicura di sé e invece dietro a quei sorrisi c'è tanto buio. Come fai a nascondere tutto quel dolore?"

"Lo soffoco in silenzio." risposi, con gli occhi leggermente lucidi.

"Eppure sei così bella, perché ti fai questo?"

"Non mentire, non mi piace essere presa in giro, io non sono bella! E tu? Perché continui a distruggerti per qualcuno che ti ha esplicitamente detto di non amarti più? Il mondo è pieno di persone pronte a darti amore e riceverne. Perché lui?"

"Il problema è che quelle persone non sono lui. Jake è la persona che amo, capisci?"

Annuii un po' scocciata e incrociai le braccia.

"Io continuo a non capire..." dissi, più a me che a lui.

"Ci stiamo facendo del male Hel."

Era una vera e propria affermazione quella uscita dalla sua bocca. Ci guardammo, con la consapevolezza l'uno del dolore dell'altra, che solo due persone che si conoscono da molto tempo possono avere. Lui afferrò il polso della mia mano destra, nella quale tenevo ancora la canna.

"Possiamo farcela, iniziamo col buttare questa, okay?"

"M-ma questa mia fa distrarre dalla fame."

Si alzò e sorrise, come se si fosse ripreso dalla sbronza tutto in una volta. Vidi che si stava sforzando per rimanere in piedi e lo guardai confusa, quando lui mi porse una mano.

"Allora che ne dici se andiamo a mangiarci un bel panino con tre strati di formaggio? Quello sì che ti farà dimenticare della fame per un bel po'."

Guardai la canna e poi la sua mano, ancora tesa verso di me. La buttai e afferrai la mano, sorridendo. Sembravamo davvero buffi, perché tra lui mezzo ubriaco e me mezza fatta, la nostra camminata risultava davvero goffa. Eppure continuavano a ridere, ignorando gli altri, perché sapevamo che se l'uno fosse caduto, l'altro sarebbe stato lì pronto a rialzarlo. Infondo era a quello che servivano gli amici ed in quel momento capii che forse quell'odio e quel rancore che avevo contro Jason, lasciato dentro di me per tutti quegli anni, non esistevano più.

-

Come promesso lasciai la casa libera per quella sera e portai già le valigie con me. Sarah e Tomas avevano organizzato una serata romantica. Daniel era chissà dove con chissà chi, Teo aveva da fare con Jason. Cassie non si faceva sentire da un po' e di andare da Blane non se ne parlava. Così l'unica persona che mi passò per la mente era...

"Pronto Jake?" dissi quasi con voce scocciata.

"Hel?"

Sembrava davvero sorpreso di sentirmi al telefono, poi alle sette di sera.

"Sì, sono io, Helen. Mi vuoi dire che non hai ancora salvato il mio numero con il mio nome o cosa?"

Ridacchiò.

"No, no è solo che sono un po' sorpreso che una ragazza che mi odia a morte mi chiami alle sette di un venerdì sera."

"Mmh...senti volevo chiederti se posso venire a dormire da te stasera. La mia coinquilina mi ha chiesto di lasciarle l'appartamento libero."

"Oh, va bene, non ci sono problemi."

Non sembrava esserci alcuna esitazione nella sua voce, quindi ringraziai e presi un taxi per andare da lui. Quando arrivai pagai e mi trascinai le valige fino alla porta d'ingresso. Suonai al campanello e alla porta venne ad aprire un bel ragazzo, alto, moro e con gli occhi color nocciola.

"Tu dovresti essere il fratello di Jake..." dissi.

"S-sì sono io, ma come fai a..."

"Mmm penso che ci siamo già visti in passato e comunque Jake mi ha parlato di te. Comunque, sono qui per lui, posso entrare?"

Lui guardò le mie valigie, poi me, dalla testa ai piedi. Mi sentii improvvisamente a disagio. Si voltò e poi guardò alla sua destra, verso quella che doveva essere la sala.

"Jake, ma tu non avevi detto di essere gay?" chiese, quasi urlando.

Arrossii di colpo e abbassai lo sguardo per l'imbarazzo. Sentii dei passi veloci venire verso l'entrata e la voce di Jake.

"Eric ma tu non cambi mai? Lei è Helen, una mia amica, che probabilmente tu avrai già visto, ma che sicuramente ti sarai scordato visto la tua anziana età."

Sorrisi e cercai di trattenere una risata per l'intervento di Jake e alzai lo sguardo.

"Ahhh! Mi sembrava strano che dopo tutto quel casino mi diventavi etero da un giorno all'altro."

Jake alzò gli occhi al cielo e poi scoppiò in una risata insieme al fratello, che si scusò per aver frainteso e se ne andò, dicendo di dover incontrare la sua ragazza.
Jake mi fece entrare in casa e sistemare le mie valigie in camera sua. Si sedette sul letto e invitò me a fare la stessa cosa.

"Scusa ancora per mio fratello, ma a volte sa essere davvero sgarbato."

Io sorrisi nel ricordare la scena di poco prima e dissi che non c'era nessun problema.

"Grazie ancora per l'ospitalità." aggiunsi.

"Lo faccio volentieri. Senti, ma da qund'è che vivi in un appartamento con una coinquilina?"

"A dire il vero da un po', forse qualche mese."

"E perché non hai detto niente a nessuno?"

"Nessuno me l'ha chiesto e poi non è così importante."

"Problemi con i tuoi?"

Sospirai rassegnata.

"Sì, non riuscivo più a vivere con loro."

Lui rimase in silenzio come è stesse pensando a qualcosa.

"Sai, in realtà anch'io ci stavo pensando da un po'. Vorrei andare a vivere da solo o condividere un appartamento con qualcuno."

"Ma perché? Tuo fratello è così buono e mi hai sempre parlato bene di tua sorella da quando vive con voi..."

"Il fatto è che sento che non posso più stare in questa casa, perché ci sono troppi ricordi. Mi sento quasi soffocare. Pensa che non riesco più nemmeno a dormire sul mio letto per..."

"Ma sei serio? Hai mandato affanculo Jason così tante volte che sembra che tu non l'abbia mai amato e ora stai qui a farmi il discorso sui tuoi ricordi?!" sbottai.

"Parli così perché non capisci." disse lui, mantenendo un tono gentile.

"Ciò che capisco, caro Jake, è che Jason è a pezzi e il senso di colpa che gli hai buttato addosso lo sta consumando ogni giorno di più. Ha ricominciato con l'alcool e l'ho addirittura trovato a bere vodka lemon stamattina a scuola. È messo male, davvero male."

Guardai il suo volto diventare improvvisamente triste.

"Ha ricominciato a bere..." disse, con voce spezzata.

Iniziò a torturarsi le mani e il suo labbro inferiore.

"Tu puoi salvarlo." dissi, ripensando alle parole di Jason.

Aveva detto che erano ancora in tempo, ma io ero più che convinta che solo uno dei due ce l'avrebbe fatta a sconfiggere le proprie debolezze e non ero io. Lui era quello forte, lui ce l'avrebbe fatta.

"E come?!"

"Ha solo bisogno del tuo perdono!"

"N-non posso..." sussurrò iniziando a farsi scappare qualche lacrima.

"Jake se solo ti decidessi a passarci sopra... Ormai sono passati mesi."

"Tu non capisci Hel, io lo amavo e lui diceva di amare me, ma ha mandato a puttane tutto. Probabilmente non sei mai stata innamorata ecco perché parli così. Ora me ne vado, ho bisogno di dormire."

Uscì dalla stanza e mi lasciò sola. Mi tolsi i vestiti e rimasi in biancheria intima. Mi misi sotto le coperte e lasciai che il calore mi avvolgesse.
Jake aveva torto, io ero stata innamorata e anche in modo profondo. Avevo amato Jason con tutto il mio cuore e ancora lo amavo. Lo amavo come un fratello e sentivo che avrei dovuto metterci tutte le forze che avevo, per salvarlo. Jason mi aveva fatta sentire viva un tempo, quindi era arrivato il mio turno. Gli avrei fatto riavere la felicità che aveva perso. L'avrei fatto, perché ero Helen Bailey e quella era una promessa che mi stavo facendo e che avrei mantenuto.

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