Capitolo 13 "Everybody lies"
Jake's Point of View:
Dopo che Jason se ne andò trascinai Isaac dentro casa e sbattei la porta.
"Allora sei uno stronzo! Che ti è saltato in mente? Tu non sei il mio ragazzo!"
"E allora? L'unico modo per liberarti di lui era questo."
"Non dire cazzate!"
Mi afferrò per un polso e mi guardò con aria seria: fu una delle prime volte che nei suoi occhi vedevo serietà.
"T-te l'ho detto che non voglio iniziare una relazione in questo momento..." dissi, quasi con paura della sua reazione.
"Lo sai che sei davvero carino?"
"Ascoltami quando parlo, non cambiare argomento."
Inclinò leggermente la testa ed iniziò a baciarmi il collo.
"I-Isaac..."
Il collo era il mio punto debole, non potevo farci niente. Appoggiai le mani al suo petto cercando di respingerlo ma lui me le bloccò al muro, facendo unire i nostri bacini.
"Ti voglio-..." sussurrò al mio orecchio.
"N-no..." mugulai.
Mi alzò leggermente la maglietta e fece per mettermi una mano nei pantaloni, ma io lo bloccai per un polso e lo guardai negli occhi.
In quel momento Mercy ed Eric entrarono in casa, chiudendosi la porta alle spalle. Io mi ricomposi e li guardai.
"Ehi ragazzi, come è andata al cinema?" chiesi.
"Bene e a voi? Abbiamo interrotto qualcosa?" domandò Mercy, sorridendo maliziosa.
"No, Isaac se ne stava andando."
Lui annuì in silenzio.
"Arrivederci e a presto." disse, rivolto verso i due, per poi uscire.
Eric ridacchiò ed andò in cucina.
"Jake-..." iniziò mia sorella.
"No, non è come pensi."
"Shhh..."
Appoggiò un dito sulle mie labbra e sorrise.
"Se sei felice, io sono felice."
"No, davvero, non è come pensi." insistetti.
"Io penso che se proprio dovevi innamorarti di un altro, potevi sceglierti un ragazzo con un accento normale!" esclamò Eric dalla cucina.
Dalla sua voce potevo percepire che stava per scoppiare a ridere.
"Che cosa sta dicendo?" chiesi a Mercy.
Lei si limitò ad alzare le spalle e gli occhi al cielo.
"È così americano che l'avrei potuto notare anche ad occhi chiusi!" continuò lui.
Sbuffai.
"Non sono innamorato di lui ed invece Eric, trovo che il suo accento sia davvero adorabile." ribattei, per poi andare in camera mia.
Studiai per un paio di ore, per poi buttarmi sul letto. Dopo un po' di minuti passati a fissare il soffitto, iniziai a cercare un accendino nei numerosi cassetti in camera mia. Trovai una foto che non vedevo da mesi e che mi fece cadere a terra, provocandomi una bella botta al fondoschiena. La foto era di quell'estate. C'eravamo io e Jason, vestiti in modo elegante. Ci stavamo baciando. Mi ricordavo di quella foto: l'avevamo scattata prima del ballo. In un primo momento ebbi l'istinto di strapparla e buttarla, ma poi la piegai e la misi nella cover del mio telefono.
"In fondo non c'è niente di male..." sussurrai, per poi aprire la finestra e iniziare a fumare.
-
Mi chiedevo come riuscisse a mangiare così poco. Cassie era davvero magra e avevo sempre paura che si spezzasse da un momento all'altro. Era la seconda pausa di un normale e noiosissimo giovedì. Io mi ero seduto su una panchina e Cass si era unita a me, tirando fuori un piccolo mandarino e iniziando a mangiarlo lentamente. Non ci eravamo parlati molto da quel giorno in cui eravamo andati al Regency. Era più l'imbarazzo che la paura che mi aveva fatto allontanare un po' da lei. Si sedette e iniziò a fissare un punto nel vuoto.
"Non hai più chiamato."
"Ho avuto da fare." mi giustificai.
"E con chi, scusa?"
"Nessuno..."
Solo a quel punto mi guardò. Notai che aveva un livido sulla guancia destra, che aveva goffamente tentato di coprire con i capelli.
"Siamo amici, no? Perché non me l'hai detto che hai un ragazzo?"
Rabbrividii e rimasi a bocca aperta.
"Che c'è?" chiese lei.
"Come fai a-...? Cioè, io non ho un ragazzo." conclusi.
"Isaac."
Sganai gli occhi.
"C-come...?"
"State sempre insieme, allora un paio di giorni fa ho deciso di chiedergli cosa ci fosse tra voi due e lui-..."
"È un bugiardo. Non stiamo insieme."
Alzò le spalle e buttò la buccia del mandarino nel cestino accanto a lei.
"Hai saputo di Jason?"
Quando sentii quel nome e ripensai alle condizioni in cui era l'ultima volta che l'avev visto, pensai che avesse commesso qualche pazzia a causa della bugia di Isaac.
"Cosa è successo? Sta bene?"
Lei sembrò quasi infastidita dalla mia reazione.
"Penso di sì dato che ha invitato tutti noi nella sua casa in montagna per le vacanze di Natale."
Feci un sospiro di sollievo e la guardai.
"B-bene, allora divertitevi." dissi.
"Ehmm..."
"Che?"
"Anche tu ed il tuo nuovo 'ragazzo' siete invitati."
Sospirai, ma poi ridacchiai e le diedi una leggera pacca sulla spalla.
"Quante volte devo dirti che lui non è il mio ragazzo?"
Lei sembrò quasi turbata da quella leggera pacca, ma poi ridacchiò.
"Be' è un bel tipo e poi il suo accento americano è così..." iniziò lei.
"Carino..." aggiunsi.
Scoppiammo a ridere e ci guardammo.
"Non voglio davvero iniziare una relazione in questo momento, Cass."
"Io penso che un po' d'aria nuova ti farebbe bene."
Forse aveva ragione ma io sentivo davvero un profondo senso di colpa solo a pensare ad una cosa del genere. Lei si alzò e si stiracchiò, per poi massaggiarsi una spalla, come se le facesse male. Quel movimento mi ricordò del livido.
"Cass, posso chiederti come ti sei fatta quel livido?"
Lei si sfiorò la guancia e fece un'espressione di un ladro preso con le mani nel sacco.
"Sono caduta, sai come posso essere sbadata a volte."
Mi alzai a mia volta e la guardai negli occhi.
"Sai che puoi dirmi la verità."
Ebbe un attimo di esitazione, ma poi parlò.
"Questa è la verità."
Sorrise e si voltò, correndo via. Mentre la sua figura si allontanava continuai a guardarla per un po'. Quella ragazza era un mondo di segreti e lunghi silenzi, ma io ero sicuro che un giorno l'avrei fatta parlare.
-
Mancavano solo due settimane alle vacanze di Natale, ma io non avevo ancora avuto il coraggio di parlare con Jason e magari ringraziarlo per l'invito alla sua casa in montagna. Il rapporto tra di noi, se ce ne era ancora uno, non era dei migliori, ma volevo comunque provarci.
Lo aspettai davanti alla sua classe e quando tutti uscirono, lui fu l'ultimo. Fu più scocciato che sorpreso di vedermi. Mi ignorò e iniziò a camminare. Lo seguii silenziosamente, mentre intorno a noi la scuola si svuotava dato che l'ultima campanella era suonata. Lui si fermò di scattò e io rischiai di sbattere contro la sua schiena. Si voltò a guardarmi e notai che i suoi occhi erano scavati da due profonde occhiaie.
"Hai intenzione di seguirmi ancora per molto?" chiese.
"In realtà io..."
Non mi fece nemmeno finire, si girò e ricominciò a camminare, ma io lo bloccai per un polso. Lui si voltò nuovamente e mi guardò a occhi sgranati. Sembrava estremamente fragile, come se non mangiasse da molto. Mi avvicinai leggermente al suo volto e inspirai.
"Tu hai ricominciato a bere..."
Sghinniazzò, per poi tornare serio.
"E allora?"
"E allora, sai che non ti fa bene!"
"Non sei nessuno per dirmi ciò che devo o non devo fare."
Gli strinsi il polso, ma lui si liberò dalla mia presa.
"Sei davvero tenero quando ti arrabbi."
Fece un mezzo sorriso e iniziò a giocherellare con una ciocca dei miei capelli. Notai che aveva una benda sulla mano.
"Che ti è successo?"
"Niente."
Sospirai.
"Sembra grave..."
"Non devi più pensare a me, dato che hai un ragazzo ora."
Deglutii e in quel momento avrei davvero voluto urlargli contro tutta la verità, ma non voleva essere visto come un codardo che davanti alla bugia di Isaac era rimasto in silenzio.
"I-io volevo solo ringraziarti per averci invitati, ma non so se funzionerebbe."
Nel suo viso si aprì un sorriso malinconico.
"Sarà Natale e sarebbe bello passarlo tutti insieme. Cercherò di non starvi tra i piedi, non preoccuparti." disse.
Non mi diede tempo di parlare e se ne andò iniziando a camminare lungo il corridoio, a passi corti e strascicati. Le sue spalle iniziarono a muoversi a scatti irregolari: stava piangendo...
Quella scena mi procurò dell'angoscia e un senso di colpa che non mi lasciarono nemmeno i giorni seguenti.
-
Chiesi ad Isaac di vederci, qualche giorno prima dell'inizio delle vacanze e cioè della partenza. Lui ne fu molto felice, naturalmente. Me ne stavo seduto su una panchina del parco in cui andavo sempre a guardare il tramonto o l'alba d'estate. Mi accesi una sigaretta e controllai l'orario: erano le 18:30, ma il cielo si stava già facendo più scuro. Mi guardai intorno e finalmente lo vidi arrivare.
"Ehi Jake!"
Mi alzai per salutarlo e lui mi diede un caloroso abbraccio. Ci sedemno e buttai la sigaretta, dato che sapevo che lui non gradiva molto l'odore della nicotina.
"Cosa facciamo? Vogliamo andare al cinema o a mangiare qualcosa?"
"No, io in realtà dovrei parlarti e non so se ti piacerà ciò che dirò." iniziai.
Lui non parlò, ma mi strinse le mani. Le sue erano calde e quel contatto mi calmò.
"Jason ci ha invitati nella sua casa in montagna."
Sembrava confuso.
"Ah okay e perché lo avrebbe fatto?"
"Ha detto che sarebbe bello passare il Natale insieme, ma-..."
"Ma?"
Sospirai.
"Non sono riuscito a dirgli che noi non stiamo davvero insieme, per non sembrare un bugiardo."
"Così gli hai mentito lo stesso. Non che mi dispiaccia il fatto che dovremo dormire insieme." ammiccò.
"Isaac! Non penserai davvero di andarci... Stare in quella casa sarà come una tortura."
"Sarà bello invece, non vedo l'ora di incontrare tutti i tuoi amici."
"Dovrò mentire a tutti..."
"Non ti piacerebbe essere realmente il mio ragazzo?"
Alzai gli occhi al cielo.
"Bel tentativo ma... no grazie. Ti ho già spiegato come stanno le cose."
Lui mantenne il suo sorriso smagliante e mi lasciò un delicato bacio sulla guancia.
"Allora fingeremo e basta, non sarà così difficile, no?"
"Oh, invece sì che lo sarà, io non so recitare."
"Ti ci vuole solo un po' di pratica."
Annuii, poco convinto e sospirai. Lui continuò ad accarezzarmi le mani e si avvicinò a me, baciandomi. Mi staccai, con un'espressione confusa.
"Ma che-..."
"Se fossimo stati davanti agli altri avrebbero già capito tutto. Devi lasciarti andare e fidarti."
Sentii il cuore iniziare a battere e le guance prendere fuoco. Lui si avvicinò di nuovo impossessandosi delle mie labbra. Chiusi gli occhi e cercai di scacciare la tensione. Cercò di approfondire il bacio e quella volta, senza nemmeno riuscire a capire il perché, glielo lasciai fare.
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