Capitolo 12 "Jason McCurthy"
Jason's Point of View:
Mi svegliai prima che la sveglia suonasse. Aprii gli occhi e vidi il soffitto della mia camera. Appoggiai istintivamente la mano sinistra sull'altro cuscino, ma lui non c'era. Ormai lo facevo quasi ogni mattina, sperando che un giorno lo avrei trovato vicino a me. Mi alzai dal letto e spalancai la finestra. Iniziai a fumare una sigaretta e a guardare gli infiniti tetti di Londra.
Tutti pensavano che io fossi il ragazzo dal cuore di ghiaccio, quello che riusciva ad aggiustare tutto, quello a cui chiedevi un consiglio importante. Ero visto come un adulto e lo ero anche ormai, ma sentivo come se tutto ciò fosse estremamente sbagliato. Se era vero che io avevo sempre la risposta pronta a tutto, perché di fronte a quella finestra, nella mia triste camera e con quella sigaretta in bocca, mi sentivo così fragile?
-
Le prime due ore di scuola passarono veloci. Durante la seconda pausa andai in cortile. Mi sedetti su una panchina e mi strinsi nella mia giacca. Era ancora ottobre, ma iniziava già a fare freddo. Intorno a me tutti parlavano, ridevano, scherzavano, ma era come se non li potessi sentire. Era come se fossi chiuso in un mondo tutto mio. Quando sentii qualcuno tossire per attirare la mia attenzione, alzai lo sguardo. Sorrisi quasi istintivamente.
"Jake."
Lui sembrava un po' nervoso, ma non come al solito, quel nervosismo non era causato da me.
"Jason, dobbiamo parlare."
"Mmm? S-sì certo, siediti pure."
"Non qui! È una cosa importante."
Mi prese per un braccio e iniziò a camminare a passo veloce. Mi portò dietro la scuola e solo a quel punto mi lasciò il braccio. Iniziò a camminare avanti e indietro, coprendosi il volto con le mani.
"Ehi, Jake."
Lo bloccai per le spalle a lo guardai negli occhi.
"Mi spieghi che ti prende?" chiesi.
"Lei sa tutto, capisci?"
"Lei chi?"
"Cassie! Cassie Miller! Quella ragazza è sempre così silenziosa, ma sa molto più di quanto immaginassi."
"L-lei sa di me e..."
"Jason, ricordi quella sera quando vi ho sentiti? Ricordi quando vi ho visti? E ricordi che ho giurato che nessuno l'avrebbe mai saputo, nessuno..."
Annuii, sentendo una leggera fitta al cuore.
"Me lo ricordo..."
"Nessuno avrebbe dovuto saperlo. È troppo imbarazzante, è troppo..."
Mi scostò e chiuse gli occhi, abbassando lo sguardo.
"Cassie non lo dirà agli altri, lei non lo farebbe mai." lo rassicurai.
"Come fai a dirlo? Tu non la conosci affatto. E pensa se lo facesse. Tu sarai visto da tutti come una persona orribile e la tua maschera di perfezione cadrebbe. Tutti inizieranno a chiedermi scusa e a guardarmi diversamente, ma io non voglio la pietà di nessuno. Cambierebbe tutto."
"Maschera di perfezione? Sei serio?"
Alzò lo sguardo.
"Avanti Jason, lo sappiamo tutti e due che è così."
"Mi stai dando del..."
"Falso."
Si voltò e fece per andarsene. Lo bloccai per un spalla e lo girai verso di me.
"Smettila di complicare le cose. Ho già detto che mi dispiace tantissime volte e te l'ho anche dimostrato!"
Guardò la mia mano, poi i miei occhi. I suoi erano freddi.
"Non devi toccarmi Jason McCurthy."
Sgranai gli occhi.
"Ora stai esagerando, non si dimentica l'amore in questo modo."
"Non si tradisce la persona che si ama."
Lo strinsi a me.
"Che stai facendo?"
Affondai il volto nella sua spalla destra. Lo rialzai poco dopo e appoggiai le mie labbra alle sue. Non potevo controllare quel sentimento che provavo per lui e ogni volta che gli stavo vicino, quel sentimento si rafforzava ancora di più.
Mi staccai quasi subito e lo guardai negli occhi. Le sue guance erano rosso fuoco e le sue labbra ancora umide.
"Ti amo." dissi.
Sembrò quasi turbato da quelle due parole. Feci per accarezzargli una guancia, ma lui mi diede uno schiaffo. Abbassai lo sguardo.
"Una delle cazzate più grandi che tu abbia mai detto Jason McCurthy." rispose lui.
Non era lo schiaffo a farmi male dato che ormai ero abituato a prenderle. Ciò che mi aveva appena spezzato il cuore era la sua risposta. Quelle parole, dette con quella freddezza e con quel tono mi avevano appena dato la conferma che quel ragazzo che avevo davanti a me, probabilmente non era più lo stesso Jake di cui mi ero innamorato.
"Bene, allora vaffanculo Jake! Ho sopportato di tutto pur di riconquistare la tua fiducia e ottenere il tuo perdono, ma tu mi hai rifiutato ogni volta facendomi del male. E non provare a dire che non ho sentimenti, perché sono un essere umano proprio come te. Ho sbagliato e dato che non c'è più alcun modo per farti cambiare idea su di me io mi arrendo."
Sembrò sorpreso, anzi quasi incredulo dalla mia reazione.
"Che c'è? Pensavi che ti sarei andato dietro come un cagnolino ogni giorno fino a che tu non ti saresti stancato?" aggiunsi.
"B-bene..."
Abbassò lo sguardo. Glielo alzai e lo guardai dritto negli occhi.
"L'hai voluto tu."
Lo lasciai e me ne andai. Vidi un ragazzo andare nella stessa direzione dalla quale stavo venendo. Mi voltai leggermente per guardarlo e i nostri sguardi si incrociarono. Continuai per la mia strada.
"Jason!"
"Ehi Sarah."
Forzai un sorriso.
"Che ci facevi dietro la scuola?"
"Niente di importante in realtà."
"Stai bene?"
Strinsi i pugni e mi morsi un labbro.
"Sì."
Mi abbracciò e strinse la mia giacca da dietro.
"Lo sai che ti voglio bene?"
Guardai i suoi capelli che le coprivano parte del volto.
"Sì, lo so e anch'io ne voglio a te piccoletta."
"Che ne dici se stasera ci mangiamo una pizza e guardiamo un film?"
"Non sono sicuro che..."
"Perfavore, offro io."
Esitai, ma poi annuii.
"Non preoccuparti, ci penso io." dissi.
Vidi Jake tornare dal retro della scuola. Insieme a lui c'era quel tipo che avevo visto prima. Stavano parlando tranquillamente e Jake stava sorridendo. Non sembrava più turbato come qualche istante prima.
"Jason, Jason!"
Sarah mi stava scuotendo una mano davanti al volto.
"Tu per caso sai chi è quel tipo?"
Lo indicai. Lei si guardò intorno poi lo vide.
"Oh sì, quello è Isaac Wood. Un tipo davvero sexy, non trovi?"
"Sarah non me ne frega niente del suo aspetto. Perché sta parlando con Jake?"
Avevo appena chiuso con lui, ma infondo sapevo che avrei sempre provato qualcosa.
"E che ne so io. Aspet-..."
"Non provarci Sarah." la interruppi.
"Tu sei geloso."
Alzai gli occhi al cielo e iniziai a camminare verso l'entrata mentre la campanella continuava a suonare.
"Geloso, geloso, geloso!"
Feci un mezzo sorriso e scossi la testa. Sospirai subito dopo, perché aveva ragione.
-
Le settimane passarono e io mi ritrovai a dover affrontare un fantasma del mio passato: l'alcool. Il mio appartamento era pieno di bottiglie vuote e mezze piene e di mozziconi di sigarette sparsi qua e là. Il mio corpo non ce la faceva più. La mia mente non ce la faceva più.
Mi alzai dal letto, facendo cadere una lattina di birra a terra. Mi passai una mano tra i capelli e sbadigliai. Ormai era da una settimana che non andavo più a scuola. Chiusi le tende, perché il triste paesaggio di metà novembre mi rendeva ancora più angosciato. Andai a farmi una doccia e mi vestii. Ormai tutto il mio appartamento aveva un nauseante odore di alcool, così decisi di andare a prendere una boccata d'aria fresca. Presi la giacca e uscii. Andai in un parco là vicino e mi sedetti su una panchina isolata. Mi accesi una sigaretta e sospirai. Era tutto così silenzioso e ciò mi dava una sensazione di vuoto. Sentii un rumore di foglie calpestate, provenire da dietro di me. Non mi voltai, ma continuai a fumare. Un signore di mezza età si sedette accanto a me.
"Senta, non è che ha un accendino?" chiese.
Lo guardai e gli porsi il mio accendino. Sorrisi.
"Non deve darmi del 'lei', ho soltanto diciotto anni."
"Non sei un po' giovane per fumare?"
Si accese la sigaretta e mi ridiede l'accendino.
"Probabilmente sì, ma tanto ormai non ha più importanza."
"Ma è sabato, che ci fai qua da solo?"
"Penso di non avere più niente da fare..."
"Perché dici così?"
"Ormai ho perso tutto." dissi quasi tra me e me, iniziando a fissare un punto nel vuoto.
"Ragazzo mio, ho vissuto la mia vita rinunciando sempre a metà strada e ora ho molti rimpianti. Ciò che posso dirti è che se hai perso qualcosa di importante, se ti impegni, la ritroverai."
Lo guardai e in lui vidi la figura paterna che non avevo mai avuto al mio fianco.
"Lo ritroverò?"
Feci cadere la sigaretta e la calpestai per spegnerla. Lui si limitò a sorridere e a darmi una pacca sulla spalla. Mi alzai e ricambiai il sorriso. Feci per andarmene, ma poi mi bloccai.
"Mi scusi, che maleducato che sono: come si chiama?"
"Jordan."
"Grazie mille signor Jordan."
Feci un cenno con la mano e andai a prendere la mia macchina parcheggiata davanti al mio palazzo.
Andai a casa di Jake. Prima di suonare mi aggiustai un po' i capelli e la giacca. Bussai alla porta e sorrisi appena essa si aprì qualche istante dopo. Davanti a me c'era Isaac. Il mio sorriso scomparve all'istante, sostituito da un'espressione molto sorpresa. Anche lui sembrava sorpreso di vedermi.
"Ehm, ciao." iniziò lui.
Dalla mia bocca non uscì nemmeno una parola.
"Jason McCurthy." aggiunse.
"Chi ti ha detto il mio nome?"
"L-lo so e basta."
"Posso parlare con Jake?"
"Al momento è occupato, ma gli dirò che sei passato."
Sentii un forte fastidio e una rabbia quasi incontrollabile salire.
"Ho detto che voglio parlare con lui."
"E io ho detto che non puoi."
Feci un passo verso di lui e in quel momento mi ritrovai Jake davanti, che era appena arrivato a dividerci.
"Che ci fai qui?" chiese.
"Devo parlarti, è importante."
I suoi occhi erano tornati luminosi, quasi come un tempo. Forse quell'Isaac lo rendeva felice.
"No, non ho più niente da dirti..."
Fece per abbassare lo sguardo, ma io gli afferrai delicatamente il mento.
"Perfavore, dammi solo un po' del tuo tempo."
Socchiuse la bocca, ma non fece in tempo a rispondere: Isaac lo tirò indietro, dalle spalle e si piazzò davanti a me.
"Senti amico, lui non ti vuole parlare, né vedere, quindi fatti da parte."
"Che cazzo significa questo? Chi sei tu?"
"Il suo ragazzo."
Sgranai gli occhi e indietreggiai. Guardai Jake, che era tornato nuovamente turbato e salii in macchina. Tornai a casa guidando più veloce di quanto avessi mai fatto. Entrai nel mio appartamento e sbattei la porta. Iniziai a gettare a terra tutto ciò che trovavo: bottiglie, foto, libri. Quando mi calmai un po' mi guardai nello specchio che si trovava in sala. Mi guardai e vidi un ragazzo spettinato, sciupato e con delle grandi occhiaie. Non riconoscevo quel ragazzo, forse un tempo, ma in quel momento non più. Diedi un pugno allo specchio, che si frantumò in mille pezzi. Cadetti a terra e mi sdraiai. Mi toccai la mano dolorante e insanguinata, poi la lasciai appoggiare a terra. Iniziai a fissare il soffitto, mentre riprendevo fiato. Iniziai a ripensare alle parole che mi aveva detto quel signore e capii che forse non tutto ciò che si perde può essere ritrovato.
Fu in quel momento, sdraiato su quel pavimento e con il cuore a pezzi, che capii che ormai dentro di me c'era il nulla. Iniziai a pensare a Jake, e accompagnato dai nostri bei ricordi, mi addormentai.
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