Capitolo 11 "Il suo mondo"
Daniel's Point of View:
Era sabato mattina. Ero distrutto, perché la sera prima mi ero lasciato andare con Blane. Era da un po' che passavamo del tempo insieme, come dei buoni amici. Avevamo bevuto molto alcool e lui aveva fumato un paio di canne.
Mi alzai dal pavimento e mi guardai intorno. Vidi Blane, rannicchiato su se stesso, a pochi passi da me: era senza maglietta e i capelli gli coprivano parte del volto. Mi chinai e lo scossi un paio di volte.
"Blane? Ehi Blane!"
Non rispondeva. Lo girai, facendogli appoggiare la schiena al pavimento. Gli diedi uno schiaffetto leggero e lui aprì gli occhi.
"Perché mi hai svegliato? Poi a schiaffi..." mormorò con voce roca.
"Ma sei stupido? Mi hai spaventato!"
Feci un respiro profondo.
"Perché?"
"Pensavo fossi..."
Sorrise e mi arruffò i capelli.
"Sono Blane Johnson e ci vorranno più di un paio di canne e qualche bicchierino di tequila per farmi cedere." disse, molto sicuro di sé.
Alzai gli occhi al cielo e scossi la testa.
"Sai, in questi momenti mi ricordo il perché..."
"Mmm? Il perché di cosa?"
"Perché ti odiavo così tanto: sei pazzo, egocentrico e irresponsabile."
Mi alzai e andai nel bagno del piano di sotto. Lui entrò e mi guardò con aria confusa.
"Ehi Dan, ma che ti prende? Dimmi che questo è solo l'effetto dei postumi della sbornia."
"No, io non ho bevuto così tanto, come te. E non sono io che si è fumato due canne di seguito."
"Che? Fammi capire, sei incazzato perché ho fumato un paio di canne?"
"No! Cioè, sì, anche per quello. Ma ciò che mi fa arrabbiare ancora di più è che tu prendi tutto come un gioco, anzi per te la vita è un gioco."
"E perché non dovrei? Dovrei passare il tempo a studiare, per poi trovare un lavoro, farmi una famiglia, continuare a lavorare, deprimermi per lo stress, per poi arrivare ad un punto in cui mi guarderò indietro e realizzerò di aver sprecato anni ed anni. La vita è già troppo breve, quindi quando sarò vecchio non voglio rimpianti."
Cercai di non sembrare sorpreso, perché volevo mantenere la mia aria da duro, ma fu inutile. Quel discorso, da uno come lui, non me lo aspettavo proprio.
"Se, diventerai vecchio."
"Che intendi dire? Ehi!"
Avrei voluto dirgli che ciò che aveva detto era una delle cose più vere che avessi mai sentito in vita mia, ma non lo feci. Mi limitai a sorridere.
"Che tu sarai per sempre giovane."
Mi porse la mano.
"Se entri nel mio mondo e inizi a vivere come faccio io, anche tu sarai per sempre giovane."
Guardai lui, poi la sua mano. Gliela strinsi e feci un mezzo sorriso.
"Allora, benvenuto nel mio mondo Daniel Taylor."
-
Jake's Point of View:
Finalmente era sabato. Avevo appena fatto l'ultimo controllo in ospedale. Non avrei potuto correre o fare molti sforzi, ma almeno avrei ricominciato a camminare senza stampelle.
Quando io e Mercy uscimmo dall'ospedale, vidi Cassie seduta su una delle panchine che stavano nel grande giardino adiacente all'edificio. Aveva lo sguardo perso nel vuoto e teneva una lettera in mano.
"Mercy, tu vai a casa, mi sono ricordato che devo fare una cosa estremamente importante."
"Ma il dottore ha detto che devi riposare."
"Dai, sto bene e starò ancora meglio con un po' d'aria fresca."
Iniziai a camminare per evitare altre obiezioni. Andai da Cassie.
"Posso sedermi?" chiesi.
"Mmm?"
Sembrava confusa.
"Oh, ciao Jake. Come stai?"
"Questo dovrei chiedertelo io."
"Perché?"
"Ti vedo un po' giù."
"Ah no, non preoccuparti, il fatto è che ho appena ricevuto una lettera e leggendola..."
Guardò il foglio di carta e deglutì.
"Mi ha sorpresa, ecco." concluse.
"Di che si tratta?"
"Oh niente, non preoccuparti. Ma tu che ci fai da queste parti?"
"Oggi avevo l'ultimo controllo alla caviglia."
"E come è andato?"
Sorrise, ma i suoi occhi erano ancora spenti.
"Bene, molto bene."
Annuì e tornò a guardare la lettera.
"E tu invece?" chiesi.
"Io ero solo venuta a trovare una persona."
Ci fu un attimo di silenzio.
"Senti, ti va di fare un giro? Mi sembri davvero giù di morale."
"Jake, non devi stare con me solo per compassione."
Le strinsi un mano e la guardai negli occhi.
"Non sto con te per compassione, ma perché sei la mia migliore amica."
Sorrise. Non era uno di quei sorrisi forzati, ma uno di quelli veri. Era uno dei sorrisi di Cassie, quelli che ti mettevano allegria anche in una giornata storta.
Andammo al Regency. Ci sedemmo nel nostro tavolo e ordinammo due caffè.
"Sai, ho sempre amato questo posto." disse.
Iniziò a sorseggiare il suo caffè.
"Anch'io." risposi.
"Ricordi quella volta in cui Daniel versò tutto il suo cappuccino sulla maglietta di Helen..."
"Sì, lei dovette tornare a casa e noi dovemmo aspettarla per più di un'ora, perché quella sera avevamo una festa a casa di Maicol."
"Daniel continuava a ripetere 'scusa' 'è stato un incidente' 'perdonami'."
"E quando Helen tornò dopo averci fatto aspettare per un'ora, si giustificò dicendo che non riusciva a trovare una maglietta che si abbinasse ai suoi pantaloni. Penso che Dan e Helen non si parlarono per giorni dopo quello."
"Ma poi fecero pace con un paio di birre, ricordi?" disse lei.
"E quella volta in cui Teo dovette pagare da bere a tutti per aver perso una scommessa?" aggiunsi.
"Tomas ordinò cinque caffè solo per fargli spendere di più e ne buttò tre. Teo era infuriato, ricordi?"
"Sì, ma dopo un paio di ore stavano già parlando e scherzando come se non fosse accaduto niente." conclusi.
Sorrisi e lo fece anche lei.
"Eravamo perfetti, Jake." disse.
"L-lo so."
"Ora sembra che la nostra amicizia fosse solo un castello di sabbia che è caduto alla prima difficoltà."
Sfiorò l'orlo della tazza con l'indice destro.
"Un fragile castello di sabbia..." disse ancora, quasi tra sé e sé.
"Non è così Cass, insieme ne abbiamo passate tante. Sono sicuro che in un modo o nell'altro affronteremo anche questo."
"Come puoi dire una cosa simile?"
"Ma, non eri tu quella che mi ripeteva sempre che si sarebbe aggiustato tutto?"
Scosse la testa e fece un sorriso malinconico.
"Questo lo pensavo prima di capire."
"Capire cosa?"
Abbassò lo sguardo e strinse la tazza tra le mani.
"Cassie?"
"Prima di capire con chi ti ha tradito Jason."
Feci cadere la mia tazza a terra e rimasi a bocca aperta, ignorando tutte quelle persone che si voltarono verso di noi.
"Stai scherzando, vero?"
Deglutii. Lei mi guardò negli occhi. I suoi sembravano fatti di ghiaccio in quel momento.
"No, Jake Smith, non sto scherzando."
Non sembrava Cassie, non sembrava più la ragazza dolce di qualche istante prima. Mi coprii la bocca con una mano e chiesi 'scusa' un'infinità di volte alla cameriera che venne a pulire il disastro che avevo combinato.
Guardai Cassie: stava fissando fuori dalla finestra, immersa nei suoi pensieri. Non osai farle altre domande.
In quel momento capii che dietro al silenzio di Cassie, c'erano molte parole e che quella ragazza sapeva molte, forse anche troppe cose di me e degli altri.
-
Daniel's Point of View's
"Dove mi stai portando alle 7:30 di sera, di sabato poi?"
"Se lo chiedi ancora, giuro che ci penso io a tapparti quella bocca."
"E come?"
"Oh, meglio che non te lo dica."
Sbuffai e continuai a seguirlo.
"Ti sei ripreso benissimo dalla sbronza di ieri sera, dato che sei tornato acido come sempre."
Si bloccò e si voltò.
"Te l'hanno mai detto che parli troppo, per essere un ragazzo?"
"Mmm sì, qualche volta. Ah, e lo dice spesso una persona, un ragazzo di nome Blane Johnson. Lo conosci per caso?"
Ridacchiò e mi prese sotto braccio, continuando a camminare.
"Ma sai che sei proprio fuori di testa?" disse.
"Mai quanto te, caro."
Sorrise e si fermò.
"Siamo arrivati."
Davanti a noi c'era un grande prato, ricoperto di foglie colorate e secche.
Rimasi a bocca aperta.
"Non avrei mai creduto che l'autunno potesse essere così bello..."
"Perché devi ancora imparare a guardare il lato bello delle cose. Tutte ne hanno uno, anche le persone."
Ci sedemmo su una panchina davanti ad un grande albero.
"Il tuo qual è?" chiesi.
"Il mio? Non so, devi dirmelo tu."
Prese la sua macchinetta fotografica e scattò una foto.
"Mi fai sentire vivo." dissi.
Si girò verso di me e sorrise.
"E il mio?" chiesi.
"Sei realista. Spingi le persone a tornare alla realtà."
"Questo non è bello, è triste."
"Non si può sempre vivere nella fantasia, Daniel. Delle volte bisogna anche farsi un esame di coscienza e prendersi le proprie responsabilità."
Si alzò.
"Ah, e un'altra cosa."
Si chinò verso di me e sussurrò al mio orecchio una frase che mi spiazzò.
"Il tuo lato bello è che tu sei semplicemente bello."
Iniziò a scattare delle foto, mentre io rimasi seduto per qualche istante, prima di alzarmi.
"Blane, ma che significa?"
Non si voltò a guardarmi, continuando a scattare.
"Cosa?" chiese.
"Ciò che mi hai detto. Sembrava una dichiarazione."
Ci fu un attimo di silenzio. Lui rise e si voltò scattandomi una foto, per poi darmi di nuovo le spalle.
"Cosa ti fa pensare che io possa innamorarmi di un testardo e chiacchierone come te?"
Rise nuovamente.
"Ma..."
Misi il muso e incrociai le braccia.
Il sole cominciava a tramontare.
"Non intendevo..." iniziai.
"Shhh! Non ti godrai il tramonto se continui a parlare."
Continuò a scattare delle foto per un paio di minuti e io rimasi davanti alla panchina, a guardarlo.
Quel ragazzo che riusciva a far diventare delle cose semplici come delle foglie, degli alberi e un tramonto, cose speciali, con la sua macchinetta fotografica, non sembrava Blane. Non sembrava il ragazzo arrogante che avevo conosciuto qualche mese prima. Era un semplice ragazzo che voleva godersi la vita, istante per istante.
Si può voler bene ad una persona che prima si odiava a morte? Bè, non so cosa fosse, ma quel sentimento che provavo per lui era come quello che provavo per Jake.
"Che ne dici se ordiniamo una pizza stasera?"
"Blane..." lo interruppi.
Si voltò e mi guardò.
"Sì?"
Sorrisi.
"Sei un tipo okay." dissi.
Fece il suo solito sorrisetto e rispose.
"Anche tu."
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