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🌲Capitolo 16🌲

"Eh?", provavo un misto fra panico e confidenza. Non so spiegarlo.
"Forza...", sogghignando mi si avvicinò a passi lenti e sicuri. Il mio corpo ordinò di fare retromarcia ed allontanarmi.
"...ripetilo", sussurrò a pochi centimetri da me.
Sbattei contro il mobile accanto alla parete ed una sensazione di disagio mi pervase.
"Jake, che stai-"

"Perché non me lo dici e basta?", chiese poggiando le braccia ai lati del mio capo. La sua espressione era differente.
"Perché non riesci a dirmi la verità?", il suo corpo emanava molto calore e contrastava con la gelida temperatura che emanavo io.

Il suo sguardo passava dai miei occhi alle labbra, volevo baciarlo.
Ma lui, lo voleva anche lui? Quell'atteggiamento era veramente la prova del mio amore ricambiato?

"Jacob", la voce abbandonò le corde vocali e riuscì appena a sussurrare il suo nome.
Sentì il suo respiro sotto la mascella, sul collo, viaggiando sulla mia spalla.
Con la mano spostò la mia maglietta per accedere alla mia pelle.
"Jake, aspetta...", persi del tutto la voce e voltai la testa da un lato, implorandolo silenziosamente di smettere.

Sentì un bacio umido sull'incavo del collo, strinsi gli occhi poiché impotente di proferire parola.
Sentì un altro bacio sulla spalla, ero confusa. Il suo sospiro caldo mi donò un'improvviso brivido che mi attraversò.
Stava baciando la ferita provocatami dalla vampira rossa e l'immagine di quella orrenda creatura mi fece andare così tanto in panico che spinsi Jacob istintivamente.

Il ragazzo, preso alla sprovvista, si ritrovò a un metro da me.
Lo ebbi spinto con forza ma la distanza che si era creata fra noi non era di certo opera umana, pur non essendo molto grande.
"Sage?", lui era confuso quanto me.
"Cosa stavi facendo, io non...non voglio", dissi mentre mi risistemavo la maglietta.

Lui pose una mano sulla tempia, gli faceva male la testa.
Mi guardò ancora confuso e notai uno scintillio dorato nei suoi occhi che svanì quasi subito.
"Non so cosa mi sia preso...", tentò di spiegare.
"Perdonami...", disse scuotendo la testa come per scacciare ciò che era appena successo.
"Sei sicuro di...stare bene?", chiesi stringendomi nelle spalle, ancora intimorita.
Jacob mi guardò e leggevo melanconica tristezza nei suoi occhi.
"Mi sento così in colpa", disse riprendendosi ed evitando di guardarmi.
"So che non dovrei lasciarti sola ma temo di non potermi controllare...", mi si rivolse con tono preoccupato.

"Che cosa, vuoi dire?", non sapendo ancora quale fosse il suo segreto, ignoravo il motivo del suo comportamento.
"Se rimango qui, preferisco che tu salga al piano superiore e ci rimanga fino a domani mattina", istruì allontanandosi maggiormente da me.
"Puoi spiegarmi cosa succede?", provai a chiedere.
Jacob mi guardò e disgustato da sé stesso preferì non rispondermi.
"Ti prego, sali di sopra", intimò.

Eseguì all'istante e andai in camera mia dove mille pensieri mi viaggiarono per la testa.
Io non temevo Jacob, perché lo amavo. Temevo quel lato di lui che mi aveva colta impreparata poco prima.
Temevo quegli occhi gialli che notai, perché ero certa che non era veramente lui.
Non era in sé e non capivo perché.

Subito, un'idea mi venne, corsi a prendere il libro sui Quileute da sopra il comodino ed aprì l'indice alla ricerca di un qualche capitolo riguardante strani comportamenti dei discendenti di quella tribù.

Se il libro mi avesse donato le informazioni che cercavo, i miei dubbi sarebbero diventati certezze.
Jacob era o sarebbe dovuto essere un discendente e di conseguenza un mutaforma. Un licantropo.

Sfogliai energicamente alla pagina indicatami dall'indice e cominciai a leggere con attenzione.
C'era ben poco sui discendenti di quelle magnifiche creature e sarebbe comunque stato difficile trovarne nella società moderna in cui vivevamo. Ma se Jacob lo era e non voleva dirmelo per qualche motivo, dovevo assolutamente trovare qualcosa nel libro.

Accidentalmente arrivai ad una pagina riguardante le fasi lunari e quando stavo per sfogliarla qualcosa mi trattenne a leggerla. Lessi con attenzione, sapevo che la luna poteva benissimo influire sulla natura selvaggia dei licantropi ma non ne ero certa e purtroppo nemmeno quelle informazioni erano del tutto certe.

Guardai fuori dalla finestra, osservai il cielo.
"Sarà la luna a renderlo così?", mi chiesi sbuffando. Presi il cellulare e controllai quando ci sarebbe stata la prossima luna piena e con mia sorpresa indicava quella stessa sera.
Se Jacob era un licantropo e la luna lo influenzava, avevo una spiegazione per cosa successe poco prima.
Ma potevo forse chiederglielo?

Un brontolio allo stomaco mi fece ricordare che non stavo nelle migliori condizioni e avevo fame.
"Dannazione", dissi sottovoce, guardandomi intorno.
Non c'era nulla che io potessi mangiare senza sentire quel gusto metallico in bocca e mi sarei dovuta annoiare nella mia stanza per il resto della giornata sotto richiesta di Jake.

"Non posso fare altro che rimettermi a dormire", parlai con me stessa mentre mi riposi nel letto intenta a riprendere sonno.
Chiusi gli occhi, mi feci assorbire dal buio della mia mente. Lasciai che i miei sensi prendessero il controllo del mio corpo, cominciai a percepire delle vibrazioni, un senso che mi fece notare la rotazione del nostro pianeta.

Cominciai a udire vari suoni, un fruscio all'esterno, degli uccelli che svolazzavano ed il vento che indicava la pessima giornata.
Mi lasciai prendere dalle meraviglie di quella specie di libertà che mi donava la condizione di vampirismo in cui mi trovavo e rilassandomi, mi addormentai.

"Hai paura?", la voce che mi risuonava in testa mi fece alzare bruscamente.
Feci un sospiro quando capì di essere ancora nella mia stanza ma udii nuovamente qualcosa.
"Sono qui", sentì sussurrare dalla finestra.
"Qui", sentì sussurrare da un angolo buio della camera e col cuore che batteva all'impazzata socchiusi gli occhi nel tentativo di capire se ci fosse qualcuno.
"Non mi vedi?", stavolta la voce fu chiara, forte, perfettamente udibile.
Avevo paura e quella voce femminile non faceva altro che turbarmi.
"Mi temi, non è così?", la vampira dai capelli rossi si fece vedere e mi sembrò di non respirare più.
Il mio cuore si fermò, presupposi, poiché non sentivo più alcun battito.

"Tu...non sei reale", dissi pensando che fosse un sogno o meglio, un incubo.
"Sono più che reale", disse saltando velocemente sul letto e avvicinandosi.
"Il mio scopo era ucciderti per far capire ai Cullen con chi hanno a che fare. Saresti dovuta essere solo una vittima, innocente ed ignara di tutto", disse avvicinandosi pericolosamente mentre i suoi occhi rossi risucchiavano la mia anima.

Pose le sue mani attorno al mio collo e sorrise.
"Non pensavo che il veleno avesse avuto questo effetto su di te. Di solito uccide o trasforma in poco tempo ma tu, soffri allungo a causa mia...", fece una pausa sospirando.
"Lascia che allievi il tuo dolore, una volta per tutte", strinse con tutta la sua forza facendomi soffocare e tentai invano, di farla smettere.

"È inutile, non hai abbastanza forza ancora da combattermi", disse stringendo ancora e ancora, rendendo certa la mia morte.
Non potevo chiedere aiuto a Jacob che stava solo al piano di sotto e speravo che Alice riuscisse ad avere una visione di cosa mi stava accadendo. Continuavo a sperare.

Sentivo sangue in bocca, era il mio. Lacrime, le mie ultime, rigarono le mie guance mentre tenevo gli occhi puntati su quell'orribile creatura. Mi dimenavo con le mie ultime forze.

"A mai più".

Con queste parole tirai tantissima aria nei polmoni e mi alzai dal letto correndo in bagno.
Cominciai a tossire con forza e vomitare sangue, tanto che mi sembrò non stesse più finendo.
"Sage...", Jacob apparve sull'uscio della porta e mi guardò scioccato.
Aprì l'acqua e cercai di sciacquarmi e calmarmi.
"Ehy...", disse ancora Jacob venendomi vicino e posando una mano sulla mia schiena nel tentativo di confortarmi.

Presi un bel respiro una volta finito e mi sedetti a terra con la testa fra le mani.
"Cosa è successo?", chiese lui sedendosi accanto a me.
"Ho provato a riaddormentarmi ma ho sognato Victoria che mi strangolava e mi sono svegliata con del sangue in bocca", spiegai faticosamente.

"Io-", tentò di dire.
"Jake, sei un licantropo?", chiesi impedendogli di procedere.
"C-come scusa?"
"Perché non vuoi dirmelo? Riguarda percaso i tuoi amici?", continuai a chiedere a testa bassa.
"Come fai a-"
"Sei forse collegato a quel lupo che solitamente veniva nel mio cortile?", lo guardai negli occhi intenta a capire se mi avrebbe mentito o meno.
"Vedi, io non posso-"
"Dirmelo? Ormai non è più necessario, l'ho capito da sola", dissi alzandomi di fretta ed andando verso la mia stanza pronta a chiudergli la porta in faccia.

"Perché sei così nervosa?", mi fermò afferrandomi i fianchi con le mani e portandomi a sé di schiena.
"Sono felice che tu lo abbia capito senza che io infranga ancora il codice del branco", disse sottovoce, facendomi rabbrividire al suo contatto.
"Ci sono molte cose che vorrei dirti, ma la tua scelta di andare via me lo impedisce", continuò senza mai lasciare la presa.

Sentii il suo petto contro la mia schiena e le sue mani sui fianchi mi reggevano con fermezza senza però ferirmi.
"E se volessi rimanere qui?", risposi.
"In quel caso, sarei libero di rivelarti la vera natura del collegamento che si è creato fra me e te", sussurrò trattenendosi ed io mi voltai incontrando il suo sguardo bruciante.

"Jacob se è vero quello che c'è scritto nel libro dei Quileute, se l'imprinting esiste davvero e tu sei un discendente...", gli rivolsi tutta la mia compassione e sincerità e lui, preso da quel momento, cedette a tutta quella resistenza che si impose e mi baciò stringendomi a lui.

Finalmente ci riuscimmo, misi le mani attorno al suo collo e ci lasciammo andare in quel bacio passionale che tanto attendeva d'essere avverato.
Le sue mani viaggiarono sulla mia schiena e le mie nei suoi capelli, mentre faticavamo a respirare e dovemmo separarci per riprendere fiato.
"Non sai da quanto aspettavo questo momento", disse tenendomi ancora a sé e chinando il capo per un secondo bacio.

Non mi rifiutai e con una gioia che mai ebbi provato prima, mi strinsi contro di lui, poggiandomi sul suo petto e baciandolo come mai ebbi fatto con nessun'altro.
Labbra contro labbra, corpo contro corpo, anima contro anima.
Tra un sospiro e l'altro riuscimmo a staccarci per un'pò.

"Non riesco a smettere", mi disse ridendo.
"Pensi che per me sia facile? Per molto mi sono chiesta perché non riuscissi a capire quanto ti amo", gli dissi prima di avvicinarmi ancora e baciarlo a mia volta poiché non potevo più trattenermi.
Le mie mani erano ancora fredde, come il resto del mio corpo ma non sembrò dargli fastidio. Pur avendo il corpo ad una temperatura altissima.

"Il problema non era che non capivo, ero cosciente dei tuoi sentimenti ed avrei voluto rivelarti i miei. Ma così facendo avrei dovuto dirti tutto e non potevo rischiare che succedesse una seconda volta", aggiunse poggiando la fronte alla mia.

"Se fosse dipeso da me, ti avrei detto tutto sin dalla prima volta che ti ho vista, quando quei leoni di montagna si aggiravano nel territorio del branco", continuò sfogandosi di tutto quel peso che lo stressava.
"È stato allora che hai avuto l'imprinting?", chiesi guardandolo con amore.

"È stato allora che abbiamo avuto l'imprinting", mi corresse portando il suo caldo tocco sul mio volto e mi diede un altro lieve bacio sulle labbra.

"Ora posso stare con te?", gli chiesi pregando che non mi rifiutasse.
"Ora e per sempre", rispose prendendomi per mano e portandomi con sé al piano inferiore, sul divano, a rimanere vicini e accoccolati ad assorbire quel momento come fosse un sogno dal quale nessuno dei due voleva svegliarsi.

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