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Capitolo 1

Sentivo papà urlare fortissimo.
Probabilmente di sotto stava succedendo il finimondo e io, nella mia cameretta, capivo solo di essere stata spaventata da una persona che reputavo amica.
Mi capitava spesso di vedere Scott insieme a mio fratello Jonas, ma non aveva mai fatto nulla di così spaventoso.

<<Come stai tesoro?>> mi chiese mamma, seduta ai piedi del letto, accanto a me.

<<Perché mi ha fatto questo?>> le chiesi, cercando di trattenere le lacrime per non farla stare peggio.

<<Perché ha problemi, amore.>> disse singhiozzando e abbracciandomi. <<È una persona che ha bisogno di aiuto e, come se non bastasse, tuo fratello lo ha fatto arrabbiare.>>

<<È colpa di Jonas?>>

<<No tesoro.>> mi accarezzò dolcemente il viso, come solo lei sapeva fare. <<Tuo fratello non avrebbe mai permesso che questo accadesse, ma purtroppo non era qui per evitarlo.>>

Restai ancora qualche minuto in camera da sola, non sapevo esattamente decidere se volevo ascoltare le parole urlate da papà a Jonas, oppure se restarmene zitta zitta nel mio letto, ma poi mi alzai e mi rannicchiai nella scala che portava al piano di sotto, senza farmi vedere da nessuno.

<<Più ti guardo e più non riesco a capire se anche una minima parte di te ha capito quanto cazzo è grave quello che è successo!>> urlava papà. <<Tua sorella ha solo undici anni Jonas, solo undici.>>

<<Non è colpa mia papà!>> rispondeva singhiozzando mio fratello. <<Come avrei potuto immaginarlo?>>

<<Si che è colpa tua! È colpa tua ogni volta che dentro questa casa qualcuno litiga, quando le cose vanno male e quando tua sorella viene violentata da un tuo cazzo di amico!>> urlò più forte.

Non mi piaceva vedere Jonas spaventato, ma sapevo che papà lo stava facendo per me. Mi dispiaceva tanto per il mio fratellino, anche perché sapevo che non era per niente colpa sua, ma non potevo intromettermi.

<<Lo ammazzerò con le mi stesse mani.>>

<<Tu non farai un cazzo!>> disse prendendolo per il colletto del giubbotto e sollevandolo. <<Hai già fatto abbastanza casini, non abbiamo bisogno anche di doverti mantenere in galera. Se vuoi fare quella vita, falla. Ma vattene da casa mia.>>

<<Sono dispiaciuto per Marion, papà. Le voglio bene! Cazzo!>>

<<Si? E allora dimmi, perché è successo tutto questo?>>

Ancora rannicchiata sull'ultimo scalino del secondo piano di casa, mi spinsi un po' in avanti per sentire bene quello che si stavano dicendo, fra una parola ed un'altra si spostavano sempre di più per casa e non sentivo bene.

<<Ho fatto una sciocchezza. Credo sia venuto qui per vendicarsi, ma non trovandomi in casa...>>

<<Qui ti volevo!>> disse papà. <<Non trovando te in casa e non potendoti picchiare o fare qualcosa di peggio, ha deciso di violentare la mia bambina!>> urlò, facendomi spaventare. <<Che cosa gli hai fatto sentiamo? Lo hai picchiato? Gli hai rubato il pranzo?>>

<<Sono...>> iniziò Jonas, fissando le mattonelle del pavimento. <<Sono stato con la sua fidanzata.>>

Scott non mi aveva aggredita perché è pazzo allora, Scott lo aveva fatto perché Jonas lo aveva fatto arrabbiare.
Papà aveva ragione quindi a dire che era colpa sua se era successo tutto questo.
Mio fratello, colui che mi copriva con mamma e papà quando facevo qualche marachella e che quindi si era aggiudicato il posto di persona di cui mi fidavo di più, mi aveva procurato tutto quel dolore per stare con una ragazza?

Sentii le lacrime iniziare a rigare le mie guance e mi alzai dalla scala per tornarmene in camera mia.

<<Sei proprio un fallito!>> sentii dire a papà.

<<Mi dispiace per Marion... Non avrei mai voluto. È mia sorella.>>

<<Sai perché non ti butto fuori da casa mia? Perche quella povera donna di tua madre ne morirebbe subito, ma sta sicuro che non sei il benvenuto qui.>>

Entrai subito in stanza, prima che qualcuno potesse vedermi.
Mi sembrava surreale tutto quel trambusto, come mi era sembrato surreale il comportamento di un ragazzo che conoscevo da anni ormai e di cui avevo imparato a fidarmi. Ma se non potevo fidarmi di mio fratello, non potevo aspettarmi nulla nemmeno da qualcun'altro.

Mi rannicchiai nel mio letto, strinsi forte le gambe e provai ad addormentarmi per alleviare i ricordi sfocati di un episodio che probabilmente non avrei mai dimenticato in vita mia e restai immobile.

Ore ed ore a pensare e ripensare a quanto dure fossero state le parole di Papà nei confronti di Jonas, ma anche vere. Lui non aveva il diritto di far arrabbiare Scott, non doveva lasciarmi sola e soprattutto non doveva mai più rivolgermi la parola.

<<Marion...>> sentii mentre, ancora sdraiata sotto le coperte, fingevo di dormire per non doverlo affrontare. <<Dormi?>>

Quando Jonas si rese conto che dormivo, anche se solo per finta, buttò fuori tutta l'aria che immaginai stesse trattenendo all'idea di parlare con me dell'accaduto e si sedette sul mio letto, accanto a me.

<<Non doveva andare così.>> sussurrò. <<Quando sei nata ero l'ometto più felice del mondo sai? Ho avuto paura la prima volta che ti ho tenuta in braccio, probabilmente perché sapevo che se ti avessi fatta cadere ti saresti potuta fare male sul serio, quindi ti riconsegnai subito alla mamma perché sapevo che lei ti avrebbe protetta meglio. Questo però fino ad adesso, ora sono un uomo, io voglio proteggerti, eppure questa volta ho lasciato che ti accadesse del male.>> lo sentii singhiozzare, ma questo mi fece ancora più arrabbiare. <<Non sapevo che ti sarebbe potuto accadere qualcosa per via dei miei errori da stupido, se no non li avrei commessi. Tu per me sei tutto sorellina e giuro che mi vendicherò per quello che ti è successo. Te lo giuro. Spero che un giorno, anche se non sarò qui, riuscirai a pensare a me col sorriso e quindi a perdonarmi perché io desidero solo il tuo bene e se non sono riuscito ad ottenerlo restandoti accanto, lo otterrò andando via. Sono sicuro che diventerai una donna brillante e che ti lascerai alle spalle tutto questo, la mamma saprà aiutarti ma questo già lo sai perché lei è fantastica.>>
Mi accarezzò un po', poi si alzò dal letto e mi stampò un bacio sulla fronte. <<Fai dei bei sogni piccola paperetta e ricordati che sei una principessa al sicuro nel suo castello fatato. Lo sei e lo sarai sempre.>>

Due anni dopo.

<<Ciao tesoro, come va?>> mi chiese papà, durante l'ennesima telefonata.

<<Sono stanca di restarmene qui papà. Voglio tornare a Parigi.>>

<<Non stai bene da nonna?>>

<<Sto bene da nonna, ma questo paesino sperduto mi fa mancare l'aria. Papà, parto domani!>>

<<D'accordo.>> sbuffò. <<E con tuo fratello?>>

<<Non torno a casa per lui, lo sai.>>

<<Lui si è fatto una vita. Da quando la mamma...>>

<<Papà, non voglio parlare né di Jonas, né di mamma.>>

<<Va bene tesoro. Allora ti vengo a prendere in aeroporto appena arrivi.>>

L'aria di campagna mi era stata utile per pensare, si, ma solo a cose cattive. Con gli anni l'odio per mio fratello non si era alleviato, anche se speravo lo facesse. All'inizio volevo a tutti i costi stare lontano da lui e da quella città in cui avevo perso non solo me stessa, ma anche la mia mamma, ma due anni erano stati più che sufficienti.
Quando morì la donna che più amavo al mondo, dentro di me cambiò qualcosa. Jonas non si presentò al suo funerale, ma sono sicura che anche lui, come noi, moriva dentro ogni volta che la pensava.
Ci aveva lasciato in un brutto momento, troppo presto per me. Troppo presto per tutti.
Papà era un tipo burbero, ma amava la mamma come probabilmente non riusciva nemmeno ad amare i suoi figli e quando lei se ne andò, lui mandò me da nonna in una campagna sperduta, forse per dimenticare o magari per ricominciare, e a mio fratello affittò una di quelle stanze nel dormitorio maschile del campus in cui anch'io, fra un anno, sarei finalmente andata e si abbandonò all'alcool, tra le strade peggiori che una città bellissima come Parigi poteva offrire.

Spazio autrice:

Ciaoooooo😍 Sono tornata con un nuovo sequel di Amore, bugie e altre verità 🙈 J- TUTTA LA VERITÀ!!!! 
Spero che vi piaccia anche questa stagione❤️
Buona lettura e grazie sempre❤️❤️

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