Capitolo 28: Tu Mi Sottovaluti
Il periodo dello studio per gli esami era ormai cominciato. Ive passava molto tempo sui libri, in Sala Comune con Charlotte oppure in Biblioteca con Summer e Tamsin. Grifondoro aveva perso duecentoquaranta a duecentotrenta la partita con Tassorosso e l'assenza di Harry e dei gemelli nella squadra si faceva sentire.
«Ehi, ma che succede?»
Esclamò Charlotte lanciando un'occhiata alle spalle di Ive, mentre lasciava il suo muffin nel piatto. Ive si voltò: al tavolo di Grifondoro una serie di gufi erano piombati davanti a Harry e tutti gli studenti si sporgevano per guardare verso di lui. Quando vide Luna Lovegood sgusciare sulla panca tra Fred e Ron, capì che probabilmente aveva qualcosa a che fare con l'intervista di Harry. Cominciarono a leggere alcune delle lettere arrivate assieme al giornale.
Successivamente la Umbridge vietò a tutti di leggere o di possedere il Cavillo con un altro Decreto Didattico, minacciando l'espulsione. Ma gli studenti erano furbi e riuscirono facilmente a mascherare le copie della rivista, mentre Fred e George ne avevano ingrandita una con la magia e avevano fatto in modo che urlasse insulti alla Umbridge.
Quella sera Ive stava rientrando dal giardino con Tamsin dopo aver "studiato" insieme al Lago Nero. Mentre risalivano la collina sentirono delle urla provenire dalla Sala D'Ingresso. Quella che Ive riconobbe come la professoressa Cooman, l'insegnante di Divinazione, era al centro della Sala d'Ingresso stringendo una bottiglia di sherry nella mano libera dalla bacchetta, con una grande quantità di scialli che le pendevano dalle braccia e un'espressione disperata stampata in volto. La McGranitt guardava la scena nauseata mentre tra gli studenti ce n'erano alcuni stupidi, alcuni spaventati e alcuni (tra cui Draco Edward e Benjamin che probabilmente se lo aspettavano) annoiati.
La Cooman urlava, a quanto pareva (Ive aveva chiesto ad uno degli studenti che erano lì a guardare) l'Inquisitore Supremo aveva deciso di licenziarla dopo le tante e penose ispezioni. Era una visione abbastanza rivoltante da vedere, la professoressa di Divinazione sembrava che la stessero torturando con la Maledizione Cruciatus quattro persone insieme. Mentre la Umbridge con quella sua insopportabile aria di superiorità la osservava dall'alto dei suoi tacchi rosa. La Cooman era inginocchiata e non sembrava nemmeno una persona ma un mucchio di stracci. Alla fine intervenne Silente.
La Umbridge sembrò piuttosto contrariata all'idea di poter licenziale la Cooman ma di non poterla cacciare dal castello, dato che questo compito spettava ancora al preside. Così la Cooman venne accompagnata dalla McGranitt di nuovo nella sua stanza in cima a una delle torri di Hogwarts. Al suo posto Silente aveva già scelto un altro insegnante. Nemmeno lui sembrava andare troppo a genio alla Umbridge, dato che era uno dei centauri della Foresta Proibita.
...
All'annuncio di Harry che quel giorno avrebbero iniziato i Patronus, l'entusiasmo generale era esploso nella Stanza delle Necessità. Avevano tutti cominciato a provare e per Ive era stato abbastanza facile, forse più facile che per gli altri (dopo aver evocato la sua lince azzurra al Lago Nero due anni prima farlo lì risultava niente in confronto). Harry continuava a ripetere che sarebbe stato molto più difficile lanciare l'incantesimo davanti ad un Dissennatore.
«Non fare il guastafeste! Sono carini»
Lo rimproverò Cho allegramente. Ma non avevano litigato?
«Non devono essere carini, devono proteggerti!» ribatté Harry seccato «Ci vorrebbe un Molliccio per farlo trasformare in un Dissennatore, è così che ho imparato io»
«Ma sarebbe spaventoso!»
esclamò Lavanda Brown. Mentre Hermione osservava affascinata una lontra argentea fuoriuscire dalla sua bacchetta, la porta della stanza si aprì. Ive era abbastanza vicina da vedere chi fosse entrato. Dobby. Allungò la testa per sentire di cosa avevano iniziato a parlare lui e Harry.
«Harry Potter, signore...» squittì l'elfo «Harry Potter, signore... Dobby viene per avvertire, ma gli elfi domestici non possono parlare...»
«Che succede Dobby?»
Nel frattempo il Patronus di Ive era sparito e anche atri ragazzi vicino a lei avevano smesso di provare.
«Harry Potter, lei, lei...»
Harry lo blocco mentre tentava di picchiarsi.
«Chi è lei, Dobby?» poi Harry realizzò e un'espressione di terrore comparve sul suo viso «La Umbridge?» l'elfo annuì «La Umbridge cosa, Dobby? Non avrà mica scoperto di noi... dell'ES» dall'espressione di Dobby era evidente che la Umbridge li avesse scoperti «Sta venendo qui?»
«Si, Harry Potter, si!»
ululò l'elfo. Tutti si guardavano spaventati.
«Che cosa aspettate?» urlò Harry «Scappate!»
Tutti si precipitarono fuori dalla porta, correndo il più velocemente possibile. Ive non vedeva molto, il corridoio era affollato e stava pensando solo a tornarsene nei sotterranei senza essere vista. Sarebbe stato un bel problema se l'avessero vista lì... Non sapeva come fosse successo, ma fu scaraventata come da una forte soffiata di vento contro un muro e cadde a terra.
«Incarceramus!»
Gridò qualcuno e la Serpeverde si sentì tenere ferma da alcune funi alle braccia e alle gambe. La persona che l'aveva colpita si avvicinò ghignando soddisfatta. Quando passò sotto la luce di una torcia Ive riconobbe Charles Emeraude, era un Serpeverde del suo stesso anno e faceva parte della squadra di Quidditch come Cacciatore più o meno da quando vi era entrava Ive (con l'unica differenza che lui giocava ancora). Avevano passato interi allenamenti a battibeccare e a prendersi in giro ma nessuno avrebbe detto che si odiavano, avevano "un'amicizia particolare" come l'avevano sempre definita Edward e Benjamin.
«Hai intenzione di rimanere a fissarmi come un ebete ancora per molto?»
Chiese la ragazza, tanto ormai il guaio era fatto: l'avevano scoperta e non avrebbero perso tempo a dirlo a Voldemort. Sul volto di lui c'era un'espressione sorpresa e Ive non poté biasimarlo, chi si sarebbe immaginato di trovare proprio lei in mezzo a Mezzosangue e traditori?
«Ma... che ci fai tu qui?»
«Mi crederesti se ti dicessi che stavo correndo in questo corridoio perché non avevo niente da fare?» azzardò lei. Lui scosse la testa dicendo che l'aveva vista uscire dalla Stanza delle Necessità. «Beh, peccato per te. Perché devi esserti sbagliato, io stavo davvero qui perché mi annoiavo! E ora scusami ma dovrei tornare in Sala Comune, sai sta per scattare il coprifuoco e non vorrei una punizione da quel rospo rosa del nostro adorato Inquisitore Supremo»
Mentre parlava aveva approfittato della confusione di Charles per tirare fuori la bacchetta (cosa non facile con le mani legate) si liberò e fece per scappare. Ma il ragazzo la afferrò prontamente per i polsi bloccandola contro il muro e strappandole anche la bacchetta. Ive sbuffò mentre si guardava intorno in cerca di una via di fuga ma non ce n'erano.
«Tu mi sottovaluti Lestrange» mormorò puntando il suo sguardo in quello di lei. Dopo quell'attimo di sorpresa, si era subito ricomposto. Aveva un paio di occhi colorati da un verde tagliente e luminoso, sottili e allungati. Ive lo avrebbe trovato bello se non fosse stata ancora innamorata di Cedric e se Charles non stesse praticamente scrivendo la sua condanna a morte. «Mi credi molto meno furbo di quello che sono in realtà. Ma non per niente ero e sono io a suggerire tutte le tattiche al capitano della squadra.»
«Oh intendi quelle tattiche piene di imbrogli?»
Avvicinò il volto a quello del Serpeverde, assottigliando lo sguardo per sfidarlo. Lui fece sorriso sbilenco, divertito, prima di afferrarla ancora e cominciare a spingerla per le spalle lungo il corridoio con le mani trattenute dietro la schiena da un incantesimo.
«So camminare anche da sola» obbiettò lei dopo un paio di corridoi. «Fino a prova contraria ho delle gambe e - anche se non credo ti interessi visto che non ti sei degnato di chiedermelo - non sono ferita. Non c'è bisogno che mi trascini»
Lui ridacchiò.
«Ok, ho avuto conferma» Ive aggrottò la fronte «Tu mi consideri davvero stupido, cara Ive. Davvero credi che io non sappia che, se ti lascio anche solo per mezzo secondo, troverai il modo di scappare»
«Ci ho provato»
sospirò lei con finta aria sconfitta. Charles sembrava soddisfatto e aveva anche una punta di desiderio negli occhi.
«Ma...» disse lentamente e a voce talmente bassa che Ive lo sentì solo perché il corridoio che stavano attraversando era deserto.«Se per caso tu accettassi quell'invito a uscire che ti avevo fatto un paio di anni fa... forse potrei dire che mi hai affatturato e sei scappata.»
Ive si annotò mentalmente che avrebbe dovuto fare una lista di tutti quelli che avevano avuto una cotta per lei in sette anni di scuola.
«Oppure...» disse poi con lo stesso tono del ragazzo «Oppure potrei... affatturarti veramente e fuggire senza dover uscire con un idiota come te!»
Non gli diede nemmeno il tempo di realizzare quelle parole che si voltò per afferrarlo a scaraventarlo per terra. Era riuscita a tagliare la fune che le legava le mani con la parte affilata del ciondolo regalatole da Tamsin per Natale. Il Tassorosso infatti le aveva raccontato come la protagonista di uno dei tanti libri Babbani che aveva letto si fosse salvata la vita con un ciondolo del genere. Si ritrovò a ringraziare mentalmente il suo amico, mentre lanciava una Fattura Pungente a Charles per poi pietrificarlo.
Imboccò una scalinata che scendeva dal settimo al quinto piano, in teoria quella sarebbe dovuta essere la via più sicura: le scale venivano da un corridoio secondario del settimo piano e la maggior parte dei Serpeverde che aiutavano la Umbridge erano in quello principale a bloccare i membri dell'ES che dalla Stanza della Necessità. Ma a quanto pareva stava davvero sottovalutando i suoi compagni di casa. Non appena voltò l'angolo le si pararono davanti un paio di Serpeverde (Andrew Miller e Jacob Deter le sembrava si chiamassero), che apparivano grossi e stupidi come Tiger e Goyle. Ma non erano poi così stupidi visto che tentarono subito di immobilizzarla attaccandola da due parti diverse
"Furbi" pensò Ive "Ma non abbastanza per fregarmi"
Lanciò uno Schiantesimo a Miller e si abbassò subito per evitare la fattura che l'altro le stava tirando. Poi sgusciò silenziosamente dietro Deter (il buio l'aiutava molto) e sistemò anche lui con un Immobilus. Sentì un rumore alle proprie spalle. Non vedeva niente, ma percepiva un altro respiro oltre al proprio. Una scattante luce rossa illuminò la stanza facendole scivolare la bacchetta di mano, un Expelliarmus non verbale probabilmente. Poi qualcuno la afferrò e cominciò a trascinarla da qualche parte tenendo fermamente una mano a stringerle il braccio destro mentre con l'altra le puntava la bacchetta.
«Ti ho presa» Esclamò silenziosamente una voce conosciuta. Ive si irrigidì improvvisamente, fermandosi di botto. «Cammina» Le intimò Edward dandole uno strattone. Avevano quasi raggiunto il corridoio principale del quinto piano un un bagliore della luce che lo illuminava. Ive voltò leggermente la testa per osservare il moro dal basso. Aveva la mascella contratta, notò, come se si stesse sforzando ma non capì il perché dato che lei non stava opponendo resistenza anzi stava praticamente camminando da sola. Fissava dritto davanti a se senza distrarsi nemmeno un secondo. Sembrava anche parecchio stanco, era pallido e due cerchi viola abbastanza visibili contornavano i suoi occhi castani. «Che hai da guardare?»
Sbottò brusco lanciandole un'occhiata talmente veloce da essere appena percettibile.
«Tranquillo mica ti consumi» ribatté lei, ormai non aveva più senso nemmeno cercare di liberarsi come aveva fatto con Charles. «E poi dovresti esserci abituato. La tua ragazza- ippogrifo spennato non ti stacca mai gli occhi di dosso...»
«Sei invidiosa per caso?»
Era quel genere di frase che si dicono con un sorriso beffardo sul volto, ma il tono di Edward era duro e freddo e la sua mascella ancora serrata.
«Ma per favore, perché dovrei esserlo?»
«Beh perché io ho ciò che tu non ha più... il tuo ragazzo è morto»
Lo vide alzare un sopracciglio. Le mancò un battito. Quelle parole le facevano male. Ma quante persone glie lo avevano sbattuto in faccia? Eppure detto da lui sembrava ancora peggio di quello che già era. Forse perché Edward era una delle poche persone di cui gli importasse. Anche se il loro all'inizio era solo un rapporto di circostanze, così come quello con Benjamin, alla fine amici ci erano diventati davvero.
«La mia relazione è stata breve, ma sicuramente meglio della tua e di Megan»
sputò solamente la ragazza, acida. Nessuno disse una parola mentre attraversavano corridoi e scendevano scale. Giunti al secondo piano, ormai non molto lontani dall'ufficio della Umbridge, incontrarono un altro Serpeverde, Handerburg forse, che trascinava Angelina Johnson e Lee Jordan legati da una serie di funi. Ive lanciò loro un'occhiata mentre insieme entravano nell'ufficio. Era rosa e terribilmente pieno di gatti e fiocchi come l'ultima volta che era stata in punizione, solo che all'interno i membri dell'ES si guardavano preoccupati con i Serpeverde che controllavano minuziosamente ogni loro mossa. Edward fece sedere Ive su una poltroncina rivestita in raso rosa sporco.
Ive si guardò attorno, li avrebbero espulsi tutti. Addio M.A.G.O. e addio carriera da Auror. Ma probabilmente quello era l'ultimo dei problemi di Ive, avevano scoperto tutto. Uno strano senso di paura le si strinse nello stomaco. Deglutì e poi si appoggiò allo schienale della poltrona con la testa all'indietro.
«Ehy» Tamsin le si sedette accanto, con un piccolo sorriso nonostante la situazione. «Cosa succederà adesso che tutti verranno a sapere che in realtà stai dalla parte di Potter? Tu-Sai... Voldemort verrà a cercarti?»
Ive tirò su la testa fissandolo negli occhi.
«Non lo so» disse «Ed è proprio questo che mi fa più paura. Non posso prepararmi perché non so a cosa devo prepararmi»
Il ragazzo aprì le braccia, invitandola silenziosamente ad un abbraccio che lei non rifiutò.
«Piantatela con queste smancerie»
Si intromise una della "guardie". Ive dovette stringere i denti per non saltargli a dosso e lo fece solo perché non aveva la bacchetta. Poco più in la Hermione era scoppiata a piangere mentre Ron cercava goffamente di consolarla (anche se con la sua delicatezza doveva essere davvero difficile). Si avvicinò piano.
«Herm... dai calmati.»
«Verremo espulsi, Ive, espulsi...! Ti rendi conto di che significa? A noi minorenni spezzeranno le bacchette!»
Le si sedette accanto posandole una mano sulla spalla.
«Hei.. stai tranquilla che andrà tutto bene, sono sicura che Silente riuscirà a sistemare la situazione.»
«Sicura?»
singhiozzò la Grifondoro. Ive annuì.
«Piuttosto... Harry dov'è?»
«Non lo sappiamo» intervenne Ron «Però qualcuno dice di aver visto Malfoy prenderlo»
Nemmeno a farlo a posta, Draco entrò nella stanza.
«Siete nei guai tutti quanti!» ghignò. Aveva l'aria di essere molto felice. «La Umbridge ha scoperto tutto, abbiamo una lista con i nomi perciò nessuno riuscirà a evitare l'espulsione» poi il suo sguardo, iniettato di veleno, si sposta su Ive «Cuginetta! Avevo sentito che c'entravi anche tu con questa specie di setta creata da Potter, ma non potevo immaginare che fossi caduta talmente in basso da parlare con una Sanguemarcio e un traditore!»
«La "Sanguemarcio", ha un nome e anche il "traditore"» ribatté Ive «E non sei di certo tu a dover decidere con chi devo parlare, perché sai Ron e Hermione sono miei amici» spostò uno sguardo su quelli che prima erano i suoi migliori amici, Edward era fermo accanto alla porta mentre Benjamin parlava con Pansy Parkinson. «E di certo io ho gusti molto migliori dei tuoi e di quelli di qualcun altro...»
«Cosa vorresti insinuare, eh sporca traditrice?»
Una smorfia di rabbia contorse il volto del biondo.
«Io non vado in giro con un'ochetta con la faccia da carlino ne tantomeno con una come quel pulcino spennato della tua ragazza e nemmeno con quegli scimmioni senza cervello.»
Sputò acida. Poi, talmente veloce che Ive non ebbe nemmeno il tempo di realizzare, Edward si avvicinò a lei afferrandola per il colletto della camicia
«Piantala» mormorò a denti stretti, sembrava davvero volesse ucciderla ma si stesse trattenendo. «Non parlare mai più così della mia ragazza, dei miei amici o di quelli di Draco»
«Ma tu chiami i miei amici Sanguemarcio e traditori»
Alzò un sopracciglio. Edward prese un grande respiro. Lasciò andare la camicia di Ive e si voltò rilassando le spalle.
«Sei già abbastanza nei guai così quindi vedi di tapparti quella bocca.»
ribatté infine.
«Altrimenti?»
Chiese Ive, sapeva che lo stava facendo innervosire. Ed era proprio quello il suo obbiettivo. Doveva pur vendicarsi in qualche modo.
«Altrimenti... te la farò pagare»
«Come?»
«Lo scoprirai, anche se non te lo auguro. Ora, silenzio.»
«Esattamente ciò che pensavo, non hai idea di quello che dici. Quel "te la farò pagare" era solo per fare il duro.»
Edward si voltò nuovamente. Stavolta posò la mano contro la spalliera della sedia su cui Ive era seduta, con talmente tanta forza che la fece scivolare all'indietro. La ragazza ebbe un fremito e le prese un colpo quando vide il viso del moro di fronte al suo. Aveva un'espressione abbastanza spaventosa, gli occhi sottili e crudeli la guardavano inespressivi aveva le labbra che tremavano e la mascella contratta. Le puntava la bacchetta contro il collo.
«Ho detto: silenzio» disse a denti stretti «E so benissimo come fartela pagare»
«Oh giusto, immagino che il nostro amatissimo Inquisitore Supremo vi abbia dato il permesso di usare anche le Maledizioni Senza Perdono» tutti gli occhi si puntarono su di lei «Ma tranquilli, ti pare che un idiota come lui ha i coraggio di torturare, o tantomeno di uccidere, qualcuno?»
Si alzò in piedi, facendo indietreggiare il ragazzo. Lo guardò dritto negli occhi, Edward sapeva che lei aveva ragione e non riusciva a leggere lo sguardo di quella che un tempo era la sua migliore amica, non in quella situazione. Appena un secondo prima di perdere il controllo abbassò lo sguardo.
«Smettila di fare l'insolente, Lestrange» ringhiò «Sei soltanto una ragazzina! Davvero non lo capisci che sei praticamente espulsa? Cos'altro vuoi? Piantala di dire cose che non sono vere e siediti!»
«Oh sul serio? Bene se ciò che io dico non è vero allora usa la Cruciatus su di me. Usa la Maledizione Cruciatus» Edward lanciò uno sguardo alla propria bacchetta, uno a Ive molto più veloce poi sbuffò voltandosi per uscire «Come pensavo, sei un codardo»
La voce di Ive era suadente, sottile e delicata. Ma allo stesso tempo era spietata, colma di veleno e terribilmente dolorosa. Edward si rigirò. Ma non fece niente, rimase a fissarla qualche secondo in cagnesco e poi varcò la soglia dell'ufficio della Umbridge.
***
HHHHHHHHHHOOOOOOOOOOOOOOOLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLLAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!1
come va?
Che ne pensate del capitolo?
Non ho niente di particolare da dire perciò adios!
bye
_silvia
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro