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Capitolo 15

Must be love on the brain

Rihanna

Dopo cinque minuti Dylan rientra spaventandomi. Sembra molto tranquillo mentre avanza dentro la stanza.

"Non c'è nessuno in casa." Dice mettendosi a sedere sul letto.

Mi guarda ancora una volta. "Dico davvero.. ho guardato tutte le stanze e non c'era nessuno."

Mi mordo il labbro dall'ansia e guardo in basso con le mani lunghi i miei fianchi.

"Vieni qui." Sussurra, ma io resto con i piedi incollati al pavimento. Ero convinta di aver sentito dei rumori.

"Ally?" Mi richiama e io mi impongo di fare qualche passo stando a qualche metro davanti a lui. Allunga la sua mano e mi tira dolcemente verso di lui facendomi sedere sulle sue ginocchia.

Sento l'ansia come un buco nello stomaco e paradossalmente un calore a proteggermi grazie alle sue braccia attorno alla mia vita.

"Ho paura." Ammetto, come una bambina indifesa. Quando sono con lui tutte le mie maschere si disintegrano nel nulla e mi smaschero per quella che sono: una ragazza che è spaventata anche dalla sua stessa ombra.

"Lo so." Appoggia il mento sulla mia spalla facendomi rabbrividire.

Chiudo gli occhi concentrandomi soltanto sul suo tocco, ma è inevitabile. "Non voglio parlare con mio padre." Piagnucolo e sento le sue mani sfilarsi dalla mia vita.

Sospira improvvisamente infastidito e mi fa alzare dalle sue gambe. "Dobbiamo andare a dormire." Afferma, camminando verso l'altro lato del letto.

Perché si comporta in modo così egoista? Perché non capisce che mi fa stare male? Il mio istinto mi suggerisce di discuterne per trovare una soluzione, ma la codarda che c'è in me ci rinuncia e con la stessa ansia di pochi minuti fa mi metto sotto le coperte e provo a dormire.

Non ho chiuso occhio, a parte l'ultima ora prima del suono della sveglia. Mi giro dall'altra parte ma Dylan non c'è.

Mi alzo dal letto ed entro in bagno guardandomi allo specchio: ho un aspetto orribile, chiaramente. Due occhiaie che contornano i miei occhi e neanche con chissà quale trucco riuscirò a coprirle.

Mi faccio una coda, mi lavo il viso e i denti e torno in camera a vestirmi. Non m'interessa nemmeno quale aspetto io abbia al momento così, senza nemmeno guardarmi allo specchio un'altra volta, scendo al piano di sotto.

Quando arrivo al piccolo salotto non c'è traccia di Dylan. Controllo in cucina ma non c'è nemmeno lì.

Inizio ad andare nel panico e camminare per tutta la casa a cercarlo. E' uscito per andare a scuola e mi ha lasciata qui da sola? Non lo farebbe, cavolo.

Non ho neanche il cellulare per chiamarlo perché me lo ha preso lui. Cammino avanti e indietro per la casa cercando una soluzione in testa finché la porta non viene aperta. Dylan entra con due buste marroni e pulisce le scarpe sullo zerbino prima di entrare.

"Dove diavolo eri? Perché mi hai lasciata da sola?" Grido avvicinandomi a lui.

"Ero da starbucks a prendere la colazione, calmati." Risponde sorpassandomi per andare in cucina.

"Potevi almeno avvisare, quando mi sono svegliata non c'eri." La mia voce è frustrante anche per le mie stesse orecchie.

Sospira posando bruscamente le buste sul tavolo. "Ti vuoi dare una calmata? Non è successo niente, e stai diventando paranoica in modo molto esagerato e fastidioso." Le sue parole sono peggio del veleno, credo.

Resto a fissarlo con occhi cadenti e mi impongo di non versare neanche una lacrima. Mi sta trattando malissimo quando vorrei il suo appoggio e sentirmi dire che andrà tutto bene. Quando mi cacciavo in qualche problema non è stato così rude e sfacciato, anzi, ha sempre cercato di starmi vicino in tutti i sensi. Ma cosa c'è di diverso, adesso?

"Puoi smetterla di fare così?" Chiedo stringendo i pugni dalla frustrazione.

Mi rivolge un'occhiata veloce prima di tirare fuori la colazione. "Che sto facendo?" Chiede con tutta la tranquillità del mondo.

Lo ha chiesto veramente?

"Di essere freddo e cattivo nei miei confronti."

"Vieni a mangiare." Ignora completamente la mia risposta e questo mi fa doppiamente innervosire.

Resto a fissarlo incredula, poi scuoto la testa. Davvero mi faccio trattare in questo modo? Crede seriamente che questo sia il modo giusto per proteggermi? Se è così, allora meglio da sola che con lui.

Faccio un passo indietro e mi avvio al piano di sopra per prendere la mia borsa a tracolla. Metto il mio borsello dentro e scendo al piano di sotto.

"Dove stai andando?" Chiede ma io lo ignoro completamente avvicinandomi alla porta.

L'aria è leggermente fresca stamattina e non avendo trasporti da queste parti mi ritrovo costretta ad andare a scuola a piedi. Dopo qualche passo sento la sua voce.

"Dove credi di andare?" Chiede, con lo stesso tono da schiaffi di due giorni a questa parte.

Mi fermo sul posto pronta ad esplodere come un vulcano. "Mi hai rotto il cazzo, lo sai?" Grido facendogli alzare le sopracciglia dallo stupore.

"Sono due giorni che mi tratti come una merda e io sono rimasta zitta perché mi sentivo travolta dai sensi di colpa. Ho sbagliato, sì. Ma è strettamente necessario comportarti così?" Chiedo attendendo una sua risposta.

"Hai combinato un casino. Cosa ti aspettavi?"

"Mi stai davvero dando la colpa perché qualcuno sta giocando a spaventarmi?" Sono allibita.

"Non sto parlando di quello e lo sai."

"No, non lo so. Se devo essere trattata così, bene, stai tranquillo che la tua presenza non è indispensabile nella mia vita." Stupisco me e lui con la rabbia a dare voce ai miei pensieri.

Gli rivolgo le spalle dopo aver visto la sua espressione pietrificata e senza pensarci altre volte vado per la mia strada.

Cammino e cammino senza nemmeno rendermi conto di aver superato la scuola di qualche metro. Sono sopraffatta dalla rabbia ma soprattutto dalla delusione; credevo avesse smaltito la rabbia dopo averci dormito un po' su, invece si è svegliato più incazzato del giorno precedente.

Torno indietro per entrare a scuola con qualche minuto di ritardo anche, e molto velocemente prendo il libro di matematica per avviarmi alla classe. L'insegnante mi guarda malissimo appena varco la soglia della porta, ma lo ignoro mettendomi a sedere al mio posto.

Parte a raffica a parlare dei prossimi test e gli argomenti che lo riguardano, così accantono ogni linea di pensiero e mi segno tutto ciò che dice. Devo ancora lavorare duro per raggiungere la sufficienza e lo stronzo è capace di farmi ripetere l'anno.

Ovviamente spiega malissimo, ma le scorse spiegazioni di Dylan mi hanno aiutata a decifrare un po' di cosa sta blaterando.

Dylan...

Chiudo gli occhi e mi impongo mentalmente di smetterla di pensarci. Non posso distrarmi sempre dai miei problemi.

Al suono della campanella mi ritrovo Jessica davanti alla classe. La ignoro con lo sguardo e mi avvio per i conti miei.

"Al.." Mi chiama col suo tono mascherato.

"Che vuoi?" Continuo a camminare consapevole del fatto che mi sta inseguendo e che abbiamo l'ora di lezione in comune.

"So che non vuoi parlarmi e che sei arrabbiata con me, ma devo spiegarti tutto."

Quasi non scoppio a ridere. "Io non sono arrabbiata con te, semplicemente ti ho cancellata dalla mia vita quando tu hai deciso di pugnalarmi alle spalle. E ora, mi mandi pure Denise per farmi dire che ti dispiace? Ma davvero credete tutti che io sia così stupida?"

"No... ti prego, almeno ascoltami."

"Non voglio più ascoltare nessuno di voi." La congedo, aumentando il passo.

Mi hanno rotto le scatole tutti quanti. In questo momento vorrei soltanto andarmene via da qui e vivere una vita normale.

Al suono della campanella di uscita incontro Kyle vicino al cancello mentre parla con una ragazza dai capelli rossi. Aspetto che se ne vada e lo raggiungo rapidamente.

"Kyle.." Lo chiamo quando sono abbastanza vicina e lui si gira con un sorriso quando mi vede.

Lo abbraccio forte sentendo il disperato bisogno di qualcuno, e per poco non mi metto a piangere sulla sua spalla. Mi manca avere lui come punto di riferimento, ed effettivamente lui è l'unica persona che è sempre stata al mio fianco a parte quando ho deciso di scappare via.

"Una chiacchierata come ai vecchi tempi?" Chiede, staccandosi leggermente dall'abbraccio per guardarmi negli occhi.

Annuisco percependo la sua empatia nei miei confronti. Come avevo già detto in precedente: lui riesce a capirmi.

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