It Was All Worth It
Egli osservava attentamente il tabellone, riflettendo su una possibile parola che avrebbe potuto comporre con le sue letterine.
Se non fosse stato in grado di sistemare sul tabellone un lemma con un punteggio superiore a quello del Duca Bianco, per la prima volta nella storia, Freddie Mercury sarebbe stato battuto da qualcuno nello Scrabble.
La Regina sudava freddo, fissando le sue otto lettere, sperando che esse gli avrebbero comunicato al più presto la parola che gli avrebbe fatto vincere quell'ennesima partita; ma essa, ahimè, non arrivava.
Quen... Quet... Quest... QUESTIONE!
Egli prese di corsa tutte le letterine, disponendole in modo da poter incrociarne un'altra.
Quella "Q" gli era valsa ben 10 punti, portandolo a vincere.
–Tu bari, Freddie Mercury – commentò acidamente David, mentre cercava di distogliere lo sguardo dal suo avversario che, soddisfatto, finiva di sistemare le letterine.
–No, caro. Semplicemente mi sono allenato in tutti questi anni aspettando di battere anche te. Puoi chiedere a chiunque tu voglia, nessuno è mai riuscito a vincere contro di me, tesoro – rispose sfrontatamente Freddie.
–Non me la racconti giusta, Mercury. Ad ogni modo, non ho tanta voglia di ritentare la rivincita. Questo gioco è bello quanto lungo.
–Okay, ma... Cosa ti andrebbe di fare, caro? Non so se te ne sei reso conto, qui è tutto un po' noioso – Freddie si stiracchiò, alzandosi dalla sedia.
–Già. Sono passati due anni ma ancora non penso di essermi abituato del tutto – rifletté David.
–All'inizio devi fare i conti con la nostalgia, ma una volta superata questa fase, vedrai che non ti troverai malissimo. E poi ci sono io, ed è scientificamente provato che nessuno si annoia in mia presenza.
–Questo è tutto da vedere. Che ne dici di fare una passeggiata? Almeno così evito di essere tormentato dal pensiero di strangolarti.
–A cosa ti servirebbe, poi? Io sono già morto! Comunque accetto la proposta, caro; sono rimasto troppo concentrato, mi servirebbe svagarmi con la testa.
I due acconsentirono ad abbandonare il tavolo, che prontamente venne preso d'assalto da un vivace Michael Jackson e uno stralunato George Michael.
La Regina e il Duca erano già intenti a sgranchirsi le gambe, camminando lentamente sulla distesa del verde che li circondava. David, un tipo abbastanza lunatico e alquanto misterioso, già sembrava non parlare tantissimo; tuttavia, proprio quest'ultimo dové ammettere che anche Freddie, una persona che non mancava mai di mettere in vista la propria opinione, pareva insolitamente taciturno quel giorno.
–Che ti passa per la testa, Mercury? – domandò improvvisamente David, intento a saltellare sul prato verde accanto all'amico prima di poter cascare sul suolo dalla noia. –Se non fosse che hai vinto un'altra partita a Scrabble, direi che ti senti un po' giù di morale.
L'altro scosse il capo, grattandosi l'angolo della bocca sotto i baffi. –Nulla di importante, caro. O almeno, nulla che possa interessarti – ribatté misteriosamente lui.
David sbuffò rumorosamente. –Che rottura di...
–Controllati, alieno da quattro soldi! Sei in paradiso, non ti è permesso usare un linguaggio così poco gentile, caro.
Il duca bianco si morse una mano, costretto a udire le risate della regina. –Disse quello che non è capace di formulare una sola frase senza aggiungere una parolaccia. Ora parla. Mi annoio, e a parte fare duetti con John, non c'è così tanto da fare qui – ordinò spazientito David, ridacchiando più per l'esasperazione che per divertimento.
–D'accordo, ma non dirmi che facevo meglio a rimanere in silenzio, tesoro. Conoscendoti, sicuramente mi riderai dietro.
–Sputa il rospo – rispose freddamente l'altro, lisciandosi le unghie.
Allorché Freddie, sorridendo debolmente in direzione del suolo, sospirò, chiudendo gli occhi. –Sono tutti tristi, oggi. Giù, intendo.
David immediatamente tornò serio; non gli era risultato difficile afferrare le parole del suo vecchio amico. –Capisco. Oggi è il giorno grigio per te, non è così?
L'altro annuì. –Più che grigio, mio caro. Ogni anno capita, alla fine.
Smise di camminare, rimase a pensare per qualche secondo, poi osservò il cielo azzurro sopra di loro. Infine disse: –Ma le stelle brilleranno ancora di più nel mio cielo, stasera. Le vedrò, tesoro.
E in effetti aveva ragione: quegli astri luminosi che al calare della notte riempivano l'infinito che ogni sera lui, come David e molti altri, osservavano ammaliati e commossi, avrebbero luccicato ancora più del solito, quella sera: i cuori di tutti coloro che, in un universo in cui egli ormai non era più, non avevano mai smesso di pensare neanche un attimo a lui, nonostante gli anni fossero passati così in fretta, ancora una volta non lo avrebbero dimenticato, nemmeno quel giorno, lo stesso in cui, ben 26 anni fa, tutti si erano sentiti un po' lontani da lui, un po' vuoti. In effetti il 24 novembre non era mai un giorno che tutti gradivano ricordare, in particolar modo Freddie; eppure, paradossalmente, si presentava come un giorno in cui la sua memoria veniva commemorata più del solito.
Freddie attendeva con ansia l'arrivo della notte, in cui avrebbe avuto la dimostrazione che anche quel giorno innumerevoli suoi ammiratori, di qualunque età – ogni anno prontamente rimaneva sbalordito di quanti giovani seguissero con interesse la sua voce - , avrebbe distolto per un istante la mente dai loro affari per rivolgergli un piccolo pensiero.
Ma benché ogni anno risultava essere sempre lo stesso – milioni e milioni di giovani e adulti lo ricordavano con nostalgia, ringraziandolo al contempo di tutta quella splendida musica che aveva lasciato sul loro pianeta – non era mai sicuro di trovare lo stesso cielo stellato dell'anno prima. E se per caso qualcuno si fosse scordato di lui? Questo era ciò che da sempre non mancava di affliggerlo.
– Io spero solo che nessuno si sia dimenticato di me – si rivolse nuovamente a David, un po' avvilito.
– E chi ti dimentica più – il Duca Bianco frugò nella tasca della giacca; si accese una sigaretta, uno di quegli oggetti malvagi che paradossalmente avevano finito col renderlo vulnerabile fino a permettergli di raggiungere il luogo in cui si trovava in quel momento, dove tutto, persino un bastoncino di tabacco, non aveva alcun effetto, né su di lui, né su qualsiasi altro. –Chi può mai scordarsi di quel tizio coi baffi che ha scritto una delle sue migliori canzoni nel cesso?
– Va' al diavolo, duca dei miei stivali! – esclamò arrossito Freddie, inconsapevole di come facesse a sopportare così tanto quell'uomo bianchiccio dalla mente geniale. Eppure non gli si poteva dare torto: Crazy Little Thing Called Love era uno dei lavori di cui il persiano andava più fiero, ed era stata pensata proprio in un momento assai intimo, mentre era intento a lavarsi nelle acque di una vasca da bagno di un albergo di Monaco!
– Quell'asta mozzata che sventolavi in aria l'avevi solo tu – continuò l'altro, per metà provocatorio, ridacchiando. –Piuttosto, fammi una cortesia, Fred. Non dimenticarti di loro. Nemmeno un istante.
David era serio. Lo si poteva intuire dal modo in cui scrutava con i suoi occhi unici l'altro cantante, il quale era una delle poche persone a cui il Duca rivolgeva quello sguardo fragile, ma glaciale.
– Sai benissimo che non sarei mai capace di farlo. Nemmeno tra un milione di anni – rispose deciso l'altro, rivolgendogli un sorriso, indeciso se scroccargli o meno una sigaretta.
David parve felice, e così anche Freddie. Fu per questo che i due poterono continuare la loro passeggiata in serenità.
Eppure Freddie non pensava ad altro, se non alla meraviglia che avrebbe visto quella sera, momento che, stranamente, non tardò arrivare.
Più tardi, Freddie si ritrovò lì, nello stesso posto in cui si era confidato con David poco prima; stavolta, appariva uno scenario del tutto differente: il cielo gigantesco e scuro era illuminato da una valanga di stelle brillanti, così simili apparentemente. Solo il cantante era in grado di riconoscerle, dato che quella sera brillavano tutte per lui.
Giunta la notta, si era accertato che nessuno, neanche Jim Hutton, intento in un intenso chiacchiericcio con la dama del rock Janis Joplin, dal quale il cantante era stato escluso, potesse accorgersi della sua assenza, e aveva raggiunto in tutta fretta il prato infinito, sopra il quale tutti quei puntini luminosi che lui tanto attendeva stavano già brillando.
La notte, dolce momento sereno nel quale egli smetteva di nascondere i propri sentimenti ed essere finalmente quello che davvero era: semplicemente un uomo sensibile, che, come tutti, era tormentato da timori e preoccupazioni.
Il cielo notturno era più luminoso che mai: davanti al cantante si apriva una distesa infinita di corpi celesti brillanti che avrebbe potuto lasciare estasiato chiunque. La Regina non aveva mai assistito ad uno spettacolo così incantevole nella sua vita sulla Terra. Pochissimi erano i luoghi in cui un uomo avrebbe potuto godere quella meraviglia, magari uno di quelli che un suo vecchio amico di nome Brian aveva visitato qualche volta; eppure quella distesa di stelle, pur non essendo la medesima da lui intravista in precedenza, lo riportava all'infanzia, ai giorni passati sul molo del porto di Zanzibar a osservare il cielo buio, le cui "luci" erano coperte da quelle artificiali prodotte dall'uomo.
Freddie, a quell'epoca chiamato semplicemente Farrokh, pensava, pensava, pensava. E ciascuno di voi potrà benissimo appurare che, nonostante sia passato così tanto tempo, niente sembra essere cambiato.
Dopo che si fu accovacciato sull' erba morbida, il cantante iniziò ad ammirare lo spettacolo, tenendosi le ginocchia: alcune stelle piangevano, altre erano a testa alta, fiere di essere coloro che, tra tanti, sapevano bene le straordinarie opere create da quel musicista ineffabile che non avrebbe potuto mai essere dimenticato. Alcune le riconobbe subito: c'erano Roger, Brian e addirittura John, la sua amica Mary e il suo inseparabile compagno di avventure Phoebe.
Ma tutte brillavano intensamente, quasi come se fossero pronte ad esplodere da un momento all'altro. Freddie era estasiato.
I suoi occhi inseguirono una stella, ed essa lo condusse a un piccolo ammiratore di appena dieci anni che, così gli parve, da poco aveva iniziato a scoprire meglio la sua musica. Quel giovane sembrava confuso: come aveva fatto una persona così brillante e geniale a morire così presto, a lasciare un vuoto così significativo che egli, data la sua età tanto prematura, nemmeno poteva effettivamente capire?
Freddie sorrise; benché il bambino paresse alquanto perplesso, ma felice come una Pasqua di ascoltare ogni volta canzoni come Under Pressure, Freddie avrebbe desiderato rivelargli che in realtà lui gli era più vicino di quanto potesse mai immaginarsi. Fu sorprendente e rasserenante accorgersi che, malgrado fossero passati così tanti anni, la sua musica era ancora ascoltata con ardore da un'infinità di giovani.
Il cantante osservava ancora affascinato quella stella "acerba", quel bimbo che, prima di andare a dormire, supplicava il suo papà affinché gli raccontasse di quel personaggio bizzarro che era Freddie Mercury.
–Bizzarro? Oh, sì, lo era davvero – sembrò rispondere il padre, ridacchiando.
Anche Freddie ridacchiò, rimasto ad osservare la scena commosso. –Eccome se lo sono, caro Josh! – esclamò il cantante.
Intenerito, passò ad osservare un'altra stella. Quasi non la riconobbe, vedendola di spalle, ma di colpo comparve davanti a lui la figura di sua sorella Kashmira, beatamente indaffarata a rovistare in un mobiletto del salotto, producendo un enorme trambusto.
Freddie rise di gusto. –Non ce la fai proprio a non creare caos, giusto, sorellina? – domandò, convinto che la sua voce, in qualche maniera, potesse essere ascoltata dalla donna.
Con il viso infilato nel mobile, anche Kashmira ridacchiò. –Caspita, Freddie, – disse lei, –sai nasconderti proprio bene! Ma dove sei...? Eccoti!
Kashmira tirò fuori dal mobiletto un malconcio vinile di A Night At The Opera, un pezzo di valore – comperato lo stesso anno in cui esso aveva fatto la sua prima comparsa nei negozi di dischi – che custodiva gelosamente nella sua casa, nel suo adorato mobiletto.
–Ancora? – commentò Freddie, osservandola. –Da giorni ascolti solo quello.
Kashmira andò a sedersi su una comodissima poltrona per ascoltare il tutto in silenzio e in tranquillità al termine dell'ennesima e stancante giornata. –Ah, Fred. Se solo avessi fatto tantissimi altri dischi così – giudicò lei, con le mani incrociate. Ella chiuse gli occhi, immaginò suo fratello lì a pochi passi da lei. Una pace riuscì a pervaderla così tanto da farla convincere che sì, alla fine Freddie non era andato da nessuna parte, ma era lì con lei. –No, ti sei dato alla dance music! Che tipo!
I due fratelli scoppiarono a ridere, fino a che Kashmira si placò; si asciugò una lacrima che le aveva bagnato la metà del voto e si addormentò, cullata dalla voce dolce e melodica di Freddie.
Il cantante ebbe una sensazione di vuoto: avrebbe voluto raggiungerla e dormire accanto a lei, tenendola stretta come quando, per la prima volta, avevano preso quel gigantesco aereo che li avrebbe condotti in quell'illustre Paese chiamato Inghilterra.
All'improvviso, egli ricordò il timore e l'apprensione di una Kashmira di poco più di dieci anni che, adagiata rigidamente sul sedile posteriore di un'auto che conduceva la famiglia Bulsara nella loro nuova residenza britannica, faticava a realizzare un mondo così diverso, così evoluto, così bizzarro.
Freddie ricordò gli occhi scossi della sorella più piccola e il momento in cui egli, al settimo cielo, entusiasta all'idea di iniziare una vita completamente diversa in un mondo che, a differenza di quello indiano, sarebbe stato finalmente in grado di comprenderlo affondo, le prese dolcemente la mano e la strinse a sé.
"Siamo appena arrivati e già vuoi tornare indietro, Kash?" le aveva domandato il ragazzo, un po' divertito. "Tranquilla", continuò lui, osservando la bimba silenziosa, "nel giro di qualche giorno diventerò famoso e ti regalerò un aereo col quale potrai andare e tornare ogni volta che ti pare".
Kashmira non era riuscita a trattenersi dal ridere. Lisciando i capelli della sua bambola, rispose: "Beato te che la fai semplice. Mi sa che prima ti toccherà piantare i fagioli, e poi magari pensare al successo".
Freddie, nel frattempo, stava già immaginando una vita tutta in salita, che gli avrebbe regalato una marea di soddisfazioni, seppur con qualche amara delusione.
Eppure lì, sotto il cielo stellato, Freddie si rese conto ancora una volta che una vita degna di essere vissuta era fatta proprio alti e bassi. Faticare per giungere al traguardo era sempre stato fondamentale.
Ma alla fine egli poté constatare che in fin dei conti anche la sua, di vita, seppur breve, era stata degna di essere vissuta. Se ne accorse da tutte quelle stelle che, in quel buio rasserenante, brillavano, brillavano di amore.
E Freddie comprese di nuovo che tutte le amarezze subite poco importavano. Alla fine non c'era niente che non potesse essere risolto con un sorriso, uno di quei tanti che egli era solito rivolgere alle persone a lui più care. Ci teneva a dimostrare che, anche nel più difficile dei casi, la vita era più che meravigliosa.
Era fiero di qualsiasi cosa avesse fatto, perché a distanza di tutti quegli anni era ancora un ricordo vivo nei cuori di migliaia di persone.
Era stata un'esperienza che era valsa la pena vivere, disse sorridente con le lacrime agli occhi, riprendendo le parole di quella canzone che tanto prorompeva nella testa di quella piccola stella sopra la sua testa che, battendo parole e parole sulla tastiera di un computer a ritmo di musica, era intenta a elogiarlo, come ella abitualmente faceva, con una piccola, dolce e umile storia, proprio quella in cui voi, cari lettori, vi siete appena imbattuti.
Perché, infine, è proprio come la pensi tu, Freddie: quella vita così intensa che hai vissuto, trascorsa a dare sempre cuore e anima in tutto, respirando il buon, vecchio, caro Rock n Roll, in una battaglia continua in cui si è pronti a dare tutto ciò che si ha, venendo tuttavia ripagati con l'affetto di quei cuori appassionati che sfidano le porte del tempo e sognano ancora con quella musica, unica loro amica nelle loro notti da adolescente, non sarà mai vana.
Sì, ne è davvero valsa la pena.
Buonasera, gioie!
Eccomi qui di ritorno con un nuovo piccolo racconto. Purtroppo il motivo che mi porta qui a condividere questa storia con la community di Wattpad non è uno dei più gioiosi, soprattutto per i fan dei Queen. Eppure, come si può aver intuito anche sopra, penso che sia proprio durante queste occasioni che dimostriamo a noi stessi che, dopotutto - parlo personalmente - , a distanza di molto tempo, siamo ancora quelli che non tanti anni fa si emozionava appena sentiva una canzone del suo quartetto preferito in qualche radio. Nulla è cambiato, alla fine.
Detto questo, vi auguro una buona continuazione. Freddie is in our hearts!
Killer_Rhapsody
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