Consequences II
Sono passati due giorni e non ho più visto Louis. Mi sento in colpa, ma so che non sarebbe potuta andare diversamente. Avrei dovuto fingere che tutto andasse bene? Che fosse tornato tutto come prima?
No. Non potevo: nè per me stessa nè per Bella.
Suonano alla porta e sento del trambusto al piano di sotto. Mi affaccio e lui è qui. Sta giocando con Bella e non si è reso conto di avere spettatori.
Mi soffermo sul suo sorriso, sulle sue labbra e poi risalgo accarezzando con lo sguardo ogni piccola ruga che si forma sul suo viso, fino ad incontrare i suoi occhi.
Mi sta guardando, e se in un primo momento sembrava sorpreso, immediatamente diventa determinato. Non riesco a capire cosa abbia in mente, neppure quando con passo deciso si dirige verso di me. Non ho tempo di fare nulla, di pensare nulla, che in un balzo mi si para davanti e prima che possa parlare, mi afferra per le gambe e mi carica su una spalla.
"Felicity, torniamo tra qualche ora. Puoi tenerci Bella per favore?"
Mia madre sorride divertita, mentre io non lo sono per niente.
"Louis!! Mettimi giù! Louis!"
Continuo a colpire la sua schiena, ma non molla la presa.
"Deficiente! Mollami!"
Non lo fa finché non arriviamo in macchina e mi rinchiude per evitare che possa scappare.
"Dove diavolo credi di andare se entri dalla mia parte?"
"Scavalcherò da qui. O appena apro di nuovo, tu fuggi fuori."
"Assolutamente no! Non ti faccio passare"
"A quel punto allora, mi avrai molto vicino. Anche se non credo che ti dispiaccia, neanche l'altra notte ti è dispiaciuto"
Un colpo basso ben assestato. Arrossisco immediatamente e ammutolisco, scatenando il suo sorriso.
"Non pensavo fosse così semplice"
Cerco di colpirlo, mentre siamo troppo vicini, sullo stesso sedile della macchina. Io stesa e lui sopra di me. Aveva previsto tutto ed il sedile era già abbassato.
1-0 per lui.
Si ferma un attimo per guardarmi dritta negli occhi e farmi perdere la cognizione del tempo.
È sempre lui ed il mio cuore lo riconosce, battendo all'impazzata.
"Se non fossi sicuro che ti incazzeresti e finiresti col fuggire, ti bacerei. A lungo. Per dirti tutto quello che non vuoi ascoltare"
Sussurra in maniera magnetica e mi ritrovo a deglutire e desiderare che lo faccia. Mi rendo conto che ho bisogno di lui, che ho bisogno di sentirmi l'unica e che anche l'altra sera l'ho voluto più di ogni cosa.
Passa dal lato del guidatore e parte senza aggiungere altro.
"Dove mi stai portando?"
Non urlo più, non c'è più collera nella mia voce.
"Dove sarai costretta a parlare con me senza scappare. E le soluzioni saranno due: o ci scanneremo come non mai, o ci strapperemo i vestiti di dosso per sempre"
Distolgo lo sguardo e lo rivolgo fuori, perché sento già caldo.
Non so quanto tempo sia passato, mi sono ripromessa di non guardare l'ora, di non guardare i cartelli autostradali. Louis ha chiamato mia madre per assicurarsi che Bella stesse bene e ha messo il vivavoce per farmi star tranquilla.
Il viaggio sembra aver calmato i miei nervi, mi ha riportata a quando eravamo ancora noi due e nient'altro, a quando ridevamo di tutto e niente, a quando bastava poco per far l'amore per ore.
"Va tutto bene?"
"Si"
"Da quando Dan ha venduto lo chalet, ho pensato che fosse un vero peccato non potessimo più avere un'oasi di pace. Tutta nostra. E solo adesso capisco quanto sarebbe stata cruciale qualche mese fa."
Non capisco dove voglia andare parare. Vuole intavolare un discorso mentre percorriamo una strada a me sconosciuta?
"Quindi, ho deciso di comprarne uno nostro. Non è lo stesso, ma è simile. Quando ieri sono venuto a visionarlo, mi sembrava di vederti muovere là dentro. E l'ho preso. Ecco dove siamo arrivati: al nostro chalet."
"Louis"
"Posso ancora disdire. In realtà devo accettare o rifiutare entro domani. Per questo volevo che lo vedessi e volevo che parlassimo qui. Ho intenzione di trasformarlo in un nostro nuovo inizio. Vieni, ti mostro l'interno"
Non so cosa dire, non so cosa pensare. La sua vicinanza, la sorpresa, la rabbia che è sfumata, la paura di aver sbagliato e di sbagliare nel tenerlo lontano, l'averlo ferito..tutto questo mi confonde e mi ritrovo a seguirlo senza dire una parola.
"È un problema? Non vuoi?"
Scuoto la testa, accennando un sorriso. È tutto ciò che posso concedergli per il momento.
Ho un'improvvisa voglia di stringermi addosso a lui, di tenergli la mano, di sentire il calore del suo corpo e i muscoli guizzare al mio tocco. Ma mi tengo lontana e lo seguo all'interno di quello che potrebbe diventare il nostro rifugio di pace.
È tutto stranamente familiare, come se ci fossimo già stati. Credo sia l'atmosfera, credo sia la pace di questo posto che, a differenza di quello di Dan, inizia con noi, solo noi.
"Qua c'è la camera da letto" osservo tutto ciò che c'è all'interno e non ho parole perché è un po' come l'avrei immaginato, " e qui" spalanca la porta precedendomi , " c'è quella dei bambini"
Fingo di non aver colto il plurale, lascio vagare lo sguardo sui letti in legno bianco, i comodini dello stesso colore e l'armadio non troppo grande ma allo stesso tempo non troppo piccolo. Le emozioni si rincorrono nel mio petto, nella mia testa e sono talmente confusa da non rendermi conto della sua mano che tiene la mia.
"Non pretendo che tutto cambi all'improvviso, ma proviamo a ricostruire tutto, qui. Se non dovesse funzionare, non dovesse farlo neanche un po', sarò il primo a firmare i documenti del divorzio."
Sentirglielo pronunciare a voce alta fa male, così tanto da chiudermi il respiro.
"Credevi che non lottassi per te? Per voi?"
Non riesco a dire niente, è tutto troppo. La girandola a cui sono stata sottoposta negli ultimi tempi sta presentando il suo conto e bussa per riscuoterlo.
"Ho capito, Eloise. Ho capito che non è più e non potrà più essere come prima. Ho capito che dovremmo sacrificare un po' di noi stessi per far funzionare tutto. Ho capito che non voglio stare senza te. Ti sto chiedendo di provarci un'ultima volta. E se non dovesse andare, mi arrenderò anche io. Non scappo più da voi. Te lo prometto. "
Lascio la stanza, non perché voglia scappare , perché ho bisogno di spazio, di respirare.
Cammino sul pavimento con gli occhi rivolti al soffitto e al panorama esterno.
Sento le lacrime spingere per uscire, ma non voglio che mi veda.
"Eloise-"
È dietro di me e alzo una mano per interromperlo, prima che possa dire altro ed io possa crollare. Ancora una volta.
"Dammi tempo. Ho bisogno di fidarmi di nuovo di te"
Annuisce rassegnato. Forse pensava che tutto si sarebbe risolto così, con un discorso. Non ha pensato a come mi sono sentita tutto questo tempo, al fatto che ha preferito altro rispetto alla sua famiglia ed io, non riesco a perdonarglielo. Non questo.
Ma ci posso lavorare.
Col tempo.
"Dimostrami che non succederà più. Dimostrami che sarà sul serio come dici. Le parole sono solo parole, lo sai meglio di me"
Adesso è lui ad allontanarsi, a guardare fuori dalla finestra.
"Okay"
È quasi un sussurro, ma lo sento e va bene così.
"Andiamo?"
Do un ultimo sguardo alla casa, non so quando verremo di nuovo qui. Non so se sarà riscaldata dal nostro amore o vuota. Non so cosa succederà, non posso saperlo.
"Andiamo"
Nessun'altra parola, nessun contatto, nessuno sguardo. L'ultima conversazione ha lasciato troppi pensieri da districare.
"Cazzo!"
Mi volto a guardarlo e mi rendo conto che la macchina non mette in moto.
"Sarà la batteria"
Vorrei chiedergli che cosa faremo adesso, invece tutto ciò che riesco a fare è ridere. Ridere ad alta voce come non ridevo da tempo.
Louis mi guarda mentre reclino la testa all'indietro e sorride anche lui, meno nervoso.
"Devo cercare di farla partire"
"C'è un elettrauto in zona?"
"Stasera non penso. Aprirà domani mattina"
Benissimo. Questo significa che se non dovesse partire, rimarremo qui stanotte.
"Ti aiuto in qualche modo?"
"Sai far ripartire una macchina ?"
"Mh, dubito. Come dubito che sappia farlo anche tu"
Sorride divertito senza ribattere nulla, mentre mi avvicino al punto in cui sta disperatamente armeggiando.
Non so dire se mi dispiaccia o meno questo imprevisto. So che Bella è con mamma e quindi sono tranquilla. E questo tramonto è troppo bello per non essere ammirato. Lascio che porti via ogni pensiero, ogni preoccupazione, ogni paura.
Non mi curo di nulla che non siano le sfumature rosate e il silenzio della montagna, interrotto di tanto in tanto da Louis.
"Non parte. I fusibili sembrano apposto da quanto riesco a vedere. Credo sia la batteria"
"Non importa. Torneremo domani"
Sono di spalle quando lo dico, quindi non posso vedere il suo viso.
"Non ti da fastidio? Non dai di matto perché non possiamo andare via?"
"No"
"Okay, cosa è successo? Chi sei tu e dove è mia moglie?"
Un sorriso triste è tutto ciò che rispondo. Sentirmi chiamare così, mi intristisce ma non glielo faccio vedere.
"Dovrei avere qualcosa di commestibile dietro. Ero passato al supermercato prima di venire da te"
"L'hai fatto apposta?"
"No. Mi ha chiamato quello dell'agenzia mentre ero lì. E appena son uscito, sono venuto a prenderti."
Voglio credergli. In ogni caso non posso cambiare nulla, quindi va bene così.
"Cosa hai da mangiare?"
Si gratta il capo imbarazzato prima di parlare.
"In realtà ho più da bere che da mangiare. Due bottiglie di vino rosso, una cassa di birra e due pacchi di patatine con qualche pasto da scaldare al microonde"
Rido di nuovo, tendendogli la mano per prendere ciò che c'è nella busta.
"Allora andremo di patatine dato che qui non abbiamo alcun microonde. Certo che senza di me, mangi da schifo"
"Puoi dirlo forte. Un po' come mangiavo prima di incontrarti"
"Non mangiavi affatto quando ti ho conosciuto"
"E tu bevevi troppo"
"Ma non è vero! È colpa di Grace! Se avesse detto ad Harry di essere incinta, io non avrei dovuto buttare giù il suo drink!"
"Lo dici ogni volta, ma sappiamo che non è proprio così"
"Invece è vero!"
"In ogni caso ti ho potuto parlare grazie a quel drink, o saresti scappata prima ancora che ti dicessi ciao"
"Bugiardo! Sei tu che non mi hai mai calcolata! Nemmeno quando parlavo con Harry e ti infilavi nel discorso ignorandomi"
"Era un modo per attirare la tua attenzione, lo sai"
"Bugiardo al quadrato! Ti tiro la bottiglia in testa se non la smetti"
"Non ci arrivi"
Riduco gli occhi a due fessure e prima che possa partire alla carica, un bicchiere di vino rosso occupa tutta la visuale.
"Sventolo bandiera bianca. Beviamo qualcosa, ne ho davvero bisogno"
"Vuoi farmi ubriacare per caso?"
"No. Voglio farti rilassare"
"Sono rilassata, Louis"
E appena lo dico, con la mano colpisco la bottiglia che ondeggia pericolosamente prima che le nostre mani la tengano in equilibrio.
"Si vede"
Non rispondo nulla, ritraggo la mano che brucia nel punto in cui ha toccato la sua.
Porta la fede.
Io no.
Come se avesse capito cosa sto pensando, risponde a tutti i miei dubbi e quasi mi ritrovo a volere che non l'avesse fatto.
"Dovevo andare a fare la spesa. Non voglio che questa storia finisca sui giornali prima che sia definita"
Non dico niente , mi allontano e basta, per guardare quegli sprazzi di luce che sopravvivono al buio.
"El"
Bevo un altro sorso di vino per guadagnare tempo, ma , ormai, la spensieratezza di poco fa è sfumata.
"C'è della legna? Possiamo accendere il camino?"
Non risponde, lo sento solo muoversi, uscire, rientrare e poi il rumore della legna che viene accesa.
"Avvicinati se hai freddo"
Ed è ciò che faccio. Mi siedo per terra, le spalle posate sul divano, il viso arrossato dal fuoco e dal vino che ancora riempie il bicchiere.
"Posso?"
Indica il posto accanto al mio e annuisco.
Non ho fame, non ho sete, non ho più freddo, ma sto per tremare. Sono in tensione, son triste e vorrei fosse tutto più semplice.
"Mi dispiace"
Devo averlo detto a voce alta e quando corro a guardarlo, lui lo sta già facendo.
"Hai freddo?"
Scuoto la testa, ma non parlo. Ho paura di dire altro di cui potrei pentirmi.
"Eloise stai tremando"
Senza aspettare che io dica qualcosa, si sfila il maglioncino e me lo porge, sistemandosi con una mano i capelli.
Ed io, io vorrei solo rimanere così. A guardarlo. Vorrei poterlo sfiorare senza che questo implichi qualcosa, senza che sia sbagliato.
Non mi muovo, non indosso ciò che mi porge e davanti alla mia immobilità, si muove lui.
Mi posa l'indumento sulle spalle prima che le sue braccia mi avvolgano in un abbraccio. Uno di quelli di cui avevo bisogno, uno di quelli che sanno di casa, uno di quelli che sanno di lui. E anziché ritirarmi, nascondo il viso nell'incavo del collo e mi perdo in lui, nel suo profumo accentuato dal vino che ho quasi finito. E deve essere questo che mi spinge a muovere le labbra, lasciargli un bacio umido a cui reagisce immediatamente. Ha la pelle d'oca e mi piace. Mi piace da matti avere questo potere su di lui.
"Louis" sussurro piano, come se non dovesse sentirmi, "dimmi che ci riesco solo io"
"A cosa?"
La sua voce è rauca e sono sicura che si stia trattenendo. Lo capisco dal modo in cui le sue mani passano frenetiche sulla mia schiena.
"A farti sentire così"
Non risponde, cerca la mia bocca ma non posso. Non posso permetterlo, non posso lasciarmi andare del tutto. E lui capisce quando gliela nego, capisce e non ci riprova.
"Non c'è niente che debba sapere?"
Il fuoco scoppietta, i pensieri che scorrono lenti, ma ho bisogno di sapere. Prima che spettri del passato possano rovinare il futuro che vuole tentare di costruire.
Non risponde ed il mio cuore inizia a battere all'impazzata, nonostante tenga gli occhi chiusi e il capo sulla sua spalla.
"Intendi se c'è stato qualcosa con qualcun'altra?"
"Non hai bisogno che ti risponda davvero, Louis"
Silenzio.
Ed io inizio ad aver paura. Inizio a pensare che non avrei dovuto porgli quella domanda, che avrei preferito non sapere.
"Non c'è stato nulla. Mi sono solo distratto, forse.."
"Cosa intendi per distratto?"
"Che posso averci pensato.."
Se avesse sparato avrebbe fatto meno male.
"Tu? C'è stato qualcuno?"
Mi allontano, afferro di nuovo il bicchiere e lascio che sia il vino a permettermi di guadagnare tempo. Forse per fargli avere paura, proprio come l'ho avuta io. O forse per evitare che la rabbia annebbi la razionalità.
"Non ho mai guardato nessun altro oltre te, da quando ci sei tu nella mia vita. Non ho mai pensato a nessun altro. Non ho mai sfiorato l'idea di avere un altro che non sia tu, accanto a me. Figuriamoci andarci a letto. O distrarmi"
"Siamo sempre stati diversi"
"Già"
"Non è successo Eloise"
"Ma ci hai pensato."
Sospira pesantemente ed io mi sento come se stessi sbagliando tutto di nuovo.
"Perché?"
"Cosa?"
"Perché ci hai pensato? Non ero abbastanza per te?"
"È successo solo una volta. Era troppo tempo che non..."
Il fuoco non mi scalda più, il vino neppure. Ho solo voglia di scaraventargli il bicchiere addosso.
"Allontanati"
Si ferma, a metà strada tra me e il divano.
"Allontanati o potrei non rispondere di me stessa"
"Perché prima andava tutto bene? Perché adesso devi fare così?"
Lo fulmino con lo sguardo.
"Speravo che il vino ti facesse un altro effetto"
Prima che possa rendermi conto di ciò che sto facendo, il bicchiere vola dalle mie mani e si schianta al suolo.
L'ha schivato e mi guarda sorpreso.
"Io speravo che riuscissi a tenere su le braghe più a lungo di un mese"
"Vuoi litigare? Ancora?"
"Vaffanculo, Louis. Vaffanculo"
L'ho detto. Avrei dovuto farlo prima. È liberatorio. Proprio come il vetro sul pavimento. Proprio come guardarlo mentre si innervosisce e non sa più che fare con me. E in questo momento mi sento libera perché posso decidere tutto io. Ha capito di non aver alcun potere su di me.
"Forse avrei dovuto chiamare Daniel. Sarebbe corso in un attimo, quando tu non c'eri"
Colpo basso, troppo basso anche per me. Mi sento in colpa appena lo dico, ma voglio ferirlo. Voglio che sappia cosa significa.
Contrae la mascella, i suoi occhi si incupiscono e sembriamo due leoni chiusi in gabbia, pronti ad attaccare.
"Sarebbe riuscito a soddisfarti? Magari anche meglio di me, no?"
"Probabilmente si. Almeno lui c'è"
Non so nemmeno perché sto dicendo queste cose. Non so nemmeno perché continua a darmi corda.
"La prossima volta, allora, chiama lui. Io chiamerò qualcuna della tante. Oppure tutte"
Continua ad urlare, come se fossimo costretti a star in gabbia, una gabbia in realtà aperta. Liberi ma prigionieri di noi stessi.
Dobbiamo fermarci un attimo, perché tutto questo non ha senso.
"Okay. Scusa. Non intendevo dirlo"
"Ma l'hai detto"
"Ti ho chiesto scusa. Tu non l'hai fatto"
Sollevo una mano prima che possa parlare lui, per farlo di nuovo io.
"Non le voglio adesso. Non dopo che te l'ho detto, non dopo che te l'ho dovuto suggerire"
Mi guarda, nervoso e sconfitto. Come se non sapesse più cosa fare, come fare, come dire.
"Vado..vado a stendermi"
Non aggiungo altro. Non so come siamo arrivati a questo punto, come da una serata tranquilla ci siamo ritrovati a sbraitar l'uno contro l'altro, ma ho la netta sensazione che sia colpa mia.
E mi sento in colpa.
Forse è per questo che è scappato, forse è per questo che non voleva tornare.
Sospiro senza toccare un letto che è stato preparato per essere mostrato agli acquirenti, ma non credo sia pronto per ospitarci.
Guardo il cielo, quelle stelle che spesso mi hanno accolto ma che non riescono, adesso, a liberare mente e cuore.
Le dita corrono veloci, afferrano il telefono e sto per chiamare Grace e Jamie quando un gran trambusto dall'altra stanza attira la mia attenzione.
Corro verso la porta con la paura che si sia fatto male, ma lo vedo in piedi, di spalle, mentre per terra è pieno di vetro e di vino.
Respira pesantemente ed io sono immobile, incapace di parlare o di muovermi.
Io ho ferito lui, lui ha ferito me e tutto questo non ci porterà a nulla.
"Louis"
Sussurro, quasi stento a sentirmi io stessa.
Non si volta, non risponde ed io non mi trattengo. Mi avvicino, poso una mano sulla sua schiena e il suo cuore impazzito corre veloce.
"Louis"
Non sono pronta alla profondità del suo sguardo, non sono pronta a quell'inquietudine.
"Non possiamo continuare così"
Sto per piangere, ma cerco di trattenermi e carezzo il suo viso. Non so se sia il modo in cui cerca il contatto con la mia mano, il sollievo sul suo viso o quello del mio cuore a farmi capire che non posso far naufragare tutto.
Lo devo a me stessa.
Lo devo a mia figlia.
Lo devo a lui.
È per questo che parlo, è per questo che sorrido, è per questo che cerco di lasciare tutto il resto fuori.
"Okay"
Lo interrompo prima che possa aggiungere altro.
"Va bene"
"Cosa?"
"Va bene. Riproviamoci. Ma non pensare che sarà così semplice"
Il sorriso che si apre sul suo viso cancella ogni rancore, ogni pensiero negativo e alleggerisce il mio cuore. So che è la scelta giusta, ma sono anche determinata a non dargli vita facile.
"Ti bacerei se potessi"
"Adesso non allargarti troppo, Louis. Sistema quella macchina e portami da mia figlia piuttosto"
Abbassa il capo per poi riportare lo sguardo di nuovo su di me.
"Avevo dimenticato quanto potessi essere divertente. E sexy. La sistemo e partiamo"
Mentre lo guardo uscire, sono io a reprimere un sorriso.
Andrà tutto bene.
O per lo meno, voglio crederci.
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