Toriel
«Allora, ragazzina... Spero che le rovine non ti abbiano troppo spaventata!».
Io e Jane stiamo camminando verso casa mia.
Povera ragazza... Sicuramente vorrà tornare a casa, non vedrà l'ora.
Non sa che rimarrà qui con me per sempre! Povera illusa.
«Le rovine sono noiose! E poi rovine di cosa, scusa? ».
«Questo non importa. È vero: qui puoi annoiarti molto. Soprattutto quando sei sola...!».
Finalmente arriviamo a casa.
«Benvenuta, Jane».
Lei entra e si guarda intorno. «Carina la tua casetta. Molto accogliente.
Adesso... Puoi dirmi come uscire da qui?».
«Ti va una torta?».
La ragazza mi guarda sollevando un sopracciglio. «Quella sempre. Ma come posso andarmene?».
«Oh, a quello ci penseremo dopo. Adesso devi riposarti: hai fatto molta strada per arrivare fino a qui!
Vieni con me: ti mostro la tua stanza».
Cerco di prenderle la mano, ma lei si scansa. «La torta» Dice con serietà.
Sorrido, spero che non si veda che mi sto sforzando di farlo.
«Prima devi darmi il tempo di prepararla, cara!
Adesso vieni, ti mostro la stanza».
Non sarà facile convincere la ragazza a rimanere qui per sempre. A differenza degli umani caduti qui prima lei non è una mocciosa.
Ma sarà come una figlia, no? Con lei voglio riuscire in ciò che ho sempre fallito: voglio che mi voglia bene, che mi veda come una mamma.
Un po' di tranquillante nella torta mi aiuterà a renderla meno sospettosa. E meno sfrontata. Insomma, se dovrà vivere con me dovrà imparare le buone maniere.
Ho appena sfornato la torta, quando sento un rumore in corridoio. Una risata.
Jane è seduta sulla mia poltrona e sta ridendo come una pazza mentre sfoglia le pagine di un libro.
«Posso sapere cosa c'è di così divertente in un libro sulle lumache?».
Lei mi guarda. «In realtà niente, ma trovo assurdo che qualcuno possa avere così tanti libri sulle lumache!».
«E questo... ti fa ridere...?».
«Beh, sì. Qualche problema?».
«No, no. Vieni, accomodati pure al tavolo: la torta è pronta».
La ragazza non sembra molto convinta, ma non ribatte. O almeno finché non le porto la torta.
Jane la guarda un po', poi la tocca con la forchetta.
«E questa cos'è?».
«Una torta alla cannella!».
«Oh... Pensavo che la cannella fosse marrone, non nera. Questa è tutta bruciata».
Ridacchio nervosa. «Oh, non importa! Assaggiala, cara!».
Lei infilza il dolce con la forchetta, poi lo annusa. «Senti, capisco la tua buona intenzione e ti ringrazio, ma questa cosa è immangiabile. Fa schifo».
Mi sento come se mi avesse dato uno schiaffo. Come si permette di parlarmi così, dopo tutto quello che ho fatto per lei?
L'ho portata via da quello stupido fiore, ho risolto i puzzle, le ho dato una stanza, una casa, le ho preparato da mangiare... E lei mi ripaga così?!
«Tu mangerai quella torta» Dico.
Lei mi guarda dritta negli occhi con fermezza. «No. Fa schifo».
«Ragazzina impertinente! Non ti alzerai da questo tavolo finché il piatto non sarà vuoto!».
«Non sei mia madre. Non parlarmi così».
«Tua madre deve essere proprio una cretina ad aver cresciuto una simile maleducata!».
Sembra che Jane stia per esplodere di collera, ma non riversa la furia su di me. Con una manata spinge il piatto a terra e questo si frantuma in mille pezzi. La torta si sparge ovunque.
«Adesso il piatto è vuoto» Ringhia la ragazza, poi si alza e si dirige a grandi passi verso l'ingresso.
Si ferma solo quando una palla di fuoco le sfiora la guancia e incenerisce il muro davanti a lei.
«Dove credi di andare, mocciosa impertinente? Adesso vieni qui e pulisci il casino che hai combinato!».
«Fallo tu, se sei tanto brava» Ribatte lei con tono tagliente e senza voltarsi. «Io me ne vado da qui».
«No. Tu non te ne andrai: rimarrai qui con me, sarai la mia bambina. E per questo dovrai obbedire quando ti dirò di pulire i casini che combini!».
Lei mi ignora e scende le scale che vanno al portone.
No: lei non se ne andrà. Non può lasciarmi sola; non voglio rimanere sola!
La seguo.
Lei sta per aprire la porta. Non deve!
«No!» Urlo e la colpisco col fuoco.
Lei lo scansa. «Ma che problemi hai, si può sapere?!» Esclama esasperata.
«Non andrai via da qui! Non ti permetterò di lasciarmi da sola andando via! Tutti quelli che hanno oltrepassato quella soglia sono morti!».
«Sarebbero morti comunque. Tu sei pazza e le tue torte fanno vomitare».
Gonfio il petto con aria offesa.
«Vai in camera tua!».
«Non sono una mocciosa. Ci si vede».
Cerco di colpirla ancora, ma lei ha degli ottimi riflessi.
«Senti, non mi colpirai: sono addestrata a schivare qualsiasi tipo di bersaglio.
Se hai paura di rimanere sola, perché diamine non esci da qui e vai a farti un giro? C'è una porta; usala!».
Detto questo spalanca il portone.
Un vento gelido le muove i capelli ed emette strani fischi quando entra nel corridoio di pietra.
«Jane, aspetta!».
Lei sbuffa. «Che c'è? Vieni o no?».
«No. Non voglio uscire dalle rovine!».
La ragazza mi guarda. «Certo che sei strana... Non vuoi rimanere sola, ma se ci sono dei mostri nelle rovina li mandi via e non vuoi uscire da qui. Alla faccia dell'ipocrisia!».
Le sue parole mi feriscono.
Maledetta ragazzina.
Abbasso lo sguardo e stringo i pugni, reprimendo la voglia di incenerirla.
E poi, all'improvviso, sento una mano sulla spalla.
«Ehi».
Jane si è avvicinata e sorride. «Immagino che prima o poi troverai qualcuno disposto a stare con te. Devi solo essere meno... Ehm... Pazza. E credimi che tu lo sei parecchio.
Se non vuoi rimanere sola esci.
La porta è qui».
Detto ciò si allontana senza voltarsi.
Attraversa il portone, si ferma e agita la mano, per poi scomparire nell'oscurità.
Ma io non me ne andrò da qui.
È vero, non posso lamentarmi di essere sola e la porta è proprio davanti a me.
Ma se me ne vado chi si prenderà cura degli umani caduti?
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro