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Sans

[Attenzione: scene forti in questo capitolo. Se siete sensibili, SALTATE FINO ALL'AVVISO della fine della scena].
Se invece siete pervy 😏...

Finalmente potrò divertirmi un po' con l'umana.
Ora dorme profondamente, il bracciale la impedirà di usare il suo potere, e non può nemmeno muoversi.
Sorrido soddisfatto mentre le mie mani scorrono sul suo corpo modellato.
Lei storce il naso, ma non si sveglia. Per ora.
Mi metto a cavalcioni sulla ragazza, poi continuo con "l'esplorazione".
Questa volta sarà divertente.
Mentre le accarezzo il seno noto che non porta il reggiseno, così senza esitare infilo la mano sotto la maglia del pigiama.
Lei apre gli occhi e prova ad urlare, ma le tappo prontamente la bocca.
«Ssssh, non urlare. Non vogliamo che mio fratello si svegli, non è vero?».
Lei annuisce, così la lascio lentamente andare.
Prova a muoversi, ma ovviamente non ci riesce.
«Cosa mi hai fatto?» Ringhia.
«Qualcosa che, questa volta, non potrai rovinare. Potrai essere forte quanto vuoi, ma cosa credi di fare se non puoi muoverti?».
«Togli quella mano da sotto la maglia».
Le stringo forte un seno e lei chiude gli occhi. Li riapre.
Ghigno. «Ti piace, eh?».
Ancora una volta prova a muoversi, ma non ci riesce.
Riprova ad urlare.
«Troppo lenta» La prendo in giro.
So che ha paura: glielo leggo negli occhi.
Ha sempre avuto paura, al quanto ho capito.
La guardo: i capelli ancora leggermente umidi, il petto che si alza e si abbassa sempre più veloce.
Con la mano libera scendo lungo i suoi fianchi (posso sentire la pelle d'oca).
La mano continua a scendere.
E poi lei mi guarda.
È già successo che i nostri guardi si incrociassero, ma questa volta... Questa volta è diverso.

Fine scena pervy

I suoi occhi non esprimono la solita rabbia. Non esprimono nulla, forse una specie di rassegnazione.
Sono vuoti: lo sguardo di chi non ha più niente da ribattere.
Non posso. Non posso andare avanti, non posso farle del male...
La lascio andare.
«Scusami».
E corro in camera mia.

Non ho il coraggio di uscire dalla mia stanza. Non ho il coraggio di vedere Jane, di affrontarla.
Cosa le dirò? Come posso dirle solo "scusa"? E com'è possibile che io pensi queste cose? Non mi sono mai fatto simili problemi.
Mi faccio coraggio e scendo.
Jane e Papyrus sono in cucina: stanno mangiando la colazione.
Lei si gira sorridendo verso di me. «Sans, buongiorno!».
Abbasso la testa, cercando di evitare il suo sguardo. «Posso parlarti un attimo?».
Jane si alza, confusa. Papyrus la guarda e si stringe nelle spalle.
Andiamo in salotto e lei si siede sul divano.
«Ti senti bene?» Mi chiede.
«Mi dispiace per ieri sera» Dico.
Ora l'espressione sul suo volto è ancora più confusa. «Perché? Cos'è successo ieri sera?».
Sollevo la testa di scatto. «Come fai a non ricordarti?».
Si porta un dito sotto il mento. «Dici per il film? Quello che hai scelto tu e che io non volevo vedere?».
«Per quello che è successo in camera!».
Lei arrossisce violentemente e si allontana di qualche passo. «Cos'è successo in camera? Cos'hai fatto?».
«Lo sai benissimo: eri sveglia!».
«Ehm... No. Ho dormito come un sasso, se ti può consolare.
Se hai fatto sogni sconci su di me non voglio saperlo. Anzi sì, voglio vedere quanto sei pervertito».
«Non ho sognato».
«Ah no?».
«No...».
Non capisco.
O mi sta prendendo in giro, o sto perdendo la testa. Forse la prima.
Jane mi posa una mano sulla spalla. «Lascia stare. Sappi che nella realtà non è successo niente. Comunque la prossima volta che mi sogni pagami: voglio i diritti d'autore».
Detto questo si dirige in cucina, lasciandomi basito in mezzo al salotto.

«Un karaoke! Io amo il karaoke!».
Jane mi afferra il braccio e mi indica il cartello attaccato alla porta del Grillby's.
«Io odio queste cose. C'è confusione e tizi che cantano».
«Io ci vado».
«Se ci vai da sola mio fratello mi ammazza. E lui questa sera ha da fare al palazzo reale».
«Perciò andiamo noi. O potrei sempre dire a Papyrus quanto sei stato antipatico».
«Lo sai che non ti sopporto, vero?».
«Pazienza».
Non è vero che non la sopporto.
In realtà... Non lo so. Diciamo che la presenza della mocciosa non mi dispiace.
E poi non riesco a spiegarmi quello che è successo questa notte.
Insomma: non posso essermi immaginato tutto. Ricordo chiaramente di non essermi addormentato, e il sonno che ho è la prova che non ho dormito.
Entriamo nel locale.
C'è una grande confusione: chi mangia, chi beve, chi canta, chi balla.
Io e Jane ci avviciniamo al bancone e Grillby ci fa accomodare.
«Bentornati!».
Parla a voce molto alta per farsi sentire.
«Portaci degli hamburger» Dico.
«E tante patatine» Aggiunge la ragazza.
Grillby annuisce, ma prima di sparire in cucina si china verso di me. «Credi che sia sicuro portare qui l'umana?».
Mi stringo nelle spalle. «Direi di sì».
Lui annuisce, poi sorride malizioso. La guarda di sottecchi. «Allora? Hai fatto quello che volevi fare?».
Sbuffo. «Lascia perdere».
«Poi raccontami tutto, eh?».
Lui si raddrizza di nuovo, fa l'occhiolino a Jane e scompare in cucina.
«Di cosa stavate parlando?» Chiede lei dondolando a ritmo di musica sullo sgabello.
«Niente, niente. Allora? Dopo cena ce ne andiamo, vero?».
«Forse».
Borbotto qualcosa che non capisco nemmeno io, poi inizio a mangiare il panino che intanto è arrivato.
Vedo Grillby che sale sul pacchetto e che prende il microfono.
«Buonasera a tutti!».
La folla applaude e Jane si unisce all'applauso.
«Vorrei dare un caloroso benvenuto al mio migliore amico, Sans!».
Odio quando l'attenzione è rivolta a me.
Non tutti applaudono, ma lo farebbero se ci fosse mio fratello.
«E adesso anche un bel saluto alla sua amica umana!».
Jane si nasconde dietro il panino, ma intanto ridacchia.
«Ehi Grillby, menomale che non volevi attirare l'attenzione!» Urlo.
Lui mi ignora. «Allora? Chi vuole cantare la prima canzone della serata?».
«Io! Io! Io!».
Jane si sbraccia sullo sgabello.
«L'umana si è offerta volontaria!».
Tra la folla girano vari commenti negativi.
La ragazzina cammina fino al palco, poi prende il microfono.
«Vorrei solo dire che anche se sono umana, gradirei molto se non mi sparlaste alle spalle. Grillby può permettersi di dire qualcosa, ma solo perché prepara degli ottimi panini. Ok, ho detto tutto».
Scuoto leggermente la testa.
Quella ragazza si farà ammazzare, prima o poi.
«Cosa vuoi cantare, umana?» Chiede Grillby.
«New York New York?».
Non credevo che le piacessero canzoni del genere.
Parte la musica.
La ragazza è illuminata da una luce blu, che cambia continuamente colore: rosso, giallo, viola...

Start spreadin' the news,
I'm leavin' today...

Non credevo che avesse una simile voce.
Alcuni smettono di parlare e si girano verso di lei.

I want to be a part of it, New York, New York.

Stanno tutti ascoltando lei. Canta così bene...

These vagabond shoes are longing to stray...

Quelle luci. La rendono così... Così bella.
No, aspetta, cosa sto pensando...?

Right through the very heart of it, New York, New York...

Mi sento bene. Sentirla cantare è come volare: una sensazione meravigliosa.

I want to wake up in a city that doesn't sleep...

Sento un rumore provenire dall'esterno, ma non ci faccio quasi caso.

And find I'm king of the hill, top of the heap.

E poi eccola.
L'esplosione.
La musica si ferma, così come il tempo.
E se avessi un cuore, credo che si sarebbe fermato anche quello.

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