Sans
Odio quando Papyrus mi manda in giro in cerca di umani. Ho altro da fare, io.
Devo mangiare, guardare la TV, dormire... Sono cose importanti per me!
Lui però non può capire. Lui capisce solo le parole "Guardia Reale", "uccidere", "umani"...
Che palle.
E ovviamente se non trovo nessuno è colpa mia, no?
Ormai lassù ci hanno dimenticato tutti, ma se non cade qui almeno un umano al giorno è colpa mia.
Dannato Papyrus, maledetto egocentrico.
Mai una volta che mi lasci in pace. Mai!
Figuriamoci. Sono solo "Sans il pigro", "Sans che non fa mai un cazzo", "Sans che non sa fare niente".
Lasciamo perdere.
Così eccomi qui, a vagabondare come un cane alla ricerca di umani che non trov...
Come non detto.
La ragazza cammina tra la neve e si massaggia le braccia nel tentativo di scaldarsi.
Osservo il suo corpo, le sue curve accentuate, il suo seno abbondante.
Devo ammettere che oggi ne è valsa la pena venire fino a qui.
Mi teletrasporto dietro di lei: voglio spaventarla un po' prima di divertirmi e portarla da mio fratello.
Nuvolette di fumo caldo escono dalla sua bocca e le sue labbra (hanno una forma particolare: perfetta, eccitante) sono diventate di un lieve colore bluastro.
Ha la guancia leggermente bruciacchiata: Toriel deve essersi incazzata con lei.
La ragazza però non sembra ferita in altri punti (potrei dare una controllatina più tardi!).
«Sembri infreddolita, dolcezza» Dico comparendo alle sue spalle.
Lei si ferma e si volta verso di me. «E tu che vuoi adesso?».
Ok, devo ammettere che non mi aspettavo una simile risposta.
Mi ero immaginato la faccia terrorizzata della mocciosa e qualche mugolio strozzato seguito dalla sua (inutile) fuga, o qualcosa di simile.
Ad ogni modo, sollevo le mani e sorrido. «Calma, calma. Che caratterino!».
«Senti» Dice lei. Sta tremando. Freddo o paura? Entrambi, probabilmente. «Potresti dirmi dove posso trovare un posto per scaldarmi? Sto gelando».
«Posso sempre scaldarti io, se vuoi».
Lei muove un passo indietro.
«No, grazie».
«Come vuoi. Non sai cosa ti perdi.
Ad ogni modo... Posso sapere cosa ci fa qui una mocciosa come te?».
«Posso sapere cosa vuoi?».
Sorrido malizioso. «Beh, ci sono tante cose che vorrei».
Il mio sguardo si posa sul suo seno prosperoso, ma lei si copre con le braccia. Arrossisce lievemente.
«Oh, andiamo. Non dirmi che hai paura» Dico avanzando verso di lei.
«Ora: sei uno scheletro con la faccia da stupratore. Non puoi biasimarmi!».
Anche questa volta la risposta è inaspettata.
La ragazza solleva un sopracciglio, poi scuote la testa.
Mi fermo. «Che hai?».
«Lascia perdere».
«Proprio adesso che ero curioso!».
«Se proprio vuoi saperlo, mi stavo chiedendo come possa uno scheletro essere uno stupratore. Contento?».
Ridacchio. Certo che questa mocciosa se le sta proprio andando a cercare!
Ci sarà da divertirsi con lei.
«Posso aiutarti a capirlo».
«Nah, preferisco rimanere col dubbio».
Mi teletrasporto via.
La lascio qualche secondo a guardarsi intorno, giusto il tempo di farle credere di essere rimasta sola.
Quando torno ricompaio alle sue spalle e le cingo le spalle con un braccio.
I nostri corpi sono attaccati in una maniera che mi ispira un sacco di fantasie.
«Eccomi qui, ragazzina curiosa».
Lei si divincola.
«Lasciami, se non vuoi fare una brutta fine».
Nel tono della sua voce tagliente si sente una punta di panico. Perfetto.
La mia mano si muove lungo il corpo della ragazza, mentre lei continua ad agitarsi.
«Smettila di muoverti, dolcezza!» Le sussurro all'orecchio.
La fermerò io: almeno questo lo so fare bene.
La sua anima compare sul suo petto. È bianca. L'anima... Di un mostro...?
Non importa.
«Che cosa mi hai fatto?!» Esclama la ragazza. Ora sì che è spaventata!
«Niente di che, ma non dovevi provocarmi!
Adesso ascoltami bene: il mio boss, Papyrus, è un fanatico cacciatore di umani. E tu non vorresti che lui ti trovasse, non è vero?».
«No. Ma mi troverà se mi tieni qui, idiota» Ribatte lei. I suoi occhi marroni sprizzano scintille.
Mi perdo qualche secondo nel suo sguardo profondo, ma poi stringo forte il polso della ragazza.
Lei contorce il volto in una smorfia di dolore, ma non dice nulla.
«Modera i toni, ragazzina. O ne pagherai le conseguenze» Ringhio.
Però la mocciosa ha ragione: di sicuro non sarebbe carino divertirmi con lei in un posto in cui quel bastardo di mio fratello potrebbe trovarci.
«Adesso andiamo in un posto tranquillo, ok?» Le sussurro.
«Lasciami stare, maniaco del cazzo».
«Altrimenti che fai?» La provoco.
Lei all'inizio non dice nulla; si limita solo a fissarmi.
E poi... Una luce viola mi avvolge.
Prima che possa accorgermi di quello che succede mi trovo contro un albero e con la schiena dolorante.
Cado tra la neve.
Il mio sguardo incrocia nuovamente quello della mocciosa.
I suoi occhi sono freddi, pieni di odio. Vuoti.
Riesce a muoversi: sembra che io abbia perso qualsiasi controllo che avevo su di lei.
«Questo risponde alla tua domanda?» Mi chiede.
Mi alzo lentamente. Sollevo le mani in segno di resa. «Cosa caz... Come diamine ci riesci?».
Finalmente la ragazzina si calma. Mi osserva seria, il volto stranamente pallido.
«Non sono affari tuoi. Adesso dimmi: c'è o no un posto per riposarsi da qualche parte?».
Sono stufo. Sono stufo di essere sempre picchiato da tutti; di fare la figura del debole. Non ne posso più.
Il mio occhio si illumina, i blaster compaiono intorno a me.
La mocciosa diventa sempre più pallida. Adesso le farò vedere chi comanda.
«Non immaginavo... Che fossi così forte» Dico ansimando.
«Te l'avevo detto di non sottovalutarmi».
Siamo sdraiati sulla neve, ansimanti, uno accanto all'altro.
La battaglia non è durata a lungo. La ragazza è forte, ma non quanto me.
Nonostante ciò ho deciso di smettere di combattere.
Non sono debole, è solo che...
Ah, perché devo rivelare a voi il motivo per cui la battaglia tra noi è finita?!
Sono affari miei. Non vostri. Miei.
«Posso sapere il tuo nome?» Le chiedo.
«Prima posso sapere come fai ad essere senza fiato? Sei uno scheletro!».
Mi stringo nelle spalle.
«E poi...» Continua lei. «Come fai a sudare? E come puoi essere grasso?».
«Ehi!» Mi metto seduto. «Io non sono grasso, ho la cassa toracica larga!» Esclamo.
Lei scoppia a ridere. «Certo, come no!».
La guardo. Certo che mi dà così sui nervi!
In un lampo mi metto a cavalcioni su di lei e le blocco le braccia con le mani. I nostri volti sono vicinissimi.
«Mi sembrava di averti detto di non provocarmi, dolcezza» Le sussurro.
Lei storce il naso. «Uno: sei pesante. Due: Hai un alito che puzza di hot dog. Tre: togliti».
Ora sì che è pallida, ma un pallore malsano.
«Ora che sei stanca, direi che potresti anche lasciarti andare, no?».
«No».
Lei mi tira un calcio tra le gambe e io cado di lato gemendo dal dolore.
«Maledetta mocciosa! Te la farò pagare cara!» Esclamo.
La ragazzina si alza in piedi e mette un piede sulla mia pancia. «Tu dici?».
«E va bene, va bene, mi arrendo!».
«Alleluia! Allora, andiamo a mangiare? Il tuo alito mi ha fatto venire voglia di hot dog!».
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