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Papyrus

Sono così furioso! Sono talmente furioso che appena troverò Sans lo ammazzerò di botte, quel buono a nulla!
Dovevamo incontrarci nella foresta mezz'ora fa, ma lui c'era? No, certo che no.
Scommetto che è al Grillby's, quell'idiota.
Sa solo mangiare e stare fermo delle ore con gli occhi chiusi a russare.
Ma dico io, come si fa a vivere con un simile scansafatiche?! Voi ci riuscireste? No, sicuramente no.
Non ci riesce nemmeno l'incredibile Papyrus (che per la cronaca sono io), figuriamoci dei semplici lettori come voi.
Arrivo davanti al Grillby's e spalanco la porta.
«SANS!».
Lui è là, al solito posto. E accanto a lui... Accanto a lui c'è un'umana.
Sans posa l'hot dog mezzo mangiato sul bancone e si alza.
«Ehm... Ciao, Boss».
«Allora ti ricordi che esisto! Dovevamo incontrarci quaranta minuti fa, ricordi?!».
«Scusa, io... Sapevo che mi avresti trovato!».
«Beh, è un po' difficile dimenticarti».
Questa volta a parlare è stata l'umana: una ragazza dai capelli castani e dal naso all'insù. «Fai un tale casino!» Aggiunge.
Stringo i pugni; sto per esplodere. « COME TI PERMETTI, INSULSA UMANA?! NON PUOI PARLARMI COSÌ, NON SAI CHI HAI DI FRONTE!».
«E si può sapere con chi ho l'onore di parlare?».
«IO SONO IL GRANDE, FORMIDABILE, INIMITABILE PAPYRUS! PREPARATI UMANA, PERCHÉ NON RESISTERAI PIÙ DI DUE SECONDI CONTRO DI ME. PORTERÒ LA TUA ANIMA AL RE, E TUTTI MI RISPETTERANNO COME MERITO!».
Lei continua a guardarmi, senza mostrare il terrore che dovrebbe.
«Boss, posso parlarti un secondo?».
È Sans a parlare.
«Che vuoi?».
«L'anima della mocciosa non ti servirebbe».
Questa è bella. «Ah sì? E come mai?».
«Già, perché? La mia anima è utile!» Esclama l'umana offesa.
«Non quando hai l'anima di un mostro» Ribatte mio fratello.
«L'anima di un mostro?» Ripeto.
Non è possibile: come può un'umana avere l'anima di un mostro?
Come posso io, l'incredibile Papyrus, avere qualcosa in comune con questo esserino?
Uso i miei poteri per controllare l'anima della ragazza. Completamente bianca.
«Ehi! Mettimi giù!».
La mocciosa cerca di muoversi, ma ovviamente non può. Sans ridacchia. «Adesso però non ti arrabbi, eh?» Dice guardandola divertito.
Lei lo fulmina con lo sguardo e solo adesso noto che è incredibilmente pallida.
I suoi occhi cambiano leggermente colore: da marroni diventano quasi viola.
Mi sento spinto all'indietro, e un secondo dopo mi ritrovo sdraiato a terra, con la schiena che mi duole e un della mostarda che mi cola sulla sciarpa. E questo mi fa incavolare.
Mi rialzo, a metà tra la confusione e la collera.
L'umana prova a riattaccarmi, quando barcolla. Le gambe non la reggono. E cade a terra.
Io e Sans ci guardiamo, poi il nostro sguardo si ferma sulla mocciosa.
«L'ha fatto anche prima» Inizia mio fratello. «Nella foresta abbiamo combattuto, e devo ammettere che la ragazzina ci sa fare».
«Sai che ci vuole a sconfiggere un pigrone come te. Ti ha detto qualcosa a proposito di questo "potere"?».
Lui non mi risponde: si limita a guardarmi in cagnesco.
«Allora?!».
«No. Non mi ha detto nulla.
So solo che ha litigato con Toriel, se proprio vuoi saperlo. Poi sei arrivato tu».
«Portala nella nostra prigione per umani».
«Il nostro garage».
«Garage, prigione per umani, chiamala come vuoi! Portala lì, io andrò da Alphys a farmi dare qualcosa per tenere buona l'umana finché Undyne non verrà a prenderla. O finché non la porterò dal re, una delle due».
Lui afferra la mocciosa come se fosse un sacco di patate e se la carica in spalla. «Se vuoi ci penso io a tenerla buona» Dice malizioso.
«Non voglio stupri questa volta» Replico stizzito. «Siamo ad Underfell, non Underlust. Ricordatelo».
Sans sbuffa, fa un cenno a Grillby e scompare.
Esco dal locale a grandi passi, scocciato che la mia sciarpa sia macchiata di mostarda.

«Sicura che funzioni? Non sembra molto efficace...».
Continuo a girarmi il bracciale tra le dita, mentre questo emette scricchiolii di disappunto.
«Per la centesima volta, sì. Funzionerà» Sbuffa Alphys girandosi verso di me. «Sono una grande scienziata, abbi fiducia!».
«Certo, certo».
«Ho visto l'umana, con la telecamera».
«E?».
«Ha qualcosa di strano».
«L'avevo notato, ma niente di cui preoccuparsi» Dico dirigendomi verso l'uscita del laboratorio.
Lei si porta una mano al mento. «Non lo so. Potrebbe essere un soggetto interessante... Ho visto cosa può fare, e quel potere ha un che di famigliare, ma non ricordo dove l'ho già visto».
«Ad ogni modo, mettendole questo bracciale non dovrebbe essere in grado di usarlo, giusto?».
«Giusto».
«Ed è sicuro? Non potrà scassinarlo o cose simili?».
«La chiave è un complicatissimo puzzle ideato da Gaster in persona: ora solo io posso risolverlo, proprio perché ho un cervello superiore alla media».
Sì certo, come no.
«Perfetto».
Dubito che l'umana sia intelligente: se lo fosse non si sarebbe messa contro di me.
Magari potrei chiedere ad Alphys di farmi una copia del puzzle, tanto per vedere se riesco a risolverlo. Beh, mi sembra ovvio che riuscirò a risolverlo: sono un genio, io!
«Papyrus?».
La voce della scienziata mi ferma.
«Che c'è?».
«Fa' attenzione».

«Toglimi questo coso! Toglilo!».
La mocciosa cerca di ritirare il braccio, così le stringo forte il polso. Lei contorce il volto in una smorfia.
«Così impari a farti nemici come me».
Finisco di allacciare il bracciale e la lascio andare. L'umana viene colta di sorpresa e cade all'indietro.
Scoppio a ridere. «Ora non fai più tanto la sbruffona, eh?
Vedrai: adesso Undyne ti verrà a prendere e ti porterà dal re!».
«Che culo» Commenta lei tirando il bracciale. «A che serve 'sto coso? A darmi una scossa elettrica tutte le volte che rispondo?».
«A questo punto saresti già morta bruciata» Replico.
La mocciosa sbuffa.
«Ad ogni modo» Continuo. «Quel bracciale, creato dall'ex scienziato reale con l'aiuto dell'attuale dottoressa Alphys, ti impedirà di usare il tuo "potere"».
Non potrei dirlo con sicurezza, ma mi sembra felice di sentirlo dire. Però l'umana cambia espressione talmente in fretta che forse ho solo immaginato quella luce nei suoi occhi.
«Ho fame» Dice a un certo punto.
«Il cibo è là».
Indico la ciotola che ho amorevolmente sistemato in un angolo della cella.
«Quello è cibo per cani» Mi fa notare.
Sorrido. «Infatti. E tu cosa sei?».
Lei balza in piedi e in un attimo mi è addosso.
Sento che mi colpisce il cranio una, due, tre volte.
Me la scrollo di dosso e la scaravento contro il muro.
L'umana sbatte violentemente la schiena e cade.
«NON OSARE MAI PIÙ ALZARE LE MANI SU DI ME, HAI CAPITO?» Le urlo.
Lei mi guarda con odio. «E tu non provocarmi».
Altro che bracciale. Qui ci vuole una camicia di forza.
«Goditi questi momenti umana, perché saranno gli ultimi della tua vita».
Mi dirigo verso l'uscita, quando la sua voce mi ferma. Ancora.
«Non hai del pollo? Anatra? Mucca? ».
«Non avrai altro cibo».
Esco e chiudo le sbarre.
«Degli spaghetti?».

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