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Mettaton

Premetto che Uf Mettaton ha una personalità completamente diversa da quello originale. Molto.

«Oh, yes!».
Le luci, la suspence, il pubblico.
Tutti gli occhi sono puntati su di me, tutti mi acclamano.
Un grosso schermo in un lato della stanza mostra un grosso numero giallo, che cresce sempre più velocemente senza mai fermarsi.
È tutto così... Imbarazzante.
Non mi piace essere al centro dell'attenzione, non mi piace dover uccidere gli umani. Non mi piace dover obbedire a ogni ordine di Alphys. Ma devo farlo. Devo farlo, se non voglio essere punito.
Due riflettori vengono puntati sull'umana. Undyne esce lentamente dalla scena e le indico il posto in cui andare. Guarda la ragazza, poi mi fa un cenno ed esce di corsa dalla stanza sotterranea.
« Gentili signori e gentile signore!» Esclamo scendendo dall'alto.
«Benvenuti a questa nuova puntata del MTTShow! L'episodio di oggi si chiama: "A spasso con l'umana!"».
Guardo la ragazza.
Avrà all'incirca quindici o sedici anni.
È castana, riccia. Bella.
Cerca in tutti i modi di nascondersi dai riflettori, ma le luci la seguono fedeli.
Mi avvicino a lei. «Dubito che riuscirai a liberarti delle luci, bellezza!».
Mi osserva truce per qualche secondo. «E tu chi saresti, scusa?».
Mi sento leggermente offeso. Tutti mi conoscono! Ogni singolo, dannato, mostro dell'Underground.
«Ma come?! Io sono Mettaton, e tu sei in onda nel mio show!».
«Non voglio essere nello show di una scatola di latta».
Scatola di latta. Scatola di latta. È così che sono adesso.
Potrei cambiare forma, potrei mostrarle il mio corpo. Ma io odio farlo.
Odio tutto questo.
Non ho chiesto io di essere creato.
«Silenzio, mucchio d'ossa!
Devo spiegarti le regole della sfida!» Esclamo avvicinandomi ancora di più.
«Odio le sfide».
Beh, cerca di non perdere. Se perderai Alphys avrà la tua anima. E tu sarai morta.
Non posso dire la verità alla ragazzina. Non posso dire nulla.
Lo show deve andare avanti, e deve farlo col massimo dell'audience.
Fumo. Fumo ovunque.
Il mio corpo, la mia seconda essenza, viene mostrata all'intero pubblico.
Delle luci colorate illuminano ovunque e una musica da disco parte a tutto volume. Mi concedo un balletto breve e piuttosto glamour, poi mi avvicino all'umana.
«Allora, bellezza! Ho scoperto che stavi andando al palazzo del re, giusto?
Ebbene, ecco la sfida.
Dovrai riuscire a battermi in una lotta corpo a corpo e riuscire anche a intrattenere il pubblico!
Se vincerai potrai procedere e arrivare (forse) senza problemi a Palazzo!
Se invece perderai, cosa che è assolutamente ovvia, la tua anima sarà della mia programmatrice: la sensazionale dottoressa Alphys!
Allora, che ne pensi?».
«Che palle però: tutti che volete la mia anima! Non vi servirà a passare la barriera. E già che ci sono delle telecamere ne approfitto per dirlo a tutti!».
Fingo di ignorarla. Le luci si spengono e io mi avvicino a lei di soppiatto. «So che la tua anima è diversa. Il problema è che lo sa anche Alphys».
Buio. Tutto diventa rosso, poi fucsia, viola, blu, verde.
Una musica parte da chissà dove: segno che la battaglia è iniziata.
Una posa drammatica, un'espressione ironica, piccoli robot con la mia effigie iniziano a scendere dal soffitto e fanno cadere piccole bombe letali.
Sono solo quattro e la ragazzina le schiva facilmente.
Si guarda intorno e nota l'uscita della stanza, si mette a correre verso quella.
Non può uscire, o l'audience crollerà e Alphys si arrabbierà.
«So che potrebbe liberarsi del bracciale» Mi ha detto la dottoressa qualche ora fa. «Fa' in modo che lo faccia e che usi quel suo curioso potere: la indebolirà. A quel punto portarla qui sarà un gioco da ragazzi».
Un gioco da ragazzi. Già, certo. Come no.
Altre bombe, altre esplosioni.
La ragazza le schiva con delle piroette, atterra leggiadra e parte all'attacco: cerca di colpirmi, ma non ci riesce.
Viene colpita una, due, tre volte: ha il volto sporco di fuliggine e i vestiti bruciacchiati.
Non sembra stanca: riparte, mi assesta un poderoso calcio nel petto, ma un'altra esplosione la spinge a terra.
Devo ammettere che ci sa fare, ma io sono più forte. Sono stato programmato per esserlo.
L'audience non è mai stata così alta: è come se sentissi i mostri che mi urlano di uccidere l'umana.
Alphys è tra loro.
Schiva una bomba.
Uccidi l'umana.
Viene colpita da altre otto.
Uccidi l'umana.
Cade a terra. Le sanguina una mano.
Uccidi l'umana.
Mi avvicino e lei mi guarda con il terrore dipinto sul volto.
Uccidi l'umana.
Alzo un braccio, un laser parte dal palmo.
Uccidi l'umana.
Colpisco.
Hai ucciso l'umana...































































...È tutto buio.
Sono stanco, l'unica luce che posso vedere è quel maledetto indicatore dell'audience.
Ho ucciso l'umana. Ho ucciso, di nuovo dopo tanto tempo.
Non ricordavo che fosse così desolante. Ma anche così... Piacevole.
Dovrei farlo spesso; molto più spesso.
E poi una voce, un sibilo.
«Mi hai rovinato le scarpe».
Le luci si riaccendono e illuminano il volto della ragazzina contratto in una smorfia di collera pura.
Il suo sguardo mette quasi paura.
«Che cosa, bellezza?».
«Mi. Hai. Rovinato. Le scarpe».
Guardo il suo stivaletto destro: è spellato sulla punta.
«Non hai schivato il colpo, mia cara!» Esclamo sorridendo alla telecamera.
I miei occhi si specchiano nei suoi, un brivido mi corre lungo la schiena. Ed io, tecnicamente, non posso rabbrividire.
La ragazza è diversa.
Schiena dritta, pugni stretti, espressione incazzata, occhi tendenti al viola.
Ecco; ci siamo.
Già m'immagino Alphys che si sporge verso lo schermo e che freme dall'emozione.
L'umana osserva il bracciale per qualche secondo, schiaccia alcuni tasti e dopo un po' questo si apre e cade a terra.
Pensavo che il puzzle che lo chiudeva fosse più efficace.
Lampi viola. Aria pesante. Tensione.
Sento una scossa che mi distrugge lentamente dall'interno, mentre lei è lì davanti. Non si muove, ma è come se lo facesse.
E poi, all'improvviso, tutto tace.
Le luci si spengono, lei torna normale, mi sento come se mi avessero svegliato da un brutto incubo.
«No» Dice la ragazza.
L'indicatore dell'audience si è fermato. Non aumenta e non diminuisce.
La guardo e la sfido. «No cosa, bellezza?».
L'umana sembra stanca, e non posso biasimarla.
«Non ti ucciderò; primo perchè è stancante, secondo perché devo andare a parlare col tuo re, terzo perchè non ne no voglia».
«Allora perderai la sfida, lo sai?».
Si stringe nelle spalle. «Ne dubito. Senti, facciamo un patto».
«E cioè?».
«Tu mi lasci in pace, ed io farò qualcosa per te. Che ne dici?».
Fosse per me accetterei volentieri.
Fosse per me l'aiuterei a tornare a casa.
Fosse per me...
Mi volto con aria sorpresa davanti alle telecamere.
«Voi cosa direste, signore e signori? Accettereste, o continuereste la sfida?
Vedremo come continueranno le cose, dopo la pubblicità!».
Buio.
Sono certo che adesso io e la ragazza siamo soli.
«Ascolta» Le sussurro. «Sei in pericolo. Alphys sta macchiando dietro le quinte perchè è interessata a te, al tuo strano potere e alla tua anima.
Vorrei aiutarti ad arrivare sana e salva dal re, ma tu prima devi farmi un favore».
Non la vedo, ma sono certo che stia riflettendo.
«Che favore?» Chiede.
«Devi liberarmi».
«...Liberarti?».
«Sì. Un tempo Alphys mi ha obbligato a entrare in questo corpo e ad essere quello che sono.
Io vorrei solo la libertà, vorrei non avere il timore di essere punito ogni volta che fallisco.
Vorrei tornare a casa da mio fratello...
Ti prego».
«E tu pensi che creda a questa patetica storiella?».
«Questa "patetica storiella" è la verità. La fredda e cruda verità».
Silenzio
Deve sbrigarsi: a breve le luci si riaccenderanno. A breve non avrò più modo di aiutarla.
«D'accordo. Ti aiuterò».
Giuro che l'abbraccerei.
«Cosa devo fare?» Chiede con tono determinato.
«Quando si riaccenderanno le luci farò finta di tramortirti. A quel punto lo show finirà e avremo un po' di tempo prima che Alphys mi chiami per sapere dove siamo.
In quel momento mi distruggerai: dovrai rompere questo corpo e liberare la mia anima. Tranquilla, mi farai solo del bene».
«...Ne sei sicuro...?».
No.
«Sì».
«Mmh...D'accordo».

Il piano procede perfettamente.
La recitazione pure. L'audience sfiora il record.
E poi arriva il tanto atteso momento.
Siamo da soli, le telecamere spente, nessuno in giro.
«Posso sapere il tuo nome, prima?» Chiedo alla ragazzina mentre mi riposo.
«Jane».
«Jane...» Ripeto. «Bel nome. Posso sapere come mai ti sei incazzata tanto quando ti ho sfiorato una scarpa?».
Lei fa un sorriso triste e si accarezza la punta della scarpa spellata. «Queste sono il regalo di un amico. Un mio caro amico».
«Oh, capisco. Non vedrai l'ora di tornare a casa da lui!» Esclamo.
Jane scuote la testa. «Sarà un po' difficile, visto che è morto».
Apro la bocca per dire qualcosa, ma l'umana mi interrompe balzando in piedi.
«Allora? Come faccio a... Ehm... Liberarti?».
«Usa il tuo potere, se vuoi. O... Distruggimi, in qualsiasi modo».
Lei annuisce poco convinta.
Come prima una luce elettrica viola avvolge entrambi.
Mi sento esplodere. Lentamente. Lentamente.
«Jane?».
Apre un occhio.
«Sali le scale, quelle là. Sono una scorciatoia per il palazzo reale».
«Grazie».
Mi sento dissolvere. Mi sento felice.
Finalmente sorrido, sorrido davvero.
«Grazie a te, Jane. Addio».
«Mettaton?».
«Sì?».
«Mi piace il tuo show. O meglio, mi piace quando non cerchi di uccidermi».
Ridacchio. «Scusami».
Non mi risponde.
Mi rendo conto di essere, finalmente, libero da quel corpo. Sono di nuovo io.
Posso tornare a casa.
Tutto intorno a me è buio, ma io sono felice.
E poi...
...la voce. La sua voce.
«Credevi veramente che non ti avessi sentito parlare con lei? Mi hai deluso. E questa volta non la passerai liscia».

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