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Capitolo VIII - Sentimenti

"And it's peaceful in the deep,
Cause either way you cannot breathe,
No need to pray, no need to say
Now I am under
And it's breaking over me,
A thousand miles down to the sea bed,
I found the place to rest my head."
Florence + The Machine Never Let Me Go




Youri percorreva a grandi passi il corridoio, imprecando contro le mura insonorizzate delle camere dell'ostello, che non gli permettevano di ascoltare la conversazione tra Flavia e quel Stefano.
Era intento a dare una mano in sala per la cena ai clienti dell'alberghetto, quando sua zia Anja aveva fatto capolino facendogli cenno di avvicinarsi. Gli aveva detto che era appena arrivato un uomo italiano che cercava Flavia e che prima di avvisare la ragazza aveva pensato bene di chiamare lui.
"Chi pensi che sia?".
Lui aveva strabuzzato gli occhi: "E che ne posso sapere io?".
Poi lo aveva visto. E aveva subito capito chi era. In completo cachi e camicia candida dal colletto sbottonato, l'uomo si guardava attorno con aria distratta. Era alto, bruno, sulla quarantina. Quello che chiunque avrebbe detto essere un uomo affascinate, dall'aura carismatica. La sua presenza nella piccola reception era ingombrante quasi quanto l'aroma mascolino del suo dopobarba.
"Posso esserle utile?".
"Oh! Un giovanotto che parla italiano" aveva detto quello, sfoderando un sorriso accattivante.
Youri si chiese come un tipo del genere avesse potuto piacere a Flavia. Come un uomo tale l'avesse fatta innamorare e poi soffrire, prendendola spudoratamente in giro per anni. Aveva fatto una smorfia, non curante del fatto se quel tizio se ne potesse accorgere o meno.
"Sto cercando una persona... Flavia, è una fotoreporter italiana. Dovrebbe alloggiare qui".
Youri era stato tentato dall'irrefrenabile voglia di dire che lì non alloggiava nessuna fotoreporter italiana di nome Flavia, ma si era morso la punta della lingua con gli incisivi.
"Sì. Mi segua".
Lo aveva accompagnato alla camera di Flavia e l'espressione colpita di lei lo avevano infastidito. Lei aveva fatto entrare quell'uomo e gli aveva gettato un breve sguardo mormorando un breve ringraziamento, prima di chiudere la porta.
E ora si trovava a guardare il vecchio pavimento di parquet lucido del corridoio, a pochi passi dalla porta sbarrata della camera di Flavia, imprecando a denti stretti.
Lei gli aveva confessato che era finita con quel bellimbusto. La sera in cui erano usciti fuori a cena, la sera in cui lui aveva provato a baciarla in mezzo al prato di Campo di Marte ricevendone un rifiuto. La notte in cui lei si era completamente affidata a lui e l'aveva fatta sua.
Non pensavo che chiudere definitamente col mio ex potesse essere così... rilassante. Sì. Rilassante. Mi sento più leggera. E tranquilla, ora.
Ricordava benissimo ogni parola, ogni pausa tra una parola e l'altra.
Che gli avesse mentito?
Youri scrollò il capo e si passò una mano sul viso, in un gesto esasperato. Si allontanò di poco, diretto alla finestra. L'aprì, in barba all'aria condizionata accesa, e si accese una sigaretta. Inspirò cercando di calmarsi.
Non poteva avergli mentito. Tutti quei giorni passati assieme e le notti trascorse a fare l'amore. E i baci, gli sguardi, le chiacchierate, le emozioni. Non poteva essere tutto finto. Riusciva a distinguere quando Flavia mentiva, glielo leggeva negli occhi. E in quel periodo con lui, non avrebbe potuto essere più vera e sincera.
La spiegazione, evidentemente, era molto più semplice di tutte quelle congetture. Forse quel tizio era venuto fino a San Pietroburgo solo per tentare di riconquistarla dopo averla persa.
"Lo avrei fatto anch'io" mormorò tra sé, ricacciando indietro il fumo.
Non poteva far altro che aspettare.

"Come hai fatto a trovarmi?"
Flavia si sentiva totalmente smarrita. Appena qualche istante prima immaginava come sarebbe stata la sua nuova vita al suo ritorno a Roma, e ora la sua vecchia vita, che aveva lasciato indietro, si era materializzata lì, nella sembianze di Stefano.
In piedi a pochi centimetri da lei, Stefano la guardava serio e preoccupato, con quello sguardo che per ben due anni l'aveva tenuta incatenata in una storia fine a sé stessa, senza senso.
Non sapeva se sentirsi più sorpresa o arrabbiata.
"La segretaria della redazione... non è stato complicato. L'importante è che io sia qui".
Flavia sollevò un sopracciglio e lo allontanò con una mano quando lui tentò di abbracciarla: "Credevo di essere stata chiara a telefono, l'altro giorno" disse, perentoria.
Lui accusò quel gesto e il tono della sua voce. Parve spiazzato: "Più che chiara, ma mi sono sentito mancare la terra sotto i piedi al pensiero di averti persa per sempre".
Da una tasca interna della giacca tirò fuori un foglio ripiegato e glielo porse: "Guarda".
Flavia prese il documento e lo aprì. Deglutì a vuoto quando vide che si trattava della richiesta di separazione legale tra Stefano e sua moglie.
La ragazza sollevò gli occhi a guardarlo. Per ben due anni aveva sofferto per quell'uomo, mentendo spudoratamente a sé stessa che stava bene così, che non aveva bisogno d'altro nella vita, che quel tipo di relazione, in fondo, le dava la libertà di non impegnarsi con nessuno.
Lui l'aveva stordita di parole d'amore e di promesse, senza mai mantenerle, fin quando lo aveva visto come protagonista del quadretto della famigliola felice e aveva detto basta, prima di partire. Grazie al suo lavoro, era letteralmente scappata dall'altra parte dell'Europa, per riuscire a dimenticarlo. E ora tra le mani stringeva il documento che aveva anelato per tutto quel tempo. Ora Stefano poteva essere suo.
Youri.
Era stato lui ad accompagnare Stefano alla sua porta e sicuramente sapeva bene chi era quell'uomo. Flavia si chiese dove si trovava in quel momento e cose stesse facendo.
Stefano le prese il volto tra le mani, fissandola intensamente: "Torniamo a casa, col primo aereo. Costruiamo quella vita così come l'abbiamo immaginata. Ti amo Flavia. Non lasciarmi mai più".

Youri prese l'ultimo tiro di sigaretta e gettò il mozzicone dalla finestra, dopo averne ricacciato il fumo dalle narici. Non appena ebbe chiuso la finestra, sentì una porta aprirsi. Il ragazzo si voltò di scatto e vide l'uomo dal completo cachi uscire dalla stanza di Flavia in tutta fretta, dopo aver chiuso la porta dietro di sé. Pochi istanti ed era già fuori dall'ostello, diretto chissà dove.
D'istinto raggiunse la porta chiusa e attese. Non proveniva nessun rumore se non quello delle stoviglie dalla sala da pranzo e del chiacchiericcio dei clienti, mentre si chiedeva dove fosse andato quel bell'imbusto.
Attese per dei secondi interminabili quindi, esitando, bussò. Non ebbe risposta.
"Flavia? Sono io" disse piano. La porta restò chiusa quindi fece un grosso respiro e mise la mano sulla maniglia. La porta si aprì.
"Posso?"
Flavia era in piedi, di spalle; sul letto c'erano tutti i suoi vestiti, tirati fuori dall'armadio e dai cassetti lasciati aperti. Con gesti lenti, li ripiegava con attenzione, sistemandoli nella valigia.
Il cuore di Youri saltò un battito.
"Cosa fai?".
Anche se di spalle, Youri si accorse che stava piangendo perché si era passata una mano sul viso.
"Domattina torno a casa" rispose lei, con voce incrinata dal pianto.
"Con lui?"
Aveva posto quella domanda con un voce più dura di quanto avesse voluto. Ma voleva sapere. Doveva sapere. E temeva la risposta.
"No" gli rispose. "Alla terza volta in cui gli ho spiegato che tra me e lui era finita, forse lo ha capito".
Per un'istante, Youri sentì nuovamente l'ossigeno riempirgli i polmoni: aveva trattenuto il fiato senza accorgersene. Sorrise, sciogliendo la tensione. Flavia non gli aveva mentito. Quel Stefano era arrivato all'ostello per fare un ultimo tentativo ma era andato a vuoto. Rise tra sé ripensando a come si era fiondato fuori dall'ostello, probabilmente molto arrabbiato.
Lei però stava piangendo e continuava a riporre le sue cose nel trolley. Le si avvicinò.
Flavia drizzò la schiena, tenendo una maglietta rossa tra le mani. La presenza di Youri dietro di lei era forte e rassicurante. Era così vicino che ne poté respirare il profumo di sigarette e deodorante. Chiuse gli occhi e le lacrime le percorsero il viso. Constatò amaramente che i sentimenti non si potevano cancellare con un colpo di spugna.
I sentimenti per Stefano erano cambiati nel momento in cui la consapevolezza di ciò che era la sua relazione con lui aveva squarciato di netto il velo opaco che si era autoimposta per non vedere la realtà. Eppure, c'erano ancora. Non era più innamorata di lui, di questo ne era più che certa, e forse non lo era già da molto, ma non poteva continuare a mentire a sé stessa. Trovarselo davanti le aveva suscitato nostalgia e amarezza e, quindi, non l'indifferenza che si aspettava e che Stefano effettivamente meritava. Aveva bisogno di tempo per metabolizzare tutto e voltare pagina; tempo che non si era presa né si era concessa.
Riaprì gli occhi quando avvertì la mano grande e calda di Youri posarsi sul suo braccio.
C'erano, poi, anche i sentimenti per lui, per Youri, quel ragazzone così giovane e dagli occhi cristallini che le aveva stravolto un'esistenza già di per sé abbastanza scombussolata. Era partita convinta che non avesse bisogni di nessuno accanto, che le bastava il suo bellissimo lavoro, la sua meravigliosa famiglia, i suoi amatissimi amici, la sua piccolissima casa e la sua affettuosissima gatta. E si era ritrovata con quel stupendo giovanissimo uomo, che aveva saputo suscitarle emozioni e sensazioni che credeva di non riuscire più a provare.
Youri era stato capace, in pochissimo tempo, di scoperchiare il vaso di Pandora nel quale lei aveva rinchiuso molti aspetti di sé stessa e del suo carattere, che con Stefano l'avrebbero fatta soffrire molto più profondamente. Un insieme di sfaccettature alle quali si era disabituata e che, venendo fuori tutte assieme, le avevano annebbiato la mente e il cuore.
Doveva darsi tempo e spazio, ne aveva assolutamente bisogno, e non di colpi di testa che avrebbero potuto avere conseguenze ben peggiori. Lo aveva compreso fin troppo lentamente.
Si chiese perché la vita fosse così ingiusta. E dolorosa.
"Perché stai facendo la valigia? Manca ancora qualche giorno. Perché vuoi partire domani?".
Il tono dolce e lievemente allarmato della voce di lui la fecero rabbrividire. Prese un pacchetto di fazzolettini dal beauty gettato tra gli slip, ne tirò fuori uno e si soffiò rumorosamente il naso, cercando le parole giuste.
"Il mio lavoro qui a San Pietroburgo è finito" si voltò tentando di sfuggire allo sguardo di lui "Non ti sarò mai grata abbastanza per avermi aiutata. Ora è tempo di tornare a casa. Alla mia vita".
"E noi?".
Per Flavia quel noi fu una stilettata in pieno petto. Noi. Voleva dire io e lui assieme, pensò. Si schiacciò il fazzolettino sugli occhi, reprimendo un singhiozzo.
Non era il momento giusto per il noi che intendeva Youri.
"Noi... niente" biascicò "E' stato bello, ma va bene così".
Lo sguardo incredulo di lui, le fece ancora più male. Nella penombra della stanza, gli occhi azzurri di Youri si incupirono.
Youri la guardava esterrefatto. Nonostante gli occhi lucidi e il naso arrossato, Flavia era seria. Ora che aveva definitivamente liquidato quell'ex ingombrante, cosa impediva loro di stare assieme?
"Fino a un'ora fa era tutto così... perfetto tra noi due" continuò a dire lui, con fare incredulo "Poi arriva qui quel tizio e cambiano le carte in tavola. Dici che avete chiuso definitivamente però vuoi partire in fretta e furia... Che noi non siamo stati niente! Ho capito bene?".
"Hai capito benissimo!" ribatté lei, quasi ansimando.
Lui le cercò lo sguardo, esasperato: "Dimmi la verità! Dimmi che non vai via con lui!".
"Insisti? Non parto con lui. Vado via da sola!".
"E io? A me non pensi?" le chiese, sempre più sconcertato.
"Penso a te. Ai tuoi ventitré anni" spiegò stancamente lei.
"Possibile che quando non sai che dire, tiri fuori quest'insulsa questione della differenza di età?"
Flavia venne colta in fallo. Fino a quel momento quella discriminante non era venuta fuori, ma non avrebbe potuto escluderlo in futuro. Poteva essere anche una questione insulsa, ma c'era.
Gli diede nuovamente le spalle, raccogliendo un paio di jeans: "E' meglio che rientri in Italia prima che ci affezioniamo troppo l'uno all'altra".
Lui le afferrò un braccio e la fece voltare: "Affezionarsi? Ma stai scherzando?".
"Non sto scherzando" disse, fissandolo negli occhi "Il fatto che siamo stati a letto assieme, che vuol dire? Niente".
Per Youri fu come ricevere un pugno nello stomaco e Flavia lo vide vacillare. Lui era solo un ragazzo e lei doveva dimostrarsi ragionevole. Era il momento sbagliato, la persona sbagliata, la storia sbagliata, i sentimenti sbagliati. Era tutto sbagliato. Eppure non riuscì a non pensare a quanto facesse male.
"Pensavo che...".
"A cosa avevi pensato? Che potessimo stare assieme?" fece lei rimettendosi a piegare i suoi vestiti "Hai pensato male. E la differenza d'età prima o poi verrebbe comunque fuori. Che futuro potremmo avere noi? Tu sei uno studente, con ancora tante cose da fare, esperienze da vivere... Io sono una donna e mi sento realizzata nel mio lavoro, grazie al Cielo. E un giorno, spero di incontrare un uomo realizzato come me, col quale costruire un futuro assieme. Una casa, dei figli...".
Flavia aveva parlato meccanicamente, come se avesse studiato un copione già scritto. Le parole le venivano fuori neutre, senza convinzione. Non seppe come ci stesse riuscendo, se ne sorprese quasi.
Flavia continuò a sistemare le sue cose, con piccoli e nervosi gesti. Youri, dietro di lei, era una presenza così immobile e silenziosa che lei ebbe quasi l'impressione di stare a parlare da sola.
"Spero però di incontrarlo presto, quest'uomo! A quasi trentadue anni, può essere un problema!" disse, cercando di velare la sua voce con un tono divertito "Ma anche no, sai? Sto bene da sola, e poi ho così tante cose da fare...".
"Guardami" le disse.
Flavia continuò a ripiegare vestiti, stavolta senza dir niente.
"Girati e guardami negli occhi!".
Lei sobbalzò e si voltò. Youri era sconvolto; l'afferrò per le braccia e la scollò: "Guardami negli occhi e dimmi che è stato solo un gioco, che quello che c'è stato tra noi era solo un passatempo!".
Flavia esitò e si sentì morire: "E' stato solo un gioco" sussurrò.
"Stai mentendo".
Il senso di rabbia che lui provava si acuì davanti a quella palese bugia. Da quel poco che aveva capito di lei, aveva compreso che non sapeva raccontare le bugie. E quelle parole erano menzogne lampanti quanto il sole a mezzogiorno.
La lasciò nel timore di stringerla troppo. Non capiva perché si comportava a quel modo. Sapeva cosa c'era stato tra loro e non era stato un gioco. Era stato di più di questo. Ma se era arrivata a mentire per allontanarlo, evidentemente era decisa a terminarla lì.
Senza profferire alcuna parola, Youri rispose al silenzio di Flavia dandole le spalle e uscendo dalla stanza, sbattendo la porta.

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