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Capitolo VI - Un salto nel buio


"Oh, my God, I feel it in the air
Telephone wires above are sizzling like a snare
Honey, I'm on fire, I feel it everywhere
Nothing scares me anymore
Kiss me hard before you go
Summertime sadness..."
Lana Del Rey – Summertime Sadness




Youri si passò distrattamente le dita tra i capelli, imprecando appena un secondo più tardi. Aveva messo il gel e se ne era dimenticato; ora aveva la mano tutta impiastricciata di pasta trasparente al profumo di cocco e vaniglia.
Nell'atrio dell'ostello, tentò di rimediare al danno ai capelli, specchiandosi nel vetro del bancone. Poi prese un fazzolettino di carta per pulirsi le dita e guardò l'orologio. Si accorse di essere nervoso.
"Dai, Youri" mormorò tra i denti "Non è la prima volta che esci con una ragazza".
"Ora parli da solo?".
Il ragazzo trasalì e si voltò; non aveva sentito sua zia Anja arrivargli alle spalle. La donna gli sorrise con espressione meravigliati.
"Che bello che sei!" esclamò.
Youri si aggiustò il collo sbottonato della camicia di cotone azzurrino e infilò le mani nelle tasche del pantalone di stoffa blu scuro con le pences, assumendo un'aria seria. Raddrizzò le spalle, si schiarì la gola e guardò un punto imprecisato alla sua sinistra, scimmiottando la posa dei modelli delle pubblicità.
La zia pensò che, se avesse voluto, il suo bellissimo nipote avrebbe davvero potuto intraprendere la carriera di modello.
"Lo so che sono bello, mia cara Anja" dichiarò lui, impostando la voce di mezzo tono più basso.
Una pallina di carta gli centrò un occhio. Lui si portò le mani al viso enfatizzando il colpo subìto, mentre Anja cominciava a ridere a crepapelle, intenzionata ad accartocciare un secondo post.it da lanciargli contro.
"Ti sei vestito bene, tesoro mio, ma cerca di comportarti normalmente!".
Youri si ricompose immediatamente, aggiustandosi un polsino e gettando un'altra occhiata al riflesso del vetro per controllarsi il ciuffo. Realizzò che i capelli stavano bene, ma i polsini no, per cui cominciò ad arrotolarsi le maniche, chiedendosi se non avrebbe fatto meglio ad indossare una giacca.
"Quando mai sono stato normale? Mi conosci da quando sono nato".
"Appunto".
Si sentì un rumore di passi provenire dal corridoio. Passi cadenzati dal lieve ticchettio di tacchi alti contro il parquet del pavimento. Anja notò come Youri si fosse improvvisamente irrigidito alla vista prima delle gambe, poi della figura intera di Flavia, che compariva pian piano ad ogni scalino che lei scendeva.
Fasciata dentro un semplice ed elegante tubino nero, i lunghi capelli lasciati sciolti dietro la schiena, una Flavia lievemente truccata sorrise a Youri, sotto lo sguardo malizioso della zia.
Le iridi azzurre di lui si fissarono su di lei, senza riuscire più a scostarsi. Il ragazzo fece per dire qualcosa ma si accorse di avere la lingua attaccata al palato.
Flavia sollevò un sopracciglio, interdetta. Una seconda pallina di carta, colpì Youri in pieno sul naso.
Lui si riscosse: "Sei fantastica...davvero" mormorò.
La ragazza annuì in modo sufficiente, cercando di trattenere una risata: "Grazie. Anche tu non sei male".
Flavia si morse l'interno della guancia, cercando di mantenere una certa compostezza. In bilico sui tacchi, si sentì goffa e fuori luogo, totalmente affascinata dal ragazzo che aveva davanti. Le sembrò più grande della sua età, con la camicia azzurra che ne risaltava il colore degli occhi, la stoffa appena tesa sulle ampie spalle.
"Ottima mira!" esclamò improvvisamente all'indirizzo di Anja che osservava entrambi con aria gongolante. La donna le sorrise e le fece l'occhiolino, a far intendere che l'aveva capita, nonostante avesse parlato in italiano.
Dalla tasca dei pantaloni, Youri tirò fuori una chiave: "Lo zio Adrian mi ha prestato la sua Ferrari. Andiamo".

"Beh... il colore è quello di una Ferrari" precisò il ragazzo.
Flavia si portò una mano alla bocca, stavolta davvero divertita. Non aveva certamente creduto che lo zio Adrian possedesse una vera Ferrari, ma dell'auto che aveva davanti non ne aveva mai viste di simili.
"Non ho mai visto un'auto come questa".
Youri infilò la chiave nella toppa e aprì lo sportello dell'auto di colore rosso parcheggiata davanti all'ostello per far accomodare Flavia: "E' una Lada-Vaz Samara del 1984. Uno dei primi modelli. In Italia credo non esistano. E forse nemmeno più in Russia...".
"E' tenuta davvero bene! Sembra appena uscita da un telefilm poliziesco anni '80!".
Youri si mise al volante e girò la chiave. Il motore si accese, rombando eccessivamente. Il ragazzo si calò sugli occhi gli occhiali da sole, benché fosse tramonto inoltrato: "La pistola è nel cruscotto, tesoro".
Flavia rise per tutto il tragitto.

"Allora, dimmi..." esordì lei.
Seduta al piccolo tavolo del ristorante nel centro di San Pietroburgo, Flavia avvertiva il calore della gamba di Youri contro la sua, invisibile sotto la tovaglia color sabbia.
Youri sollevò gli occhi nei suoi, attento, e la ragazza avvertì un brivido. Si mosse sulla sedia, nervosa.
"...come mai hai letto le mie mail?" chiese, parlando tutto d'un fiato.
Fu Youri ad agitarsi sulla sedia stavolta. Flavia lo osservò mentre lui cominciava a guardarsi attorno, con aria vaga.
Appena qualche ora prima, lei aveva controllato la cronologia del suo portatile. Nessun'altra pagina era stata aperta, se non quella della sua posta elettronica. Se Youri avesse voluto utilizzare il suo pc, per lei non sarebbe stato un problema, ma il fatto che lui avesse letto la sua posta privata l'aveva, inizialmente, infastidita. La sua era una domanda più che legittima, e l'improvviso disagio di lui confermava il suo sospetto. Sorrise fra sé. In fondo, non importava che lui avesse letto la mail di Stefano. Ormai non aveva più alcuna importanza.
"Volevo usare Google...".
"Ma non lo hai fatto".
"No".
Youri smise di guardarsi attorno e fissò lo sguardo in quello di lei.
Dopo aver bussato alla porta senza ottenere risposta, era entrato nella camera di Flavia ed era rimasto in piedi, fermo, immobile, a guardarla dormire placidamente. Aveva deglutito a fatica, davanti a quel corpo a malapena avvolto nell'asciugamano, i capelli bagnati sparsi sul cuscino.
In un attimo di lucidità aveva notato il pc in stand by, così, aveva deciso di accedere a Google per cercare il numero di telefono di un altro ristorante, nel caso il cambio di orario avesse creato problemi a Flavia. Il monitor si era acceso, facendo comparire la posta elettronica di Flavia. Una mail in particolare. Aveva appena finito di leggerla, che era sobbalzato sentendo Flavia agitarsi nel sonno, timoroso di venire scoperto, per cui aveva deciso di svegliarla e dirle del nuovo orario per la cena, cioè il vero scopo per cui si trovava lì.
Flavia non era una ragazza qualunque, era sveglia ed intelligente. Come avrebbe potuto sperare che non se ne accorgesse?
"Non volevo farmi gli affari tuoi. Ho acceso il computer e le ho viste. Scusami".
"L'hai vista" specificò lei, senza alcuna inflessione della voce.
Youri tentennò: "Si. Vista".
Flavia lo fissò negli occhi e Youri non riuscì a carpire nessuna particolare emozione da quello sguardo serio.
"Va bene".
"Va bene?" riprese lui, sorpreso "Cioè, non ti sei arrabbiata?".
Flavia aprì il tovagliolo e se lo sistemò sulle gambe: "No. Non importa".
Youri rimase interdetto, senza sapere che pensare. Un silenzio insolito scese fra di loro, fin quando non vennero portate al tavolo le loro ordinazioni.
"Gli ho telefonato" rivelò improvvisamente lei, tagliando a pezzetti la sua cena.
Il boccone che Youri stava portandosi alla bocca rimase sospeso a mezz'aria. La guardò mentre tagliava in pezzi piccolissimi ciò che aveva nel piatto, gli occhi bassi. Quella rivelazione ebbe un effetto inaspettato su di lui. Si portò la forchetta alla bocca, lentamente, e cominciò a masticare, scoprendosi improvvisamente infastidito. Il tizio che l'aveva presa in giro per due anni le aveva scritto una mail dal tono pietoso e lei era lo aveva immediatamente chiamato. Quale che fosse il motivo per cui lo aveva fatto, a lui dava enormemente fastidio. Infilzò la sua portata con più forza di quanto avesse voluto, strisciando i rebbi della forchetta contro la ceramica del piatto. Lo stridio lo innervosì. E il dubbio lo assalì. Perché lo aveva chiamato? Flavia lo aveva lasciato, ma due anni non si cancellano in meno di due settimane... provava ancora qualcosa per lui? Se fosse stato così, non lo voleva sapere. Masticava del buon cibo che per un po' ebbe un sapore amaro.
"Non devi per forza parlarmene...".
"Avevo delle cose da chiarire. E ora che l'ho fatto mi sento decisamente meglio" disse lei facendo un largo sorriso.
La forchetta di lui tintinnò di nuovo contro la porcellana del piatto. Mangiarono in silenzio, spiandosi di tanto in tanto. Il fastidio di Youri aumentò nell'accorgersi che Flavia sembrava allegra.
Prese un sorso di vino e Flavia scoppiò a ridere: "Youri! Cosa c'è?".
"Niente" fece lui sforzandosi di sorridere e rendere credibile il fatto che stava mentendo spudoratamente "Anzi, sono felice di vederti così contenta".
Flavia annuì convinta: "Grazie, ragazzino. Non pensavo che chiudere definitamente col mio ex potesse essere così... rilassante. Sì. Rilassante. Mi sento più leggera. E tranquilla, ora".
"Chiudere definitivamente?" ripeté sorpreso lui.
"Esatto" confermò lei, sorseggiando un po' di vino "Avevo appunto delle cose da mettere in chiaro con lui. Prima tra tutte, che non mi cercasse più. Se una relazione è finita, allora è finita. Amen!" e rise.
"Mangia, svelta!" gli intimò lui "Ti porto in un posto".

Il cielo di San Pietroburgo aveva abbandonato il bianco lattiginoso della notte bianca per colorarsi di un blu intenso, appena punteggiato di stelle. La serata era fresca e piena di vita; in quel periodo dell'anno la città sembrava non riposarsi mai, sia di giorno che durante la notte.
Dal locale dove avevano cenato, percorsero un breve tratto a piedi. Flavia, sui tacchi alti di Nina, aveva arrancato non poco cercando di mantenere l'andatura accelerata di Youri.
"Cos'è tutta questa fretta? Si può sapere dove stiamo andando? E l'auto?".
Il giovane si voltò e le sorrise: "Vieni con me. E' qui vicino".
Youri prese per mano Flavia, la quale non si sottrasse a quella presa. Mentre camminava le venne da sorridere, constatando quanto la mano di lui fosse grande e calda.
Quando giunsero a destinazione, Youri si fermò: "Eccoci. Il Campo di Marte".
Flavia lo aveva visto in pieno giorno, affollato di turisti; a tarda notte, aveva acquistato in tranquillità e silenzio, avvolto in un aura quasi magica.
"Allora?" fece lei, chiedendosi cosa avesse in mente il suo compagno.
Percorsero appena qualche metro, per poi avvicinarsi ad uno dei prati che caratterizzavano il vasto spazio del Campo.
Youri si rivolse a Flavia guardandola con aria divertita: "Su, levati le scarpe".
Flavia sbatté le palpebre più volte, perplessa: "Scusa?".
Invece di rispondere, Youri si slacciò le scarpe e tolse i calzini. Con nonchalance, fece qualche passo sull'erba del prato, poi allungò la mano invitandola a raggiungerla.
"Cos'è? Un sabotaggio? Vuoi che venga arrestata per davvero?" domandò lei, incrociando le braccia al petto.
Lui rise di gusto: "Vieni qui e non fare storie!".
Flavia arricciò le labbra, per niente convinta. Non riuscì a capire cosa voleva fare.
"Vuoi che ti ci trascini io? Leva quei trampoli e vieni qui!".
Spazientita, Flavia si guardò prima attorno, circospetta, poi si tolse le scarpe. Non appena posò le palme dei piedi sull'erba, si lasciò scappare un mugolio di piacere. Le decolleté erano quanto di più scomodo avesse mai indossato, mentre il prato era morbido, umido e fresco.
"Devo aspettare ancora molto?".
"Sicuro che non ci arrestano?".
Youri l'afferrò per un braccio e fece per baciarla. Il ragazzo andò a vuoto, ritrovandosi col naso tra i capelli di lei. Si irrigidì per qualche istante, incredulo; Flavia aveva voltato il viso di proposito.
"Flavia...".
Lei fece un passo indietro: "Non mi sembra il caso, ragazzino".
"Dopo quello che è successo stamattina...e ciò che mi hai detto prima...pensavo...".
"Hai pensato male" gli disse in tono neutro e gli volse le spalle.
Il ragazzo non seppe che dire, né che fare. L'aveva portata al Campo di Marte per poter passeggiare a piedi nudi nell'erba, in piena notte. Aveva pensato di baciarla. Baciarla più a lungo della prima volta. Baciarla fino a perdere il respiro e dirle, col fiato corto, quanto gli piacesse e quanto ci tenesse a lei. Aveva pensato di chiederle di stare con lui.
Ma, evidentemente, come aveva detto lei, aveva pensato male.
"Quello che è accaduto stamattina, è successo e non si può cambiare" cominciò a dire lei, continuando a rivolgergli le spalle "Mi dispiace che tu abbia frainteso la situazione".
Flavia si morse un labbro. Non ebbe il coraggio di voltarsi e parlare guardando Youri negli occhi. Aveva paura che lui si accorgesse che stava mentendo. Il brivido che le aveva percorso la schiena quando le sue labbra erano entrate a contatto con quelle di lui era ancora impresso sulla sua pelle. Non era stato affatto facile prendere in mano il telefono e sentire la voce sorpresa di Stefano che diceva il suo nome. Ancora più difficile era stato dirgli che era finita per sempre, mentre lui continuava a ripeterle che l'amava e l'avrebbe aspettata.
Ma forse, in quel momento, sembrava essere più difficile dire quelle cose a Youri. Mentirgli, facendo prevalere la parte razionale di sé, quella che suggeriva di lasciar perdere quel ragazzo dal sorriso abbagliante e gli occhi cristallini. Era troppo giovane. E lei aveva bisogno di stare un po' da sola. Stefano le aveva definitivamente straziato il cuore, quel pomeriggio. E il bacio di Youri, per quando sconvolgente, le prospettava una storia senza senso, senza via d'uscita. Era il momento sbagliato. E la persona sbagliata.
"Flavia".
Flavia si riscosse. Non era la voce suadente di Stefano che la chiamava, ma quella netta e baritonale di Youri.
Gli si rivolse, con un sorriso forzato: "E' meglio che sia andata così, credimi. Ora torniamo all'ostello. E' tardissimo. Ma ci tengo a ringraziarti per la bellissima serata e l'ottima cena".
Lo sguardo indagatore di lui la trafisse in pieno petto. Youri annuì e recuperò le sue scarpe.

Flavia si fece cadere sul letto. Poi si tolse le scarpe, prima l'una e poi l'altra, facendo una smorfia nel notare il segno arrossato che le avevano impresso sul dorso del piede. Accavallò la gamba destra sulla sinistra e cominciò a massaggiarsi il piede, piegandosi in avanti.
Si voltò non appena si rese conto che era circondata dal silenzio. Youri, seduto in modo un po' scomposto, la osservava con attenzione.
Testardo come un mulo, aveva deliberatamente ignorato l'invito di lei di andare a dormire. Anzi: aveva recuperato la stessa bottiglia di vodka di qualche giorno prima e l'aveva accompagnata alla porta della sua camera, guardandola allegro: "Dobbiamo in qualche modo concludere la serata, no?".
Flavia aveva sospirato nel farlo entrare. E ora, sotto quello sguardo, venne percorsa da un fremito.
Si raddrizzò, posando il piede a terra: "Cosa c'è?".
Youri si umettò le labbra: "Sento un'esigenza forte di..." s'interruppe umettandosi le labbra.
Lei appoggiò le mani al letto, sollevando le spalle con fare noncurante: "Il bagno sai dov'è".
Quel suo atteggiamento, che avrebbe dovuto essere di rifiuto, su di lui ebbe tutt'altro effetto. Fece un mezzo sorriso: "Non hai capito".
"Ho capito benissimo, invece".
Youri deglutì e rimase seduto, immobile, continuando a fissarla, con aria fin troppo divertita. Scrollò appena il capo: quella donna non era capace di mentire. Sul suo ex, aveva detto la verità, ma sul loro bacio... Youri lo aveva intuito all'istante che era una spudorata bugia, la sua.
La ragazza guardò la bottiglia e i bicchieri lasciati sul tavolo. Un po' d'alcool le sarebbe servito a stordirsi quel tanto per riuscire a resistergli. Dal Campo di Marte, Youri non aveva fatto altro che provocarla coi sorrisi, gli sguardi profondi e con la sua mano, che non aveva voluto lasciare la sua. In effetti, non aveva opposto resistenza a quello. Aveva costatato con rassegnazione che passeggiare brevemente per raggiungere l'auto tenendosi per mano, era stato bello.
Flavia si alzò in piedi: "Sfoga la tua esigenza con qualcun'altra, se non vuoi farlo da solo" e fece per allungarsi verso la bottiglia di vodka. Youri scoppiò a ridere, poi scattò in piedi, fermandola. Le circondò la vita con un solo braccio, mentre con l'altro le bloccò le braccia. Flavia non tentò di divincolarsi. Non voleva.
Aveva voltato il viso al suo tentativo di baciarla, in uno scatto di lucida razionalità, appena prima. In quel momento, invece, stretta da quelle braccia forti, si diede delle stupida e della volubile.
"Ciò che voglio fare, lo farò solo su di te" le sussurrò lui.
La guardava dall'alto, le iridi più azzurre che mai, la bocca appena arcuata in un sorriso furbetto. Flavia non poteva più nascondere a sé stessa quanto desiderasse sentire quella bocca su di sé. Forse era passato troppo tempo dall'ultima volta che si era sentita desiderata davvero da un uomo, e ciò la stava confondendo, non permettendole di assumere un comportamento coerente. Buttarsi in una storiella estiva... se avesse voluto, poteva permetterselo ora che si sentiva finalmente libera dal peso della sua relazione passata. Ma Youri era qualcosa di diverso.
"E cosa?" chiese, cercando di usare un tono di voce indifferente.
"Passare la mia lingua su ogni centimetro della tua pelle. E morderti, forte, da lasciare il segno".
A quelle parole, Flavia avvertì qualcosa sfarfallarle nello stomaco, e poi nel ventre. Tossicchiò: "E' ciò che facevi alle fidanzatine delle superiori?".
Lui arricciò le labbra: "Al dire il vero no, perché nessuna fidanzatina mi ha scatenato abbastanza da farmi desiderare di fare una roba simile".
Flavia annaspava visibilmente. Doveva trovare un appiglio al quale ancorarsi, prima che fosse troppo tardi.
"In effetti, i ragazzi della tua età sviluppano molte fantasie sulle donne più grandi..." prese a dire.
"Che frase banale!" esclamò lui "Ho desiderato farlo nel momento in cui ti ho vista appesa alla cancellata del monumento, come una scimmietta, non curante dal poliziotto incazzato che tentava di tirarla giù".
Flavia non riuscì a fare a meno di ridere. Lui continuò, stringendola ancora di più: "E poi l'ho desiderato mentre ti osservavo lavorare, e anche quando ti guardavo che aiutavi mia zia a sparecchiare, l'altra sera. E poi...".
"Basta così" lo interruppe lei, posandogli un dito sulle labbra "Ora lasciami".
Youri baciò quel dito e poi fece per morderlo, ma Flavia lo anticipò, dandogli un buffetto sul naso.
"Selvaggia! Mi piace!" commentò con aria sorniona.
Youri doveva giocarsi il tutto per tutto. Voleva fermamente conquistarla, farla sua. Avrebbe deposto le armi solo se avesse capito che il rifiuto di lei era reale. Non era quello il caso.
Lui le fece la linguaccia e rise. Il grumo d'ansia che pesava sul petto di Flavia, si dissipò completamente. Era inutile fare resistenza, visto che si era arresa sin dal primo momento, ma almeno doveva provarci.
Gli mise una mano al centro del petto, per allontanarlo, ma non lo fece. Si sentiva confusa, stordita. Doveva riacquistare lucidità e piegare il desiderio che aveva di lui sotto una volontà razionale. Aveva pensato per tutto il pomeriggio a cosa fare con lui. Non poteva crollare in quel modo, succube di quegli occhi, di quelle braccia e di quel sorriso.
"Al Campo di Marte ti ho detto che non era il caso...noi due non possiamo...".
Lui le sorrise dolcemente. Le avrebbe fatto capire che lo sottovalutava. E che ciò che voleva lui era la stessa cosa che voleva lei; la stessa che in quel momento negava a sé stessa. Lo aveva capito quando lo aveva ringraziato per la cena.
"Sei solo una piccola bugiarda" le sussurrò.
Youri si piegò su di lei e la baciò. La sensazione di sete, si placò ancora, acuendo però la fame. Fame di lei, dei suoi occhi, del suo corpo, della sua bocca, del suo sorriso.
Si staccò da lei quel tanto da permettergli di articolare qualche parola: "Se non facciamo l'amore, qui, adesso, rischio di impazzire" bisbigliò.
Lei tremò, ed ebbe l'impressione che quel tremore arrivasse a toccarle l'anima: "Youri, io non... E' un salto nel buio".
Youri le prese le braccia e se le passò attorno al collo, stringendola, senza staccare il suo sguardo da quello di lei: "Allora, aggrappati a me e non avere paura".
Le già deboli difese di Flavia crollarono rovinosamente a quelle parole.
Youri le cercò nuovamente le labbra, con smania, affamato. E quando le trovò, già protese verso di lui, avvertì il suo cuore perdere un battito. La sollevò per deporla sul letto. Flavia gli sfilò la camicia, trovandosi di fronte la pelle bianca di lui, appena increspata dai brividi e modellata sui muscoli solidi e definiti. Le si mozzò il fiato in gola.
Youri passò le mani sulla veste di Flavia e gemette quando, riempiendosi la mano con un suo seno, ne sentì sotto il palmo la punta turgida premere sotto la stoffa.
La spogliò con gesti sorprendentemente lenti, gli occhi pronti a catturare ogni istante, ogni particolare, stordito davanti a quella pelle di pesca, al seno generoso rinchiuso nel reggiseno, al ventre piatto, alle cosce morbide. Fece ciò che desiderava fare: la baciò per poi passare la sua lingua sul collo di Flavia, il petto, lo spazio tra i seni, il ventre. E quando le morse la carne della coscia, Flavia trasalì.
Le sfilò la biancheria, reprimendo la sensazione di prenderla all'istante. Non voleva bruciare ogni momento a causa della fretta; il tempo andava dilatato e vissuto appieno.
Flavia si godette ogni carezza ed ogni brivido che la lingua calda ed umida di Youri le suscitava. Gli slacciò la cintura e poi i pantaloni. Lui se li sfilò assieme ai boxer, gettandoli di lato, e trasalì d'improvviso quando la mano di Flavia si strinse attorno al suo membro rigido, tanto eccitato da dolergli.
Flavia si scoprì ad ansimare nel guardarlo chiudere gli occhi in totale abbandono, sotto la sua mano. Per quanto continuasse a definirlo un ragazzino, era in realtà un giovane uomo con il quale la natura era stata fin troppo generosa. Al solo pensiero di quella punta dura e liscia come la seta che si faceva strada dentro di lei, gemette.
Youri le cercò ancora la bocca e si posizionò tra le gambe di Flavia. Poi prese tra le labbra la punta rosea di un suo seno, e cominciò a succhiarla, mentre con la destra andava cercando la sua intimità. Flavia si contorse, ansimando, e lui si sentì quasi soffocare dal desiderio, come una mano che gli stringeva la gola, senza dargli via di scampo. Scovò il punto più sensibile di lei, i sensi confusi dai gemiti di Flavia e dal piacere che gli stillava tra le dita.
Flavia si sentì perduta, proiettata verso l'unica cosa che sentiva di dover fare in quel momento. Strinse ancora le dita attorno al membro di Youri, per guidarlo verso di sé.
Il ragazzo provò quasi dolore, talmente il desiderio era forte: "La mia meravigliosa strega" mormorò.
Flavia sorrise per poi baciarlo con ardore, avvinghiandosi a lui. Youri la penetrò lentamente, gemendo. Il ventre di lei era una fornace di metallo liquido e lui non vedeva l'ora di dissiparsi, sciogliersi dentro di lei. Con le gambe di Flavia che gli circondavano i fianchi, Youri cominciò a muoversi piano, affondando il viso nei suoi capelli profumati.
La ragazza perse ogni cognizione di sé, completamente piena di lui, nel corpo e nell'anima. Lo comprese qualche istante più tardi, quando si guardarono negli occhi, mentre Youri si muoveva dentro di lei.
Comprese che quel ragazzo la completava e dall'espressione che aveva Youri, comprese che anche per lui era lo stesso.
Continuarono a guardarsi negli occhi anche quando il piacere giunse al suo culmine, roboante e sconcertante, cogliendoli insieme, di sorpresa. Youri liberò il suo orgasmo in una serie di spasimi continui, infiniti, contro la carne pulsante di Flavia.
Il ragazzo si abbandonò al suo fianco, esausto, il capo posato sul suo seno: "Riposa, ora" gli mormorò.
Youri avvertì il cuore di Flavia che batteva forte sotto la sua guancia.
"Guarda che abbiamo appena cominciato..." le disse.

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