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Capitolo IV - Per perdermi in un tuo bacio

"(...) and they 'll know
That you and I were made for this
I was made to taste your kiss
We were made to never fall away
Never fall away"
Civil Twilight – Letters from the Sky




Flavia si stiracchiò davanti alla finestra aperta. Benchè fosse a San Pietroburgo già da più di una settimana, non riusciva ancora ad abituarsi alla notte bianca. Era sera tardi, ma fuori era ancora chiaro. Le giornate le sembravano non avere mai fine e il tempo pareva dilatarsi all'infinito. Per quanto quel fenomeno naturale la frastornasse, ammise che le trasmetteva una sensazione piacevole.
Sorrise, ripensando alla serata appena trascorsa. Si era divertita e aveva mangiato tante cose buonissime, più di quanto il suo stomaco potesse contenere.
Youri.
Cosa diavolo gli era passato per la testa? Farla passare come la sua fidanzata! Inoltre non era certa del fatto che avesse chiarito a tutti come stessero in realtà le cose. Per la maggior parte del tempo, aveva parlato nella sua lingua e lei non ci aveva capito alcunché.
E' davvero necessario dire che non sei la mia fidanzata? A me non dispiacerebbe se tu lo fossi.
Sbuffò. L'aveva messa in imbarazzo e aveva deciso di ignorare quella frase, fingendo che non avesse detto niente. Le era sembrata la cosa più giusta da fare in quel contesto. Non aveva voluto approfondire la cosa né mettersi al discutere, visto che il luogo e la compagnia non lo permettevano. Nel caso Youri avesse tirato fuori l'argomento, allora lei avrebbe messo in chiaro la situazione. Troppa differenza di età, troppi casini nella sua testa e nel suo cuore, troppe cose a cui dare la priorità. Non era il momento quello per darsi ai flirt estivi. E quello scherzo poi... Era proprio un ragazzino. Punto.
Sentì bussare alla porta. "Chi è?".
"Io". La voce di Youri arrivò attutita: "Apri".
Flavia trasalì, quasi che i suoi pensieri lo avessero chiamato. Andò ad aprire: "Spero tu abbia una scusa valida per...".
Da dietro l'uscio, il ragazzo era appoggiato con una spalla allo stipite della porta. Le sorrise e sollevò davanti al naso di Flavia ciò che aveva tra le mani: una bottiglia di vodka nella destra e due bicchierini di vetro trasparente nella sinistra.
Flavia fece una smorfia indispettita: "Ammetto che è una buona argomentazione".
"E' per farmi perdonare di averti fatto trascinare a cena dai miei parenti" dichiarò lui, entrando e posando bottiglia e bicchieri sul piccolo scrittoio.
Flavia sorrise: "Invece ti ringrazio. Era da tanto che non passavo una serata divertente come questa. E poi tua zia Anja cucina così bene!" disse, massaggiandosi la pancia.
Youri stappò la bottiglia e versò il liquore nei bicchierini. Ne porse uno a Flavia: "Vuoi brindare a qualcosa?".
Flavia prese il bicchierino e ci pensò su per un attimo: "Al mio soggiorno in questa bellissima città e alle persone meravigliose che ho avuto la fortuna di incontrare".
"Grazie per il meraviglioso" rispose in modo ossequioso lui.
La ragazza fece tintinnare il suo bicchiere contro quello di Youri: "Ovviamente, non parlavo di te".
Risero ed entrambi bevvero d'un fiato il loro liquore.
Flavia soffiò, con gli occhi spalancati: "E' forte!".
"E' artigianale" rispose lui, per niente scomposto.
Raccolse i bicchieri e li ripose accanto alla bottiglia: "E per il mio... scherzetto?" chiese poi, rivolgendole le spalle e temporeggiando "Sono perdonato?".
"Domani portami in un bel posto, dove fare bellissime foto, e forse potrei prendere in considerazione l'eventualità di perdonarti".
Flavia lo sentì ridere. Lo vide passarsi una mano tra i capelli biondi, con fare un po' timido. Non riuscì a non pensare a quanto fosse giovane.
Youri riempì nuovamente i bicchieri e si accomodò al piccolo tavolo, attaccato al muro. Flavia lo imitò, sedendogli difronte.
Lo vide buttar giù il secondo bicchierino di vodka come se fosse acqua; lei prese solo un piccolo sorso e rimasero entrambi in silenzio. Dalla finestra aperta arrivò il rumore di una macchina che passava e un clacson lontano.
"Ti ha fatto soffrire?".
Flavia si riscosse, già lievemente stordita dall'alcol: "Cosa, scusa?".
Youri si riempì per la terza volta il bicchiere, ma senza bere, e riformulò la domanda: "C'è qualcuno che ti ha fatto soffrire o che ti fa ancora soffrire?".
Lei rimase in silenzio. Lui la spiò sottecchi, leggendone la tristezza negli occhi, fissi sul suo bicchierino pieno per metà. Spesso gli era capitato di imbattersi in quella velata tristezza, come se, tra lavoro, spostamenti e luoghi da visitare, ogni tanto un pensiero lontano le attraversasse la mente. Dalla sua reazione, intuì di aver indovinato.
"Scusa, non volevo...".
"Si tratta di una lunga e triste storia!" fece lei, in tono improvvisamente teatrale e ironico, al quale Youri non riuscì a trattenere un mezzo sorriso.
Flavia ingollò il suo liquore, con una smorfia. Sentì il petto bruciare: "In poche parole: io single, lui sposato. Mi corteggia e io mi innamoro. Garantisce di essere già con i documenti della separazione tra le mani. Lo garantisce per due anni. Due anni nei quali io sono stata l'altra, l'amante. Cosa che, in effetti, non avrei mai voluto essere. Ho chiuso poco prima di venire qui, a San Pietroburgo. Fine della triste storia".
Aveva parlato in fretta, senza fare pause, sotto lo sguardo serio e attento di Youri. Col dito gli fece segno di versagli altra vodka.
Lui ubbidì: "Non avevi detto che era lunga?".
"Non volevo annoiarti. Due anni sono lunghi da raccontare. Ti ho fatto il riassunto".
Risero. Flavia si sentì stranamente rilassata nel confidarsi con Youri. In quei due anni, in pochissimi sapevano della sua storia con Stefano, e mai ne aveva parlato con qualcuno così apertamente, soprattutto del fatto di essere stata l'amante di un uomo sposato. Youri aveva ascoltato con attenzione e non c'era giudizio nella sua espressione. Avvertì quasi una sorta di sollievo nell'aver detto tutto.
Prese un sorso di liquore: "E tu?".
Youri cominciò a bere il suo terzo bicchiere, con estrema calma: "Anche la mia è una lunga e triste storia" disse aggrottando la fronte.
"Fammi il riassunto".
Youri cominciò a guardare la bottiglia di vetro. Pensò di versarsi altra vodka, ma decise che era meglio di no: "Quasi un anno con una ragazza conosciuta all'università. Le cose all'inizio andavano bene, poi ha cominciato a diventare gelosa, possessiva. Morbosa".
Ci ripensò, si versò da bere, ma lasciò il bicchiere intatto: "Litigavamo sempre più spesso, fino a quando ho deciso di chiudere. Lei mi ha fatto una scenata, poi siamo finiti a letto. Da quel momento non ci siamo più visti. Mi sentii liberato di un peso. Avevo anche dato la caparra per pagarmi le vacanze estive in Grecia, con alcuni amici. Il fine settimana lavoro in una pizzeria e avevo messo da parte un po' di soldi".
Sospirò, stropicciandosi un occhio: "Qualche settimana dopo, viene da me e mi mostra i risultati di certe analisi che aveva fatto. Era incinta".
Flavia lo vide raddrizzarsi sulla sedia, per poi appoggiare entrambi i gomiti sul tavolo, la testa bassa: "Ero stato uno stupido a non usare alcuna protezione... A quella notizia, ho reagito male. Le ho detto che non ne volevo sapere niente. Che lei era libera di decidere cosa fare, perché io non ne volevo sapere niente".
Dalla finestra aperta arrivarono gli schiamazzi di qualcuno che passeggiava per strada, ridendo forte. Poi calò nuovamente il silenzio.
"Non riuscivo più a studiare, a mangiare, a lavorare... Non era giusto ciò che avevo fatto. Non potevo lasciarla da sola e quel bambino era mio figlio. Mi vergognavo di me stesso. Decisi che mi sarei preso le mie responsabilità. Così, un paio di settimane dopo, andai da lei" prese un sorso di vodka e tirò su col naso "Mi disse che aveva deciso di tenerlo ma che era inutile anche che lo sapessi. Qualche giorno prima aveva perso il bambino".
Youri rimase immobile, le mani strette una dentro l'altra, attorno al piccolo bicchiere. Chiuse gli occhi; li riaprì quando avvertì la mano di Flavia che si posava sulla sua. Lasciò il bicchiere e la strinse a sua volta. Era piccola e fresca.
Continuò: "Mi sono sentito come se ne fossi stata la causa. Come se quel bambino si fosse sentito rifiutato da me e avesse deciso di punirmi in questo modo per come mi ero comportato".
"Non è stata colpa tua. Sono cose che purtroppo accadono" gli disse Flavia.
"Lo so, ma non posso fare a meno di sentirmi ancora così, anche se sono passati alcuni mesi... Non l'ho più rivista, studia in un'altra facoltà. Ma ho saputo che si era ripresa bene. Io sono riuscito a dare due esami. Avevo ripreso a studiare come un forsennato, giorno e notte, per non soffermarmi a pensare. Recuperai la caparra del viaggio in Grecia. Volevo stare da solo, ma non volevo nemmeno rimanere a Roma. Quest'anno, che per la prima volta non sarei dovuto venire qui, ci sono letteralmente scappato! Appena ho potuto, ho preso il primo aereo per San Pietroburgo. Fine della triste storia".
"Mi dispiace".
Youri abbozzò un sorriso: "E a me spiace di averti fatto un riassunto così lungo".
Flavia scrollò la testa e gli sorrise; fece per tirare via la mano, ma Youri la fermò. Intrecciò le dita con le sue: "Sono davvero contento di non essere partito per la Grecia. Se non fossi tornato qui, non ti avrei incontrata".
Flavia fissò i suoi occhi in quelli di lui, incontrando lo stesso sguardo che aveva incrociato quando lo aveva scoperto ad osservarla lavorare. Era uno sguardo intenso, penetrante, e si sentì nuovamente avvampare.
"Giusto" riprese lei "A quest'ora forse sarei ancora alla stazione di polizia a spiegare perché mi ero arrampicata sulla cancellata di un monumento".
Scoppiarono a ridere, ormai storditi dall'alcol. Poi rimasero qualche istante a fissarsi negli occhi, ancora con le dita intrecciate. Flavia aveva occhi così intensi che Youri per un istante avvertì una lieve vertigine. Avrebbe voluto ripeterle ciò che le aveva rivelato appena un paio d'ore prima, cioè che non le sarebbe dispiaciuto che fosse la sua fidanzata, ma aveva un principio di sbornia per cui decise di star zitto.
La liberò dalla sua stretta, a malincuore: "Allora domani ti porterò in un bel posto. Un posto che a me piace molto. Basta bere. Ora ti lascio andare a dormire".
Flavia annuì e si sollevò in piedi, imitata da lui. Si ritrovarono l'una di fronte all'altro, a distanza ridotta. La ragazza dovette sollevare il viso per guardarlo. Da così vicino, Youri era molto alto rispetto a lei.
"A domani" gli disse.
"A domani".
Youri non si mosse, restando a fissarla. Flavia deglutì e per un momento avvertì il calore che emanava il corpo di lui, troppo vicino. Stordita dal cibo e dall'alcol, non riuscì a staccare lo sguardo dalle pupille dilatate di Youri. Le iridi azzurre erano diventate appena due cerchietti chiari, trasparenti come l'acqua.
"Buonanotte" mormorò lui.
"Buonanotte" ripeté lei, meccanicamente.
Youri fece un passo indietro, quasi barcollando. Sorrise, recuperò bottiglia e bicchieri ed uscì, richiudendosi la porta alle spalle. Flavia si fece cadere sul letto con un sospiro. Piegò il capo rivolgendosi alla finestra: era notte inoltrata, ma era come se fosse ancora giorno.

"Cosa rappresenta?" domandò Flavia, sollevando il braccio ad indicare il bassorilievo che decorava la facciata principale del palazzo che aveva davanti.
Youri fece un mezzo sorriso: "La storia e la gloria di Santa Madre Russia".
"Caspita!".
"E' stato scolpito da un'artista italiano. Anche la statua di Pietro il Grande lungo il vialone è opera di uno scultore italiano".
Flavia parve impressionata e puntò la reflex. Passò l'intera mattinata a fotografare il Castello Mikhailovsky, chiamato "Il Castello degli Ingegneri", rimanendo concentrata a cogliere ogni minimo particolare di quel palazzo dalle mura rosa, i dettagli color avorio e l'architettura severa. Il tutto sotto lo sguardo di Youri.
All'interno del cortile a pianta ottagonale, Flavia staccò finalmente l'occhio dall'obbiettivo, sudata e stanca. Tutta presa dal suo lavoro, si accorse solo in quel momento di aver scattato parecchie fotografie sotto il sole di luglio.
D'improvviso sussultò e per poco non si mise ad urlare: Youri le aveva appoggiato una bottiglietta d'acqua ghiacciata sulla pelle del collo che la canotta le lasciava scoperta.
"Santo Cielo, ragazzino! Ma cosa ti viene in mente?".
"Rischi di prendere un colpo di calore! Con quell'aggeggio in mano perdi ogni cognizione di tempo e luogo! Non ti eri nemmeno accorta che ero proprio dietro di te".
Flavia gli strappò la bottiglietta di mano: "Va bene, hai ragione! Ma non era necessario farmi venire un infarto!".
Youri scoppiò a ridere e a Flavia quel sorriso parve ben più caldo e luminoso del sole che brillava quella mattina. Stappò la bottiglietta e bevve, facendosi, allo stesso tempo, aria con una mano.
"Vieni con me".
Uscirono all'esterno; attraversarono una trafficatissima Via Sadovaya ed entrarono in un vasto giardino attraverso un piccolo cancello. Passeggiarono sotto la fresca ombra degli alti alberi, seguendo il percorso tracciato tra i prati. Youri deviò a destra e Flavia lo seguì, in silenzio. Le sembrò che si stesse dirigendo in un punto preciso. Si ritrovarono a camminare rilassati, costeggiando le acque tranquille del Moika; a quell'ora c'erano pochissimi turisti e un paio di battelli erano attraccati lungo la sponda opposta del fiume.
Tra le fronde degli alberi comparve una piccola costruzione di impronta neoclassica, dalle mura color giallo paglierino. L'elegante facciata era composta da candide colonne doriche, in stile ellenistico, posate su di una base rialzata a più scalini. Ai lati, due leoni di marmo erano a guardia dell'ingresso.
Flavia allargò gli occhi: "E' bellissimo questo posto! Che cos'è? Come si chiama?".
Youri fece un mezzo sorriso, che gli fece comparire una piccola fossetta su di una guancia: "Siamo nei giardini del Palazzo Mikhailovsky" sollevò il viso a guardare il piccolo edificio "Questo... Mi piace pensare che sia stato fatto costruire da un architetto o da un ingegnere per la donna che amava".
"Come siamo romantici" commentò lei, in tono piatto.
In realtà era stata profondamente colpita da ciò che aveva detto. Quel luogo sembrava davvero essere stato progettato per quell'intento. Per un'istante immaginò due innamorati incontrarsi lì, segretamente, per baciarsi tra le colonne bianche, con in sottofondo lo sciabordio del fiume.
"Posso?" chiese il ragazzo indicando la reflex di Flavia.
Flavia strinse appena gli occhi, in un'espressione minacciosa: "Cosa?".
"Voglio fare una foto".
La ragazza si sfilò la tracola e gli rivolse un'occhiata di traverso: "Se le succede qualcosa...".
"Non preoccuparti...".
Youri raccolse dalle mani di Flavia la macchina fotografica, fingendo eccessiva premura per poi inscenare una caduta rovinosa sulla ghiaia.
Flavia trasalì: "Scemo! Mi hai fatto venire un colpo!".
Youri, con le dita strette saldamente alla macchina fotografica, rise fino alle lacrime. Poi, sospirando con un lamento, mise l'occhio sull'obbiettivo, osservando attraverso le lenti il paesaggio.
"Trova un soggetto interessante, prima" gli spiegò lei "Una volta trovato, soffermati su un dettaglio, un particolare che, secondo te, merita di essere fotografato".
"Un soggetto interessante..." mormorò lui, l'occhio destro nell'obbiettivo, il sinistro chiuso, strizzato.
Flavia lo vide inquadrare dapprima gli alberi sul fiume, poi il palazzo retrostante. Infine ruotò quasi su sé stesso, puntando su di lei.
"Penso di averlo trovato".
La ragazza sbuffò ed incrociò le braccia al petto: "Ti sto spiegando come si fa una foto seria".
"Devo soffermarmi su di un dettaglio..." mormorò.
Youri ne inquadrò la sottile attaccatura dei lunghi capelli, gli occhi grandi dall'espressione intensa, il naso, un'impercettibile neo sulla guancia, la bocca imbronciata, il mento.
Tenendo ancora l'obbiettivo puntato su di lei, allungò la mano sinistra verso il viso di Flavia. Con le dita, la fece voltare, facendole mettere in mostra il profilo. Lei non riuscì stavolta a trattenere un lieve sorriso. Rimase così, ferma, in attesa.
Youri premette il dito a scattare la foto, poi ne osservò il risultato sul display, soddisfatto, mostrandola infine a Flavia.
Aveva fotografato la parte inferiore del volto e il collo che, voltato di profilo, metteva in evidenza la sua curva e il tendine in tensione, sotto la pelle chiara. Flavia dovette ammettere che era una bella foto.
"Se avessi fotografato me e basta, sarebbe stato banale. Così, invece, magari con un filtro ad effetto, è uno scatto quasi da professionista".
"Vuol dire che se non riesco a trovare lavoro come ingegnere, potrei fare il fotografo?".
"Ora non esageriamo" lo richiamò lei "E' solo una bella foto".
"Questo aggeggio ha l'autoscatto?" chiese improvvisamente lui.
"Ma certo che ce l'ha".
"Attivalo e facciamoci una foto assieme".
Flavia mugugnò infastidita, poi si guardò attorno: "Siedi lì, sulle scale, e aspetta".
"Sotto il leone?".
"Esatto. E non farti sbranare!".
Youri ubbidì e la vide sistemare la reflex sul bordo di pietra della balaustra in marmo, al disotto del secondo leone, in posizione frontale. Fece in modo da inquadrarlo nell'obbiettivo, poi premette dei pulsanti.
"Il primo scatto parte dopo dieci secondi" gli disse raggiungendolo "Altri due, dopo cinque".
Flavia fece per sederglisi accanto, ma Youri l'afferrò per un polso, facendola quasi cadere sui gradini di pietra, tra le sue gambe.
"E' scomodo così!" protestò lei, sedendogli davanti.
"Stai zitta che manca poco" Youri le circondò le spalle con le braccia, appoggiando la guancia contro quella di lei "Sorridi".
Flavia sorrise e la macchina scattò. Contro il suo viso, la guancia di Youri era appena ruvida di barba.
"Altri due scatti?" volle sapere.
La ragazza annuì e lui la strinse ancora di più. Il profumo dolce e buono che emanava la sua pelle, così vicina, lo ubriacò. Youri fece leva su sé stesso per non affondare il volto nel suo collo e tra i capelli.
La reflex scattò la seconda foto.
"Ultimo scatto".
Rimasero così, immobili e sorridenti, e la macchina scattò l'ultima foto.
Non si mossero. Flavia avvertiva il calore di quell'abbraccio che la stringeva. Un abbraccio forte, ma rassicurante, condito dal profumo fresco di deodorante maschile misto all'aroma di tabacco delle sigarette. Mosse appena un braccio: Youri rimase fermo, continuando a stringerla, e lei ebbe l'impressione che non volesse lasciarla.
"Mi hai appena rovinato l'intero reportage. Giorni interi di lavoro sprecato".
Lo sentì sorridere. Youri staccò la sua guancia da quella morbida di lei e torse la testa a guardarla. Gli si mozzò il fiato in gola quando incontrò lo sguardo serio di Flavia, il viso vicinissimo al suo. Era bella anche col broncio.
"Mi spiace. Dovrai fare tutto d'accapo".
"Stupido".
"Strega".
"Bamboccio".
Youri fissò le sue iridi azzurre sulle labbra di Flavia, appena socchiuse. Erano rosse, piene, dal disegno definito e invitante.
"Strega" ripeté in un bisbiglio, col fiato corto "Meravigliosa strega".
La baciò.
Youri avvertì Flavia irrigidirsi tra le sue braccia, per poi rilassarsi improvvisamente. Dischiusero entrambi le labbra e quando Youri incontrò, con una certa esitazione, la lingua di Flavia con la sua, ravvisò il sangue liquefarsi nelle vene, per poi accelerare il suo corso, invadendo ogni fibra del suo corpo.
La bocca di lei era morbida, calda, quanto di più dolce avesse mai assaggiato. Fu come riuscire ad abbeverarsi ad una fonte di acqua fresca, dopo aver patito la siccità.
Flavia artigliò le dita attorno al braccio solido di Youri, che ancora non la lasciava andare. Si rese conto di essersi abbandonata totalmente alle labbra di quel ragazzo così giovane, assecondando ogni respiro ed ogni languido movimento di lui, col cuore che le batteva impazzito nel petto e la mente sgombra da qualsiasi cosa che non fosse Youri, il suo petto contro la sua schiena, le labbra di lui sulle sue.
Il bacio, da timido ed esitante, divenne più profondo e geloso; la bocca di Youri aveva preso pieno possesso di quella di Flavia, impedendo ad entrambi di respirare con regolarità.
La ragazza sollevò una mano e gli sfiorò il viso, poi affondò le dita tra i corti capelli biondi di Youri, dietro la nuca. Lui emise un gemito di puro piacere.
Le dita di Flavia afferrarono i ciuffi corti e tirarono, costringendo Youri a staccarsi da lei.
Stettero a guardarsi negli occhi, storditi ed ansimanti, con i respiri che si mescolavano tra loro.
Nonostante lei gli tenesse ancora i capelli, Youri si piegò in avanti, per baciarla ancora. Riuscì solo a sfiorarle appena le labbra, perché Flavia si era sollevata in piedi di scatto, raggiungendo la macchina fotografica, posata sotto le zampe del leone di marmo. Rimase così, a guardarle le spalle, con le braccia ancora aperte, ormai vuote.
Flavia allungò le mani a raccogliere la reflex e lo fece con gli occhi chiusi. Aveva perso in controllo. Non avrebbe dovuto permettergli di baciarla. E lei non avrebbe dovuto abbandonarsi a quel modo. Riaprì gli occhi e si umettò le labbra. Erano ancora impregnate del suo sapore e sospirò. Era davvero un buon sapore.
Lo sentì sollevarsi in piedi e fare qualche passo verso di lei. Si voltò, lentamente, per guardarlo, sperando di non avere un'espressione eccessivamente turbata.
Le sembrò sconvolto quanto lei, con le guance appena arrossate e il fiato corto.
"Flavia, io volevo...".
"Vuoi scusarti?".
Youri aggrottò la fronte: "Scusarmi? Per cosa?".
"Per avermi baciata".
L'espressione perplessa di Youri lasciò spazio ad un largo sorriso. Gli occhi azzurri, cristallini come l'acqua, si illuminarono allegri. Flavia deglutì a vuoto, completamente spaesata da lui e dal quel meraviglioso sorriso.
"Perché dovrei scusarmi?" fece lui, stringendosi nelle spalle "Stavo per rifarlo. E vorrei farlo ancora".
Flavia si sentì avvampare, mentre lui si portava le mani ai fianchi e arricciava le labbra, improvvisamente imbarazzato per ciò che aveva detto. Quel ragazzo era capace di dire qualsiasi cosa gli passasse per la mente, per poi pensarci su appena l'istante dopo e, di conseguenza, intimidirsi.
Le ragazza tossicchiò e decise di sviare l'argomento: "Allora, cosa volevi dirmi?".
Youri si grattò nervosamente il mento. Era l'occasione che aspettava già dal giorno precedente. E ora era abbastanza lucido e deciso da coglierla al volo, nonostante le sensazioni destabilizzanti che aveva provato baciandola lo avessero frastornato ed eccitato. Se fosse stato più incosciente, l'avrebbe presa e baciata una seconda volta, in quell'istante. Si era perso in quel bacio ed era stata una sensazione che forse non aveva mai provato in vita sua. Desiderò perdersi ancora su quelle labbra, ora piegate in un'espressione seria.
"Volevo chiederti se ti andava di uscire a cena con me, stasera".
Flavia prese a sistemare la sua macchina fotografica nella custodia, con gesti lenti e calcolati. Youri la osservò col fiato sospeso. Gli parve che stesse riflettendo. E lui avvertì l'ansia pungolargli il collo, le mani, lo stomaco.
Flavia chiuse la cerniera della custodia. Il bacio di qualche minuto prima l'aveva sconvolta. Aveva avuto lo stesso effetto di una bomba, esplosa senza nessun preavviso, lasciandola confusa, scossa. Piacevolmente emozionata. Lo studiò per qualche istante, mordicchiandosi il labbro. Era alto e bello: aveva notato come le ragazze lo guardavano, per strada. Era giovane, troppo giovane, e l'aveva baciata con un ardore e una passione che forse, guardando indietro, nessuno aveva mai avuto con lei. E ora poteva leggerne l'attesa in quegli sconcertanti occhi azzurri. Attesa di una sua risposta ad un invito del tutto inaspettato.
Cercò qualche motivo valido, anche uno solo, per potergli dire di no. Non ne trovò. O forse semplicemente li ignorò, perché in effetti ne aveva. Fino alla sera prima, ne aveva.
"Stasera... sì, va bene. Per me va bene".
Youri cercò di sorridere in modo normale, ma ebbe l'impressione di aver assunto un'espressione da idiota.
L'aveva baciata d'istinto, spinto dal desiderio che gli aveva scatenato il solo tenerla vicina.
Lei avrebbe potuto respingerlo e anche mollargli uno schiaffo; invece si era stretta a lui, coinvolta dalla stessa passione che si era impossessata di lui.
Lei avrebbe potuto dirgli di no, invece aveva accettato il suo invito.
"Bene" riuscì a dire, con la voce un po' roca "Andiamo. Ti va di passeggiare ancora per i giardini?".

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