Partenza
I marinai furono portati in una sala piena di brandine e comodi letti soffici.
"Riposate." Disse una delle donne. "Quando sarete pronti sarete accompagnati ad un banchetto in vostro onore."
L'equipaggio esultò per la gioia, poi si litigò per i posti migliori. Ame approfittò della confusione e prese la mano ad Haruo che sentì un fremito lungo la schiena.
"Vieni con me." Gli disse.
"Ma..." Rispose lui guardardando verso i suoi compagni.
"Le mie sorelle se ne prenderanno cura."
Lui cercò gli occhi del suo quartiermastro e gli fece intuire che si sarebbe allontanato, ma sarebbe tornato a breve. Rudy annuì sapendo che la responsabilità della ciurma apparteneva a lui. Haruo si allontanò, ma portò con sé le sue armi che i suoi compagni avevano abbandonato sui giacigli.
"Non aver paura. Non vogliamo farvi del male." Disse la donna quando lo vide titubante.
Attraversarono le diverse sale del palazzo, molto pulite ed asettiche. Lei camminava davanti e al suo passaggio si accendevano delle luci da delle strane sfere di vetro. Si girò lenta, sorridendo.
"Energia." Disse indicando il misterioso fenomeno.
Haruo annuì sorpreso. La seguì oltre un'altra porta che li portò dentro una serra interna all'edificio. La temperatura era più alta e le piante erano per la maggior parte tropicali. Tra due alberi era tesa una rete ed era delimitato un campo di gioco.
"Come siete arrivate qui? Chi siete veramente?"
Ame rise a quella domanda così seria.
"Siamo quello che siamo, viviamo per vivere e godere dei piaceri della vita." Disse togliendosi il vestito e rimanendo seminuda.
"Conoscete delle tecnologie che non ci sono nel resto del mondo. Com'è possibile?"
La donna rise di nuovo sedendosi nell'erba e lasciando la forma del suo corpo sulla vegetazione circostante. Con il gesto della mano lo invitò a coricarsi affianco a lei. Lui si tolse la giacca e ci si sedette sopra.
"Raccontami di te, marinaio. Che cosa c'è oltre quest'isola?" Gli chiese, avvicinandosi.
"Beh..." Rispose il capitano, confuso dalla vicinanza. "Ho visto parecchie cose. Vite di uomini onesti, ho depredato navi e rovesciato governi tiranni di alcune isole. Ho visto l'amore nascere su molti volti per morire poco dopo." Disse rabbuiandosi.
Lei gli pose una mano sul petto spostando gli amuleti e le collane.
"Il tuo cuore soffre."
Haruo annuì.
"Cos'altro?"
"Il mondo è vasto." Rispose l'uomo. "Viaggiare con una nave rende le cose più semplici, come se la vita fosse alla portata di gesti quotidiani. Ammainare le vele, consultare, le carte, scegliere la rotta."
"State fuggendo da un ricordo doloroso?" Chiese la donna senza battere le ciglia.
Il capitano annuì di nuovo.
"Non è di me che voglio parlare." Disse tirandosi su, risoluto.
La donna non sbattè le palpebre e lo guardò intensamente.
"Che cos'è questo posto?"
"Il fatto è che questo è un mistero anche per noi. Siamo state messe al mondo da un'unica madre ed un unico padre. Uomini molto saggi si prendono cura di noi."
"E dove sono? In questo posto ci sono solo donne."
Lei puntò gli occhi al cielo ed in quel momento la porta che portava in quello strano giardino si spalancò. Ne uscirono un paio di marinai ubriachi.
"Capitano?" Chiesero sorpresi.
Lui si alzò, lasciando la giacca a terra e Ame seduta sul suo giaciglio. Li raggiunse e ne aiutò uno a mantenere l'equilibrio.
"Capitano, noi..."
"Cosa diavolo state facendo?" Chiese lui mostrando i denti.
Una donna apparve dietro di loro.
"Noi volevamo fare rapporto..."
"Vi avevo detto di non toccarle..." Disse Haruo.
"Posso assicurarvi che non è accaduto niente." Disse quella che poteva essere la gemella di Ame. "Li scorterò io al banchetto."
L'uomo incuriosito dal comportamento vide che le sue donne si scambiavano un cenno d'intesa. Qualcosa non quadrava. Quando la porta si richiuse lui si avvicinò alla creatura seduta e la guardò circospetto.
"Cos'era quello sguardo?"
"Quale?" Disse lei ridendo. "Siamo telepatiche, io e le mie sorelle."
Il capitano non sembrò essere convinto dalla risposta.
"Ho tante domande anche io, ma raggiungiamo il banchetto, parleremo dopo."
L'uomo sembrò sorpreso dalla comprensione del suo stato d'animo. Rasserenato, le chiese cosa voleva dire la risposta di prima. Gli occhi al cielo.
"Ti riferisci a persone morte?"
"Morte?" Disse con una risata. "No, vengono dal cielo con carri di luce."
"Cosa?" Chiese il capitano, mentre Ame si alzò, si rimise il vestito e lo prese per mano. Lui mise la sua giacca sulla spalla sinistra e la seguì. Raggiunsero la sala e la donna si allontanò da lui raggiungendo le sue simili.
Carri di luce? Pensò Haruo. Non era possibile, aveva letto centinaia di libri rubati nelle sue scorribande, ma mai aveva sentito parlare di una creazione del genere vista da esseri umani. Raggiunse i suoi compagni che stavano festeggiando, mangiando e bevendo oltre la sazietà. Non aveva fame e continuava a fissare la donna, i suoi spostamenti e le sue movenze, come fosse stregato.
"Rudy?" Chiamò subito dopo senza distrarsi dal suo obbiettivo.
"Capitano, perché non si unisce ai festeggiamenti?" Chiese lui, vistosamente ubriaco, con le guance e il naso rossi.
"Rudy, ricordi di un testo che avesse carri di luce descritti all'interno?" Chiese lui ignorando la domanda.
Il marinaio sorrise e poi rimase sorpreso.
"La bibbia ne parla..." Disse dopo un singhiozzo. "Ezechiele..."
"Lo sapevo." Disse indossando la giacca nera e logora. "Non fate niente e tenete gli occhi aperti."
"Cosa?" Chiese Rudy barcollando.
"Non importa." Disse il capitano dirigendosi verso l'uscita dell'edificio.
Quando raggiunse la spiaggia ritrovò le scialuppe arenate nella sabbia come balene spiaggiate. In quel momento un'imagine arrivò nitida davanti ai suoi occhi. Molto tempo prima, quando aveva perso la sua amata, viaggiava tra le isole Polinesiane per trovare pace. Seguiva il vento il volo dei gabbiani e le storie di pescatori sdentati che non possedevano niente tranne il sorriso. Dopo molte settimane di ricerca aveva scoperto che su di un'isola viveva una donna che aveva visto al di là del velo della realtà e conosceva i misteri della vita e della morte. Haruo aveva aspettato la stagione delle migrazioni per seguire i cetacei e poter trovare l'isola che era nascosta tra i rituali di quelle creature secolari e i venti caldi dell'estate. Quando aveva messo gli stivali su quella sabbia era stato accolto in una capanna molto semplice da una donna anziana che aveva l'intero cosmo negli occhi. Dicevano che aveva vissuto più di cent'anni, che il suo corpo era sempre profumato, che non mangiava e che parlava con le anime dei morti. Il capitano era voluto andare da solo con una scialuppa. Appena arrivato sulla spiaggia si era inchinato come fanno le onde e la donna anziana non aveva tardato a farsi vedere dal nuovo arrivato.
"Un altro pellegrino che sventola la bandiera nera." Lo aveva salutato.
"Ho sentito storie su di voi che credo vere."
La donna si era spostata i capelli neri dal volto, mostrando un sorriso incorrotto dal tempo.
"Lei non sembra avere l'età che gli è stata donata."
"Molte cose non sono come sembrano." Gli aveva risposto calma.
Haruo scrollò la testa tornando in sé. Stupide memorie ancora lo inseguivano e lo distoglievano dal suo presente. Si accucciò per slegare una scialuppa. Si sentì osservato e si voltò di scatto. Ame era scalza affianco a lui.
"Quando sei arrivata?"
"Voglio venire con te." Rispose lei.
La piccola imbarcazione fu messa in acqua e i due navigatori remarono fino alla nave. Si issarono sul suo fianco tramite una cima e furono accolti dalla rimanente ciurma festosa.
"Capitano, com'è l'isola?"
"Perché portate una donna a bordo?"
Lui non rispose e guidò la donna nelle sue stanze. Chiuse la porta e cercò nella sua libreria finchè non estrasse un volume, la bibbia. La donna accarezzava le ricchezze senza prestare attenzione alla loro rarità e al loro scintillio. La sua manò si fermò su una bottiglia polverosa in un angolo della stanza.
"Questa?" Chiese lei sorpresa.
"E' rhum. Un liquore molto più sincero del vino." Rispose lui sfogliando il libro che aveva in mano.
Lei aprì la bottiglia e poi annusò il contenuto. Scrollò le spalle e bevve il contenuto in piccole sorsate.
Intanto il capitano cercava con l'indice le parole che era sicuro di aver già letto. Finalmente scorrendo le pagine, volendosi fidare del suo quartiermastro aveva raggiunto il capitolo di Ezechiele. Nel primo capitolo aveva trovato le parole sperate: carri di fuoco. Si era voltato e con forza aveva mostrato il libro alla donna che si stava guardando intorno bevendo dalla bottiglia. Si voltò distratta e le venne un singhiozzo, poi rise.
"Non so leggere." Confessò.
In quel momento capì che era ubriaca e si lasciò cadere a terra senza speranze. Guardò fuori dalla finestra, il mare luccicava per la luce del sole che stava per tramontare. La donna inciampò tra i calici d'oro che si trovavano davanti al tavolo per cadere a quattro zampe davanti ad Haruo, salvando la bottiglia di rhum per miracolo. Gli prese il mento e lo guardò dritto negli occhi, poi scoppiò in una risata e si sedette al suo fianco spostando le carte stropicciate e le mappe aperte.
"Sai, a volte ricordo." Disse passandogli la bottiglia.
Lui la guardò illuminato e sorpreso.
"Ricordate?"
"Si, le luci dal cielo, i carri di fuoco e gli uomini scintillanti che camminano tra di noi, ci portano doni, vestiti eleganti e cibi non di questa terra."
"Come non di questa terra?"
"Vedi, voi avete viaggiato lungo l'asse orizzontale, mentre noi siamo state in contatto con i mondi sopra il nostro."
"Di cosa stai parlando?"
"Ci sono popolazioni più avanzate di noi che vengono dallo spazio, astronauti. Noi siamo sorelle di un'unica madre e un unico padre, repliche della stessa figlia, perfezionate geneticamente."
Il capitano posò la bottiglia sul pavimento e mise una mano davanti alla bocca.
"Tra una settimana verranno per analizzarci e avere i nostri figli."
Il capitano le prese le mani e lei rise di nuovo, ubriaca. Gli raccontò che erano un'esperimento per una razza di giganti e loro erano i contenitori di geni. Erano un incrocio di razze tenute sotto osservazione sulla terra e i cui geni non erano loro. Stavano cercando di modificare altre razze per renderle meno aggressive e più addomesticabili.
"Probabilmente vogliono colonizzare altre isole o altri pianeti." Aggiunse non curante.
Haruo pianse ad ascoltare la storia perché sapeva che lo toccava personalmente. Si guardò le mani chiedendosi se la stessa sorte non fosse capitata anche a lui. Dopo tante parole si erano addormentati, mano nella mano, le loro teste appoggiate una all'altra.
Passò una settimana da quel momento. Haruo imparò molto da quelle donne che conoscevano tecnologie inesplicabilmente avanzate. Possedevano un generatore che gli permetteva di avere luce la sera senza le candele o le lampade ad olio. Avevano strumenti meccanizzati per ridurre il lavoro al minimo e camere in cui potevano guarire qualsiasi ferita.
"Qualsiasi ferita?" Chiese Haruo sorpreso.
"Si, anche portare i morti in vita." Disse Ame senza emozioni.
"Posso vederle?"
Ame aveva preso la collana che aveva al collo e il pirata aveva visto che in fondo era legata una chiave.
Poco dopo si trovarono in una stanza piena di vasche stracolme di un liquido gelatinoso e luci che lampeggiavano ai bordi. Il capitano fece fatica a rimanere in equilibrio e si dovette tenere al muro. Lacrime amare gli caddero dal viso. Ame si avvicinò incuriosita. Era li che lei e le sue sorelle si erano svegliate.
"Tutti abbiamo perso qualcuno che ci stava a cuore, ma la vita va oltre."
"Non per me, rispose lui."
Alla fine di quella giornata tutti i marinai, che erano stati ospiti dell'isola una settimana, dovettero imbarcarsi perché non avrebbero dovuto assistere al gran rituale. Così erano tornati sulla nave dove i loro compagni volevano sapere tutto. Solo Haruo, salito sul veliero, guardava indietro, sperando che, dall'altra parte Ame facesse lo stesso.
"Non puoi riportare in vita i morti." Gli aveva detto la vecchia servendo un infuso al giovane pirata.
"Ho sentito che c'è possibilità. Un uomo aveva trovato una pianta. Un certo Nimrod."
"Quella è una storia antica di quando gli dei erano tra gli uomini." Aveva detto la donna sdentata.
"Cos'è questa?" Aveva chiesto Haruo indicando l'infuso.
"Ti darà la pace che cerchi." Rispose lei.
Il capitano era andato via da quel luogo insoddisfatto, deluso e sconfitto. Le parole della donna non erano servite. Rudy, il suo unico confidente, aveva cercato di rassicurarlo, ma senza riuscirci.
La donna lo aveva seguito fuori dalla sua piccola abitazione.
"Fate attenzione marinaio, camminate su impronte che pochi comprendono."
"Haruo?" Lo chiamò il suo quartiermastro.
Lui non rispose, gli ochhi fissi sull'isola illuminata dalla luna. Le donne avevano acceso un falò sulla spiaggia e danzavano in cerchio.
"Come state?" Chiese.
Lui non rispose e sospirò, poi estrasse la sua pipa dalla lunga giacca. La accese lentamente, come se avesse avuto tutto il tempo del mondo. Guardò il caro amico per un secondo e poi rimise gli occhi sulle fiamme sulla sabbia. Stringeva tra le mani un piccolo oggetto che Ame gli aveva lasciato prima di partire: era la chiave delle stanze rigenerative.
"Quella donna non vi ha dato la pace che cercavate?" Disse indicando la spiaggia con la testa.
Haruo rise beffardo, poi abbassò la testa guardandosi gli stivali consumati.
"Lei mi ha dato consapevolezza che ci sono luoghi di cui non abbiamo idea, di creature superiori a noi per intelligenza e comportamento e che le regole che noi scegliamo per vivere non si applicano a tutti. Come può questo darmi pace?"
Rudy non seppe come rispondere. Si grattò la testa e guardò una nuvola di fumo svanire nel nulla senza trovare qualcosa di utile da dire. Il capitano allungò il collo indicando davanti a sé. Tutti gli uomini ora si erano sporti a guardare in alto. Tre sfere luminose vorticavano sopra il cielo e piano scendevano sulla spiaggia proiettando lunghe luci.
"Ma che diavoleria..."
"Shh..." Disse Haruo.
Tutti erano sul ponte della nave con il cuore in gola, aspettando di vedere cosa sarebbe successo. Le luci si posarono a terra e nessuno seppe cosa stesse accadendo. Uomini di luce uscirono e camminarono sulla terra danzarono con ledonne e poi le invitarono all'interno delle sfere luminose. Poi come erano arrivati se ne andarono lasciando solo le braci del falò che era stato acceso all'inizio della serata.
Il giorno dopo Haruo era inquieto ed era salito sulla prima scialuppa diretta a riva. Quando era arrivato sulla spiaggia iniziò a chiamare il nome della donna con cui aveva legato in quel tempo, ma nessuno aveva risposto. Poco dopo qualcosa di inaspettato accadde per la seconda volta. Le donne si avvicinarono ai naviganti indossando le grandi maschere e lunghe aste. Il capitano impaziente corse incontro alla donna che gli aveva insegnato i segreti di quell'isola.
"Ame?"
Lei e le sue sorelle gli puntarono le lance alla gola.
"Ame. Sono io." Insistè.
La donna incuriosita si tolse la maschera.
"Chi sei tu? Come sai il mio nome?"
Le donne e i marinai guardavano la scena esterefatti non sapendo cosa aspettarsi.
"Ame siamo stati assieme una settimana. Non ricordi?"
Lei scosse la testa. Lui cercò nei suoi pantaloni e le mostrò la chiave della stanza della rigenerazione.
"Davvero non ricordi?"
Poco dopo si trovavano all'interno dell'edificio che era stata la loro casa per l'ultima settimana. I marinai si accorsero che molte donne mancavano ed erano almeno la metà. Qualcosa non andava e l'isola era diventata un luogo di pericolo e miseri. Ame parlava concitatamente con le sorelle mentre, nonostante la stanza fosse piena di cibo, i pirati mangiavano svogliatamente e ascoltavano i discorsi di quelle strane creature femminili. Improvvisamente Haruo si alzò e andò verso Ame donandole la chiave. Lei annuì e si allontanarono dalla sala. Quando furono soli lei si mise a piangere silenziosamente, mentre lui le mise un braccio intorno alle spalle e le diede un bacio sulla fronte.
"Tutto andrà bene." Disse mentendo.
Raggiunsero la stanza della rianimazione che era stata chiusa a chiave. Le mani di Ame tremavano non sapendo cosa avrebbero trovato dall'altra parte. Haruo le prese le chiavi e aprì al suo posto. Entrando trovarono le vasche che emettevano luci ai lati come la prima volta. Erano tutte vuote tranne una. Ame si affrettò a guardare e vide una delle sue sorelle, Lucy. Era nuda, aveva tagli lungo il corpo e lividi intorno al collo e sul viso. Haruo guardava le donne come fosse la stessa che si specchiava in quell'acqua gelatinosa. Le prese le spalle e la abbracciò. Ame iniziò a piangere scuotendo il corpo. Lui la abbracciò ancora più forte.
"Ame... non voglio infastidirti, ma voglio farti delle domande."
"Dimmi..." Rispose lei tra le lacrime.
"Quanto tempo siete qua?"
"Sono cinque lune piene."
"Maledizione."
"Cosa? Cosa ho detto di male?"
"Sai quante siete?" Chiese il capitano.
"Beh quelle che vedi."
"Eravate il doppio solo ieri."
"Non è possibile, la grande raccolta dovrebbe cadere in una settimana."
Il capitano si accorse di quello che era accaduto e si mise una mano sulla fronte.
"Cosa ti sorprende tanto di quello che ti sto dicendo?"
"Ame, non capisci. Siete in pericolo, siete cavie di un esperimento, dovete andarvene di qua."
"Di cosa parli? Ti conosco da così poco, e arrivi a minacciare il nostro mondo. Chi sei?"
"Ame siamo stati una settimana assieme, ieri c'è stato il grande raccolto."
"Non è possibile, me lo ricorderei."
Il capitano la prese per mano e la portò fuori dall'edificio. Aveva pensato che se le avesse mostrato i segni del falò della notte prima gli avrebbe creduto. Arrivati sulla spiaggia non c'erano evidenze del fuoco né del loro passaggio sulla spiaggia.
"Dannazione." Urlò Haruo.
"Torniamo dalle mie sorelle. Ci conforteranno."
"Le tue sorelle..." Disse l'uomo sovrapensiero.
In quel momento ebbe una illuminazione.
"Dove dormite? In quale stanza?"
Ame piegò la testa di lato non capendo.
Poco dopo erano nell'enorme dormitorio che ospitava più di cinquecento posti letto. Le donne rimanente erano ora solo una quindicina. Ame vide il capitano contare i letti e lo seguì senza comprendere cosa stesse accadendo. In quel momento entrò Rudy e i due si guardarono.
"Cosa facciamo?"
"Se le lasciamo qui verranno prelevate tutte."
"La nave non è abbastanza grande per ospitarle tutte." Rispose Rudy.
"La faremo bastare." Rispose il capitano.
La mattina dopo all'alba le donne furono convinte ad imbarcarsi e lasciare le comodità dell'isola. Molte si opposero ma non sarebbero volute restare sole così seguirono le sorelle più coraggiose. C'erano quasi tutte tranne Ame. Quando il capitano guardò Rudy lui scrollò le spalle, così Haruo corse all'interno dell'edificio vuoto un'ultima volta. Raggiunse la sala di rianimazione e Ame era là che parlava con Lucy. Il capitano aspettò fuori.
Quando la donna uscì lo baciò sulla bocca e gli prese le mani.
"La nave è pronta?" Chiese."
"Si."
"Andiamo."
"Lucy?"
"Non ce la farà. Mi ha raccontato ogni cosa."
Il capitano rimase muto guardando la donna negli occhi.
"Grazie." Aggiunse lei.
L'imbarcazione era in viaggio da almeno due giorni. Una tempesta stava raggiungendo il veliero troppo in fretta.
"Capitano." Disse Rudy. "Quella tempesta si muove senza vento. Cosa facciamo?"
"Quella non è una tempesta." Rispose Ame precedendo Haruo.
I due si guardarono in uno sguardo che rifletteva il cielo incombente su di loro.
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