Capitolo 7
Novembre avrebbe dovuto essere il mese della liberazione. La mia.
Invece no, sono ancora qui, in azienda. Me ne sto seduta sulla mia adorata sedia girevole –l'unica cosa che mi piace di questo posto– a girarmi i pollici e ad intrattenermi con il cellulare da non so quanto tempo, ormai. Ho perso il conto dei minuti e delle ore.
Avrò guardato almeno un centinaio di video su TikTok e stalkerato altrettanta gente a caso su Instagram, tutto per un semplice motivo: la noia mortale che pare non volermi abbandonare.
Ancora non capisco per quale motivo dovrei continuare a restare qui, è chiaro a tutti che non sono d'aiuto e detto francamente, non voglio esserlo.
Ci sarebbero almeno un miliardo di cose che avrei potuto fare al posto di venire qui e tutte sono meno noiose di ciò che effettivamente sto facendo.
Per esempio avrei potuto allenarmi con Dixon o da sola. Avrei potuto iniziare una nuova serie su Netflix o guardare un film. Oppure avrei potuto iscrivermi a un corso di cucina, forse pasticceria, chi lo sa. Avrei potuto addirittura decidere di scalare una dannata montagna.
Qualsiasi cosa sarebbe stata meglio di presenziare qui sapendo di essere utile quanto un cappotto di lana nella Death Valley. Eppure eccomi ancora qui, presto la sedia assumerà la forma delle mie chiappe.
Apro la chat di gruppo che ho insieme alla mia famiglia su Whatsapp e che ho volutamente silenziato per un mese. Ci sono più di venticinque messaggi e io mi sto annoiando così tanto che mi metto a leggerli tutti.
A cosa porta la disperazione...
Ophelia: Vi rubo qualche secondo per annunciarvi che la famiglia Reyes si allargherà❤️
Arden: Più di così? Ma è legale?
Rouge: @Darius hai mai sentito parlare di quei cosi trasparenti che servono per incappucciare il pisello ed evitare di dare vita ad un'altra nazione?
Amethyst: Fin quando la vagina che dovrà dilatarsi continuerà a non essere la mia, sono felice. Congratulazioni💕
Nikla: Preghiamo affinché non venga fuori come Rouge🕯️
Rouge: @Nikla ti ricordo che ho ancora bisogno di un martello e tu hai tantissime scarpe😁
Nikla: @Rouge avvicinati alle mie scarpe e Darius avrà un Reyes in meno da sfamare💅🏻
Nerea: @Nikla secondo me Darius ti ringrazierebbe...
Nerea: @Ophelia sono felice per voi e un po' meno per me, i bebè di notte sono il male
Doralia: Il tempo di allattare Clara e scopro che la famiglia ha un componente in più, SONO FELICISSIMA❤️
Doralia: Speriamo che almeno il vostro vi faccia dormire la notte🥱
Nerea: lol
Nerea: Che avevo detto? Non sbaglio mai
Royal: @Nerea sei una scassacazzi anche nei messaggi.
Nerea: @Royal fammi una pompa
Arden: @Royal e @Nerea avete rotto il cazzo
Indigo ha abbandonato la chat.
Ophelia ha aggiunto Indigo alla chat.
Ophelia:
Ophelia: Abbiamo preso un furetto... Niente bambini.
Ophelia: Era da tanto che Dorian ne desiderava uno🥺
Nikla: È UN TOPO. AVETE PRESO UN TOPO.
Arden: Si è sdraiato sul nostro divano come se fosse la cazzo di regina d'Inghilterra, mi piace già😂
Nikla: Io a casa non ci torno.
Rouge: @Nikla il che è positivo. Perciò ben venga il furetto, è appena arrivato ma già regala gioie più di qualsiasi altro componente umano della famiglia👍🏻
Amethyst: Sicuramente è più carino di Arden🤣
Indigo: Meglio di un bambino.
Nerea: Indigo ha dato la sua approvazione, ora possiamo dormire tranquilli, con un occhio aperto, ma tranquilli
Royal: Come si chiama questo coso?
Nikla: @Royal è un maledettissimo topo!
Royal: @Nikla l'unico ratto nella nostra famiglia sei tu
Doralia: I cani e i gatti sono passati di moda?
Doralia: Comunque sembra una puzzola, fa un po' impressione...
Ophelia: @Royal non ha ancora un nome perché Dorian non ne sa nulla, è una sorpresa che troverà quando tornerà da scuola. Sarà lui a scegliere il nome❤️
Rouge: @Ophelia mi dispiace già per il nostro nuovo amico, sarà terribile per lui
Amethyst: @Irisabelle rispondi ai nostri messaggi, ragazzina. Lo vediamo che visualizzi😒
Esco dalla chat e chiudo Whatsapp, poi infilo il cellulare in tasca, non prima di aver messo il silenzioso. Anche se basterebbe già il silenzioso del gruppo, in realtà. Ho sentito dire da qualcuno, però, che le precauzioni non sono mai troppe.
Alzo lo sguardo e vedo mio fratello maggiore venirmi incontro. Chiudo gli occhi e sospiro aspettandomi già il peggio, ormai Darius è il mio uccello del malaugurio.
Ogni volta che aspetto che mi dia una buona notizia, del tipo "sei libera, Irisabelle, vai via e non mettere più piede in azienda", se ne esce dicendomi il contrario, il che è una tragedia.
Prima che possa ordinarmi qualsiasi cosa, sputo fuori la prima cosa che mi viene in mente. «Tua moglie ha adottato un bambino».
E per ordinarmi qualsiasi cosa intendo collaborare con Kyran oppure fare qualsiasi altra cosa con lui o per lui.
«Non può adottare un bambino senza prima consultarsi con me», risponde, ormai rassegnato a tutte le stranezze che mi escono di bocca. «I bambini si adottano in due».
Al momento non sono interessata all'adozione o all'avere dei bambini presto, perciò non farò tesoro di questa informazione.
Faccio spallucce, «Vorrà dire che l'ha rapito, allora».
Cerco di non iniziare a fare le piroette con la sedia girevole, perché tre giorni fa ne ho rotta una, ma non lo sa nessuno. Cioè sanno che c'è una sedia rotta, ma non sanno chi l'ha rotta. Sospetto però che mio fratello lo sappia, ma che abbia scelto di non dire nulla a riguardo.
D'altronde possono comprarne altre venti di sedie uguali a quella, perché farne una tragedia?
«Non ho voglia di giocare, Irisabelle, sono venuto per parlarti di...»
Lo interrompo prima che possa finire la frase, perché no, non mi interessa sapere di cosa vuole parlarmi.
Non ci volevo venire in azienda, sono stata incastrata contro la mia volontà per di più oltre al termine e ora dovrà subirsi la mia inefficienza. «Ha preso un furetto».
«Cos'altro?» chiede, «Un gatto, un topo e un elefante?»
Lo guardo sorpresa perché apparentemente sembra non saperne nulla, il che significa che non sono l'unico membro della famiglia ad aver messo il gruppo in silenzioso. La cosa mi fa sentire meno stronza.
«Sarcasmo voto dieci, ma sto parlando sul serio», gli dico, «Non sul presunto rapimento di un bambino, ovviamente», aggiungo. «Ha preso un furetto a Dorian».
Sblocco il cellulare che ho ancora in mano ed entro di nuovo su Whatsapp. Ignoro i messaggi, entro nella chat di gruppo e gli mostro la foto che ha mandato Ophelia poco prima.
E sì, vista l'espressione facciale che ha assunto mio fratello in questo momento, posso affermare che non sapeva assolutamente niente del furetto.
«Que me jodan!»
«Non imprecare, Darius», lo prendo in giro e lui mi fulmina con un'occhiataccia. Alzo le mani in aria in segno di resa perché non voglio essere il bersaglio della sua ira funesta.
«Quel coso è... brutto».
Riporto lo sguardo sulla foto e osservo meglio il mammifero. Non è malaccio, io lo trovo carino, ha un musino dolce. Forse ha troppi peli per i miei gusti, ma ognuno di noi è quel che è.
«Qualcuno potrebbe pensare lo stesso di te, io non offenderei».
«È un disastro», mormora tra sé e sé. Per sua sfortuna, però, lo sento. Sorrido perché siamo d'accordo su qualcosa per la prima volta dopo mesi, probabilmente.
«Sarebbe stato sicuramente meglio prendere un cane o un gatto, qualcosa di semplice, ecco», dico, «Ora Rouge non si farà scrupoli a chiederti una tigre del Bengala o che ne so, un orso dell'Himalaya».
«Mi occuperò dopo del furetto», dice, ma io non voglio ancora affrontare il discorso lavoro.
«Lo vas a matar?» gli chiedo se ha intenzione di ucciderlo, perché in quel caso avremmo un problema.
Scherzo, lo sto solo provocando. Darius non uccide neanche le zanzare e quelle bastarde sono odiate da tutti. Non torcerebbe neanche mezzo pelo al mammifero.
«Ti ha dato di volta il cervello?»
«Non sono io quella che ti ha infilato un furetto in casa a tradimento», rispondo con nonchalance, «Non puoi mandarlo via».
Litigherebbe con Ophelia e qualche altro membro della famiglia che si affeziona velocemente agli animali –tipo me–. Poi suo figlio smetterebbe di parlargli come minimo per un mese, perché è un bimbo tenace, ha preso da sua zia. Quindi non gli conviene.
«Non posso mandare via nessuno, purtroppo», risponde ed io rido più forte del previsto, tant'è che alcuni si girano a guardarci.
Fatevi gli affari vostri, impiccioni!
«La tua vita sarebbe noiosa senza di noi», gli tiro una pacca sul braccio che non lo smuove nemmeno di mezzo centimetro.
«E più semplice», aggiunge, «Ma non sono venuto qui per questo». Ci risiamo.
Alzo gli occhi al cielo e incrocio le braccia al petto, prima però infilo il cellulare nel taschino della gonna. «Ti offendi se ti dico che non voglio sapere per cosa sei venuto?»
«Devi affiancare uno dei nostri architetti paesaggistici», dice semplicemente, ignorando la mia domanda oltre che il mio volere.
«Farò finta di sapere di cosa si occupa un architetto paesaggista», dico, «Arriva al dunque», aggiungo. Lo guardo di sottecchi e spero di avere un'aria abbastanza minacciosa.
«Le tue idee sono piaciute».
Ma di che idee sta... Ah.
I commenti che ho fatto prima in sala riunioni sul progetto di una specie di giardino. Fantastico, in pratica mi sono lanciata nel dirupo da sola.
«Era soltanto un pensiero detto ad alta voce, non un'idea. Mi annoiavo», spiego, «Sono ignorante in materia, ricordi?»
Non capisco perché insista nel farmi collaborare in qualsiasi modo, dovrebbe bastargli la mia sola presenza qui.
«Il tuo pensiero ad alta voce è piaciuto, perciò affiancherai Oliver».
Non chiedo nemmeno chi sia Oliver, non mi interessa saperlo. Voglio solo essere lasciata in pace e possibilmente anche libera di andarmene da questo posto.
«Hai mai pensato di andare in terapia per questa tua tendenza all'autosabotaggio?» gli chiedo seria, «Hai un'azienda che frutta un sacco di soldi. Ed è anche una delle più importanti dello stato e tu vuoi mandarla in rovina assegnando dei progetti a me. Non è sano, Darius, non è normale». Ma lui non mi dà ascolto, anzi, fa un cenno con la mano a qualcuno e ben presto non siamo più da soli.
Mi costringo a girarmi verso la persona che si è avvicinata a noi. Non sia mai che si dica in giro che sono una maleducata.
Madre mía.
Mentre perlustro –sfacciatamente, lo ammetto– da cima a fondo l'uomo che ho davanti, mi ritrovo a pensare che sarebbe potuta andare decisamente peggio.
L'uomo sorride mostrandomi la sua dentatura perfetta. Ha i capelli scuri tirati indietro, gli occhi verdi e il corpo atletico coperto da un completo elegante.
«Devi essere Irisabelle, è un piacere conoscerti», mi porge la mano. La afferro con titubanza, ma mostrandomi comunque sicura di me, poi gliela stringo. «Sono Oliver».
«Dubito che troverai piacevole lavorare con me», sputo fuori di getto. «Non è il mio campo, ecco».
Ho mai detto che nei momenti di nervosismo parlo senza pensare?
Non sono nervosa perché è un bel uomo, sono nervosa perché Darius mi ha incastrata per l'ennesima volta.
Doralia dovrà ripagarmi di tutto questo con gli interessi o la colpirò così forte sulle tette che in confronto il dolore del parto e l'allattamento saranno una passeggiata.
«Tu mettici le idee, io faccio il resto», risponde, facendomi l'occhiolino. Mi sforzo di sorridere per non sembrare una stronza totale.
«Ora che siamo tutti d'accordo, vi lascio all'opera», dice mio fratello, che fino a questo momento si era limitato ad osservarci. Poi guarda il suo collega, dipendente o quello che è. «Oliver, immagino non sia necessario doverti ricordare che è mia sorella».
Ed ecco che riaffiorano il papà e il fratello orso che ci sono in lui.
Alzo gli occhi al cielo per l'ennesima volta. «Così come immagino non sia necessario doverti ricordare che sono maggiorenne da un pezzo. Quindi, grazie tante, Darius. Puoi andare». Gli indico con un cenno del capo la strada che deve percorrere per tornare nel suo ufficio.
«Hija del diablo», mormora e io gli rifilo un sorrisetto. Come se mi offendessi per il suo solito figlia del diavolo.
«È sempre bello ricevere complimenti», gli dico, dandogli nuovamente una pacca sul braccio muscoloso. «Soprattutto da te, hermano».
Dopodiché Darius dopo averci lanciato un'ultima occhiata, penso di avvertimento, si incammina in direzione del suo ufficio e ci lascia soli. Cerco di non mostrarmi a disagio anche se in realtà lo sono.
«Ci spostiamo alla mia postazione?» chiede Oliver, rompendo il silenzio che si era venuto a creare. Io annuisco.
Gli faccio cenno di farmi strada perché non ho idea di dove sia la sua postazione. «Ti seguo».
❄️❄️❄️
Gli unici tre ad avere uffici privati qui dentro sono Darius, Kyran e Doralia. Il resto dei dipendenti lavorano in un'ambiente open space, il che non è un male per quelli che amano socializzare.
Il fatto che non siamo soli e che siamo circondati da altre persone, tipo Keiko che ogni tanto si avvicina per scambiare due parole con me, mi rende più tranquilla. So che c'è di mezzo lo zampino di Darius, mi conosce e sa che sono diffidente, quindi lavorare da sola in una stanza con Oliver non sarebbe stata una scelta saggia.
Stiamo lavorando ormai da un'oretta abbondante, ma a me sembra siano passati anni. Poco importa che mi sia sciolta con Oliver o che si sia dimostrato gentile, simpatico e paziente, io comunque non ne posso più.
Non che stia facendo molto, oltre a parlare. Ma questo non è il mio lavoro, non mi appassiona e mi fa venire l'orticaria nervosa, perciò già è tanto che sia riuscita a durare fino ad ora.
«Facciamo una pausa», dice Oliver ad un certo punto.
E giuro che sono così sollevata che potrei impazzire e baciarlo sulla bocca. Ok, forse non fino a quel punto. Però potrei dargli una pacca sulla spalla o addirittura un abbraccio.
«Gracias al cielo», mormoro, senza neanche accorgermene. Mi lascio andare contro allo schienale della sedia, che no, non è una sedia girevole, perciò non ne sono affatto contenta.
Mi sento osservata, perciò apro gli occhi di scatto e scopro Oliver a guardarmi con un mezzo sorriso. Potrebbe sembrare inquietante, ma stranamente non lo è, almeno non tanto.
I suoi occhi verdi brillano di divertimento e non solo, a quanto pare. «Mi piace sentirti dire cose in spagnolo, a volte lo fai in modo del tutto inconsapevole».
«Succede quando sei bilingue».
Chissà quante ne avrò dette nel corso dell'ora che abbiamo trascorso con le nostre teste chinate sul progetto. Menomale che sembra non conoscere la lingua.
«Mi piace, è sexy», dice e mi ritrovo a sorridere in maniera civettuola. Ora il discorso sta prendendo una piega più interessante, sicuramente è più divertente questo che passare il tempo a parlare di aiuole e fontane.
Con tutto il rispetto per il suo lavoro, cosa in cui è bravo. Ne è la prova la bozza che ha buttato giù da solo dando vita alle mie idee. Bozza che poi diventerà il disegno vero e proprio sull'iPad di ultima generazione.
Niente domande, non so come funziona questa cosa, non sono io l'esperta in materia.
«Sì?» gli chiedo, accavallando le gambe. Lui segue il movimento con gli occhi. «E cos'altro trovi sexy, Oliver?»
Non ho problemi a flirtare con gli uomini, anzi, direi che lo faccio spesso e volentieri, anche se nella maggior parte dei casi il mio interesse è minimo, se non pari a zero. Quindi più che per interesse direi che lo faccio per divertirmi un po', non è mica un reato.
«Il tuo sarcasmo», risponde, «E soprattutto il tuo profumo». Resta seduto al suo posto, non invade il mio spazio personale, il che è un punto a suo favore.
«Ora che ci penso, mi sembra di non aver prestato la giusta attenzione al tuo», gli dico, chinandomi in avanti verso di lui, restando comunque ad una certa distanza. «Posso?» Glielo chiedo perché va bene il divertimento, ma il consenso si chiede in qualsiasi caso e a persone di qualsiasi genere.
Oliver si limita a piegare di poco la testa di lato, il che è un sì piuttosto esplicito. Mi permette di annusare il suo profumo, che per la cronaca non è affatto male.
«Reyes, non è l'ora della ricreazione», tuona una voce dietro di me. Sobbalzo, presa alla sprovvista e il mio cuore ha un sussulto nel petto, poi prende a battere impazzito, senza il minimo controllo.
Mi irrigidisco sulla sedia e mi rendo conto di essere ancora troppo vicina ad Oliver, perciò mi tiro indietro e mi giro per guardare l'uomo che è a poca distanza da noi. Da me.
Il divertimento è finito ancor prima di iniziare.
Guardo Kyran che non ha un'espressione rassicurante, anzi, ha la classica espressione alla Kyran quando mi ha intorno. Ovvero sguardo incazzato, a volte sprezzante e mascella serrata. Sicuramente non felice, ecco.
«Perdón?» dico, mentre mi sento già fremere dalla rabbia.
Mi ha appena rimproverata come se fossi una ragazzina al liceo davanti ad Oliver? Anzi, davanti a tutti, in realtà, dato che non ha parlato mica a bassa voce.
Abbiamo molti occhi puntati addosso, anche se cercano di camuffarlo bene. A me la cosa non mi piace affatto e la colpa è solo di una persona.
«No, non ti perdono», risponde con noncuranza, «Rimettetevi a lavorare, che è il motivo delle vostre presenze qui».
«Stavamo solo facendo una pausa, Kyran», si giustifica Oliver, alzandosi in piedi.
Io resto seduta dove sono e fulmino con lo sguardo l'uomo biondo che sembra un vichingo.
«Potete fare la pausa restando seduti ai vostri posti», risponde, senza battere ciglio. È impassibile.
Oliver fa per dire qualcosa, ma sono troppo incazzata per lasciarlo parlare. Lo faccio io al posto suo e me ne frego delle buone maniere.
«E nel mentre possiamo respirare oppure dobbiamo chiederti il permesso?»
Sento qualcuno sussultare alle mie parole e qualcun altro trattenere delle risate.
Dubito che questo renda felice Kyran, ma sinceramente non me ne frega proprio niente in questo momento. È stato lui il primo a mettermi in ridicolo in pubblico trattandomi come una liceale.
«Basta che respiri lontano dai miei dipendenti».
Lo dice come se mi avesse beccata a fare sesso sulla scrivania di Oliver davanti a tutti, il suo tono non mi piace.
«Ma chi diamine ti credi di essere per parlarmi in questo modo?» sbotto, saltando in piedi. Ho le mani chiuse in due pugni ai lati dei fianchi.
Ero così annoiata che ho tenuto la guardia bassa per quasi tutta la giornata, il che non è assolutamente da me dato che so benissimo di essere in territorio nemico. Ciò che è successo alla festa di Halloween resta alla festa di Halloween, non ha cambiato le cose.
«Il capo», risponde, come se fosse un dato di fatto. Dimentica però di non essere affatto il mio capo, al massimo è il capo di Oliver.
«Non il mio, cabrón», gli dico infatti e non gli sfugge l'insulto in spagnolo.
Serra di nuovo la mascella e assottiglia lo sguardo. «Nel mio ufficio, Irisabelle», ordina a denti stretti.
«Ora cosa dovrei rispondere, "sì, capo" oppure preferisci "va bene, signor preside"?» lo provoco, mantenendo lo sguardo fisso nel suo. Non sono una che si tira indietro e lui dovrebbe averlo capito ormai.
«Limitati a camminare e basta».
❄️❄️❄️
Lo seguo sotto lo sguardo di quasi tutti i presenti, alcuni mormorano cose, altri mi guardano comprensivi. Oliver invece mi lancia un'occhiata dispiaciuta prima che sparisca dal suo campo visivo.
Entriamo nell'ufficio e Kyran si chiude la porta dietro. Non perde tempo in convenevoli prima di parlare, anzi, arriva dritto al punto. «Non parlarmi più in quel modo davanti agli altri, Irisabelle. Non te lo permetto».
Rido senza riuscire a trattenermi. «Devo dartene credito, a volte riesci ad essere divertente, quasi esilarante. Peccato che nascondi bene questo tuo lato da comico».
«Non sto scherzando, Irisabelle», dice serio, ma io mantengo il sorriso anche quando finisco di ridere. «Esigo che mi porti rispetto almeno in pubblico, visto che in privato a quanto pare non ci riesci».
«Il primo a mancarmi di rispetto sei stato tu», gli rinfaccio, puntandogli un dito contro. «Mi hai trattata come se fossi una ragazzina del liceo e tu il mio docente».
«Stavi flirtando con un mio dipendente».
No, ovviamente non si sta giustificando, non ci pensa neppure. Espone semplicemente i fatti dal suo punto di vista.
Punto di vista che non è del tutto sbagliato.
Contrattacco difendendomi come meglio posso. «Stavo dialogando con un tuo dipendente, da quando è un reato?»
«Da quando per farlo gli annusi il collo come se fossi un cane». Beccata. Trattengo l'ennesima risata e cerco di comportarmi in modo serio e maturo.
«Continuo a non capire dove sia il problema, stavamo parlando del suo profumo e me l'ha fatto annusare, fine», rispondo. «Non ci hai beccati a scopare sulla scrivania, Kyran. Non ti facevo così pudico da scandalizzarti per un'annusatina in pubblico».
Lo sto volutamente provocando, lui ha fatto incazzare me ed è ora di rendergli pan per focaccia.
«Non è professionale».
«La gente annusa fiori tutti i giorni, non mi sembra che venga considerato poco professionale», ribatto con un sorrisetto innocente.
«Sei qui per lavorare, non per flirtare», risponde lui, rimanendo fermo sul suo punto.
Alzo gli occhi al cielo. «Non lo so perché sono qui e non lo sai nemmeno tu. Di sicuro però non è per lavorare e questo lo sappiamo benissimo entrambi».
Perché onestamente da quando sono qui ho fatto tutto tranne che lavorare e non ho problemi ad ammetterlo.
«Non m'importa se restare qui per te equivale ad una punizione», dice, facendo qualche passo in avanti. Io ne faccio alcuni indietro e sbatto il sedere contro la scrivania. «Sei qui e devi comportarti quanto meno decentemente».
Te lo do io il decentemente.
«Non ho fatto niente di indecente, almeno non ancora», sorrido maliziosa, poi mi siedo sulla sua scrivania e accavallo le gambe.
Lui fa scorrere gli occhi sul mio corpo, prima sugli stivali alti fino alle ginocchia, poi sulla gonna grigia a vita alta ed infine sul maglione bianco che ci ho infilato dentro.
Non mi guarda come ha fatto Oliver o come fa qualsiasi altro uomo, non ci vedo malizia nei suoi occhi, tanto meno desiderio. Mi guarda, ma sembra non vedere la donna che sono ora, quella che vedono tutti. Vede ancora la bambina che ero un tempo e fa male, Dio quanto fa male.
«Anche il tuo abbigliamento non va bene», sbotta, guardandomi con freddezza.
Mi accarezzo l'orlo della gonna e cambio posizione, non ho più le gambe accavallate, ora sono semplicemente seduta sulla scrivania. «Cosa c'è che non va nei i miei vestiti?»
«Chi si veste in questo modo per venire in ufficio?»
Tutti. Non sono mica vestita come una che sta andando in discoteca o ad un gala, che cavolo.
«Io, a quanto pare», rispondo, «Non c'è niente che non va nel modo in cui sono vestita. Sei solo tu che hai da ridire su tutto ciò che faccio, non ti sta bene nulla e a me non interessa».
Non mi sorprenderebbe se a breve iniziasse a lamentarsi anche del modo in cui respiro. Respiri troppo forte, Irisabelle, muori. Mi viene da ridere.
«Scendi dalla mia scrivania», la sua voce mi riporta sul pianeta terra, più precisamente nel suo ufficio. Punto gli occhi nei suoi e sorrido.
«Secondo me il problema è solo uno», dico e divarico le gambe di un solo centimetro. Non mi si vedono le mutandine, ma è chiaro il fatto che lo sto provocando. «I miei vestiti e il mio comportamento ti distraggono, io ti distraggo e lo detesti».
Non lo penso davvero, lo dico solo per farlo incazzare e a quanto pare ci riesco. Che posso dire, conosco bene i miei polli.
«Scendi dalla mia scrivania, Irisabelle», ringhia, spostando lo sguardo dalle mie cosce a malapena divaricate. Mi guarda con rabbia e disdegno.
«Ascoltami bene, Kyran», sibilo minacciosa, perché ne ho le scatole piene dei suoi ordini. «Condividiamo un bacio, un lecca lecca e Darius, perciò non pensare che puoi permetterti di dettare legge sulla mia vita».
Un battito di ciglia. Ecco quanto tempo impiega ad avvicinarsi a me, un solo misero battito di ciglia. Le sue mani si posano sulle mie cosce che chiude facendo pressione. Poi lascia le mani lì, non le sposta ed io faccio fatica a respirare.
«Questo posto è di tuo fratello tanto quanto è mio, Elsa. Non avrò potere decisionale sulla tua vita, ma ho potere decisionale qui dentro e tanto mi basta», dice, io resto zitta. Sono troppo concentrata sul suo tocco e sul cercare di respirare normalmente per poter fare qualsiasi altra cosa.
«Perciò se ti dico che devi tenerti alla larga dai miei dipendenti, tu lo fai», le sue mani scorrono delicatamente sulle mie cosce, lo fa in maniera del tutto naturale, quasi inconscia. Come se lo facesse da sempre, come se mi toccasse sempre così.
«Se ti dico di vestirti in modo consono», dice, sfiorando l'orlo della mia gonna. «Tu lo fai».
Mi mordo le labbra per non emettere alcun suono, ma è alquanto difficile. La sua vicinanza mi destabilizza.
«E se ti dico di scendere dalla mia scrivania...» Sussurra, avvicinando pericolosamente la sua faccia alla mia. Dio, riesco a sentire il suo meraviglioso profumo. Sa di buono, sa di casa, sa di tutto ciò che più desidero al mondo. «Tu. Lo. Fai», ringhia a denti stretti, guardandomi in un modo a me del tutto sconosciuto.
Porta le mani sui miei fianchi, mi solleva come se non pesassi niente e mi fa scendere dalla sua scrivania. Stringe per un solo istante la presa guardandomi dritto negli occhi, ma poi come se fosse rinsavito di colpo, allontana le mani dal mio corpo quasi come se si fosse scottato e torna a guardarmi con la sua tipica espressione glaciale. «Sono stato chiaro, Irisabelle?»
È troppo alto, mi tocca sollevare la testa per riuscire a guardarlo negli occhi. Non riesco a ragionare, non riesco a muovermi, a stento riesco a respirare. Il cuore mi batte in modo furioso nel petto e le gambe mi diventano gelatina. Tutto questo solo perché mi si è avvicinato un po', perché mi ha toccata, perché mi ha vista.
Pareces desesperada, cálmate. Continuo a ripetermi che sembro disperata e che devo darmi una calmata. Devo riprendere il controllo del mio corpo e mostrarmi indifferente, anche se credo che sia troppo tardi per questo.
«Vediamo se riesco ad essere più chiara anche io, Kyran». Gli poggio le mani sul petto, mi metto sulle punte e mi avvicino a lui più che posso. «Non sei il mio capo, devi smetterla di darmi ordini».
«Torna a lavorare», mi ordina nuovamente, scrollandosi le mie mani di dosso. Vuole proprio farmi incazzare.
«Sos o te haces?» gli domando, incrociando le braccia al petto e guardandolo con un sopracciglio alzato.
(«Ci sei o ci fai?»)
«Nella mia lingua, Elsa».
Sorrido perché me le offre su un piatto d'argento. «Mi piacerebbe di più sulla tua lingua, Kyran».
Lui si irrigidisce e mi fulmina con lo sguardo. «Sparisci dalla mia vista, ne ho abbastanza delle tue cazzate».
«Con immenso piacere, gruñón».
E prima che possa cacciarmi un'altra volta, decido di sorpassarlo e uscire dal suo ufficio di mia spontanea volontà.
Lui sarà pure un brontolone, ma io sono proprio fottuta, perché in mezzo ad una marea di Oliver, continuerò a preferire sempre Kyran McMillian.
•Spazio autrice•
Eccomi qui con un altro capitolo!
So che prometto sempre di non farvi aspettare tanto ma poi succede lo stesso e mi dispiace, purtroppo però è un periodo complicato per me e non riesco a scrivere tanto quanto vorrei...
Perciò vi chiedo scusa e vi ringrazio infinitamente per la pazienza che avete con me🫂
Volevo anche dirvi che ho deciso di non fare più pov alternati ad ogni capitolo, ma di mettere quelli di Kyran solo quando lo riterrò opportuno o giusto per il corso della storia. Attenzione, questo non vuol dire che non ci saranno più.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e l'attesa non sia stata vana🥹
Come sempre vi aspetto nel box domande su Instagram per parlarne con voi e conoscere i vostri pareri a riguardo...
Sotto vi lascio le foto di alcune scene del capitolo fatte con l'intelligenza artificiale, spero vi piacciano🫠
Vi abbraccio forte,
Noemi❤️
Irisabelle a inizio capitolo
Irisabelle e Oliver
E ovviamente Irisabelle con Kyran🫠
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