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Capitolo 70

Chris

«Tara.» Pronunciare il suo nome ad alta voce con la consapevolezza che non si perderà nella notte fra le quattro mura di casa mia, com'è stato nell'ultimo mese, fa più male di quanto potessi credere, perché mi fa comprendere a pieno quanto mi sia mancata.

La vedo tirarsi a sedere sul divano, la chiamo avanzando lentamente nel buio e lei si blocca, sento solo il suono del suo respiro trattenuto forse troppo a lungo.

Quando l'ho riconosciuta nella sconosciuta contro la quale mie ero casualmente scontrato è stato come vedere l'arcobaleno dopo la pioggia, ne sono rimasto folgorato e questo le ha dato il tempo di scappare via.

Ho urlato il suo nome disperatamente, la gente si voltava verso questo pazzo che correva tra le strade, ma lei no, non si è voltata indietro neanche una volta e anche questo mi ha fatto male. Davvero lei riesce a cancellarmi così?

Un altro passo nella stanza.

Ho rischiato di perderla di vista più volte e poi è entrata in questo palazzo e io non ho potuto fare altro che aspettare.

Per due ore non è entrato o uscito nessuno, mi sono seduto sul gradino di marmo e quando una ragazza mi ha toccato una spalla sorpreso sono scattato in piedi. La tipa si è tirata subito indietro per poi tornare sui suoi passi. Non credevo ai miei occhi nel vedere Valentina davanti a me. È stato più facile del previsto convincerla a farmi entrare, anzi ripensandoci credo che sia stata lei a chiedermi di salire con un'unica richiesta da parte sua: «Ti credo, ma ti prego di stalle vicino.»

Le sue dita fredde con le chiavi strette sfiorano il mio palmo e le lasciano cadere.

Un altro passo, sempre in silenzio.

Velocemente pesco le mie dalle tasche e faccio a cambio. Mi chiede di mandarle la posizione di casa mia e dopo un'ultima occhiata alza la mano e va via.

Tolgo il cappotto umido e lo sistemo sulla sedia. Passo la mano fra i capelli che sono cresciuti in questo periodo e con il fiato corto e un peso sul cuore faccio il giro del divano e mi posiziono davanti a esso, fra lei e il tavolino di legno al centro dello spazio.

«Tara.» Pronuncio piano come impaurito che se lo dicessi più forte lei potrebbe scomparire.

Il suo corpo rimane rigido, le mani ai lati delle gambe e i capelli scuri che le coprono in parte il viso, ma lei resta ferma a fissare davanti a sé.

«Perchè?» Sento subito il bisogno di sapere, i suoi occhi si chiudono lentamente e io mi preparo a una sua possibile fuga.

Respirare le viene difficile, vedo il suo esile corpo tremare nella penombra. Trattenermi diviene impossibile, il mio istinto la vorrebbe già fra le mie braccia, chiudo i palmi per trattenere la mia volontà e mi siedo sul legno proprio davanti a lei.

Le nostre ginocchia si sfiorano, trattengo il fiato e poggio gli avambracci sulle cosce protraendomi verso lei che continua a stare chiusa nella sua oscurità.

Resto in silenzio a osservarla, ormai siamo insieme e non conta altro, non la lascerò andare via stavolta. Il ricordo del nostro ultimo saluto e ancora vivido nella mia mente, quella sera splendeva felice ed era mia totalmente. Cosa è rimasto di quella ragazza?

«Chi ti ha fatto entrare?» dopo un tempo che sembra infinito i nostri occhi si incontrano e lei finalmente parla senza rispondere, ovviamente, alla mia domanda, sapevo non l'avrebbe fatto, non lo fa mai.

«Valentina.» Confesso subito.

«Valentina, eh. Sei rimasto giù?» gli occhi si animano leggermente alla consapevolezza che si, ero davanti casa sua nonostante tutto.

Annuisco.

«Le sarà venuto un colpo a vederti qui. Dov'è lei?» guarda verso la porta.

«A casa mia, le ho dato le chiavi e la posizione.» Le spiego e ora è lei ad annuire.

«Un piano perfetto, ma tu perché sei qui?» Il tono si fa freddo distaccato, mi ricorda le prime volte che abbiamo parlato.

«Perchè sei sparita?» non ho voglia di giocare con lei.

«Credo tu debba andare via.» Si alza avviandosi verso l'ingresso, ma io non le do il tempo di fare il secondo passo le afferro un polso e la tiro giù, nella posizione iniziale.

«Io credo di stare bene qui.» La guardo seriamente nella speranza che comprenda le mie intenzioni. «Io voglio sapere.»

«Tu non vuoi sapere.» Si porta i capelli su di una spalla.

«Si invece.» Le confermo.

«No. Non vuoi.» La schiena va indietro fino a poggiare sullo schienale, cerca di allontanarsi e io la faccio fare.

«Ti sbagli.» Resto fermo nella mia posizione.

«Tu sbagli. Nessuno vuole sapere la verità. Tutti vogliono una bugia.»

«Ti sembro tutti?»

«Non lo sei mai stato.» Mi risponde quasi stupita da quel dettaglio. «Non ti sei mai comportato come tutti.»

«E non lo farò ora.» Torno a poggiare gli avambracci sulle gambe e resto in attesa.

«Cosa ti ha detto Valentina?» si morde un labbro e vedo la paura nei suoi occhi.

«Niente, mi ha solo dato le chiavi.» Si è proprio paura quella che le leggo dentro.

«Non avrebbe dovuto.» Si copre gli occhi con le mani.

«Io credo proprio di sì. Forza Tara, dimmi perché sei sparita.» Scuote il capo ancora nascosta dalle mani. «Dimmi perché mi hai lasciato.» Il peso allo stomaco cresce nel vederla così spaventata e odio il finto atteggiamento che indossa e che mi tiene lontano.

Gli occhi scuri si incollano ai miei e diventano pian piano sempre più lucidi e sfuggenti.

Stringo le mani fra loro per impedire al mio corpo di avvolgerla fra le braccia, non lo sopporterebbe, lo vedo, nonostante credo sia l'unica cosa che desideriamo entrambi disperatamente.

«È stata una giornata pesante, io... io non riesco a parlare di questo.» Il labbro tremante viene intrappolato nuovamente dai suoi denti.

«Hai idea di quanto mi sei mancata.» Dopo qualche secondo di silenzio mi lascio sfuggire quella verità. «Sai quanto ti ho cercata, anzi ti abbiamo cercata, ma niente, sei sparita nel nulla e lo hai fatto così facilmente che mi hai spezzato in due.»

Una lacrima le scivola lungo la guancia.

«Ti prego, dimenticami. Io non sono giusta per te.» La voce le trema.

«Tu sei mia e io sono tuo. Niente ha più senso.» Convinto le dico come la penso.

«Ti sbagli. Io non sono tua e tu non puoi essere mio.» Alza le mani a sottolineare le sue parole.

«Però io sento questo e solo ora che ti ho davanti ho smesso di soffrire.»

«Sono io che ti faccio soffrire e se resterai qui sarà sempre peggio, vai via.» Mi supplica.

Scuoto la testa e resto immobile intrappolato dai suoi occhi che mi urlano di restare.

«Vuoi un po' d'acqua?» All'improvviso si alza interrompendo il momento.

«No.» Sospiro.

«Okay.» Sparisce in cucina e aspetto accarezzandomi nervosamente la testa.

«I tuoi capelli sono più lunghi?» Torna con un bicchiere in mano che posa poi sul tavolo.

«Sì.» Mi siedo sul divano stanco di stare scomodo.

«Piove ancora.» Guarda fuori dalla finestra e io guardo lei.

«Sì.» Il suo corpo sembra ancora più minuto, quasi trasparente.

«Avevo dimenticato quanto qui il tempo fosse piovoso. Ma non mi dispiace, al momento non sopporto il sole.» Mi parla del tempo e io aspetto.

«Per me è il contrario. Non sopporto più questo grigiore, vorrei solo vedere la luce del sole.» Parliamo ancora del tempo?

«E se non tornasse più il sole. C'è chi vive sempre nel buio nel nord Europa, forse dovrei trasferirmi lì e arrendermi alle tenebre.» Si gira a guardarmi con un accenno di sorriso e poi torna a guardare fuori. «Sai, con te avevo sperato.»

«In cosa?» Mi muovo irrequieto.

«Non dovevo ritornare a Milano.» Cambia discorso. «Ma l'ho fatto comunque.» Scuote la testa.

«Perchè?»

«Perchè volevo vederti un'ultima volta.»

«Non sarà l'ultima volta.»

«E invece si, perché ora andrai via.» Stavolta mi guarda e io resto immobile.

«Non lo farò.» La vedo spegnersi sempre di più, ma voglio sapere.

«Non costringermi a parlare.» Si innervosisce.

«Ho il diritto di sapere.»

«Non hai nessun diritto su di me.»

«Stavamo insieme e tu sei sparita all'improvviso, questo mi dà ogni diritto.» Non cedo al suo umore.

«Tutti credono di avere potere su di me. Sono stanca di questa cosa. Perché non puoi accettare il fatto che non ti voglio più.»

«Okay, è così? Non mi vuoi più?» Allargo le braccia che tornano subito giù.

«Sì.» Risponde svelta.

«Io, invece, ti voglio ancora.» La mia voce è roca mentre le confesso quanto la desidero. «Non ti ho mai voluta come in questo momento.» Ci guardiamo e penso quasi di averla convinta.

«Non sarò mai più tua.»

«Lo eri e lo sei ancora, per me non è mai finita.»

«No.» Chiude gli occhi pronta a piangere. Mi alzo e subito sono dietro di lei, come vorrei lasciarmi andare e dirle che non conta niente.

«Non conta niente.» E lo dico.

«Non è vero!» Risponde tremante.

«Te lo giuro.» Bisbiglio.

«Non mi vorrai più.» Mormora.

«Ti vorrò sempre.» Cedo e poggio il mio capo sul suo.

«No.» Singhiozza. «Perché ormai non sono più io. Sono stata violentata quella sera.» La sento appena, quel tanto che basta per fare crollare il mio mondo in mille pezzi.

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