Capitolo 7
Christopher
Bevo l'ultimo sorso di birra e mi guardo intorno cercando nei pantaloni il portafoglio. La mia serata è finita con una certa delusione, visto che la bruna con lo sguardo intenso non è più venuta al mio tavolo.
Sono certo non sia stato un caso ma forse meglio così.
La confusione nel locale va scemando. Alzo la mano per attirare l'attenzione del personale per il conto e con delusione noto venire verso di me la bionda con un ammaliante sorriso, sicuramente sexy, ma non per me.
Educatamente non faccio caso ai suoi tentati approcci, le sorrido lasciandole anche una mancia e mi defilo con un cenno del capo.
«Peccato, se ripassi da qui vieni a trovarmi.» Strizza le ciglia truccate e io accenno un mezzo sorriso pur non arrestando il mio passo.
Con forza tiro a me la porta a vetri e l'aria fresca della sera sembra riportarmi alla realtà. Alzo gli occhi al cielo scuro inalando l'aria frizzante e mi stringo nella giacca, non abbastanza calda per quella serata, l'odore dell'asfalto bagnato mi fa imprecare contro me stesso, avrei dovuto indossare il cappotto. Porto le mani in tasca e giro alla mia sinistra per tornare a casa.
Cerco di non riportare lo sguardo dentro al pub, mi prendo anche in giro ormai certo di aver esagerato la mia reazione alla vista di quella ragazza ma, come se l'istinto mi dicesse altro, i miei occhi sono già oltre la scritta nera sul vetro che la cercano in mezzo alla gente che ancora sosta nel locale.
Il mio telefono suona inaspettato. Senza distogliere lo sguardo lo prendo dalla tasca della giacca e lo avvicino all'orecchio.
«Pronto!» Passo l'altra mano sul capo.
«Ehi Chris.»
Mi stupisco nel sentire la voce di mia sorella.
«Alicia. Cosa è successo?» Mi preoccupo sempre per lei e il suo tono triste mi dà ragione.
«Fabio, l'ho visto con un'altra.» Un singhiozzo. «A me aveva detto che era di turno.» Un nuovo verso e poi silenzio.
«Alicia.» Non l'ho mai sopportato. «Che stronzo!» Non mi trattengo. «Ti avevo avvisata...»
«No, non mi fare la paternale. Ho bisogno di mio fratello non di mio padre.» Infuriata mi riprende interrompendo qualunque cosa le volessi dire.
«Alicia...» Non riesco a parlare con lei.
«Lascia stare. Ciao.» Chiude senza darmi il tempo di dire altro. Fossi stato a Roma sarei già da lei, ma da qui ho poco da fare. Sospiro frustrato dal nostro rapporto.
Cerco la nostra chat velocemente e le digito quello che non sono riuscito a dirle a voce. Le lettere formano quel: sono sempre dalla tua parte, che raramente riesco a dirlea parole.
Riposo il telefono in tasca e per quanto la chiamata mi abbia turbato sono ancora lì, fermo, neanche la discussione con mia sorella mi ha fatto dimenticare cosa stavo cercando. Riprendo a camminare non voltando lo sguardo.
Sento ancora il vociare che dall'interno mi arriva attutito, la calca in realtà è diminuita, i miei occhi si posano sulla sua figura piegata sul tavolo. La trovano intenta a sparecchiare, poco lontano da me. Rallento il passo, curioso di rivedere il suo viso ora nascosto dai lunghi capelli castani ricaduti in avanti.
Le sue movenze sono eleganti, ipnotiche e il mio camminare si arresta del tutto.
La sua figura genera una nuova reazione in me. È qualcosa di profondo, viscerale, non solo fisico, come un legame che si è creato e che non riesco a sciogliere.
Sento il mio respiro rallentare e il desiderio di tornare dentro anima il mio petto. Lotto senza darlo a vedere, vorrei solo chiederle il nome, il numero. Potrei aspettarla per riaccompagnarla a casa, qualunque cosa mi permetta di placare questo desiderio che mi nasce inaspettato e fuori controllo.
Imbarazzato distolgo lo sguardo quando nel prendere il vassoio lei si gira dalla mia parte. Si ferma sorpresa per poi voltarsi di scatto e io maledico la mia assurda reazione.
Che cazzo ci faccio, a tarda sera, dietro un vetro a fissare una donna che lavora.
Risoluto mi obbligo a riprendere la via di casa guardando fermamente davanti a me.
Il tragitto è breve. Risalgo in ascensore e passo la mano gelida sul mio capo mentre questo sale lentamente. Il palazzo è particolarmente silenzioso, la luce gialla del corridoio mi accompagna fin davanti alla porta.
Mi spoglio velocemente una volta in camera, torno in cucina per prendere una bottiglia d'acqua e dopo aver fissato la sveglia mi sdraio in quel letto nuovo.
Sento ogni scricchiolio, ogni nuovo ronzio che non mi è familiare e che contribuisce al tenermi sveglio come se non bastasse il ricordo di quella ragazza.
Nitidamente rivedo il suo viso, il suo sorriso, i suoi occhi impertinenti che racchiudevano quel mistero che mi ha fin da subito incuriosito. L'immaginazione a volte crea realtà fantastiche in cui la nostra psiche si perde in congetture. Mi domando cosa possa celare una cameriera di un pub a Milano. Cosa possa avere di così speciale dal privarmi del sonno con solo pochi minuti di conversazione.
Cerco di mettermi più comodo ma è solo quando mi arrendo a prendere il libro che tengo sul comodino che cedo al sonno con ancora la luce accesa.
Al mattino il suono della sveglia mi disturba non poco, a fatica allungo la mano per prendere il telefono e mettere fine a quel suono ostile. Sbadiglio stancamente mentre mi alzo sconfitto e raggiungo in fretta la cucina per il caffè.
Sono per strada con largo anticipo, non conosco ancora la zona e preferisco incamminarmi per arrivare puntuale.
Seguo le indicazioni sul telefono come la sera prima e solo quando mi specchio nella grande vetrata mi accorgo di essere davanti al pub della sera prima.
Il luogo è vuoto e buio, nessun suono melodioso attorno a me ma solo il frastuono del traffico. Il locale ha perso la sua magia, niente luci soffuse o persone gioiose di trascorrere la serata insieme. Oltre me la vetrata specchia passanti di corsa, e visi stanchi. Mi ritrovo a sbirciare quei tavoli spogli immaginando ancora la sua figura esile e armoniosa che cattura lo sguardo senza pretesa.
Il mio subconscio la disegna perfettamente ma il suono insistente del mio navigatore mi riporta alla realtà, decido di dargli ascolto e di scordare per sempre quell'incontro casuale.
Il professore Lucci, si presenta al gruppo di medici che lo aspetta davanti alla sala congressi con mezz'ora di ritardo.
«Benvenuti dottori, sono lieto di avervi qui con me.»
Mi affretto a buttare il bicchiere di caffè che tenevo ancora in mano, nonostante l'avessi finito.
Come gli altri mi ritrovo a osservarlo come se fosse un idolo. I capelli leggermente brizzolati, il sorriso carismatico e la parlantina retorica me lo presentano come un cinquantenne alla mano e notevolmente preparato.
«Spero ci troveremo bene. Vi mostrerò ciò che ho imparato fino a oggi e spero, con questo, di esservi utile ma pretendo da voi che facciate lo stesso con me. So che ognuno di voi può darmi quel qualcosa in più che mi fa amare questa materia e che mi porta a propormi come docente per placare la mia perenne curiosità.»
Applaudiamo soddisfatti alla sua presentazione e in poco tempo ci siamo tutti presentati. Come me ci sono almeno una ventina di neolaureati ma altrettanto sono invece medici con maggiore esperienza che sono venuti sicuramente per la bravura dell'uomo che cerca di confondersi fra noi nonostante le sue doti gli siano riconosciute a livello mondiale.
«Chiamatemi pure Paolo e questa è Luisa il mio braccio destro.» Un elegante donna della sua stessa età fa ingresso nella sala dall'alto. Hai capelli legati dietro, il camice bianco ancora indosso e un sorriso compiaciuto per la bella presentazione.
«Paolo è il solito esagerato. Sono venuta qui come voi qualche anno fa e non me ne sono mai andata certa di aver trovato il miglior luogo dove poter fare il mio lavoro. Paolo è uno splendido mentore e sono certa che anche voi apprezzerete il tempo che passerete insieme a lui in questi mesi.» Si ferma accanto a lui ed è palese la familiarità fra i due. Non posso che pensare che ci sia anche stato qualcosa ma ovviamente non è una cosa che mi interessa.
Ascolto senza stancarmi e mi stupisco quando mi rendo conto che grazie al loro modo di fare sono appena trascorse le prime quattro ore del corso senza che mi sia pesato affatto.
«Christopher, ti va di pranzare con noi.» Mario Sacchi che ho appena conosciuto mi invita a raggiungerlo davanti l'ingresso. Insieme a lui anche un altro uomo e una donna che erano seduti qualche fila avanti a noi.
Guardo l'ora sul telefono e gli faccio cenno di sì con la testa, sono felice di fare già qualche conoscenza nuova.
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