Capitolo 68
Tara
Vorrei nascondermi, farmi piccola e scomparire. Ai suoi occhi che si posano su di me sento la pelle rabbrividire dal disgusto. Vorrei urlare, così senza dire niente, vorrei solo urlare e liberarmi.
«Cara Tara, scusi il ritardo e il poco preavviso nell'aver cambiato il posto di incontro, ma eravamo in giro con il professore Walter in un sopralluogo e quando gli ho detto che lei mi stava aspettando ha insistito per venire anche lui.» La donna allunga la mano verso di me e io non posso che stringerla e quando anche l'uomo al suo fianco fa la stessa cosa mi ritrovo in quel contatto che mi fa ripiombare in quella notte. Il mio respiro accelera, sento l'attacco di panico irrigidire i miei muscoli, la gola si secca alla pressione di quella pelle sulla mia e sotto quello sguardo la mia determinazione scompare.
«Sì, è vero. Non ho resistito e le ho chiesto di portarmi, ero troppo preoccupato di sapere come stava. Cosa le è successo? È stata così perfetta al saggio che non vedevo l'ora di lavorare nuovamente con lei dopo le vacanze e sono stato sorpreso nel sapere che non sarebbe rientrata.» Indifferente parla e alza contemporaneamente la mano verso il cameriere che aveva servito me poco prima.
«Può portarci due caffè, per favore. Clara vuoi qualcos'altro?»
«In realtà io vorrei un tè alla ciliegia.»
Il cameriere annuisce e va via.
«Quindi eccomi qua. Come sta?» Torna a parlare lui, a sorridere con i suoi perfetti denti bianchi mentre i miei stridono dalla tensione.
La sua baldanza e arroganza è tutta scritta in quel suo sguardo così finto e perfetto per chi da spettatore si fa convincere dalle sue parole, ma io, io leggo fin troppo bene cosa gli passa per la testa in questo momento. Perché la buona fede che fino a qualche mese fa mi faceva credere al fatto che avesse un limite, ora nel lieve gesto di guardare il mio corpo vedo il mostro che nasconde dentro. All'improviso mi sembra apparire dietro di lui la sua aurea nera ed è una benedizione per me perché con quella nutre la piccola fiammella che pensavo si fosse spenta al sopraggiungere della sua presenza nel bar e che invece è ancora dentro di me la sento ardere fino a bruciarmi l'anima.
«Strano tu me lo chieda, credevo che almeno a te fosse chiaro il motivo. Sai benissimo che è per causa tua che io non sono rientrata dopo le vacanze..» Abbandono quella assurda formalità del darci del lei. Come può credere che io possa continuare la sua messinscena del bravo professore. I suoi occhi scattano verso i miei fulminandomi. Vedo la sua sicurezza vacillare e rivolgere uno sguardo alla preside al suo fianco. La quale sbatte le ciglia nere in cerca di chiarezza.
«Non capisco. Perché il professore Walter avrebbe dovuto sapere cosa le fosse accaduto e poi come si permette di dargli del tu. Penso ci sia stato un malinteso.» Interviene la donna innervosita con lo sguardo che vaga tra me e lui.
«Mi permetto perché non nutro rispetto verso quest'uomo. E sono certa che lui sarà felice di chiarirle cosa io voglia dire, in fondo ha sempre amato parlare e vantarsi.» Non riconosco la mia voce per quanto sarcastica e fredda si presenta alle mie orecchie.
«Mi sta offendendo, Tara. Io non capisco cosa lei voglia dire sono assolutamente sorpreso e stravolto dal suo tono oltraggioso.» Sulla difensiva Walter inizia la sua recita. «Io che sono sempre stato così premuroso nei suoi riguardi mi sento offeso da questo atteggiamento. Sono incredulo di questo incontro e io che pensavo le avrebbe fatto piacere sapere che io e la preside eravamo felici di vederla e che, parlo anche per te Clara, speravamo di convincerla a tornare.» È palese come stia cercando di capire dove io voglia arrivare parlando e parlando come sempre, ma alla fine non ho tempo di godermi la mia possibile rivalsa perché quella destinata a rimane veramente senza parole sono ancora una volta io.
«Non ci posso credere.» La voce della preside trema di rabbia. «Cazzo, Walter, ancora no.»
Entrambi ci voltiamo verso la donna che non ho mai sentito esprimersi in quel modo.
«Avevi detto che avresti smesso.» Insiste lei dimenticandosi di me e concentrandosi sul peggiore dei suoi guai.
«Clara, ti prego, come puoi pensare che io possa aver mai potuto fare qualcosa...»
«Ah, ti prego sta zitto.» La osservo passare la mano sul perfetto chignon, attendere che il cameriere posi le ordinazioni sul tavolo e poi alzare gli occhi verso di me. Con la schiena dritta e fiera di una donna che sa quello che vuole. «È inutile tergiversare Tara, lei non otterrà niente da me. Non le permetterò mai di rovinare la reputazione della mia scuola. Come ha osato cadere nello stupido tranello del suo professore. La immaginavo più furba, ma ovviamente mi sbagliavo.» Mi lancia una sguardo pietoso facendomi sentire nuovamente in errore. «Cosa credeva di fare nel parlare con me oggi. Davvero pensava che io avrei ascoltato la sua confessione e ne sarei rimasta affranta magari appoggiandole una mano sulla spalla per consolarla.» Scuote la testa con gli occhi a due fessure e l'espressione tesa come un serpente pronto ad attaccare. «Niente di tutto questo sarebbe mai accaduto, piccola, stupida, ragazza. Come ha potuto? Come ha potuto lasciare che uno sprovveduto come Walter potesse approfittare di lei.»
«Ma che dici Clara, io non ho mai, mai osato fare niente. Sono sempre più offeso.» Cerca di intervenire senza essere ascoltato da me o da Clara, perché i miei occhi sono incatenati da quelli marroni della donna che sta decidendo della mia vita.
«Cara mia, se è questo il mondo che lei vuole, deve farsi più forte, ne incontrerà cento come lui, pensa che è il solo e l'unico. Splendide ragazze ballano mezze nude davanti a uomini che cercano, che bramano la loro sessualità, perché grazie a quella si diventa brave ballerine, le migliori a comunicare con il pubblico le proprie emozioni e cos'altro è il balletto se non questo.» Prende fiato e avvicina la ceramica calda alle labbra rosso porpora. «Anzi, era il mondo che avrebbe voluto perché da questo momento ogni porta le sarà chiusa. Non salirà mai più su di un palco e le è ben chiaro che questa è la fine della sua anche solo probabile carriera, vista la sua età avanzata. Era l'ultimo treno e lei è stata troppo ingenua per starci sopra ben attaccata.» Sospira, alleggerendo anche i suoi lineamenti. «Qui si chiude tutto e non provi a parlarne con qualcun altro perché l'unica che ne uscirà distrutta sarà la più insignificante dei qui presenti, cioè lei.» Si alza aggiustandosi con eleganza la borsa sulla spalla. «Spero le sia tutto chiaro. Torni al suo paese e si dimentichi di noi.» Ed è così che esce di scena.
«Sei solo una puttanella.» Ringhia il cane che subito corre alle sue spalle e che nonostante la pioggia inforca gli occhiali con la solita arroganza sorridendo alle due donne sedute al tavolo vicino all'entrata. Le apre la porta per farla uscire dal locale e dalla mia vita.
«È stato assurdo, Clara, sai bene che io non avrei mai... Che illusa...» L'inverno si porta via le sue parole e ogni forza in me.
Come un'automa pago il conto. Le dita mi tremano, ma non ho neanche la forza di crollare lì davanti a tutti. Lo farò a casa. Stringo la borsa alla pancia, alzo il cappuccio ed esco fuori nella pioggia.
Spaesata mi guardo attorno, poi inizio a camminare con in testa quelle parole dette senza sentimento, con disprezzo, con lo sguardo di chi ha appena ricevuto la delusione più grande. E sono io quella delusione, io non sono una vittima, io sono una stupida. Finisce sempre così.
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