Capitolo 66
Tara
La testa mi batte e gli occhi mi bruciano. La sveglia della mia vecchia vita risuona nella mia stanza, allungo la mano per zittirla. Dovrei toglierla, lo so, ma non ne ho il coraggio. Mi ricorda casa di Chris, i nostri risvegli, le sue braccia attorno a me.
Sospiro. Devo dimenticare.
«Ehi, sei ancora a letto.» Mia sorella entra senza bussare e non certo silenziosamente.
Stringo le coperte e chiudo gli occhi. Ovviamente non mi lascerà stare. Sono giorni che mi sta attorno nel bene e nel male. Se non fosse stato per lei quel giorno non so cosa avrei fatto.
«La colazione è pronta.» Apre le tende peggiorando il mio umore, ultimamente non sopporto la luce del sole. «Tara non puoi continuare così.» Si siede ai miei piedi. «Forza.» Batte le mani.
E anche nel male perché mi obbliga a tornare alla mia vita o almeno a una vita che mi porti fuori da qui.
Resto in silenzio.
Il mio telefono si illumina riprendendo a suonare e così mostra la foto dello schermo a mia sorella che mi guarda inpietosita.
«Hai chiamato Chris?» Al solo sentirle pronunciare il suo nome una lacrima scivola dalla guancia fino alle mie labbra ed è salata, come il conto che sto pagando; amara, come il resto della mia vita.
«È passato un mese, quel povero ragazzo starà impazzendo.» Sospira e io mi sento sempre più un mostro. «Perchè hai deciso di chiudere tutti i fuori?»
Ancora silenzio.
«Hai deciso almeno cosa fare? Mamma è sempre più insistente.»
Fortunatamente ha cambiato discorso, ma anche questo non è semplice per me da affrontare. Mi arrendo e apro gli occhi.
«Tornerò a Milano, non voglio deluderla.» Spingo via le coperte.
«Vuoi ritornare in quella scuola?» preoccupata Valentina si alza dal letto.
«Lo farò, ma non per seguire i corsi. Ho bisogno di parlare con la direttrice magari lei saprà indicarmi qualche scuola che cerca insegnanti.» Poggio i piedi sul pavimento freddo e un brivido scuote il mio corpo. È una sensazione strana da tempo ormai non provo più nulla.
«Verrò con te e spero di incontrare quel mostro, gli spaccherò volentieri la faccia.»
«Non farai nulla.» Mi alzo per vestirmi.
«Dovremmo invece. Dovresti tu. Denuncialo, pensa a quello che ti ha fatto, potrebbe rifarlo ad altre, anzi sono certa lo abbia fatto e non...»
«È tutta colpa mia.»
«Ma cosa dici?»
«Sono stata io a permetterglielo, fino alla fine.» Prendo i pantaloni della tuta e una felpa pronta ad andare in bagno.
«Ti ha usata in un momento di tua debolezza. Non è colpa tua Tara, è lui un mostro.»
Alzo gli occhi verso mia sorella, vorrei crederle, ma non ci riesco. Continuo a pensare quanto sono stata stupida a seguirlo.
«Perchè gli permetti ancora di manipolarti. Denuncialo tesoro. Liberati di lui, ti ha portato via tutto.» La voce di mia sorella sembra un colpo in pieno petto.
«Ti prego Vale...»
«No ti prego io. Abbiamo le prove. Hai fatto le analisi in ospedale che confermano l'abuso e le telecamere della scuola dimostreranno che eravate insieme.»
«Perchè non capisci: non mi crederà nessuno. Diranno che sono stata io a provocarlo. Lui è un uomo di successo, chi sono non io?»
«Oh, al diavolo. Tu sei una splendida donna di cui lui ha abusato perché non poteva averti altrimenti. Se parlerai tu anche solo con la direttrice, sono certa che anche altre ragazze si faranno avanti.»
«Per fare cosa. Per farsi additare come succederà a me. Se parlo resterò sempre la ragazza stupida che voleva fare strada e che dice di essere stata violentata perché non ha raggiunto il suo obiettivo.»
«Ma cosa dici?» Valentina è scandalizzata.
«La verità. La società non sarà mai dalla mia parte.» Tolgo il pigiama e decido di cambiarmi subito, andrò in bagno dopo. «Posso avere tutte le prove del mondo, ma è questo che accadrà.Come potrei continuare a vivere. No. Io voglio solo fare una vita tranquilla lontano da tutto.» Tiro indietro i capelli che stringo in un elastico sulla testa.
«Perchè così stai vivendo? Hai tagliato i ponti con tutto. Hai bloccato i tuoi contatti di quattro mesi di vita, come se non fossero importanti per te. Anche con l'uomo che amavi. Perché lo amavi vero? O non era importante?» La mano si muove in aria a sottolineare come potesse essere poco importante.
Un dolce sorriso. Due occhi maliziosi. Una pella ambrata sexy e calda.
Il dolore pulsa nel petto. Come potrei negarlo. Posso mentire sulle mie emozioni fingendo di stare bene, ma su di lui.
Annuisco e asciugo un'altra stupida lacrima.
«Domani prenoto l'aereo per domenica prossima. Ho già trovato un monolocale a poco prezzo e poi vedrò cosa fare. Ho bisogno di ritornare a Milano, almeno per un po', spero di poter scegliere poi un altro posto, ma devo iniziare a lavorare.»
«Puoi sempre restare qui.» Dolce Valentina cerca di convincermi.
«Non posso, devo prima ritrovare me stessa o farò soffrire mamma.» Infilo le pantofole.
«Prenota per due.» Mia sorella mi abbraccia. «Verrò con te, almeno all'inizio ti aiuterò a sistemarti.»
«Okay.» Le sorrido, perché anche se le risponderei che non è necessario in realtà ho paura ad andare da sola e saperla con me è il più grande sostegno..
«C'è un'altra cosa.» La sua voce si fa seria e io la allontano da me per guardarla in viso. «Devi rifare le analisi in ospedale.»
Mi allontano come scottata.
«È necessario Tara, dobbiamo sapere se...» la voce le trema alla possibilità e io rabbrividisco.
«Non qui. Facciamoli a Milano. Sarò più libera nel prendere le decisioni. Non vorrei che qualcuno lo raccontasse a mamma.» La paura mi fa irrigidire
«Okay, chiederò aiuto a un mio collega che si trova in un ospedale a Milano.»
«Bene.» Slego i capelli e li risistemo, più per nervosismo che per necessità. Lascio uscire l'aria che mi opprime il petto.
«Dai andiamo a fare colazione.» Mi prende sottobraccio premurosa e io indosso la mia maschera.
Gli ultimi giorni a casa sono dolci e amari. Ringrazio mia madre per le sue attenzioni e mi mancherà come non mai, ma allo stesso tempo sono pronta a crollare.
Salire sull'area mi illude con un senso di libertà,una pallida emozione simile alla mia prima partenza. Il taxi, la signora della nuova casa, le valige, l'aria piena di smog, il cielo grigio, le chiamate di mia madre tutto mi conferma che sono al punto di partenza senza più una metà e con il cuore distrutto.
Mi lascio trascinare da mia sorella in quel giro che mi sembra una giostra impazzita che mi dà la nausea. Sento le forze affievolirsi per il poco sonno, ma da quando sono qua ho anche le allucinazioni. Vedo Walter nella mia stanza in un incubo che si ripete all'infinito e al mio risveglio in giro per colloqui ho un'altra allucinazione che l'uomo che anelo di rivedere spunti da una strada riportandomi a casa, nella sua casa, con lui.
Sono entrambe fantasie che mi tormentano annebbiando la mia già scarsa capacità di sopravvivenza.
«Domani mattina, dopo che andremo nella tua vecchia scuola, dobbiamo andare in ospedale.» Valentina prende il cucchiaio dal tavolo immergendolo nella zuppa di cereali.
«Non posso fare un semplice esame di sangue?» Mi è passato l'appetito.
«No, dobbiamo anche fare una visita ginecologica completa.» Lei continua a mangiare io storco il naso.
«Domani sarà l'ennesimo giornata schifosa.»
«Hai pensato a cosa fare se... Non hai molto tempo per decidere.»
Che fantastico argomento da trattare a tavola.
«Lo so.» Il tono non ammette repliche non ne voglio parlare ad alta voce.
«Stasera guardiamo quel film?» Lei cambia discorso e mi invita a mangiare.
«Okay.» Cedo a tutte le sue richieste.
Quando a notte fonda mi ritrovo seduta al buio a guardare la foto di Chris non posso che fare i conti con la mia realtà.
«Se mai dovesse essere.» Accarezzo il suo sorriso. «Come potrei mai abortire se c'è anche la minima possibilità che possa essere il tuo.»
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