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Capitolo 31

Christopher

Aggiusto il colletto della giacca blu e allungo la mano verso il campanello dorato. Sento Pepe abbaiare dietro la porta che poco dopo si apre mostrandomi una splendida donna. Un tubino rosso le stringe il corpo generoso non lasciando molto all'immaginazione nonostante arrivi appena al ginocchio e non abbia nessuna scollatura. I capelli biondi le scendono lungo le spalle sottili e un profumo di vaniglia mi accoglie dolce come le feste del suo cane fra le mie gambe.

«Ciao!» Timida mi sorride stendendo le labbra anch'esse rosse.

«Ciao! Sei pronta?» Le chiedo restando sulla porta e schiarendo leggermente la voce. Non posso dire di non essere rimasto abbagliato.

«Sì, prendo il cappotto e andiamo.» Torna velocemente in casa mentre io attendo nell'ingresso. Mi abbasso ad accarezzare la testa pelosa e sbircio la casa dai colori vivaci che intravedo da qua.

«Sono pronta.» Arriva con un leggero fiatone, io le sorride e la precedo in corridoio attendendo il rumore della chiave nella toppa. «Andiamo.» Sembra entusiasta e allora porto una mano alla sua schiena facendole strada.

«Sì, prego.» Entriamo in ascensore.

La serata è praticamente perfetta. La luna è luminosa in una notte serena senza ombre e vento.

Ho trovato un locale non molto distante dalle nostre case con un ottimo chef. Osservo Marta portare il bicchiere di vino bianco alle labbra e sorridere subito dopo per la mia battuta. Vedo come si sente a suo agio con me e sono certo che quello che ci siamo detti a casa il mattino dopo essere stati insieme è ancora il suo desiderio.

Non perde occasione per sfiorarmi e devo ammettere che la trovo ancora estremamente attraente. Cerco di godermi la serata e la sua compagnia. Desidero dimenticare tutto e dare una possibilità a questo incontro nonostante la chiamata di ieri, nonostante il pensiero fisso sia per un'altra. L'indomabile ragazza con lunghi capelli castani che non smette di tormentarmi. Cazzo!

«Ti va di andare in un locale ad ascoltare un po' di musica dal vivo? Non è molto distante da qua.» Entusiasta stringe le mani sporgendosi verso di me sul tavolo.

Cerco di riportare la mia attenzione alla compagnia di questa sera. Ed è facile perché lei è perfetta. È assolutamente perfetta. Con le sue labbra a cuore invitanti, gli occhi limpidi e sinceri e la sua personalità solare.

Sono io a essere un'idiota.

«Certo!» Alzo la mano per attirare l'attenzione del cameriere che subito dopo arriva per il conto.

«Me ne hanno parlato molto bene e io non ci sono mai stata. È proprio vicino casa nostra.» Infila il suo braccio sotto al mio e posa le sue dita smaltate di rosso sul mio avambraccio.

Il profumo di vaniglia torna a invitarmi e questo mi fa sorridere.

«Sono sicuro che mi piacerà.» La guardo negli occhi chiari e lei arrossisce leggermente, ma il vino che abbiamo bevute le da il coraggio necessario per non distogliere lo sguardo.

Restiamo per un attimo in quel momento di intimità fra noi e rivedo in lei lo stesso desiderio di quella sera in ascensore che con coraggio si è fatta avanti.

Il suo corpo si stringe al mio fiducioso mentre a passi lenti camminiamo sui marciapiedi di questa città, dove lei sembra sapere bene dove vuole andare mentre io lotto per dimenticare la strada che vorrei percorrere.

La ascolto mentre mi racconta di Milano e del paese dove è nata che è poco fuori dalla città.

Non faccio caso a dove siamo, resto concentrato solo su di lei e sul suo splendido modo di farmi sentire al centro del suo mondo ed è quindi per me uno shock quando la vedo fermarsi davanti una lunga vetrata che conosco bene.

Alzo il viso e resto senza fiato.

«Eccoci!» Entusiasta si avvicina all'ingresso e io mi ritrovo pietrificato sul marciapiede ad ammirare colei che ho tentato di dimenticare. È dentro il locale con un'insolita luce soffusa che ne sfuma i contorni, come in un sogno.

Il come io riesca a riconoscerla immediatamente fra tutta la gente che affolla quel luogo è assolutamente inspiegabile. E il come, poco dopo, lei si fermi al centro del locale a ricambiare il mio sguardo è altrettanto sorprendente.

Le labbra carnose si separano sorprese, nessun rossetto a colorarle e mi sembrano così dannatamente irresistibili come i suoi ipnotici occhi marroni, le lunghe ciglia scure mi celano a tratti l'intensità del suo sguardo ombroso, ma non ho mai visto niente di più ammaliante di quel caldo cioccolato illuminato dal giallo delle lampade che la circondano.

Mi sento piombare nell'oscurità al suo cospetto ed è innegabile come sia il luogo dove desidero restare.

«Allora entriamo.» La voce allegra e briosa mi raggiunge e sembra stonare nella mia testa. I tratti delicati della mia accompagnatrice sono pieni di sincerità e luce, sono ciò che ogni uomo cerca, ma ad un tratto per me sono pieni di banalità.

Chissà perché fra tutti i locali di Milano Marta abbia scelto proprio questo, ma sicuramente è un punto a suo favore e uno contro di me, quando mi si avvicina e prendendomi per la mano mi invita a seguirla.

«Sì.» Cerco di camuffare la tempesta che mi è esplosa dentro, ma non riesco a distogliere lo sguardo dal locale.

«Ti piace vero?» Le dita intrecciate alle mie mi sospingono verso l'interno. Quel movimento richiama l'attenzione di Tara.

I lineamenti della ragazza si induriscono, le braccia si irrigidiscono appena mentre i suoi occhi si abbassano a guardare quel contatto fra noi. Vorrei nascondere quel legame, che se pur innocente sono certo che hai suoi occhi sembra apparire come una triste rivelazione. Scuote leggermente la testa prima di abbandonare del tutto i miei occhi là fuori.

«Sto morendo di freddo.» Marta mi costringe a quei passi che non vorrei fare. Rifletto se trattenerla mentre si gira dirigendosi in fretta verso l'interno del locale. «Non è incantevole.»

L'entusiasmo nella sua voce mi impedisce di rovinarle la serata e quindi la seguo dentro timoroso che questo possa essere ben peggiore.

«Ciao ragazzi, seguitemi.» Un ragazzo alto ci scorta a un tavolo non molto lontano dal bancone.

Aiuto Marta con il cappotto e infine le scosto la sedia per farla accomodare.

«Grazie.» Mi sorride compiaciuta ignara delle lunghe occhiate che sento alle nostre spalle.

«Marta, ti lascio solo un minuto per salutare un amico.» Non posso ignorare Andrea mi avvelenerebbe la birra.

«Certo fai pure, mentre scelgo cosa ordinare. Tu lo sai già?» mi chiede gentile.

«Sì, una bionda della casa. Grazie.» Prendo un lungo respiro prima di girarmi verso gli occhi azzurri che mi accolgono divertiti.

«Quindi hai un appuntamento?» ovviamente non tergiversa, non è mai stato il tipo. «Niente male. Niente male davvero.» Continua a guardare Marta che intimidita afferra il menù davanti a lei. «Mi spiace Tara. Qui non c'è sfida.»

Non mi ero neanche accorto che la mora si fosse avvicinata, preoccupato di contenere i commenti del barman e distratto dalle risate della ragazza con i capelli a caschetto alla mia destra.

«Non mi sono iscritta a nessuna gara.» Mi oltrepassa ignorandomi del tutto e facendo nuovamente ridere la sconosciuta.

«Oh scusa, non ci hanno presentato.» Disinvolta alza la mano bianca verso di me. «Tu devi essere Chris, io sono Manuela la coinquilina di Tara.»

Afferro la sua mano e non posso che sorridere.

«Deduco ti abbia parlato di me.» Compiaciuto mi appoggio al bancone mentre la mora, di ritorno, sembra prendere fuoco.

«Oh, sì, è stata molto chiara non potevo non riconoscerti: alto, figo, con due occhi incredibilmente azzurri.»

«Non ho mai detto niente di simile.» Sbatte il vassoio sul bancone facendo tintinnare i bicchieri.

«Sono onorato tu mi abbia riconosciuto.» La ignoro come ha fatto anche lei fino a quel momento dedicando la mia attenzione a Manuela. «Anche io ho sentito parlare di te.»

«Questo mi lusinga, non è di tante parole la nostra Tara.»

La tipa mi piace e resterei a prendere in giro la rigida ragazza al nostro fianco ancora un po' con piacere, ma ovviamente non posso.

«Che razza di ragazzo sei? Lasciare la tua compagna al tavolo sola per tutto questo tempo.» Mi riprende Tara passandomi davanti e tornando a servire i tavoli.

«Credo che stasera mi divertirò.» Andrea appoggia un gomito al bancone.

«Devo andare Manuela, è stato un piacere.» Le faccio un cenno con il capo.

«Anche per me.» Incuriosita continua a guardarmi e a sorridere.

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