Capitolo 27
Chris
La tensione si percepisce già dalla porta del locale.
La sera alle mie spalle è appena accennata, il cielo comincia a colorarsi di nero e le strade brulicano di gente che si affretta a tornare a casa o a raggiungere un locale dove passare la serata, proprio come me.
Anche se aspetto l'arrivo dei miei colleghi decido di entrare ugualmente. Voglio vederla.
Ed eccola la. Cattura tutta la mia attenzione la sua figura china su un tavolo intenta a sparecchiare.
Qualche altro passo e sono al centro della stanza
Il calore del locale è piacevole ma non l'atmosfera, c'è qualcosa di strano nei ragazzi questa sera.
La prima con cui parlo è Simona, ma il suo viso non si accende alla mia vista e Andrea mi allunga una birra borbottando un ciao veloce quando Tara si avvicina al bancone.
«Ciao e grazie.» Prendo la birra fra le dita e la alzo verso di lui aspettando la solita battuta da per sua, ma invece si allontana in fretta lasciandomi stranito a guardarlo.
Alzo leggermente le spalle e mi volto verso Tara che è intenta a sistemare i bicchieri nel vassoio.
«Ciao.» Mi saluta anticipandomi ma basta guardare il suo corpo teso per capire che anche lei, come tutti gli altri, non è in serata.
«Tara...» cerco la sua attenzione voltandomi verso di lei. «Che succede?»
«Credi sempre stia accadendo qualcosa, sei un po' paranoico.» Sbatto le palpebre sorpreso.
«Come?» Balbetto.
«Vuoi mangiare qualcosa?» Cambia discorso prendendo il tablet in mano.
«No, aspetto Angelo.»
«Okay.» Appena un cenno del viso e va via.
«Succede che prima o poi le apro la testa per capire cosa c'è che non va sotto quei capelli castani.» Irato Andrea mi indica con l'indice la mora che si avvicina al tavolo più vicino alla finestra lanciandovi appena uno sguardo. «Hai visto anche tu ieri com'era strana. Sono certo sia accaduto qualcosa, ma nonostante abbiamo provato a farla parlare per il suo bene, è riuscita a trattare male tutti.»
«Ieri sera in discoteca?»
«E tu che ne sai?» Con sguardo indagatore mi si avvicina per non perdere neanche una parola.
«Mi ha chiamato stanotte.»
«Ti ha detto qualcosa?» Sento la preoccupazione nella sua voce.
«Non molto.» Scuoto la testa deludendolo. «In realtà mi ha apertamente detto di non voler parlare di cosa è successo ieri.»
«Quindi, abbiamo ragione, quello che è accaduto è qualcosa di grave.»
Annuisco.
«Tu l'hai vista che era già qua da tempo ma quando è entrata stava in piedi appena. Sembrava tremare a ogni passo, non so cosa le ha fatto quel bastardo ma se dovesse entrare da quella porta non so se potrò controllarmi.» Stringe il pugno sul bancone davanti a me.
«Sono d'accordo con te, ma lei non ne vuole sapere di parlare.»
«Ma ti ha chiamato? Magari...»
«Non sperarci tanto.» Storco la bocca al ricordo dei suoi cambi di umore.
«Sei l'unico che ha ottenuto un'apertura. Ha trattato male anche Manuela, la sua coinquilina.» Si passa la mano fra i capelli.
Nonostante il piacere che ho provato a tenerla fra le braccia, non era questo il modo in cui avrei voluto che avvenisse. Stavolta sono io ad avvicinarmi. «Proverò a capire.»
«Grazie.» Andrea si allontana soddisfatto per la mia complicità.
Bevo la birra e distrattamente fisso davanti a me. Come posso convincerla a parlare.
«È arrivato Angelo.» La voce di Tara mi giunge inaspettata. «È laggiù.» Con l'indice mi indica il mio collega che alza la mano per farsi vedere. «Ora potete ordinare?»
«Sì, grazie.» Con la birra in mano lo raggiungo con al fianco la mora. «Ho come l'impressione che tu voglio liberarti di me.»
Il suo sorriso appena accennato credo sia un assenso.
«Hai fatto centro.» Si posiziona con il tablet in mano pronta a prendere le ordinazioni. «Allora Angelo, che ti porto?»
Scelgo le mie pietanze mentre ascolto i due scherzare come se Tara non avesse litigato con tutti i suoi amici o come se accanto a loro non ci fossi io a elemosinare le sue attenzioni.
«E tua moglie come sta?» Le dita affusolate portano dietro l'orecchio qualche filo castano sfuggito alla solita coda bassa dietro la nuca.
Vengo ignorato completamente e mi muovo infastidito sulla sedia. Quanto odio quando fa così.
«Bene. Tu hai deciso?» Sembra essersi ricordata di me mentre aspetta che io parli. Inevitabilmente i suoi occhi finiscono nei miei e il solito brivido mi corre lungo la schiena. L'inspiegabile desiderio delle sue attenzioni mi fa pronunciare la mia ordinazione lentamente, per averla accanto ancora un po'.
«Torno subito.» Gira sui tacchi e se ne va via.
Parlo con Angelo di lavoro tutta la sera. Ogni tanto è Simona a farci compagnia e io rifletto sul modo con cui chiederò a Tara di accompagnarla a casa.
Guardo l'orologio sul display del telefono e non dovrò ancora aspettare molto il locale sta per chiudere.
Alzo gli occhi verso i tavoli e poi verso fuori e la delusione strisce sulla mia pelle come una crema scura.
Lui è là. Appoggiato a una berlina nera che scrive sul telefono. Istintivamente la cerco nel locale. La vedo arrestarsi e cambiare espressione quando i suoi occhi lo notano in attesa.
Non capisco cosa le passi per la testa ma il leggero tremolio della sua mano mi fa alzare prima ancora che possa rifletterci.
Velocemente la raggiungo proprio quando sta per entrare nello spogliatoio per cambiarsi.
«Vai via?» L'apostrofo nella penombra.
«Cazzo, Chris, mi hai fatto venire un colpo.» La sua mano destra corre al petto mentre la sinistra spinge in basso la maniglia della stanza. «Perchè sei qui?»
La seguo dentro anche se non dovrei.
Le sue dita corrono al nodo del grembiule sulla schiena. I bottoni della camicia bianca si tendono mostrandomi il pizzo del reggiseno bianco.
«Vorrei accompagnarti a casa.» Riporto gli occhi al suo viso, nonostante sia molto attratto da quella vista.
«Come?» Si blocca sorpresa. «No, non posso.» apre il suo armadietto per prendere le sue cose.
«Perchè?» Insisto.
«Ti ho già spiegato che non lo posso fare.» Sembra parlare con un bambino.
«Ma ieri mi hai chiamato.» Le ricordo.
«Lo so.» Allunga le braccia lungo il corpo. «E ho sbagliato.»
Un cellulare inizia a suonare e già so che è lui a chiamarla, con la sua solita incapacità di aspettarla.
La mano che fruga nella tasca della giacca mi dà ragione, come il suo viso che si arrossa mentre legge il nome di chi la chiama. Indecisa guarda lo schermo e poi me e alla fine risponde chiedendomi con il dito di fare silenzio.
«Pronto?» I suoi occhi restano nei miei attirandomi come il cioccolato fondente. «Sì, ho visto che sei fuori, mi sto cambiando.» Mormora non lasciando il mio sguardo.
La pupilla trema come la sua voce quando il mio corpo si avvicina al suo. Un passo e un altro e i nostri respiri sembrano scambiarsi l'aria.
La sento così intensamente da percepire un contatto fra noi anche se questo non c'è. Il desiderio che resti con me e che non vada da lui mi brucia dentro.
«A tra poco.» Le sue labbra restano leggermente aperte catturando il mio sguardo.
Vorrei toccarla e stringerla a me e invece resto fermo. Il mio petto si alza e abbassa velocemente come anche il suo. Le mie iridi tracciano la linea sensuale della sua bocca prima di tornare nei suoi occhi con una supplica.
«Resta con me.» Sussurro quasi disperato.
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