Capitolo 25
Chris
Una piccola ramanzina mi accoglie in reparto. Alla fine Angelo sospira e si congeda dai colleghi e mi invita a seguirlo.
«Non hai mai tardato. Che è successo?» prende una cialda che inserisce nella macchinetta.
«Sono passato al locale.» Verso un po' d'acqua in un bicchiere che porto alla bocca.
«Come mai? Non sembravi intenzionato a continuare questa mattina.»
«No, infatti.» Mi siedo al tavolo alla mia sinistra e premo i palmi sugli occhi. «Ma quella ragazza mi attira a sé e non riesco a tirarmi indietro.»
Si siede accanto a me e lo guardo sorseggiare il caffè forse sperando che lui mi spieghi cosa mi accade.
«Cazzo.» Porto la testa indietro. «Mi metterò nei guai. Lo so.»
«Perchè dovresti?»
Il rumore della plastica riempie la stanza. Il bicchiere ormai informe fra le sue mani viene indirizzato al cestino poco lontano.
«Perchè è incasinata. Sta con una persona. Mi rifiuta e poi...»
«E poi...» I gomiti del mio amico premono in avanti avvicinandolo a me. Poso anche i miei sul tavolo.
«E poi mi concede quel minimo che mi riporta ancora da lei.» Il sollievo dei suoi occhi mentre era fra le mie braccia mi stordisce. «Credo che quello le abbia fatto del male.» Alzo il viso verso Angelo che resta a bocca aperta al mio bisbiglio. «E io non so che fare.»
I palmi sfregano sul mio capo rasato in cerca di placare la confusione che ho in testa.
«È una cosa grave questa. Ne sei sicuro?»
Le immagini del suo collo, della sua vergogna e infine le sue lacrime mi fanno annuire immediatamente.
«Cazzo!» La sua schiena torna indietro alla spalliera.
«Non ho conferma, ma oggi era diversa.» Ricordo la sua camminata incerta. Il tirarsi indietro a ogni contatto. «Non lo so Angelo. Dovrei starne fuori, vero?»
«Non è una scelta facile.» I suoi occhi guardano persi davanti a sé. «Cioè in fondo non la conosci neanche. Non sai molto della sua vita e lei non sembra disposta a fartene partecipe.»
Annuisco. È la verità. Che so io di lei?
«Però d'altronde riesci a lasciarla andare.»
Scuoto la testa dopo qualche secondo.
«No, non ci riesco.»
«Hai una bellissima ragazza che ti ha seguito fino in palestra. Sembra pendere dalle tue labbra. Saresti potuto passare da lei stasera e invece...» Non ha bisogno di continuare e ovvio.
«Invece sono andato da Tara.»
Un mezzo sorriso trasforma la sua espressione fino a quel momento seria.
«Niente è facile nella vita, non credi?» Unisce i palmi fra loro.
«Sì.» Lascio uscire quasi disperato. Ho avuto una vita facile.
«Questo però non è un buon motivo per non tentare.» Alza e abbassa le spalle come se fosse ovvio, ma per me non lo è davvero. Sono venuto qui per lavorare e ora mi ritrova ad arrivare in ritardo per una donna.
«Non riesco a non pensare che Tara abbia bisogno di aiuto. Ho la sensazione che se la lasciassi andare lei... Che lei si perderebbe per sempre.»
Gli sguardi di Andrea e la preoccupazione di Simona non appena sono arrivato al locale, confermavano silenziosamente che qualcosa non andasse.
Sento la rabbia scorrermi dentro, i palmi si stringono e sento le unghia gaffiarmi la pelle. La mia mente cerca di capire cosa quell'uomo le abbia potuto fare e le immagini che mi scorrono nella testa alimentano la mia tensione. L'odio verso quell'uomo mi invade improvviso, il pensiero peggiore del cosa un uomo possa fare ad una donna mi provoca un senso di vomito che a stento riesco a trattenere.
«Aveva un livido sul collo.» Mi accarezzo la parte dove ricordo di aver visto il segno nero. «Ma era... Non so. Non credo fosse dovuto a un atto di passione.» Non so che pensare e se mi sbagliassi. Sono accuse gravi le mie.
«Devi provare a capire cosa le è accaduto, magari puoi aiutarla.» Angelo si alza e io faccio lo stesso. Dobbiamo riprendere il turno.
«Sì, lo farò.» Cerco di pensare ai miei pazienti mentre indosso il camice bianco.
Seguo Angelo nel corridoio fino a giungere alla prima stanza dei controlli.
«Buona sera signora Rosa, come si sente?» La minuta anziana mi sorride felice di vedermi e io mi avvicino per controllare da vicino la sua frattura.
Riesco a dimenticarmi di tutto per un paio di ore quando seduto nella sala medici il mio telefono mi mostra la chiamata di un numero sconosciuto.
«Pronto!» Stanco rispondo addentando un cracker.
«Non dovresti lavorare?» La voce divertita di Tara mi coglie di sorpresa.
«Non credevo avresti mai chiamato.» Sorrido felice che lo abbia fatto.
«Lo so.» Ammette. «Vuoi che chiuda?»
Raddrizzo la schiena scuotendo già la testa.
«No!» Mi affretto a rispondere.
«Non ti disturbo, vero?» Credo di averla sentita ridere, credo sia stata la prima volta.
«No, sono in pausa. Hai scelto il momento perfetto.» Mi massaggio il collo e guardo verso la porta nella speranza che non entri nessuno. Come un ragazzino al telefono con la sua prima cotta sono emozionato della sua chiamata. «Tu dove sei?»
Il suono di una musica lontana mi fa pensare che sia ancora al locale anche se è decisamente tardi.
«Sono in discoteca.» Sembra pentirsi di avermelo detto. «Ho trascinato qui tutti per evitarmi le loro domande.»
«Tutti?» Il pizzicore di gelosia non mi lascia.
«Andrea, Simona e la mia coinquilina: Manuela.» Non sentire il nome del suo amante mi fa rilassare.
«Che domande volevano farti?» Credo di immaginarlo.
«Quella che vuoi farmi anche tu ma a cui io non risponderò.» La voce si affievolisce.
«Pensavo mi avessi chiamato per parlare.» Vorrei capire di più.
«Sì, è così, ma non di questo. Vorrei solo dimenticarlo.» Il desiderio che possa davvero avvenire lo sento chiaro nella sua voce.
«Okay, che hai mangiato oggi?» Sorrido compiaciuto al suono della sua risata.
«Davvero?»
«Certo. Io a pranzo ho cucinato gli spaghetti con il sugo.»
«Banale.»
«A sì, tu sai fare di meglio?»
«No, per niente. Sono negata.» Rilassata si lascia andare.
«Allora cucinerò io per te.»
«Non credo proprio.»
«Perche?»
«Perchè noi non mangeremo insieme.» Piccata mi fa rimanere male.
«In realta lo facciamo quasi ogni sera.»
«Ma che dici?»
«Mi porti la cena che consumo dove sei tu.» Sa che non mi arrenderò. «Comunque lo vedremo.»
«Come sta andando la tua notte?» Ovviamente cambia discorso.
Prendo un respiro e mi arrendo a quella chiacchierata. «Bene...» inizio a raccontarle cosa è successo in ospedale e dalle sue domande, dal suo interessamento capisco che è proprio questo quello che voleva.
Ci ritroviamo a parlare come se quel giorno non fosse accaduto niente di strano ed è comunque piacevole, molto, mi sta permettendo di conoscerla in un certo senso e io mi ritrovo sempre più interessato.
«Chris! sei qui?» Angelo entra in stanza cercandomi. «Oh, scusa. C'è la necessità di un tuo parere.» Stranito mi indica il telefono.
«Arrivo.» Mi alzo e faccio un gesto ad Angelo affinché lasci la stanza e lui nonostante sia incuriosito lo fa.
«Allora, ti lascio andare.» La sua voce mi incanta.
«Che farai ora?»
«Torno dentro dagli altri. Si staranno preoccupando e da un po' che manco.» Esita un po', forse le dispiace chiudere.
«È stato bello.» Elemosino una qualche certezza che anche a lei sia piaciuto.
«Buonanotte, Chris.»
«Buonanotte, Tara.» Mi arrendo.
Guardo il telefono fino a farlo spegnere e mi avvio nella stanza dei consulti. Il mio cuore è ancora accelerato come i miei pensieri che sono tutti per quella chiamata e per quella donna.
So già che domani sarò da lei.
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