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Capitolo 2

Alcuni mesi prima

Tara

Distesa nel mio letto a una piazza, scorro instagram senza in realtà guardare veramente.

«Non riesci a dormire?» Mia sorella sbadiglia dal suo letto appoggiato alla parete opposta alla mia. Piego le gambe nude e batto i piedi sul materasso.

«No.» Stringo il labbro fra i denti.

«Sei nervosa?» Mi domanda con la voce che ormai è un sussurro.

«Anche, in realtà sono tutto.» Ho così desiderato, negli ultimi tre anni, quello che avverrà domani, da non riuscire a credere che sia tutto reale. Il mio cuore batte impazzito. «Sono troppo agitata, e se continuo così non riuscirò a chiudere occhio.»

«Ci credo. Ma non temere, è tutto vero.» Ridacchia, girandosi su di un fianco e poggiando la guancia sul palmo della mano. I nostri occhi si incrociano e vedo in lei la mia stessa emozione. «Ti voglio bene sorellina e sono così fiera di te.» Le iridi lucide luccicano alla luce dell'aboujour poi la sua mano raggiunge l'interruttore per impedirmi di vedere oltre. «Ora dormi.» La voce incrinata mi giunge ovattata, poi il suono di un nuovo sbadiglio e il respiro che lentamente si fa pesante, mi dicono che è ormai addormentata.

Sospiro, chiudendo per un attimo gli occhi rassegnata a una probabile notte in bianco. Sarebbe orribile, il tempo sembrerebbe non passare rendendomi ancora più nervosa. Distolgo lo sguardo dal telefonino dove lo avevo riportato annoiata e cerco nella stanza la prova che l'indomani mattina prenderò davvero quel volo.

La luce bianca dello schermo illumina la camera quel tanto da permettermi di intravedere le valige già pronte dietro la porta. Due trolley blu e un borsone nero, è lì dentro che si racchiude la mia vecchia vita e dove presto inizierà quella nuova e questa volta per sempre.

Chiudo gli occhi sperando di placare la gioia che sento dentro ora che il sogno della mia vita sta per diventare realtà. Sono decisa a non voler più aspettare che lentamente passi la nottata, poso il telefono sul comodino. Attendo che la luce si spenga e mi lascio andare a uno dei miei sogni preferiti.

In quel film nella mia mente io sono sempre la prima ballerina del teatro la Scala. I miei movimenti leggiadri e eleganti incantano il pubblico e lo scroscio dei loro applausi mi culla nel migliore dei sonni.

Il tempo sembra accelerare le lancette e quando il suono della sveglia riempie la mia nuova giornata non riesco a credere che il momento tanto atteso è finalmente arrivato.

«Vale ci siamo, sveglia!» Salto nel letto di mia sorella per essere certa che non stia ancora dormendo. Sarà lei a portarmi in aeroporto questa mattina, nonostante questo le farà perdere le lezioni mattutine all'università.

La mia sorellona diventerà presto una splendida dottoressa e nonostante ieri sia stata lei a dirmi di essere fiera di me sono io a esserlo di lei.

E grazie anche al suo aiuto se ora posso prendere quel volo. Il suo supporto morale ma anche economico mi ha permesso di poter partire certa che qui le cose andranno bene.

«Sono sveglia, sono sveglia.» Si tira su sbadigliando. Un'occhiata al mio pigiama le fa avvicinare le sopracciglia. «E tu che aspetti. Va a lavarti, forza.»

Velocemente faccio come mi dice. Non chiudo la porta e come già fatto tante mattine anche oggi condividiamo il bagno per fare prima.

I nostri occhi si incontrano sullo specchio sopra il lavandino mentre entrambe laviamo i denti quasi in sincrono. Le bocche bianche si allargano in delle smorfie e io mi concentro a guardare la sua bellezza così perfetta.

La carnagione chiara e i capelli quasi biondi della splendida ragazza che mi sorride dallo specchio non potrebbero farla sembrare più diversa da me.

Opposte in tutto, anche nei caratteri. Assolutamente pratica lei. Sognatrice senza speranza io.

Quando finisco, corro in camera a vestirmi. I rumori dalla cucina anticipano l'odore del caffè e dei biscotti caldi che mia madre sta preparando. Con lo stomaco che brontola indosso i jeans blu e la camicia azzurra che avevo lasciato sulla sedia. Mi avvicino allo specchio mentre passo i bottoni dentro le asole fino al collo. Le mie mani tremano quando finiscono la loro opera e corrono ai capelli lunghi che mi coprono le spalle per legarli sul capo in maniera disordinata. Le ciocche castane sembrano ora domate rendendomi soddisfatta. Porto dietro le orecchie qualche filo scappato alla mia, diciamo, acconciatura e finisco con il guardarmi il viso.

Gli occhi marroni solitamente anonimi sembrano oggi brillare quasi dorati mostrando al mondo la gioia che sento dentro. Scurisco le ciglia con un po' di mascara e passo il pennello con il blash rosato sulle guance finendo così il mio trucco. Niente di speciale ma tanto basta per sentirmi bene e infatti non resisto quando felice sorrido al mio riflesso.

Questa volta, questa volta farò di tutto per giocare bene le mie carte. Prometto a me stessa.

«Forza andiamo.» La voce dolce di Valentina mi sprona a muovermi e così faccio.

Afferro le due valige e le porto con me al pianterreno seguita da mia sorella con in mano il resto delle mie cose.

«Io metto queste in auto. Tu mentre fai colazione. Sei insopportabile a stomaco vuoto.»

«Ehi.» Protesto poco prima di sentirmi afferrare per la vita. I miei piedi non toccano più terra. «Dai Marco, no!» Stringo le mani di mio fratello nel tentativo di liberarmi. «Mi stropicci tutta la camicia.» Mi lamento colpendogli le braccia.

«Voglio stritolare la mia sorellina un'ultima volta, prima che vada via.» Le sue labbra si posano sulla mia guancia e la risata di mamma completa la mia ormai solita mattina.

«Dai Marco, lasciala stare.»

«Mamma!» Mi lamento.

«Marco!» Insiste lei, riuscendo così a convincerlo.

Sono ventitré anni che lo sopporto. «Ma perché sei qui?» Finalmente libera cerco di rimettere a posto i capelli. «Non hai casa tua dove fare colazione?»

«Anna e io non volevamo perderci questo momento. Ma non ho molto tempo devo essere a lavoro tra mezz'ora.» Lo vedo sedersi e addentare un biscotto. Anche la sua camicia è ormai spiegazzata così come la cravatta storta che gli fascia il collo.

«Nonostante provi piacere a vederti ridotto così, lasciati sistemare.» Mi siedo davanti a lui che apre subito le braccia e mi lascia fare.

«Sarai bravissima.» La sua voce piena di affetto mi fa alzare gli occhi dal nodo fra le mie dita.

«Lo sarò?» Titubo di me stessa. Con lui posso farlo. Da sei anni a questa parte ha sostituito nostro padre in tutto.

«Sono certo che lo sarai.» La sua mano accarezza la mia guancia e io mi perdo fra le sue braccia.

«Grazie. Grazie se non fosse stato per te e Vale...»

«Shhh non importa. Conta solo questa nuova occasione.» La certezza delle sue parole penetra dalle mie orecchie fino al cuore.

«Ti voglio bene.» Mormoro allontanandomi lentamente.

«Anche io.» Mi pizzica il naso e io faccio una smorfia.

«Oh, tesoro. Ci mancherai!» Anna fa il suo ingresso con il suo tenero ventre arrotondato.

«Oh, Anna.» Corro ad abbracciare anche lei.

«Senti tua nipote?» Annuisco. «Credo voglia fare la ballerina come la zia.» Un lieve colpo mi arriva allo stomaco facendomi scoppiare in una risata.

«Ma Anna!» Non pensavo si sentisse così forte.

«Non mi dire niente, tesoro. Non mi dire niente.» Goffamente si siede accanto a Marco che le bacia la tempia.

«Ancora poco e le comprerò uno splendido tutù.» Lui la guarda amorevole e lei lo fulmina indispettita. «Facile parlare, quando si è il padre che non deve correre in bagno ogni due minuti perché sulla tua vescica qualcuno balla lo schiaccianoci.» Come farò senza di loro.

«Vieni che ti consolo!» Marco tenta di coccolarla.

«Non ti avvicinare. Passami il latte piuttosto.» Guardo la loro complicità e mi ricorda molto quella fra la mamma e papà. Fino alla fine sono stati così ed è stato un magico esempio. Stringo tutti in un'ipotetica foto che porterò nel cuore a Milano.

«Dai Tara! Faremo tardi.» Valentina entra in casa sbattendo le mani ed è come se il tempo accelerasse ancora: abbracci, lacrime, raccomandazioni. Un fiume di parole e affetto che si riversano in questa mattina.

«Dai ragazzi, dobbiamo andare!» Ancora Vale. «Mamma lasciala, giuro che il prossimo mese di porto da lei a Milano.»

«Fai la brava.» Mi stringe ancora prima di fare contenta mia sorella che continua a lamentarsi.

«Sì, mamma.» Sento uno strattone e poi Valentina che mi trascina fuori.

«Aspetta Tara, prendi i biscotti per il viaggio.» Dalla soglia di casa sparisce dentro verso la cucina.

«Ma che deve farci con i biscotti. Il viaggio dura un'ora e mezza.» Mia sorella sbuffa e prosegue fino a sbattere la portiera. Io resto in attesa e dopo un ultimo abbraccio per tutti, mi ritrovo seduta in auto, con in mano un sacchettino di carta chiuso con un nastrino rosso e gli occhi che sbirciano dallo specchietto laterale la mia famiglia che si fa sempre più piccola.

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