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Capitolo 14

Tara

Con Chris al bancone questa serata è stata infinita. Non posso neanche rintanarmi vicino ad Andrea per una piccola pausa dai suoi occhi che mi cercano e seguono continuamente.

Ho notato come stasera si sia comportato in maniera diversa nei miei confronti. Mi ha mostrato tutto il suo interesse mandando il mio cervello in tilt.

Anche a quella domanda, così semplice ma così complicata per me, mi ritrovo a guardare se sia davvero interessato ed è così.

Non riesco a trattenere la mia lingua rispondendogli male.

«Certo che lo è. Da quando si è trasferita non fa altro che allenarsi e lavorare. Penso che un giorno potrò trapassarla.» Contemporaneamente parla anche Andrea.

«Dai piantala.» Non voglio che inizi la paternale. Ha trent'anni ma sembra mio padre ed è un barman, santo cielo, dovrebbe essere solo sexy.

«Trasferita?» Non si lascia sfuggire lui.

«Sì.» Per colpa del mio collega mi ritrovo a parlare di me. «Sono siciliana.»

«E lui è romano sai? E anche qui per un master.»

Sento la curiosità di sapere qualcosa di lui finalmente libera di prendere voce.

«Su cosa?» Non mi trattengo compiacendo Andrea che sperava proprio di vedere una mia reazione.

«Sono un medico.» Precisa mentre la sua mano gioca con la bottiglia di birra vuota davanti a lui. «Tu?» Le dita lunghe, le mani con le vene in rilievo attirano il mio sguardo. Adoro quel tipo di mani in un uomo, sembrano dirti che sono in grado di fare tutto.

«Sono una ballerina.» Lo dico con lo stesso orgoglio che ha mostrato lui per il suo lavoro, riportando gli occhi nei suoi.

Il chiacchierone viene richiamato a lavoro e questo sembra dare a Chris il coraggio di accarezzare il mio corpo con i suoi incredibili occhi e io non posso che arrossire all'interesse che vi leggo dentro.

«Sai, lo avevo intuito. Sembri danzare fra i tavoli.» Il suo tono è talmente roco e basso che lo sento rimbombare dentro di me.

«Non credo sia possibile.» Arrossisco.

«Invece sì. Ti muovi in maniera armoniosa diversamente da chiunque altra.» Sembra sincero.

«Allora ho un futuro come ballerina ai tavoli.» Mi prendo in giro.

«Se vuoi, potresti.» Scherza anche lui. «Ma saresti sprecata.»

Seguo la sua mano che inaspettatamente compie quel semplice gesto che faccio sempre io, delicatamente porta i miei capelli indietro sistemandoli dietro l'orecchio. I polpastrelli mi sfiorano appena e io sembro andare a fuoco.

Stringo il labbro per evitare alla mia gola di mostrare quanto mi sia piaciuto quel lieve contatto.

Anche lui sembra stregato dalla nostra vicinanza.

Ma quando è successo di essermi fermata a pochi centimetri da lui.

«Vorrei venire a un tuo spettacolo.» Il tono roco mi fa battere le ciglia.

«Non so quando avrò la fortuna di potermi esibire. Al momento studio per recuperare.»

«Perchè?» Le sue sopracciglia si stringono.

È palese che è un argomento per cui non è esperto. Un altro avrebbe risposto che sono troppo vecchia per recuperare.

«Sono stata costretta a smettere.» Al solo pensiero degli anni appena trascorsi mi intristisco.

«Sono certo che c'è la farai.» Sembra così sincero e sicuro di quello che mi dice. Parla velocemente come se avesse intuito che avevo bisogno di essere rassicurata. Vorrei credergli. Sarebbe davvero importante farlo?

«Ce la sto mettendo tutta al momento.» Orgogliosa di me stessa alzo il mento.

«Sei bellissima.» Se ne esce così, spiazzandomi e lasciandomi senza parole.

«Chris...» esce come un lamento. Come posso gestire le emozioni se fa cose così.

«Scusami se sono inopportuno, ma è la verità.» Si morde il labbro pronto a continuare. Quel gesto attira il mio sguardo che poi risale ai suoi occhi confuso.

«Signorina!» la voce della donna mi giunge come ovattata. «Signorina!» Un nuovo richiamo che mi obbliga a interrompere qualunque cosa stesse accadendo.

«Arrivo.» Non stacco il mio sguardo da lui. I nostri respiri sembrano sintonizzarsi su un ritmo più veloce. Posso sentire come se mi stesse stringendo quando l'unico contatto fra noi sono i nostri occhi legati.

«Signorina!» infastidita la cliente mi chiama ancora.

«Devi andare.» Mi libera lui indicandomi con il mento la sala alle nostre spalle. La voce è roca, bassa, intima. Sento il mio ventre stringersi e la mia mente urlare di fare un passo avanti e annullare quella distanza fra noi.

Ancora quell'orribile richiamo giunge alle mie orecchie costringendomi a quel passo indietro che non avrei voluto fare.

Riluttante faccio il mio dovere. Sotto il suo sguardo intenso mi giro pronta ad assecondare le necessità della donna che mi ha richiamata alla realtà.

Mi rimetto in moto correndo fra i tavoli e per il resto della serata evito di avvicinarmi a quel bancone, non potrei sopravvivere all'attrazione che sento guidarmi a lui.

Non posso però impedirmi di guardarlo da lontano. Sembra tranquillo mentre parla con Andrea, come se non mi avesse mormorato quel complimento in maniera così spontanea che come un unguento ha lenito la mia anima bisognosa di rassicurazioni.

Quegli occhi vitrei bruciavano sulla mia pelle e il desiderio di tornare da lui solletica i miei sensi che cerco di tenere a bada sfinendo del tutto il mio fisico e le mie energie.

La sua testa si piega di lato in una risata e io resto con il bicchiere a mezz'aria e il cliente che mi richiama come una stupida.

«Mi scusi.» Asciugo le gocce di cocktail cadute sul tavolo.

Cavolo. È sexy da morire.

Quando, finalmente, i tavoli iniziano a svuotarsi sollevata mi rintano in bagno per una tregua.

Sfinita sospiro lavandomi le mani. Sistemo i capelli stringendoli sul capo in una coda meno ordinata. Guardo l'orologio che porto al polso e con gioia mi rendo conto che il mio turno è finito. Due occhi stanchi mi fissano dallo specchio. Alzo le mani e pizzico le guance in cerca di un po' di colore.

Ho un aspetto orribile, la stanchezza della giornata è tutta lì, sul mio viso e domani non sarà di certo più leggera.

Passo dallo spogliatoio dove qualche collega si sta già cambiando. Ci facciamo solo un cenno con il capo troppo sfiniti per parlare. Sciolgo il grembiule sulla schiena e lo getto fra i panni da lavare.

Dietro il separé faccio scivolare la gonna e le calze per indossare i miei jeans, la felpa che indossavo dopo la palestra e gli stivali. Ripiego la gonna e la camicia riponendole subito dopo nello zaino e quindi metto la sciarpa colorata al collo e prendo la borsa e il cappotto in mano prima di salutare e uscire dallo spogliatoio.

Alla fine del corridoio quasi totalmente nero, come nei dietro le quinte televisi sento già Andrea rivolgersi sgarbatamente a qualcuno. Credo di sapere con chi sta parlando dal tono irritato che gli rivolge abitualmente.

Metto il cappotto e prendo il telefono dalla borsa, poco prima che il locale mi si mostri luminoso e quasi vuoto. Ed eccolo lì, il messaggio che mi da la conferma di chi sia prima ancora di vederlo a pochi metri dal bancone.

Poche righe è il suo modo di chiedermi scusa. Un unico messaggio in cui mi informa che sarebbe venuto a prendermi per riportarmi a casa.

«Andrea!» apostrofo il mio amico e scuoto la testa chiedendogli di smettere.

Gli occhi chiari del mio amico protestano per il mio richiamo ma risoluta insisto nella mia richiesta silensiosa. Quando sono ormai loro vicino l'uomo stretto nel suo cappotto cammello mi sorride certo che io abbia già dimenticato tutto. Come suo solito guarda tutti dall'alto facendosi così odiare dai miei colleghi che si sono abituati a ignorarlo tranne Andrea.

«Al diavolo!» alla fine si arrende il barman che borbotta, non abbastanza sottovoce per impedire a tutti di sentire.

Passo dopo passo mi avvicino all'uomo che apre le braccia per accogliermi sotto lo sguardo attento che ho imparato a riconoscere.

«Mia cara.» Mi avvolge stringendomi a lui. «Sei pronta?»

Il troppo profumo di Walter mi fa prudere il naso. Allontano il volto da lui e cerco di liberarmi dalla sua presa. Non sono ancora disposta a perdonarlo così facilmente.

Chris non ha detto niente, se ne sta lì e io percepisco il suo stupore sulla pelle.

Provo un leggero imbarazzo per questa scena che lo vede spettatore.

Non contento del mio saluto Walter alza la mano sul mio viso girandomi dolcemente verso di lui.

Alzo il viso verso l'alto e il solito sguardo sicuro di sé mi accoglie senza nessuna tenerezza o pentimento.

Sgrano gli occhi quando per la prima volta le sue labbra si posano sulle mie sotto gli occhi di qualcuno.

Sono dieci giorni che ci frequentiamo e a parte i miei colleghi che lo vedono arrivare a tarda sera per prendermi, nessuno sa che ci vediamo.

Preme le labbra fredde sulle mie accennando appena una carezza sul mio fianco. In fretta la sua testa torna eretta.

«Sei pronta? Vorrei andare.» Sbrigativo non aspetta il mio assenso che mi ha già liberata dal suo abbraccio e si sta avviando fuori.

«È un cazzone.» Andrea non riesce proprio a sopportarlo.

«Ti prego.» Mi avvicino a sistemare un menù scivolato dal bancone a terra.

«Ti prego un cazzo. Neanche saluta.» Asciuga i bicchieri rabbiosamente e dichiara così chiusa la discussione.

Desolata mi giro verso lo sgabello alla mia sinistra i nostri occhi si incontrano per la prima volta da quando Walter è entrato in scena.

Non riesce a celarmi la sua sorpresa né la delusione che vedo ben scritta sul suo viso.

«Va bene, vado. Ciao.» Imbarazzata alzo la mano. «Buona serata Chris.» Ed è guardandolo un'ultima volta che mi giro per tornare a casa.

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