2-Sebastían
L'acqua glaciale le stava divorando il corpo che galleggiava nella vasca da bagno riempita da cubetti di ghiaccio pungenti al tatto, la testa le girava terribilmente ma infondo non c'era niente da temere, ogni giorno era costretta a sottostare a quella procedura che la madre riteneva fondamentale.
"Un corpo giovane come il tuo deve mantenersi esile e smilzo" le ricordava fin da piccola.
"Un bagno freddo serve a bruciare i grassi e rende la pelle più morbida" sosteneva senza accorgersi che tutto ciò era solo pura pazzia.
In poco giunse il momento di mettersi la camicia da notte , quella lunga veste bianca orlata da bordi in pizzo sulle coppe e al terminare del ginocchio.
l'abito candido le donava un area da fanciulla spensierata, quasi felice, riusciva infatti a coprire tutti i lividi presenti sulla schiena e sulle cosce, nascondeva in maniera perfetta quei segni violacei che ricoprivano le spalle, tutti marchi rimasti a causa di cinghie, frustini, da strumenti con i quali il padre era solito punirla quando Elisa non rispettava rigorosamente le regole.
Quella sera i suoi genitori si erano accertati che la loro figlia rimanesse segregata all'interno della sua stanza, questo perchè non si trattava di una semplice "sera", durante il corso della notte circa una centinai di persone avrebbero varcato la soglia della villa vankuver per partecipare a un'esclusiva festa.
Nella sua solitudine Elisa si era coricata per proseguire la lettura di un libro particolare che non le era permesso di possedere ma che nonostante ciò in quel momento si trovava tra le sue mani, l'unica cosa che le faceva compagnia in quell'istante freddo e amaro.
Tra i suoi lunghi capelli ricci e le lenzuola profumate di lavanda, sul cuscino, due occhi grandi erano stati imbambolati da alcune righe di una scrittrice nota come "Jane Austen", un libro giudicato banale e superficiale dalla sua famiglia.
Elisa era contenta di essere riuscita a sottrarlo alla cuoca, troppo sbadata per accorgersene.
Si stava godendo quei minuti di spensieratezza immedesimandosi nei panni della protagonista del romanzo quando il suono di un pianoforte la raggiunse.
Non si trattava di un pianoforte qualsiasi ma del suo, nessuno prima di quel momento aveva osato suonarlo.
Come si erano permessi?
Stavano profanando l'unica cosa insieme alla lettura che l'aiutava a sopravvivere durante il corso della giornata.
La musica prodotta nella sala privata ,dove Elisa passava le sue giornate per studiare, era volgare a dir poco banale.
Una diavoleria, chiunque stesse suonando doveva proprio essere il diavolo in persona dunque.
In preda all'ira e alla curiosità la ragazza si portò il libro al petto quasi per darsi coraggio e rapidamente camminò verso la maniglia della porta che cercò di aprire.
Se non fosse stata per la forcina che le era rimasta nei capelli a causa della treccia ormai sciolta, non sarebbe mai stata in grado di raggiungere il luogo nel quale il suo strumento stava subendo l'aggressione Barbara di un uomo in giacca e cravatta, dai capelli scuri e lunghi fino all'orecchio.
Faceva sprofondare le dita sui tasti con rabbia, si sentiva l'angoscia diffondersi lentamente insieme a un intenso odore di alcol.
Senza preavviso le parole le uscirono dalle labbra.
"Per l'amor del cielo, smettetela di suonare in questa maniera" d'un tratto il silenzio totale piombò ed Elisa catturò l'attenzione dell'uomo che si girò, rimanendo sorpreso di trovare una ragazza minuta, non troppo alta, dai lunghissimi capelli biondi , di un biondo particolare , accentuato da alcuni riflessi rossi, ferma, in piedi con il petto gonfio e una mano chiusa a forma di pugno.
Notò poi che con l'altra teneva stretto un libro quasi per proteggerlo, ma ciò che lo attirò di più furono le sue guance rosse messe in risalto dalla pelle chiara e degli occhi, degli occhi da volpe, talmente accesi e brillanti da emanare vitalità.
Si portò un bicchiere di whisky e ghiaccio vicino alla bocca e poi rispose.
"Ah si?
Ditemi, come starei suonando?"
Ribatté lo straniero seduto sullo sgabello.
"State profanando uno strumento sacro"
Gridò Elisa sbalordendosi per il coraggio di quel violatore di privacy che nonostante tutto continuava a deriderla osservandola come si fa con i neonati.
"Non credo proprio che voi possiate giudicare il mio modo di suonare, almeno che non valiate qualcosa in tale campo, ma ne dubito"
Elisa sentii quelle parole attraversarle la testa, così si avvicinò al corpo del maleducato.
Lo guardò dritto negli occhi e percepì una lieve pressione allo stomaco, da vicino l'uomo era diverso, aveva qualcosa nello sguardo di inspiegabile, quando l'occhio le cadde sulle sue labbra bagnate scosse la testa ritornando a fissare il piano.
"Siete proprio un gran maleducato, spostatevi e ascoltate della vera musica"
Svariati minuti passarono prima che Elisa si esibisse.
Posò le mani sui tasti in modo delicato tanto quanto le sue mani esili.
L'uomo la osservò a lungo, la ragazza le sembrava così pura, incontaminata dall'ambiente esterno.
La melodia si emanò rapidamente.
Era tanto piacevole e rilassante che lo straniero smise di pensare e si perse scrutando la giovane che si muoveva leggiadramente mettendo l'anima in ogni nota.
Rimase piacevolmente colpito ma il sogno di entrambi venne interrotto dall'arrivo dei Vankuver.
Elisa quasi svenne dalla paura, si alzò rapidamente afferrando il libro appoggiato per terra per poi nasconderlo dietro la schiena.
I suoi occhi si sgranarono e il corpo iniziò a tremare.
"Elisa, come ti sei permessa?" gridò la madre diventando rossa in volto.
"M-madre scusatemi io ho sentito della musica e ne sono stata attratta, credetemi non volevo mancarvi di rispetto"
Il ragazzo intervenne.
"È vostra figlia?" Sussurrò schiarendosi la voce.
"Si, e ci dispiace veramente tanto che l'abbiate dovuta vedere..vedere in tali condizioni"
"Spero stiate scherzando, non mi avevate mai detto di avere una figlia, e mi pare un peccato non averla conosciuta prima visto il suo talento accompagnato da sincerità e schiettezza, cose ormai molto rare"
L'uomo si girò verso la ragazzina preoccupata.
"Piacere Sebastián"
"Elisa" rispose senza distogliere lo sguardo dai genitori.
"Bene, direi che si è fatto abbastanza tardi.
Credo di aver bevuto un po' troppo stasera, passerò domani per concludere gli affari di lavoro, accettando o meno l'accordo" Disse Sebastián sorridendo per poi abbandonare la stanza.
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