Capitolo ventottesimo.
MARILINA
Rimasi qualche minuto da sola, per riprendermi. Il mio cuore martellava nel petto e non riusciva a fermarsi. Lo avrebbe voluto, sì, ma non ne era in grado. Dal canto mio, potevo ammettere che quello non era il mio primo pensiero: la mia mente vagava ancora alla ricerca di Rabastan. C'era una cosa che mi aveva stupida del mondo magico: l'età e la sua dimostrazione.
Rabastan doveva avere cinquanta o addirittura sessant'anni, ma ne dimostrava molti meno, forse l'età dei signori Potter. Che cosa significava questo? Che l'età del mondo magico era espressa in modo differente rispetto a quanto accadeva sulla Terra?
Sospirai e mi voltai per tornare a scuola. Sobbalzai: di fronte a me c'era qualcuno che portava la divisa di Hogwarts, ma non l'avevo mai visto. In più, era Serpeverde ed ero ancor più certa che quel ragazzo momentaneamente non appartenesse alla mia Casa.
I nostri sguardi si incrociarono. Lo guardai a lungo, chiedendomi chi potesse essere, da quanto tempo e perché era lì. Non avevo abbastanza voce per porgergli quelle domande, perciò rimasi in silenzio, ad osservarlo.
«Con quale graziosa fanciulla ho il piacere di dialogare?» domandò improvvisamente.
Deglutii e indietreggiai, alquanto preoccupata e scossa.
«Questi non dovrebbero essere affari tuoi» ribattei secca, guardandolo con gli occhi ridotti a fessure.
Scoppiò in una risata fragorosa. «Suvvià, portiamo la stessa divisa! E la tua cravatta è verde e bianca! Devi obbligatoriamente essere una Serpeverde.»
Strinsi i pugni. «Anche se fosse, non credo che siano affari tuoi. E comunque, la porti anche tu, la cravatta bianca e verde, eppure non ti ho mai visto prima d'ora.»
Schioccò la lingua e si morse il labbro mentre avanzava lentamente verso di me. I suoi boccolosi capelli neri ricadevano ribelli sul volto pallido, mentre le mani, del medesimo colore della carnagione, si contorcevano in modo quasi anomalo.
«Sì» replicò infine lui, «non hai tutti i torti. Be', a mia discolpa posso dire che sono un ragazzo alquanto occupato. E la stessa cosa potrei dire di te, splendida ragazzina. Ah, credo di non aver udito il tuo nome» aggiunse dopo aver dato un lungo sguardo al mio volto accigliato.
«Non l'ho mai detto, infatti» risposi io, piegando le braccia conserte al petto.
Scoppiò nuovamente in una risata. «Che sciocco, pensavo me l'avessi confidato. Non sei curiosa di sapere il mio?»
«No» risposi convinta.
Sorrise. Ormai era a distanza di tre metri da me.
«Il mio nome...» cominciò lui.
«Non mi interessa» terminai io.
Il ragazzo spalancò gli occhi e senza smettere di sorridere continuò a fissarmi per qualche secondo. Sospirò rumorosamente, poi si schiarì la voce e commentò dicendo: «Una ragazza piuttosto antipatica, oserei dire. Anzi, acida, ecco sì, quella è la parola più adatta.»
«Pensi che mi offenda? Me lo dicono tutti che sono acida, ormai è un'abitudine.»
Sogghignò. «Comunque sia, prima che tu mi interrompessi, stavo per rivelarti il mio nome. Mi chiamo Tod Malcolm Rogers.»
Battei le mani, fintamente emozionata per aver scoperto il suo nome. Tod si limitò a ridere e dopo pochi secondi me lo ritrovai praticamente addosso. Il suo alito non aveva odore, il suo cuore non batteva e i suoi muscoli si muovevano a scatti. Da vicino era tutto un po' più chiaro: sembrava che non fosse reale.
«Da dove vieni?» domandai.
«Ma come, ancora non l'hai capito?» soffiò sul mio collo.
Rabbrividii.
«No. Saresti così gentile da spiegarmelo?»
«Naturalmente.»
Tod si allontanò di qualche metro e solo allora mi rivolse un sorriso gentile. «Siamo sempre stati insieme. Sono parte di te.»
«Non capisco.»
«Sono quella cosa che ti comanda, la persona che prende il sopravvento di te, quella che ti impedisce di essere normale, quella che ti spinge a compiere atti impuri o a pensare fatti vergognosi.»
Spalancai occhi e bocca: lui, Tod, era la creatura che viveva dentro di me da quando avevo trovato quel dannato libro.
«Sei stato tu a creare gli Horcrux» mormorai.
«Più o meno. Diciamo che se qualcuno ti avesse visto, darebbe la colpa a te e non a me, perché io ero dentro al tuo corpo.»
Presi il viso fra le mani e sospirai. Che cosa avevo fatto? Perché ero caduta nell'oblio più buio?
«Hai paura di me?» domandò Tod.
Respirai a fondo.
«No.»
Perché tu sei come me, aggiunsi mentalmente, sei la parte oscura di me, una parte che si è staccata tempo fa e che si è ricongiunta solo ora...
«Odo ogni tuo pensiero, Marilina. Vedo ogni cosa che sogni. Sento ogni cosa che provi.»
Gemetti.
«Ora comprendo» sussurrai, «vieni da un luogo superiore a questo.»
Tod batté le mani compiaciuto. Si riavvicinò e avvicinò il viso al mio. «Ti ho mentito. Quello non è il mio nome, o meglio, non esattamente. Ma sveglia come sei potrai arrivarci in pochi secondi.»
Soffiò sulle mie labbra e mi sentii mancare.
___
ROSE
Il bosco era sempre stato il mio punto fermo. Da quando mi ero trasferita a Hogwarts quel luogo riusciva a calmarmi. Generalmente mi nascondevo lì per poter scrivere sul mio diario o terminare qualche tema scolastico, ma da qualche mese lo frequentavo per poter stare da sola.
Amavo Scorpius, ma mi stava letteralmente addosso, come se fosse stato geloso di qualsiasi creatura. Anche della mia migliore amica Laura. E non era possibile!
Mi sedetti su una roccia e sospirai. La temperatura era piacevole e il sole splendeva alto nel cielo. A quell'ora non doveva esserci nessuno nel bosco, perciò mi rilassai.
Improvvisamente vidi una gamba spuntare dal retro di un albero. Era letteralmente una gamba!
Mi alzai di scatto e lentamente raggiunsi l'albero. Dietro di esso c'era il corpo immobile e gelido di Marilina. La mia mano, dopo aver toccato la pelle, raggiunse il mantello e lo abbassai.
Dovevo portarla via.
Ma lei mi precedette: i suoi occhi si aprirono lentamente e quando mi notò rimase scioccata.
«Stai... bene?» domandai a disagio.
«Lui...» balbettò lei, «lui, lui...»
Alzai un sopracciglio. «Lui chi?»
«Lui!» ripeté lei.
Scossi il capo. L'aiutai ad alzarsi e le posai il braccio sulle mie spalle, per aiutarla a camminare.
Dovevo portarla in infermeria.
***
Verso le sette di sera, Marilina si risvegliò. Dopo averla portata in infermeria da Hannah Abbott, la lasciai sola per qualche ora, comunicando la notizia a Scorpius e ad Albus.
Quando tornai, mio cugino era ancora lì e le teneva la mano, con tristezza. Da qualche settimana era strana: non solo io avevo notato questa cosa, ma non avevo prove per esserne certa.
Dopo di me entrò nella stanza la professoressa McGranitt. Mi sorrise, poi insieme ci avvicinammo a Marilina. I suoi occhi vagavano confusi all'interno della stanza mentre il suo corpo rimaneva immobile.
«Come stai?» chiese Albus.
«Non lo so» rispose lei.
La McGranitt sospirò. «Signorina Black, potrà restare in infermiera per tutta la notte» poi si rivolse all'infermiera dicendo: «Nel caso in cui starà male, non esitare a chiamarmi, Hannah.»
«Sarà fatto, Minerva.»
___
NELLA FOTO: Devon Murray, nel ruolo di Seamus Finnigan, e Charlotte Skeoch, nel ruolo di Hannah Abbott.
*che cos'è successo alla coppia #shannah dopo la guerra?*
Seamus Finnigan e Hannah Abbott si sono lasciati poche settimane dopo la fine della battaglia. Hannah ha conosciuto suo padre, il quale l'ha portata via da Londra, per farla lavorare. Tuttavia è riuscita a tornare e dopo aver ripetuto l'ultimo anno (poiché l'aveva interrotto per la morte della madre) è tornata da Seamus. I due si sono trasferiti in una casa poco fuori Londra e si sono sposati cinque anni dopo. Ora Seamus insegna Storia della Magia, mentre Hannah lavora come infermiera, entrambi a Hogwarts. Hanno avuto due figli: Cedric Finnigan, nato nel 2006, ed Ernie Finnigan, nato nel 2008.
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