Capitolo quindicesimo.
MARIANNE.
Una macchia che si poteva classificare come il sole, era alta nel cielo da diverse ore, ma non l'avevo ancora degnato di un singolo sguardo. Da quando avevo avuto quella piccola discussione con Draco, erano cambiate tanto le cose.
La mattina successiva, mi ero momentaneamente trasferita dai miei genitori adottivi, ormai rimasti soli in casa, dato che Teddy e Victoire avevano deciso di convivere insieme a Violetta e a Louis.
Per qualche giorno, avevo abitato lì. Andromeda era l'unica dei miei figli che fosse al corrente di quanto stesse accadendo, per il semplice fatto che di lei mi fidavo ciecamente. Era una ragazza così matura, così affidabile.
Il quarto giorno a casa Lupin, Narcissa Malfoy venne a farmi visita. La accolsi facendomi abbracciare e le offrii un thè al limone. I miei genitori non erano in casa, così cercai di comportarmi come se fossi stata la padrona.
La signora Malfoy, nel corso di tutti quegli anni, era diventata per me come una madre. Ero molto affezionata alla donna che aveva messo al mondo l'uomo di cui mi ero perdutamente innamorat quand'ero soltanto una ragazzina. Lei sapeva quanto tenessi a suo figlio, lei era al corrente di ciò che io e Draco avevamo rischiato per restare insieme per sempre, ed era l'unica che potesse capirmi.
Quel giorno, le raccontai ciò che era successo con Draco. Naturalmente, non si schierò né dalla mia parte né da quella del figlio, semplicemente si limitò a ripetermi quanto fosse normale discutere su faccende che riguardavano il passato mai dimenticato di Draco.
A vedere la faccenda da un altro punto di vista, compresi che non solo Draco era perennemente dalla parte del torto.
Eravamo entrambi colpevoli dei problemi che causavano lo smembramento della nostra storia d'amore.
Io, con il vizio di scaricare la colpa sugli altri, e lui, col vizio di non assumersi alcun tipo di colpe.
Ma come avevamo fatto a crescere tre figli?
Come eravamo riusciti a non perdere la testa nel corso del nostro matrimonio?
Erano domande presenti nella mia mente annebbiata da quando avevo risposto "sì" a Draco. Non solo mi spaventava il fatto di doverlo lasciare, ma anche di perderlo per il suo passato.
Che cosa avrebbe detto la gente di me? Di una strega che aveva dato la sua vita e tutto quello che aveva da offrire ad un Serpeverde? Quale soprannome adotteranno per me quando e se Draco mi lascerà per i Mangiamorte?
Quelle domande erano uscite dalla mia bocca in presenza di Narcissa. Con il suo sorriso tranquillo, mi accarezzò il volto e rispose che nulla di ciò di cui avevo così tanta paura sarebbe accaduto.
Quando Narcissa abbandonò la mia casa, tornai in camera a pensare. Fin da quando ero ragazzina, ero solita a possedere diversi vizi, e il peggiore di tutti era quello di scappare dai miei problemi.
Non volevo che la gente adottasse un soprannome per me, non volevo diventare la donna lasciata dal marito per legarsi ai Mangiamorte... volevo essere la signora Malfoy e continuare ad esserlo per la vita intera.
Avevo lasciato un biglietto ai miei genitori adottivi, dicendo che ero tornata a casa mia, la mia vera casa, poi, con un sorriso smagliante e le lacrime agli occhi, avevo bussato a Villa Malfoy.
Dopo qualche secondo, Draco mi aveva aperto la porta e da quel momento la nostra serata di perdono era cominciata.
Passammo la notte a fare l'amore come due adolescenti, senza curarci di ciò che era accaduto prima e di ciò che sarebbe accaduto dopo.
[...]
«Mare»
La voce roca di Draco penetrò nel mio orecchio e il suo respirò caldo bagnò la pelle del mio collo. Soffocando una risata, gli accarezzai i capelli biondi con una mano e aprii lentamente un occhio.
L'ennesima notte passata a far l'amore; la coperta a terra, il lenzuolo attorcigliato alle nostre gambe, i corpi nudi e sudati, l'uno contro l'altro.
«Dobbiamo alzarci» bisbigliò ancora sul mio orecchio. Per tutta risposta, mugugnai e scossi la testa come una bambina di sei anni. Poco dopo, i suoi occhi incrociarono i miei e ci trovammo uno dinnanzi all'altro, sdraiati su un fianco.
«Amore, è sabato, devi andare a lavorare anche oggi?» domandai io, disegnando con l'indice le sporgenze del suo viso spigoloso. Sorrise e mi prese la mano, accarezzandola.
«Purtroppo» sussurrò, «tuo fratello Teddy mi ha chiesto di aiutarlo con il trasloco.»
Sbuffai e calciai via il lenzuolo con le gambe. «Eh dai, può benissimo cavarsela da solo. Se non sbaglio, ci sarà anche Louis con Teddy e Victoire!»
Mi sfiorò la guancia con il pollice e sorridendo replicò: «Gliel'ho promesso. È il minimo che possa fare. Lo sai che considero Teddy quasi come un fratello, il fratello che non ho mai avuto.»
Annuii lentamente e mi misi a sedere, con la schiena contro la parete in legno del letto. Draco mi imitò e mi incitò ad accomodarmi fra le sue gambe. Sorridendo, presi posto e poggiai il capo sul suo cuore, che batteva forte.
«Mi dispiace, amore» bisbigliai. Poi voltai il capo in modo tale da vedere il suo e aggiunsi: «Promettimi che quando tornerai...»
«...sì, faremo l'amore fino a cadere sfiniti sul letto, piccola.»
Sorrisi felice e buttai le braccia attorno al suo collo, attorcigliando le dita. Le mani calde e grosse di Draco si posarono sui miei fianchi, mentre i suoi muscolosi bicipiti mi avvolsero le braccia.
«Tesoro mio, siamo a novembre! Mi spieghi come fai ad essere così caldo? Devo per caso preoccuparmi?» domandai agitando l'indice in aria.
Draco piegò la testa indietro, scoppiando a ridere, poi rispose: «Be', almeno non avrai problemi quest'inverno, quando avrai freddo e tuo marito sarà nel tuo stesso letto, al tuo fianco, pronto per stringerti forte a sé.»
Guardandolo negli occhi, gli concessi un piccolo bacio. Il suo sorriso mi illuminò il volto.
«Ne abbiamo passate così tante insieme, Draco» cominciai io, tenendo ancora le dita allacciate dietro al suo collo, «non voglio che ci separiamo più. E giuro su Dio che se le tue segretarie ti toccano con un dito, le uccido a mani nude!»
«Mmh, non ricordo di aver mai conosciuto questo lato di te così... cattivo, o forse dovrei dire geloso?»
Gli assestai una sberla sul braccio e lui scoppiò a ridere.
«Cretino!» strillai, in preda ad una risata fragorosa. Anche Draco stava ridendo divertito, almeno fino a quando il campanello della casa non suonò. Sobbalzai e Draco mi indicò con un dito, ridendomi in faccia.
«Stupido» commentai alzandomi dal letto e infilandomi la vestaglia di seta regalatomi da mia sorella Violetta.
Draco soffocò un'altra risata e attirandomi a sé, mi baciò a lungo. Staccandomi da lui, sentii nuovamente il campanello suonare, così lo ripresi.
«Arrivo!» gridò in risposta Draco, sentendo una terza volta il campanello.
Sorridendomi, si precipitò giù dalle scale di corsa. Lo seguii, ma camminando in modo molto più lento rispetto a lui.
Quando arrivai nell'atrio principale, vidi Teddy. Indossava una maglietta azzurra e dei pantaloni neri. Sorridendomi in modo enigmatico, mi baciò una guancia.
«A giudicare dal fatto che la vestaglia sia al contrario» disse, «deduco che ho interrotto un momento piuttosto... come dire? Intimo...»
Draco scoppiò a ridere, battendo il cinque di Teddy, mentre io, infastidita, voltavo il capo dalla parte opposta. Sospirando, replicai: «Oh, fratellino, non credere che tu sia un santo! Ho visto Victoire un po' provata ultimamente. Non è che vi state impegnando un po' troppo?»
Storse un sopracciglio. «Marianne cara, ti ricordo due cose: primo, io e Victoire abbiamo poco più di vent'anni, voi poco più di quaranta; e secondo, noi usiamo il preservativo, voi no.»
Divenni paonazza, così mi coprii il volto con le mani. Sbirciando fra due dita, riuscii a vedere Teddy che tirava qualche pacca di incoraggiamento a Draco.
«Anche se fosse, siamo adulti, Teddy» esclamai io, avvicinandomi alla macchina del caffé.
«Sì sì» replicò sarcastico, poi si voltò verso Draco e aggiunse: «Ti do massimo dieci minuti, poi torno a casa e ti aspetto lì, siamo intesi?»
«Ehi» protestò Draco, «non sono mica Marianne! Lei sì che ci impiega ore per prepararsi!»
Mi voltai a guardarlo con espressione contrariata, ma i due erano già in preda alla risata. Tenendosi una mano sulla pancia, Draco scomparve su per le scale, mentre mio fratello, asciugandosi una lacrima, mi raggiunse e si sistemò al mio fianco.
«Ti sei offesa?» domandò sorridendo.
«Chi? Io? Ted Remus Lupin, sei mio fratello! Conosco il tuo lato goliardico, e so perfettamente quali battute preferisci adottare in casi come questi! Ogni volta che ti vedo, so già che cosa uscirà da quella bocca!»
Si schiarì la voce e allungando il collo, replicò: «Lo prendo come un complimento.»
«Oh, fa' pure.»
Scoppiò a ridere e poi tacque. Nel frattempo, preparai due caffé, uno per me e uno per Draco. Il suo, lo lasciai in una tazzina, poggiata sopra al suo rispettivo piattino.
Quando mio marito rientrò nella cucina, afferrò la tazza e trangugiò la bevanda bollente in solo sorso. Mi rivolse un sorriso e attirandomi a sé, mi baciò.
«Buona giornata, amore mio!» esclamò.
«Anche a te, Draco. Ciao Teddy» li salutai.
Ricambiarono il gesto, poi la porta d'ingresso si chiuse dietro alle loro spalle. Sospirando, mi accomodai al tavolo della colazione e presi un biscotto dalla scatola in centro tavola.
Masticando, afferrai il giornale che era posato sul tavolo. Era vecchio di due giorni. Chissà da quanto tempo io o Draco non aprivamo la cassetta della posta... certo, le lettere arrivavano direttamente con i gufi, ma alcuni giornali si trovavano nella cassetta.
Decisi di andare a prendere quello del giorno. Salii in camera e mi vestii, indossando un abito bianco.
Successivamente, mi pettinai i lunghi capelli biondi e li legai in una coda alta. L'immagine riflessa nello specchio del mio corpo e del mio viso, era cambiata molto da quella che avevo adottato durante la mia adolescenza.
I miei capelli, nati biondissimi, dal mio sedicesimo compleanno, erano più tendenti al castano scuro, più simili a quelli di mia madre.
Il mio viso era paffuto e morbido, fino ai quattordici anni, poi mutò in una versione più scarna, fino ai diciotto. Ora, era normale: alcune rughe cercavano di uscire allo scoperto, ma data la mia giovane età si vedevano ben poco.
Sospirai e scrollando il capo, uscii dalla camera da letto. Scendendo le scale lentamente, mi guardai le ballerine che portavo ai piedi. Erano un regalo di Violetta. Mia sorella aveva buon gusto nella scelta dei regali... ovviamente, tutto il contrario di me.
Uscii dalla casa, chiudendo la porta dietro alle mie spalle e raggiunsi la cassetta. All'interno, c'erano tre giornali e senza nemmeno leggere il nome di essi, li posai sotto il braccio.
Feci per girarmi, pronta per rientrare in casa e preparare il pranzo, quando sentii qualcuno chiamarmi.
Assumendo l'espressione cordiale che adottavo ogni volta in cui i vicini facevano visita, mi voltai. Con mia grande sorpresa, però, notai solo la signora Malfoy, con un sorriso smagliante e un abito nero.
(Nella foto: Helen McCrory nel ruolo di Narcissa Black Malfoy)
«Narcissa! Vieni pure!» esclamai dolcemente.
La madre di Draco aprì la porticina della ringhiera di ferro e mi raggiunse, camminando lentamente sul vialetto in ghiaia. Appena fu di fronte a me, allargò le braccia e mi strinse forte a sé.
«Tesoro, sono così contenta di vederti. Come stai?» volle sapere.
«Sto bene, grazie.» Cominciammo a camminare verso l'entrata della casa, rimanendo in silenzio. Quando poggiai la mano sul pomello dorato, Narcissa mi chiese dove fosse Draco.
«E' andato a casa di mio fratello per aiutarlo con il trasloco» risposi, tenendole aperta la porta.
Narcissa mi ringraziò sotto voce e poco dopo riprese a parlare: «Uh, quindi non lo trovo in casa. Be', è tanto che non lo vedo, mi faveva piacere salutarlo.»
Le rivolsi un sorriso, entrando nella cucina. «Certo, sono sicura che la cosa sia reciproca. Purtroppo, in questo periodo Draco è molto impegnato. Le sue segretarie sono molto esigenti.»
Narcissa si voltò a guardarmi e tenendo un sopracciglio alzato ripeté: «Segretarie? Quali segretarie?»
«Oh, pensavo fossi al corrente della cosa. Come mai non te ne ha parlato? Be'...» mormorai, cercando di trovare le parole adatte per riferirle la faccenda, «A settembre, Draco mi ha detto che da quest'anno gli Auror avrebbero disposto di due segretarie. Ovviamente, con la nostra fortuna, gli hanno consegnato due vecchie compagne di Hogwarts.»
«Di chi stai parlando?» chiese Narcissa, assumendo un tono quasi scocciato.
Mi sedetti al tavolo e sospirai. «Asteria Greengrass e Pansy Parkinson. In più, Harry mi ha detto che Daphne Greengrass è l'assistente di Ron.»
(Nella foto: Jade Gordon/Jade Olivia nel ruolo di Asteria Greengrass)
(Nella foto: Scarlett Byrne nel ruolo di Pansy Parkinson)
(Nella foto: Ashley Green nel ruolo di Daphne Greengrass)
La mano rugosa e sottile di Narcissa si trascinò sul volto della madre di Draco ed ella sospirò. «Ho sempre pensato che Asteria fosse innamorata di Draco, quando ancora frequentavate Hogwarts.»
«Tutte le ragazze della scuola lo erano, escluse Hermione, Ginny e Luna. Comunque sia, ho qualche sospetto. Quando ho chiesto a Draco che cosa avrebbe deciso di fare nel caso in cui i Mangiamorte si fossero ritrovati insieme, lui non mi ha risposto.»
Narcissa mi posò una mano sulla spalla e sorridendo, bisbigliò: «Non voglio difendere mio figlio, perché so perfettamente quanto sia stupido e poco sveglio, ma sono certa di una cosa: lui ti ama. È vero, te lo dico ogni volta che tu mi confidi le tue paure, ma è la pura verità!» aggiunse ridacchiando.
Mi lasciai andare in una semplice risata pure io e sospirando, replicai: «Be', speriamo sia così. Draco è così gentile con me, lo è sempre stato, anche quando non era possibile frequentarmi.»
Narcissa mi tirò su il viso con un dito. «Ora smettila di pensarci. Prepara due thé. So che mi devi dire qualcosa, te lo si legge in faccia!»
Scoppiai a ridere divertita, poi mi alzai e misi su l'acqua per i the.
[...]
Un'ora dopo, Narcissa aveva nella tazza la quarta porzione di the, mentre io solo la seconda. Il vassoio dei biscotti si stava lentamente svuotando, ma nessuna delle due avrebbe mai ammesso che era un problema serio.
«Allora» esordì prendendo fra le mani la caraffa del thé per la quinta volta, «a furia di leggere il giornale e i nuovi gossip, ci siamo dimenticate di parlare di te! Forza, dimmi tutto.»
La guardai negli occhi per un secondo, poi abbassai lo sguardo e tenendo stretta fra le mani la tazza, dissi: «Dall'ultima volta che abbiamo parlato di Marilina Irma Black, mi sono documentata e ho scoperto una cosa che mi ha scioccato particolarmente.»
Narcissa prese un altro biscotto e chiese: «Spara.»
«Nel 1998, poche settimane prima del... del mio rapimento e della mia permanenza a Villa Malfoy» mormorai a disagio, «è scomparsa una strega che da allora non è mai più stata ritrovata. Lo so che cosa stai per dirmi: che è normale e che probabilmente sia morta, ma... non è così. Quella strega, aveva una sola particolarità.»
Narcissa alzò le sopracciglia perplessa. «Non capisco dove vuoi andare a parare.»
«Sto dicendo... sto dicendo che quella strega era Annabeth Jenkins, e tu sai bene quanto famosa fosse!»
Narcissa ebbe un attimo di mancamento. A sentir pronunciare quel nome, l'unica persona che le tornava in mente era indubbiamente sua sorella Bellatrix, morta nel 1998, durante la guerra di Hogwarts.
Annabeth Jenkins era stata classificata come la strega sosia di Bellatrix Lestrange, e per quanto questa fosse una cosa negativa, lei stessa l'aveva sempre sfruttata come un pregio. Annabeth era stata una Serpeverde, ma era babbana.
«Scusami» bisbigliai, appena notai che Narcissa si stava asciugando gli occhi con un tovagliolo, «mi dispiace aver parlato di tua sorella senza prima averti avvertito.»
Scosse la testa velocemente. «Non... non ti preoccupare. È tu-tutto okay. Solo... ti spiacerebbe chiamarla signora Lestrange? Almeno... almeno non mi si spezza il cuore a sentir il suo nome.»
Annuii velocemente e schiarendomi la voce, ripresi a parlare: «Alcune testimonianze affermano di aver visto insieme la signora Lestrange e Annabeth Jenkins, due giorni prima che ci fu il mio rapimento. E poi, Annabeth scomparve.»
Narcissa alzò il capo. «Pensi che l'abbia uccisa? Forse... sapeva qualcosa di troppo, e dato il carattere maleducato e precipitoso di Bellatrix, forse le ha puntato la bacchetta addosso e...»
La fermai, alzando una mano. «No, non dirlo. Non voglio che tu abbia questo tipo di ricordo di lei. Volevo... volevo solo sapere se secondo te può essere successo qualcosa che ha scombussolato le vicende che sono accadute dopo.»
Narcissa spalancò gli occhi per un istante solo, poi, raddrizzandosi, replicò: «Be', tesoro, sono passati più di vent'anni, non me lo ricordo con esattezza ma... sicuramente, voi siete scappati da Villa Malfoy e questo non sarebbe dovuto accadere.»
Annuii lentamente. «Pensi che sia stata colpa della signora Lestrange o che sia capitato per fortuna nei nostri confronti?»
Narcissa dondolò la testa. «Non ne ho la più pallida idea, ad essere onesta. Più prudentemente, penso che sia stato un periodo difficile per entrambi. Io e Lucius eravamo in conflitto con Draco, innamorato della ragazza sbagliata; eravamo in combutta con la nostra stessa natura, con i nostri compiti.»
«Già, hai ragione» mormorai tenendo il capo chino.
Sospirammo all'unisono e ci guardammo negli occhi poco dopo. Le concessi un piccolo sorriso, poi dissi: «Draco sarà qui fra mezz'ora. Potresti aspettarlo, se ti va.»
«Sì, penso che lo attenderò. A proposito, perché non venite a fare visita a me e a Lucius? Sai che gli fa molto piacere vederti.»
(Nella foto: Jason Isaacs nel ruolo di Lucius Malfoy)
«Lo so» replicai sorridendo.
La verità, era che non sopportavo entrare a Villa Malfoy. Non era colpa di coloro che vivevano in quella casa, né dell'abitazione in sé, la questione riguardava ciò che era accaduto a me e a tutti i miei amici all'interno di quelle mura.
I Malfoy si erano guadagnati il perdono da parte di tutte le famiglie più famose - i Potter, i Weasley, i Paciock, i Lovegood, i Lupin - ma le cose fatte e ricordate non si potevano prelevare dalla mente.
Sebbene avessi accettato ogni singolo dolore provato durante la ricerca degli Horcrux, non riuscivo ancora a dimenticare le morti, i suicidii, gli sterminii avvenuti e ogni cosa che li riguardasse.
«La trovo un'idea fantastica» mormorai alzandomi, «Io e Draco verremo domani a pranzo.»
Narcissa sorrise e afferrò un altro biscotto dal vassoio. L'ultimo.
___
MARILINA.
«Bene, ragazzi, per oggi è tutto!» trillò il professor Lumacorno. «Ricordo che stasera ci sarà la prima cena del Lumaclub. Gli invitati sono i seguenti: Albus Severus Potter, Andromeda Bellatrix Malfoy, James Sirius Potter, Laura Paciock, Lavanda McMillan, Marianne Diggory, Rose Weasley, Scorpius Lucius Malfoy e... la signorina Marilina Irma Black.»
Quelle parole così curiose pronunciate dal professor Lumacorno, brillavano ancora nella mia mente. Per la prima volta in vita mia, un professore si era accorto di me e mi aveva proposto di partecipare ad incontri extrascolastici.
Wow, ero veramente colpita dal tipo di decisione preso da quell'uomo.
Seduta su una panca in legno, indossando il miglior vestito che avessi mai comprato, aspettavo con ansia e con il cuore che martellava nel petto, che il professore aprisse la porta della sala.
Ero sola. O meglio, ero l'unica ad essere arrivata in anticipo. Chissà per quali strane ragioni, nessuno ci tenesse a fare bella figura.
Sospirai e proprio in quel momento, sentii la voce squillante di Rose Weasley.
«...sei proprio un cretino, Scorpius! Ti avevo esplicitamente detto che la cena era alle diciannove! Lo sai che ore sono, eh, lo sai? Sono le diciotto e cinquantasei, siamo in ritardo, ti rendi conto della gravità della cosa?»
Udii Scorpius sbuffare. «Sei semore la solita rompipalle. Tale a quale a tua madre quando aveva la nostra età.»
«Oh, brutto impertinente, come ti permetti? A volte mi chiedo come diamine ho fatto a risponderti di sì!»
L'espressione enigmatica di Scorpius si rivolse alla sua nuova ragazza. «Perché sei pazza di me, Pettirosso.»
«Oh, ti odio!» gridò Rose, prima di scendere velocemente le scale e affiancarsi a me.
La guardai a disagio e lei, incontrando i miei occhi, disse: «Davvero assomiglio a mia madre quando aveva la nostra età?»
«Ehm» balbettai io, «non ne ho idea, scusami. Ma comunque» aggiunsi vedendola rattristarsi, «penso di no. Da quanto ho letto sui giornali e sui libri, tu sei molto più sveglia.»
Gli occhi di Rose si illuminarono. «Grazie mille, tu sì che rispetti le persone!»
«Figurati» mormorai, «è... un piacere.»
Fortunatamente, a fermare la situazione imbarazzante che Rose aveva creato, furono Albus, Laura Paciock, Marianne Diggory e Lavanda McMillan. Mi rivolsero tutti un gran sorriso, eccetto Albus che si avvicinò.
«Ho sentito Rose urlare. È successo qualcosa?» domandò indicando la cugina.
«Oh, nulla di particolare. Sai, ho consigliato loro di frequentare un terapista di coppia, magari può aiutarli a superare le divergenze che si creano all'inizio di una relazione.»
Albus scoppiò a ridere divertito e mi posò una mano sulla spalla, come per non cadere. Proprio in quel momento, le porte della sala si aprirono e il professor Lumacorno ci accolse nel suo studio.
La stanza era buia, circolare, con grandi finestre a grata e tendi a sipario rosso logoro. Nel centro della stanza, c'era un tavolo circolare a due piani, con una decina di sedie attorno.
«Prego sedetevi!» esclamò.
«Professore» esclamò Scorpius con voce enigmatica, «Andromeda Bellatrix Malfoy e il suo appiccicoso fidanzato James Sirius Potter, non sono ancora arrivati.»
Rose gli tirò la camicia e bisbigliò: «Sei proprio stupido!»
Il professore fece per parlare, ma l'entrata di Andromeda e di James interruppe il tutto. Sorridendo, ci ordinò di sederci. Andromeda si accomodò al fianco del professore, e dopo di lei James. Io, invece, mi trovavo fra Albus (a fianco del fratello) e Rose, affiancata a Scorpius.
«Bene. Per chi partecipasse per la prima volta a questa cena, sappia che durante il pasto, condividiamo le nostre esperienze e parliamo in generale della nostra persona. Bene» aggiunse poi, guardando Andromeda, «cominci lei, signorina Malfoy.»
La ragazza scrollò la chioma bionda e sorridendo, prese parola. «Proprio stamattina, ho deciso quale tipologia di studi intraprendere dopo i miei M.A.G.O. Gli esami che sosterrò, riguarderanno sette materie: Incantesimi, Pozioni, Storia della Magia, Difesa Contro le Arti Oscure, Babbanologia, Rune Antiche e Artimanzia. Se supererò gli esami di tutte le materie citate, penso che chiederò a sua moglie Minerva di trovarmi un impiego a Hogwarts.»
Andromeda era sempre stata una ragazza molto sveglia e attenta. I pezzi di giornale che parlavano di lei, erano stati tagliati e posati in una scatola che tenevo gelosamente sotto il mio letto. Somigliava molto alla madre, o almeno questo era ciò che i giornali dicevano di lei.
«Sono molto colpito, signorina Malfoy. E lei, signor Potter, cosa ha deciso di fare?»
James si pulì la bocca con il tovagliolo e sorrise. «Ho scelto anche io le materie dei miei esami. Sono solamente cinque: Cura delle Creature Magiche, Incantesimi, Erbologia, Pozioni e Trasfigurazione. Sto pensando di diventare Auror, proprio come mio padre. Nel caso in cui avessi fortuna, sono avvantaggiato, poiché potrei affiancare mio padre nel lavoro.»
Terminai di masticare l'ultimo boccone del primo piatto e guardai il ragazzo che aveva appena parlato. Da ciò che avevo scoperto, James somigliava più al nonno che al padre. Suo nonno, del quale portava il nome, era stato un ragazzo spiritoso, dall'animo goliardico e sempre pronto a sparare battute, perlomeno fino a quando non si era innamorato della sua futura moglie, Lily Evans.
Andromeda, era la Lily di James Sirius Potter.
«Suo padre è un brav'uomo, signor Potter. Mi dica, le ha raccontato i voti che prendeva nei miei esami?»
«Assolutamnete sì» replicò il ragazzo, poi guardò Albus sorridendo. Il mio amico, si pulì la bocca con il tovagliolo, e attese che il professore gli ponesse una domanda.
«Volevo chiederle, signor Potter, che cosa si aspetta dal suo futuro. Penso che lei abbia molte qualità, la maggior parte ereditate dalla tranquillità di sua madre.»
Albus si schiarì la voce e attese che i camerieri avessero terminato di servire il secondo ad ogni persona.
«Be'... mi piacerebbe molto lavorare al San Mungo» rispose Albus, tenendo il capo chino.
Il professor Lumacorno sorrise e annuì, mentre imboccava un pezzo di carne. Masticò lentamente, continuando a guardarlo, poi, dopo aver deglutito, commentò dicendo: «Di questi tempi, farebbe proprio comodo avere un medico così giovane!»
Tutti i presenti si lasciarono andare in una risata divertita, ma io mi limitai a sorridere. L'idea di venire a quella cena mi aveva entusiasmato davvero tantissimo, ma ora che stavo seduta ad ascoltare ciò che tutti avevano da dire sul proprio conto, sul proprio futuro e sul proprio presente, rammentavo a me stessa che io non avevo storie da raccontare.
Quando mi risvegliai, Marianne Diggory stava rispondendo alla domanda del professore. Le aveva chiesto qualcosa a proposito della morte e resurrezione di suo padre. Non avevo idea di quanto potente fosse l'incantesimo che la madre di Scorpius aveva deciso di intraprendere anni ed anni prima.
Ancora una volta, persi la domanda. La diretta interessata, era Laura Paciock. Rossa fino alle punte delle orecchie, stava parlando di alcuni animali, o come definirli... be', insomma, dei Ricciocorno Schiattoso, o qualcosa del genere.
Sospirai quasi come lei quando terminò di parlare e il professore si concentrò su Rose Weasley.
«Signorina Weasley! Si dicono grandi cose sul suo conto. Mi dica, a quale genitore è più legata?»
«A mia madre, professore. Mi trovo molto in sintonia con lei. Riusciamo a discutere di qualsiasi cosa.»
Lumacorno annuì velocemente. «Oh, certo. Sua madre era una grande alunna! Voti eccellenti, condotta impeccabile! Non c'era alunna migliore di Hermione Granger.»
«E mia madre?» scattò Scorpius, «lei non era brava quanto Hermione?»
Lumacorno lo guardò con la bocca semiaperta. Gli occhi glaciali della sorella maggiore incontrarono quelli inverforati del Malfoy di mezzo e con le labbra mimò qualcosa come "chiudi quella bocca!". Ma testardo com'era, Scorpius non l'ascoltò nemmeno.
«Risponda, professore» lo incitò, ma Lumacorno era ancora impegnato a realizzare ciò che stava accadendo.
Decisi che era il momento di salvarlo da una sicura punizione. Pensai velocemente a qualcosa da dire, poi deglutii e dissi: «Professore.»
Lui si voltò a guardarmi, ancora sconvolto, e attese che parlassi.
«Ho pensato anche io a cosa voglio fare dopo i M.A.G.O.» Rose mi guardava perplessa, così come il resto degli alunni, così aggiunsi: «So perfettamente che è ancora un po' presto, ma... mi piacerebbe molto intraprendere la strada che sto ideando ora.»
Lumacorno riprese un po' di colore e si concentrò su di me. «Mi dica, signorina Black, che cosa le piacerebbe fare?»
«Uhm...» balbettai, «penso che mi piacerebbe insegnare Difesa Contro le Arti Oscure.»
Lumacorno mi guardò sorpreso e lo sentii deglutire pesantemente. C'era forse qualcosa che lo spaventava? I suoi occhi grandi mi fissavano con curiosità e non sapevo dire per quale motivo.
«Camerieri!» esclamò senza smettere di guardarmi negli occhi, «Il dolce!»
Dopo che essi servirono a tutti la torta millefoglie, scomparvero dietro ad una tenda blu, e nessuno osò più parlare.
Erano tutti impegnati a mangiare e a gustare il buonissimo dolce servito, eccetto qualcuno: il professor Lumacorno. Continuava ad osservarmi cercando di scavare nei detriti dentro di me, alla ricerca di un'informazione di cui nemmeno io ero a conoscenza.
Che cosa c'era di così interessante nella vita e nella storia di una ragazzina abbandonata dalla propria madre in un orfanotrofio?
___
okay, è il capitolo più lungo che abbia mai scritto. ci ho impiegato sette ore, quindi per favore, stellinate e commentate. ultimamente, mi sono accorta che non commenta e non vota più nessuno.
c'è qualcosa che non va?
la storia non vi piace?
devo per caso eliminarla?
ditemelo, così mi organizzo e invece di restare sveglia fino all'una per scrivere metà del capitolo, magari vado a dormire prima e passo il mio tempo a studiare, visto che dovrei anche fare quello.
per favore, non deludetemi. l'altra storia ha avuto molto successo, vorrei fosse lo stesso anche per questa.
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NELLA FOTO: Daphne De Beistegui nel ruolo di Lily Luna Potter.
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