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Capitolo diciassettesimo.

Il giorno seguente, il sole non osò uscire allo scoperto. Draco era andato in ufficio presto, lasciandomi a casa da sola. Non avevo paura, solo non riuscivo a smettere di pensare a Marilina. Dalla mattina precedente, continuavo a vedere l'immagine della donna morta anni prima ovunque: sugli specchi, nascosta dietro alle porte, seduta al tavolo della cucina.

Draco non era a conoscenza di ciò che mi stava accadendo e probabilmente non l'avrebbe mai scoperto. Non volevo che si preoccupasse per me, di qualcosa che sicuramente sarebbe rientrata nei prossimi giorni.

Mi alzai dal letto poco dopo le sette del mattino e indossai una vestaglia bianca. Scesi in cucina e notai il solito piatto in ceramica bianca sovrastato da un coperto trasparente di vetro. All'interno, da quando io e Draco ci eravamo sposati, c'era il caffè macchiato, con mezzo cucchiaino di zucchero, e una brioche al cioccolato.

Mio marito sapeva come viziarmi.

Mi accomodai al tavolo e tolsi il coperchio, annusando il profumo inebriante del caffè. Presi il cucchiaino e cominciai a girarlo all'interno della bevanda rimasta calda, mentre nel frattempo prendevo il giornale e lo sfogliavo.

Settantaduesimo compleanno di Molly Weasley, la donna che uccise Bellatrix Lestrange, nel lontano 2 maggio 1998, recitava la prima pagina della Gazzetta del Profeta.

Sospirando, passai alle pagine successive, mentre bevevo il caffè. La bevanda mi bruciava la gola e la lingua, ma lo ignoravo. Ero abituata a quel tipo di dolore e ne avevo percepiti di peggiori.

Trangugiai la brioche e la terminai in diversi secondi. Terminata la colazione, posai tutto nel lavandino e con un incantesimo attivai il lavaggio delle stoviglie. Nel frattempo avrei sistemato il resto della casa.

*****************

Circa due ore dopo, era tutto pulito e in ordine. Decisi di uscire e di iniziare le mie ricerche sulla ragazzina, Marilina.

Il primo luogo in cui dovevo andare era certamente la casa in cui Annabeth Jenkins aveva vissuto per tutta la sua vita. Ma per entrarvi, avevo necessariamente bisogno di un permesso dal Ministero.

Fortunatamente, avevo diversi agganci all'interno, perciò non sarebbe stato difficile, anzi, tutto il contrario.

Presi la borsa e mi infilai una giacca pesante, per via dei fiocchi di neve che minacciavano di scendere dal cielo. E, chiudendo la porta di casa a quattro mandate, lasciai il cortile. Una volta fuori dal giardino, mi Smaterializzai direttamente di fronte al Ministero.

Entrai camminando lentamente e quando fui dinnanzi alla porta, mi chiesero di mostrare un documento. Senza alcun timore, estrassi dalla borsa il mio e lo porsi alle guardie. Sorridendomi, mi lasciarono passare.

Da diversi anni, era obbligatorio chiedere il documento per entrare, anche se eri un lavoratore. Non avevo alcun problema con questa nuova regola, anzi, ero estremamente d'accordo.

Mi precipitai verso i banconi iniziali, dove avrei potuto chiedere di vedere Kingsley, il nuovo Ministro da ormai più di vent'anni.

Al bancone, c'erano tre persone che conoscevo da quando avevo tredici anni. E come dimenticare le persone con cui avevo avuto più scontri! Una volta, uno di loro, aveva cercato di trasformarmi in un bisonte, forse... sinceramente non lo ricordo esattamente.

[Jamie Waylett nel ruolo di Vincent Tiger] ... ma quanto cazzo è cesso?!

*

[Joshua Herdman nel ruolo di Gregory Goyle] ... lui è già un po' meglio dai...

*

[Louis Cordice nel ruolo di Blaise Zabini] ... lui è proprio bellino!

*

«Oh, qual buon vento, Marianne!» esclamò sogghignando Gregory Goyle.

Gli rivolsi un sorriso per niente gentile e dissi: «Per lei, signor Goyle, sono la signora Malfoy, ed esigo che mi dia del lei.»

I tre scoppiarono a ridere divertiti. Naturalmente, il loro quoziente intellettivo non era migliorato per niente nel corso dei ventitré anni passati, forse era peggiorato.

Mi schiarii la voce, per ricevere attenzione.

«Sì?» domandò Blaise Zabini, sorridendo in modo enigmatico.

«Vorrei vedere Kinsgley Shacklebolt» mormorai.

I tre risero ancora. «Tu vorresti vedere il Ministro? Non lo sai che bisogna prendere un appuntamento? E a giudicare dalla sua agenda, credo che tu dovrai attendere almeno quattro mesi, se non di più.»

Gli rivolsi un sorriso puramente falso. «Mi ascolti bene, signor Tiger, le ho esplicitamente detto che vorrei un colloquio con il Ministro oggi, adesso, mi ha capita?»

Vincent, Gregory e Blaise rimasero scioccati nel vedermi controbattere. Non ero più l'adolescente che avevano conosciuto anni ed anni prima, ero cambiata, ero una donna. Avevo lottato con le unghie per avere tutto ciò di cui disponevo in quel momento ed avevo messo alla prova il mio coraggio, motivo per cui mi avevano smistata in Grifondoro.

Blaise si schiarì la voce. «Certo... provvedo immediatamente

In un certo senso, lui era sempre stato l'amico di Draco che mi andava più a genio. Non che lo sopportassi, semplicemente... era migliore di Tiger e Goyle. E poi, lui non aveva mai osato causarmi dolore.

«Grazie, Blaise» risposi con un piccolo sorriso.

Potevo ammettere di averlo visto comparire anche sul suo volto scuro, un piccolo sorriso. Ancora non capivo perché aveva Tiger e Goyle come amici, e perché si era sposato con Pansy.

Blaise controllò qualche agenda per qualche minuto, poi alzò il capo e lanciando un'occhiata schiva nei confronti degli amici-colleghi, disse: «Può andare, signora Malfoy.»

«Grazie, signor Zabini.»

Gli sorrisi, poi sorpassai i banconi e presi l'ascensore. All'interno, incontrai Hermione e Draco. Si affiancarono a me e mio marito mi baciò.

«Come stai?» domandai alla mia storica migliore amica.

«Sto bene, grazie. Tu che cosa ci fai qua?»

Divenni paonazza e nel panico più totale cercai una risposta da fornire che sembrasse vera. Abbassai il capo e deglutendo pesantemente, risposi: «Devo firmare qualche documento, nulla di così importante.»

Guardai Draco e mi sorrise, tenendo stretta la mia mano nella sua. Quando l'ascensore si fermò, Draco ci salutò e promise ad Hermione che sarebbe tornato a prenderla per pranzo.

«E quindi» esclamai quando l'ascensore riprese a muoversi, «vai a pranzo con mio marito. Da quanto tempo succedono queste cose?»

Hermione scoppiò a ridere. «Sono anni che io e Draco pranziamo assieme, Mare! E a volte si uniscono a noi anche Harry e Ron!»

Annuii sorridendo. «Be', è molto bello. Cioè... mi piace che voi siate così uniti e così amici e lo apprezzo veramente tantissimo.»

Hermione mi posò una mano sulla spalla. «Anche io ho apprezzato tantissimo ciò che hai fatto il giorno in cui Voldemort ha assediato Hogwarts ed è arrivato a scuola, credendo di aver ucciso Harry.»

Per un secondo, ricordai ciò che era accaduto.

Lucius Malfoy voltò lo sguardo verso il figlio. Lo chiamò e mi girai anche io: lui era lì, con espressione malinconica, triste... anche lui era arrabbiato per quanto successo. Sentii una mano sfiorare la mia spalla... Hermione mi guardò fisso negli occhi e sussurrò: «Non ho mai apprezzato il sentimento che provi per lui, ma se anche io fossi nella tua stessa situazone, Mary, proverei a riprendermelo.»

«Di che cosa stai parlando?»

«Lo sai benissimo, Mary! Tu ami Draco e lui ama te! Non perderlo per una scemenza simile... andate contro i vostri impegni familiari! Tu sei forte, coraggiosa e lui pure: lottate per questo amore.»

«Hermione io non...»

«Se non lo fai ora, potresti pentirtene a vita.»

Continuai a guardarla negli occhi per qualche istante, poi voltai la testa, decidendo di lasciar stare Draco per sempre. Non avremmo mai avuto un futuro, qualsiasi cosa fosse successa, ormai ne ero certa.

Poi li vidi, mentre Voldemort lo toccava, mentre la sua famiglia lo attendeva e così mi sporsi avanti dicendo: «Draco! Fermati immediatamente!»

Tutti si girarono a guardarmi, lui compreso. Una lacrima rigò il suo viso e con lo sguardo mi implorò di non parlare, ma io non volevo ascoltarlo. Lo amavo, lo amavo alla follia, e non potevo fermare questo sentimento.

[...]

Draco, che fino a quel momento era rimasto immobile, storse un sopracciglio e prese a camminare verso di me. Mi raggiunse e si posizionò di fronte a me dicendo: «Nessuno si deve permettere di insultarla, nessuno. SONO INNAMORATO DI UNA GRIFONDORO, e non mi interessa a quale Casa appartenga, quello è l'ultimo dei miei problemi. Io la amo lo stesso.»

Improvvisamente, Hermione mi risvegliò, scuotendomi una spalla. La guardai con gli occhi spalancati.

«Dove sei diretta?» domandò.

«Da Kinsgley» risposi con espressione confusa.

La mia migliore amica annuì sorridendo e commentò: «Be', allora scendiamo insieme! E' alla prossima.»

Annuii distrattamente, poi deglutii e cercai di non pensare al ricordo che era appena riemerso.

Quando l'ascensore si fermò, scesi insieme ad Hermione e raggiunsi l'ufficio di Kinsgley. Hermione occupava l'ufficio a fianco, perciò la salutai e le augurai buona giornata. Una volta di fronte alla porta del suo ufficio, bussai.

Poco dopo, lui mi disse di entrare, così abbassai la maniglia della porta e la spinsi. L'uomo che aveva celebrato il mio matrimonio mi guardò sorridendo e si alzò in piedi venendomi incontro. Mi abbracciò, baciandomi sulle guance, ed io ricambiai il gesto.

«Allora» esclamò sedendosi, «di che cosa hai bisogno?»

«Volevo chiederti il permesso di visitare una casa di Hogsmeade» mormorai rivolgendogli un sorriso.

Alzò il capo con espressione perplessa e si schiarì la voce. «Esattamente... quale casa?» domandò.

«L'abitazione dove ha vissuto Annabeth Jenkins. So che da quando è deceduta, nessuno l'ha comprata o venduta.»

Kingsley annuì lentamente. «Sì, ciò che hai scoperto è vero. Vorrei sapere perché ti interessa controllare una casa dove, più di vent'anni fa, è morta una donna della quale nessuno si curava.»

Abbassai il capo. «Be'... sto effettuando delle ricerche. È... per un mio romanzo! Mi piacerebbe scrivere una storia su quella donna e sulle cause della sua morte.»

Mi osservò per qualche secondo, poi abbassò lo sguardo e prese a scrivere su un foglietto qualche parola che però non riuscivo a comprendere. Lo lasciai stare per circa un minuto, poi alzò il capo e sorridendo disse: «Hai il mio permesso. Troverai le chiavi della casa nell'Ufficio del terzo piano. Dì che ti mando io.»

Mi porse il foglietto e lo presi fra le mani, sorridendogli. Lo ringraziai, poi lasciai il suo ufficio.

****************

Un'ora dopo mi trovavo di fronte alla casa. Era una villa di due piani, in mattoni scuri e con il tetto dipinto di bianco. Le finestre erano sporche, i davanzali neri rovinati dalla pioggia e dalla neve, mentre la porta era l'unica cosa pulita. Era dipinta di un rosso molto acceso.

Mi diressi verso di essa e con le chiavi recuperate al Ministero, la aprii. Ruotai il pomello e la spinsi... di fronte a me si aprì uno scenario disgustoso: l'atrio principale era immerso nel caos e nella polvere.

Coprendomi la bocca con un fazzoletto, misi un piede all'interno della stanza e camminai lentamente, entrando nel salotto. I divani e le sedie erano state distrutte: pezzi di cuscini ovunque e il legno delle sedie fra le vetrine in vetro.

Sul pavimento, c'erano fogli sparsi e dei disegni con dei pennarelli, probabilmente segnati per le prove, le quali ormai erano completamente scomparse per via degli anni passati.

Sospirando, mi chinai a raccogliere dei fogli: erano dei semplici documenti della donna, pezzi di carta senza alcuna importanza. Eccetto uno: che era ben nascosto fra un mobile e l'intonaco del muro.

Per quale motivo il Ministero non l'avesse notato era un mistero. Avvicinandomi lentamente, lo presi fra le mani e lo liberai dal pesante strato di polvere che lo ricopriva, poi lo scartai.

Alcune parole sbiadite erano state trascritte sul pezzetto di carta:

Io, Annabeth Elvira Jenkins, prometto di non rivelare mai a nessuno ciò che è accaduto in questa casa il sedici gennaio 1998.

Rimasi qualche istante a guardare le poche righe trascritte, poi mi alzai in piedi, senza interrompere il contatto visivo. Come avevo immaginato, in quella casa era accaduto qualcosa che aveva cambiato la vita della signora Jenkins. Ancora non sapevo se in modo positivo o in modo negativo, ma volevo a tutti i costi saperlo.

Per fare qualche conto, poco più di tre mesi, Bellatrix Lestrange era morta: forse per via dell'accordo preso con Annabeth Jenkins? Forse per vendetta?

C'erano una serie di motivi che presero vita nella mia mente, e ognuno di loro mi sembrava importante quanto inutile.

Sospirai ancora, poi tornai a guardare il foglietto: sull'angolo destro, c'era disegnato un piccolo stemma di Serpeverde, disegno raffigurato in un libro che ricordavo perfettamente: lo avevo utilizzato l'ultimo anno ad Hogwarts per preparare i miei esami.

Sicuramente, doveva essere nella libreria della signora Jenkins, perciò mi diressi verso di essa e cercai il libro. Data la vastità della libreria, mi ci vollero dei minuti per trovarlo.

Quando lo ebbi fra le mani, tolsi la polvere in eccesso e lo poggiai su un tavolino. Aprii la prima pagina e, non avendo la minima idea di ciò che dovevo fare, riguardai il foglietto: sotto lo stemma, c'era il numero della pagina: 19.

La cercai ed effettivamente mancava il pezzetto ritagliato per trascrivere quelle parole. Sospirando, pensai a cosa voleva dire quel numero. Fra l'accaduto in quella casa e quelle cifre, c'era sicuramente un legame, ne ero certa.

Sfogliando altre pagine del libro, mi accorsi che c'erano altre pagine con un quadratino ritagliato.

La prima, era la pagina numero uno, e nel testo, era evidenziata più volte la parola "Serpeverde" con dei cerchiolini.

La seconda, era la pagina dodici, e nel testo, era evidenziata più volte la parola "costellazione".

La terza, era la pagina diciannove, e nel testo era evidenziata più volte la parola "Mangiamorte".

La quarta, era la pagina cinquantuno, e nel testo era evidenziata più volte la parola "Signore Oscuro".

Con un sopracciglio incurvato, pensai a cosa volessero dire tutti quegli indizi. Probabilmente, Annabeth Jenkins aveva giurato di non proferire parola riguardo quanto successo, ma sperava che qualcuno collegasse i vari indizi prima della sua scomparsa (o morte).

Il suo cadavere non era mai stato trovato e questo era sempre stato un problema, per affermare con sincerità e sicurezza che fosse morta.

Sospirando, tirai fuori la mia agenda e trascrissi i numeri nell'ordine trovato: 1-12-19-51, allegando le parole trovate.

Guardando un'ultima volta la casa in cui ero entrata, la abbandonai, promettendomi che sarei rientrata per scoprire qualcos'altro, che mi avrebbe sicuramente aiutata a risolvere la confusione in cui ero giunta.

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per voi che cosa vogliono dire i numeri? e le parole trovate da Marianne, che significato possono avere?

commentate e fatemi sapere che cosa ne pensate!

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NELLA FOTO: Peyton Roi List nel ruolo di Alice Paciock.

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