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8 Deja Vu

Sono profondamente turbata dall'immagine a cui ho appena assistito. David, con i suoi scagnozzi...
È un essere irritante e perverso. Ha un non so che di malvagio, profondamente maligno, e la sua visione mi fa venire i brividi.
E dire che me lo avevano detto e non ci avevo creduto...
E dire che mi avevano avvisato fosse così cambiato...

Monto sulla bici senza pensarci un attimo. Quello sguardo e le risatine malevoli, quasi demoniache, sono scolpite nella mia mente. Per l'ennesima volta nella giornata ritorno a fare le stesse cose che ho fatto stamattina e ho come la sensazione stranissima di aver vissuto già questa stessa esperienza, identica, come fosse una profezia. Mi rendo conto che è soltanto un deja vu, una banalissima alterazione dei ricordi, un'esperienza falsa, ma ha ugualmente su di me uno stranissimo effetto. Mi sento esposta, vulnerabile. Detesto il fatto che quando ho paura mi viene da piangere. Devo essere forte, non voglio apparire debole. Mi libero del cestino. Pedalo velocemente, più che posso. Mi guardo intorno, ma di David neanche un accenno. Ho un ricordo di lui, dell'ultima volta, durante le prove di canto...

Mi aveva fissato per tutto il tempo. Sembra sia passato un secolo d'allora... eppure è soltanto qualche mese fa. Avrei dovuto accorgermene in quell'occasione di quanto fosse peggiorato...
Ogni tanto diceva qualcosa all'amico, bisbigliandogli nell'orecchio. Potevo sentire, in quegli attimi, i suoi occhi addosso, trapassarmi i vestiti. Era disgustoso il modo in cui muoveva le labbra e la maniera in cui mi guardava...
Stringo i pugni, desidero dimenticare. Mi viene la pelle d'oca alla sola idea di lui, e così cerco di non pensarci e di togliermi quell'immagine dalla mente.

Il caldo è cocente ma qualche folata di vento mi soffia addosso, mescolandosi ai raggi roventi del sole. Giro l'isolato e vedo del fumo provenire proprio dalla casa del signor Pavel. Ciocche di capelli, dai riflessi rossi e dorati, mi coprono il viso, impedendomi di capire bene l'origine precisa di quel rogo. Ma è lì, proprio lì, proviene dalla casa del mio vecchio amico; non mi sono sbagliata. Faccio un salto dalla bici ancora in corsa, che finisce violentemente contro la palizzata. Non mi importa, sono troppo preoccupata. Sarebbe saggio tornare indietro e chiedere aiuto a Maxim, ma il mio istinto mi dice di restare qui. Devo assicurarmi che il signor Pavel stia bene. La casa per fortuna non è stata intaccata dal piccolo incendio. Sono sicura che sono stati loro... i perfidi.
Sono angosciata e non riesco a ragionare.

«Signor Pavel!» grido.
Nessuna risposta. Il ricovero sta prendendo fuoco. Apro la porta facendo uscire tutte le galline che chiocciano spaventate. Sono invasa da un nuvolo di fumo e piume. Lui non è dentro, non mi sembra. Dovrei accettarmene... ma non so come fare.
Se solo trovassi una bocchetta dell'acqua! La porta di casa è stranamente aperta. Mi attacco pesantemente al campanello. Insisto, ma nulla. Tutto in ordine, come sempre, ma lui non c'è. I centrini, il pentolame, le scarpe fuori dal portico. Ogni cosa è al suo posto.

Dopo una veloce circospezione dell'abitazione, uscendo, sento uno strano lamento, indecifrabile. Poi si affievolisce, perdendo d'intensità. Proviene dal ricovero. Quando provo ad affacciarmi, con un panno di fortuna trovato in casa, vedo l'anziano uomo sbucare dalla stalla.
Eppure prima non c'era.
Poi lo vedo tentare... e perdersi dentro. Ma cosa diavolo sta facendo? Gli animali son già tutti fuori.
«Noo!» grido senza ritegno. Mi precipito da lui pensando di riuscire a fermarlo. Pura follia. È come in preda a una forza inspiegabile.
«Va' via Rose, sta lontano!»
«Noo, torni indietro. Noo.»

Mi faccio coraggio e cerco di seguirlo, ma il calore è troppo forte. «Noo, aiuto, aiutooo!»
Sono disperata e ho le mani che mi tremano. In balia della paura, sovrastata dal terrore, le guardo e osservo il capanno. Non ho il controllo dei miei arti, non riesco a comandare il mio corpo, non più. E in quel mentre che vengo spinta all'indietro da una forza inaspettata. È Piergi. «Noo!», urlo piangendo. «Come stai? Stai bene?» mi chiede distratto. «Sì, ma...»
«Rose, chi c'è dentro? Rose.» Per la prima volta sento pronunciare da lui il mio nome e mi fa uno strano effetto.
Mi asciugo un rivolo sulla mandibola con il dorso della mano. Inspiegabilmente sto sanguinando e sono completamente fuori di me. Piergi mi prende per i polsi, scuotendomi. Mi sento una nullità.

«Lui è dentro, lui...» confesso piangendo e così lo vedo correre senza esitazione. Si bagna completamente gli abiti con un secchio. Tutto è passato in secondo piano, tutto, anche la rabbia contro Andrej che ora è accanto a me. I miei richiami, il rumore che ho fatto con una pentola, sono serviti a qualcosa. Non ho mai pregato tanto in vita mia, mai. Vedo accorrere i miei vicini e poi Maxim e altre persone. Mamma si avvicina e mi abbraccia, mi bacia, mentre mi chiede spiegazioni. Il suo volto, toccandomi, si sporca di nero e quelle macchie sul suo viso stridono sulla sua pelle lucida e immacolata, bianca come l'avorio, risplendente come una statua di marmo venata. È così profumata. Ha i capelli tutti tirati all'indietro, in una crocca, e così messa mi sembra una ragazzina. Mi guarda come non mi guardava da tempo...

Sprofondo piangendo nel suo petto mentre rivelo che Piergi è lì, che è entrato lì. Anche Maxim sta preparandosi per irrompere in quell'inferno, quando un sussulto dei presenti, radunatisi tutti intorno, mi suggerisce che qualcosa è accaduto. Ed effettivamente qualcosa è successo. Sento applaudire le persone e vedo lui, il fratello di Andrej, il mio fratellastro, uscire a fatica con il nostro amico, che è visibilmente scosso. Risento quel rumore, quel lamento, provenire dalle sue braccia...
Lo stesso che avevo udito prima. Mi commuovo vedendo la piccola chiuaua avvinghiata a lui. Tutto ciò mi fa uno strano effetto...

Vedere quell'anziano uomo, sempre solare, giudizioso, sicuro di sé e talvolta austero, vestire i panni di una persona affranta, impaurita, fragile, mi lascia senza parole. Lo osservo piegarsi su quella bestiolina indifesa, che è tutto un tremolio. Lei, di contro, lo lecca festosa. Ha il braccio alzato, il nostro amico, come per salutare i presenti, ma lo sguardo basso, nascosto. Forse non vuole mostrarsi così alla gente. Tiene stretta a sé la suo piccola fedele compagna, che scodinzola forsennatamente. Sembra contento, ma il suo gesto è stato imprudente. Poteva...
Non voglio neanche pensare cosa sarebbe potuto succedere...

Mia madre si avvicina a parlargli, mentre io rimango esattamente dove mi ha lasciato. Poco più in là Maxim, aiutato da Andrej, sta spegnendo il fuoco. Come è labile la vita, basta poco...
E poi arriva lui e la sua vista mi desta da quei pensieri. Non lo avevo mai visto così, senza occhiali, con i capelli bagnati. La carnagione olivastra, come Maxim, gli avambracci scoperti, con le maniche tirate su. Mi ricorda suo nonno Pierluigi; qualcuno deve avermi mostrato la foto.
Le sue chiari origini italiane...

Si passa le mani tra i capelli. La camicia bagnata, attaccata alla pelle, svela un fisico non affatto gracile. È stato molto coraggioso, mi dico.
Che bravo! Non lui, l'altro, che pensa soltanto alle ragazze. Eppure non me lo sarei aspettato...
Mi è sempre apparso esile, fin troppo delicato, ma questo fino a oggi.
Quanta ammirazione...
Sono rapita. Per un attimo incontro i suoi occhi, luminosi. Vedo Andrej osservarmi con un espressione strana.
Incurante, mi avvicino al fratello per manifestargli la mia riconoscenza. Come sempre è di poche parole.

«Non ho fatto nulla... ma solo quello che chiunque avrebbe fatto al mio posto», mi dice.
Peccato che fino a qualche attimo primo c'ero io... e non sono riuscita a combinare un bel nulla.
Ma non devo avercela con me stessa. Sono quella che sono: minutina. Sono soltanto una ragazzina. A pensarci, forse è meglio che non sia entrata dentro. Avrei soltanto complicato di più la situazione e messo più in difficoltà Piergi.
«Sei stata brava a dare l'allarme», afferma. Poi mi dà le spalle piantandomi in asso lì. Non si smentisce mai. Sono in linea i due fratelli: l'uno rabbioso, sembro essere io l'origine dei suoi mali, l'altro apatico, poco comunicativo. Ed è allora che rivedo Andrej. Non lo capisco proprio. È enigmatico. Mi squadra con quel suo modo di fare...
È sfuggente.

Decido di avvicinarmi al sig. Pavel. Vorrei chiedergli di più sull'accaduto, ma mi limito a salutarlo. Lui mi da, affettuosamente, una pacca sulla spalla. C'è troppa gente intorno, così spengo la mia curiosità e taccio. Dopo aver bevuto un bicchiere di acqua fresca ed essermi rincuorata, mi avvicino a mamma che mi prega caldamente di ritornare a casa: è preoccupata per il mio occhio e teme che il fumo possa aver peggiorato la mia situazione. La mia bici è inutilizzabile: ha il manubrio tutto storto e il sellino andrebbe risistemato.
«Avviatevi! Staremo noi qui. Se riusciamo a convincerlo lo portiamo a fare una visita di controllo ma, conoscendo Pavel, temo sia tutto tempo sprecato.»

Avviatevi? Come sarebbe a dire? Io voglio andarmene da sola...
Ma ormai è troppo tardi. Eccolo Maxim e la sua voglia di vederci come una famiglia unita, una vera famiglia.
Osservo Piergi raggiungermi controvoglia e poi lui, torbido e cupo come sempre, bello e maledetto. Su suggerimento del padre mi aiuta a sollevare la bici, ma lo capisco che lo fa malvolentieri: me la lancia in malo modo. «Se è un disturbo puoi anche andartene, non ho bisogno di te», gli dico piccata.
«Sei tu che mi giri intorno!» risponde.
Idiota!

Cerco di ignorare il suono della sua voce, odiosa.
Come potevo soltanto immaginare di convivere in pace con uno così, e magari fare una tregua. Ma poi al locale, i suoi gesti premurosi...
Dovevo essere ubriaca per aver intravisto in essi una qualche gentilezza o premura.
Devo ammettere, però, che anche io ho fatto la mia parte e non sono stata così docile. Insomma, anche io ho le mie colpe.

Piergi passa avanti, impassibile. Mi chiedo se abbia sentito il fratello, ignorando per quieto vivere la sua maleducazione, o se davvero non abbia udito nulla della nostra conversazione... e solo adesso, persa in queste valutazioni, mi rendo conto che non li ho mai visti parlare insieme.
Tuttavia sto seriamente ponderando di passare sopra questo suo comportamento: Andrej è l'unico che può aiutarmi a capire cosa è successo a Karolina.
Così decido di dargli una chance, di darmi una possibilità, l'unica che mi possa avvicinare alla verità. Mi trascino,con difficoltà, la bici. Io stessa mi maledico e faccio fatica a crederci, ma sto davvero marciando dietro questo ragazzo, l'unico, che è riuscito a infilarsi nei posti più sgradevoli del mio essere, il solo capace di tirare fuori il peggio di me.
Che Dio mi aiuti!

Spazio autrice

Che ne pensate di David? Vi è mai capitato di incontrare un personaggio simile a lui nella vostra vita?
E che mi dite di Andrej? Chi è che, secondo voi, sbaglia a comportarsi? Rose o Andrej?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.

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