36 Impurità
Potevo anche sbagliarmi, forse, nel giudicare le persone - avanti! a chi non è capitato almeno una volta nella vita? - potevo dubitare anche delle mie capacità, dei miei giudizi, ma non per questo avrei rinunciato mai a lasciare tutto com'era, non mi sarei arresa mai, non almeno adesso. Ero sempre stata una cocciuta. La parola rinuncia? Non sapevo neanche cosa volesse dire. Non mi sarei data facilmente per vinta. Privarmi di Karolina? Mai. Perché ero un'istintiva, e se credevo fermamente in qualcosa, andavo avanti senza remore. Ero così, punto. Chiunque mi conoscesse almeno un po', aveva già avuto a che fare con la vera Rose...
Perché per quanto cercassero di domarmi, per quanto io stessa avessi imparato a dosare le mie energie e a fermarmi, dovevo sempre fare i conti con quella parte di me che era il risultato di ciò che ero e avevo vissuto, con quell'essere che graffiava forte per uscire fuori, allo scoperto, perché tutto potevo aspettarmi da me, sarei riuscita a perdonare ogni singolo mio errrore, ma non il fatto di non aver lottato fino all'ultimo per aiutare le persone che amavo. E io adoravo Karolina.
Avete capito bene! Lei era la mia amica. Avevamo condiviso tutto. Era la parte che mi mancava. Il brio, la sfrontatezza, il coraggio, l'allegria...
Semplicemente ci completavamo. E se lei spingeva troppo sull'acceleratore, io frenavo, la guidavo. Insieme eravamo al sicuro, proprio così, dalla nostra solitudine e dai nostri eccessi. Perché se io mi nascondevo, lei mi trovava...
Se lei enfatizzava, io ridimensionavo. Unite volavamo basso, ma pur sempre volavamo. Non potevo abbandonarla proprio ora. Sentivo che aveva bisogno di me, come io di lei. Dovevo salvarla. Lo leggevo nei suoi occhi. D'accordo, era cambiata, ma forse avrei potuto fare ancora qualcosa per lei, un'ultima cosa.
Perché se non potevo lottare contro il governo, se non potevo cambiare le cose, avrei potuto ristabilire l'ordine, gestire le priorità.
E Karolina era in cima alla lista. Nulla mi avrebbe impedito di riprendermela indietro, neanche Piergi, perché era un mio diritto riavere la mia amica - lei mi mancava - ma soprattutto era un dovere proteggerla, e io dovevo strapparla a quell'essere abbietto, anche a costo di rimetterci la pelle.
«Ehi, allora! Cosa non ti è chiaro? Hai capito che devi andare?»
Per un secondo ho come l'impressione di rivivere il passato, e di trovarmi di fronte non a lui, ma a David.
Per l'ennesima volta incontro il suo sguardo, perso. Una persona inutile, indegna. Quello che ho di fronte è una nullità. Proprio come David. Certo, non potevo cancellare il passato e la mia ingenuità, ma avrei impedito a Karolina di fare i miei stessi errori. Così, per la seconda volta, mi getto sulla sua persona, con prepotenza, sotto gli occhi sconcertati di Piergi e di quell'ameba.
«Cazzo fai, stronza! Non vedi che ce la stavamo spassando»,
sbraita confuso, preso alla sprovvista.
Ma devo confessarvi che anche io lo sono. Una parte di me grida vendetta, l'altra mi rimprovera, mi dice di darci un taglio.
Continuo a fissare nel vuoto la mia immagine, a rallentatore, come fossi fuori di me, come fossi semplicemente uno spettatore. Ma non è un film, non siamo al cinema. È vita vera. E proprio mentre sento cedere Karolina, Piergi mi tira, mi dice di venir via, nell'istante in cui stavo per farcela, quello che avrebbe decretato la mia vittoria, e che avrebbe probabilmente dato fine a questa storia.
Ma ahimè è uno sbaglio, perché quello era il momento giusto, e ogni lasciata è persa. In questo modo, distratta da Piergi, interrompo il contatto, mi sgancio, ed è in quell'istante che il vile ne approfitta e la tira a sé. La sbatte contro un albero, e io la vedo, completamente lasciva. Le mette le mani sotto le natiche, e lei si aggancia ai suoi fianchi, sfidandomi oltremodo, senza ritegno, senza un briciolo di dignità. Incrocio il suo sguardo perduto, torbido.
«Io ti aspetto, io... tu puoi dire basta, tu...» ma Piergi mi strattona, intimandomi di andare via.
Ed è in quel momento che mi arrendo, e mi pento. Sopraffatta dal dolore e dallo sconcerto. Un cumulo di macerie, questa sono. E fa male, tanto male non riconoscerla più. E intanto, scioccata, incapace perfino di muovermi, guardo Piergi. Cosa aveva fatto? Perché si era intromesso? Se lui non mi avesse fermato, io...
Ma è vero anche che non avrei mai dovuto coinvolgerlo. Era successo troppe volte. E aveva ragione ad essere imbarazzato. Lo è ancora. Leggo il disagio sul suo viso, rosso, chiazzato.
Osservo tutta la scena. Piergi mi trascina, e io prego, per uno strano motivo, supplico che Pavel non esca, che non veda quest'orrore. E sono sommersa, dall'impotenza, dalla vergogna. Sento le lacrime scendermi.
«Dai che fottiamo, mi piace di più, visto, così, mi piace brava.»
Lancio un'ultima occhiata, mentre la mia amica scivola giù, all'inferno.
Per un secondo fugace, un misero e interminabile secondo, mi pento di averla conosciuta. Perché è un'immagine troppo straziante.
E allora accelero il passo, per andar via, arrabbiata con me stessa per non aver fatto di più, e con il mondo intero, ma poi mi fermo, di colpo mi blocco, perché non può finire così. Allora torno indietro, prendo l'idiota dal colletto, e lo spingo. Così la vedo, dietro di lui, con gli occhi pieni di lacrime. Mi abbraccia e piange, mentre quello si pulisce le mani, sistemandosi il colletto. Stranamente non reagisce. Deve aver capito...
Sapevo che aveva un'anima. Karolina non poteva essere quella che vedevo.
«Io ero arrabbiata, io...»
«Non importa cosa eri, lascia perdere, andiamo a casa.»
Le chiudo la camicetta e le sistemo i capelli dietro le orecchie, lanciando un'occhiata fulminante al tipo, un po' per studiarne le reazioni, un po' per intimorirlo.
«Io...»
«È tutto finito. Tranquilla.»
L'abbraccio, piangendo, e provo tantissima pena per lei.
Non so se la perdonerò mai, di essersi lasciata così andare, di avermi così deluso. Forse sarà l'ultima volta che ci vedremo, ma sono contenta di aver cambiato il corso delle cose e mi chiedo ancora se lui sia il padre del bambino. Ma non è il momento di pensare, voglio subito allontanarmi.
La sorreggo e vedo Piergi teso, molto teso. È di nuovo immischiato in una brutta situazione, e soltanto per colpa mia.
Ma quando credevo fosse finalmente finita, eccolo alle spalle il vile. Si muove a rallentatore, barcollando.
«Dove cavolo credi di andare, puttana», chiede indignato, partendo alla carica.
Sotto i miei occhi increduli, prende Karolina per il braccio, ma Piergi non glielo permette, così gli sferza uno dei suoi pugni, micidiali, e poi un altro, un altro ancora. Sussulto. Scorgo negli occhi una rabbia sconvolgente.
Dove ha imparato a picchiare così forte?
Sono bloccata. Lo rivedo, contro David, io per terra, inerme, sola, lui in movimento, con il sudore che si sprigiona dal suo corpo, con una violenza primordiale. L'espressione crudele, sembra il diavolo in persona. Tira su con le narici, sembra quasi che pianga, e poi mi guarda, ora come allora.
Il ragazzo si alza, toccandosi il viso.
«Mi hai spaccato il naso, tu...»
Ha le mani impiastricciate di terra e sangue. Sembra un coniglio impaurito. Trema, guardandosi le dita. Per uno strano motivo ho pietà per lui.
Allora intervengo, lo blocco, e per fortuna, perché non so come sarebbe finita. Il tipo corre, dandosela a gambe.
Sono spiazzata. Ciò che è successo mi ha intorpidita, come anaestetizzata. Non parliamo, e questo fino a casa. Lo vedo che mi fissa spesso, come a voler dire qualcosa.
«Gli hai quasi rotto il setto nasale, tu...»
Scuoto la testa, ma non importa, ora devo pensare a Karolina. Trema; sembra abbia la febbre. La riaccompagniamo in silenzio. Nel salutarla, le do un ultima carezza.
«Tu non sai cosa ho fatto, tu non dovresti parlarmi. Non mi perdoneresti mai, tu...» mi dice, quasi in una confessione. Ma la conosco, fa sempre così. E poi non è affar mio, sento che questo saluto tra noi sia come un addio. Siamo troppo diverse, lo siamo sempre state, e forse io non sono più disposta a tollerare tutto questo.
«Karolina, non mi importa, di niente. Quello che conta è il futuro. Tu puoi fare di più, tu non puoi essere questo», le dico rammaricata.
«Ma è già segnato. Io sono...»
«Tu puoi fare la differenza. Tu puoi cambiare le cose. Hai grandi possibilità.»
«Io ho grandi possibilità?»
Mi studia perplessa, reclinando il capo.
«Sì. Tu hai grandi possibilità. Devi solo crederci. E io ci credo, voglio farlo.»
Così mi riabbraccia, singhiozzando, poi lancia un'ultima occhiata a Piergi e sembra ridestarsi. Si asciuga le lacrime e pare quasi risvegliarsi da un sogno, come a prendere consapevolezza...
Ma di cosa? Così riappare lei, quella persona che non conosco.
«La fai facile tu, lo hai sempre fatto.» Allora la guardo, vorrei dirle ancora qualcosa, ma non ne ho il tempo perché Piergi mi tira. Karolina ha una luce che non mi piace. I lineamenti contratti, gli occhi piccoli che scrutano, indagano, mentre io mi allontano completamente trascinata da Piergi.
«Verrai alla festa?» le gridò, implorandola. Conterebbe molto per me, salutarla...
«Smettila!» mi dice Piergi.
«Lasciala stare!»
«Perché?»
«Non ti basta quello che hai visto? Non ti ha illuminato? Ci vuole tanto a capirlo?»
«Cosa? Cosa dovrei capire?»
«Che sei solo tu a tenerci a lei, solo tu!»
«No, no, non è vero»
Noto che ha ancora i pugni serrati. Vorrei sapere di più e nello stesso tempo ignorare quella parte di lui, perché tutto mi sarei aspettata, proprio tutto, tranne di non conoscere Piergi. Lui era talmente prevedibile, talmente trasparente, che era impensabile per me, almeno fino a qualche istante fa, potervi scorgere qualche impurità. Eppure l'avevo vista in quegli occhi limpidi, io l'avevo letta quella rabbia. E non era solo perché quel tipo si era comportato male...
Lui stava combattendo contro altro. Sì, contro altro. Picchiava lui, ma lottava contro dell'altro. Ma cosa? Non capivo il suo astio contro Karolina.
Era difficile intuire che si trovava in una situazione più grande di lei? Era tanto complicato capire che Karolina stava affrontando la sfida più dura della sua vita? Noi non dovevamo giudicarla, ma sostenerla, e se lui non mi avesse letteralmente costretto a seguirlo, adesso sarei ancora lì con lei, a consolarla.
«Tu non puoi fare così, piombare dal nulla, nella mia vita e fare quel che cavolo vuoi!»
«Scusami tanto principessina se non sai badare a te stessa e frequenti gente inaffidabile!»
Vorrei scagliarmi contro di lui e picchiarlo, io vorrei strozzarlo, sì, ma evidentemente la giornata è ancora lunga, sembra non finire mai, così arriva lui, a complicarmi l'esistenza, e dal suo atteggiamento non sembra trapelare nulla di buono.
Sarò sfigata?
Angolo autrice
C'è lo aspettavate? Come da chi? Da Piergi, un simile comportamento?
Secondo voi è solo la rabbia del momento o cova qualcosa?
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro