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25 Vibrazioni stonate

Continuiamo a salire. Ormai non ho più il conto di quanto abbiamo riso, camminato, delle soste che abbiamo fatto. Ho la bocca impastata. Non ho mai parlato così tanto in vita mia, ma soprattutto nessuno si è mai interessato a me come fa Piergi. Voglio dire che ci sono tanti modi di sentire, ma credetemi se vi dico che lui lo fa sul serio! Non annuisce come fanno in tanti, per gentilezza, per opportunismo. Lui è davvero sintonizzato sulla mia stessa onda e ciò che davvero mi rende felice è il poter finalmente essere me stessa. Mi stupisco di come possa completare ogni mia frase, di come possa prevenire ogni mia mossa o ogni mio pensiero.
Lui mi capisce davvero, lui è interessato a quello che faccio o dico. È un'impressione, una presa di coscienza che mi rende orgogliosa di me stessa. Io valgo, e non per uno qualunque ma per lui, Piergi.
Mi chiedo se lo merito davvero, in fondo potrebbe avere tante ragazze...
Ma come sempre sto correndo troppo e devo cercare di darmi una calmata.
Mi siedo su un masso per sistemare le scarpe che mi danno il tormento. Poi bevo dalla borraccia un sorso d'acqua ed estraggo un taccuino di pelle dove sono solita annotare brevi pensieri, frasi improvvisate, per fissare un'immagine, scolpire una considerazione. È una pratica che ho sempre usato: appuntare per non dimenticare.
«È bello consunto», mi dice Piergi sorridendo.
«Cosa?» gli chiedo.
Dall'espressione che fa, dal modo in cui pronuncia quelle parole, non sembra volermi offendere, sebbene io non capisca dove voglia arrivare.
«Che vuoi dire?»
«Voglio dire che è vissuto... e io adoro gli oggetti un po' rovinati. Sono usati, ma hanno avuto la loro utilità, non credi?»
Lo dice con una naturalezza indescrivibile. Lo guardo di profilo. Non lo avevo mai fatto...
Sono così vicina...
Il naso sottile e delicato, la pelle pulita e tersa, gli occhi grandi, due pozzi neri in cui mi perdo.
Visti così, di lato, riflettono il cielo... e alla luce hanno una tonalità cangiante, con screzi di blu cobalto. Non riesco ancora a crederci...
Io non immaginavo potessero esistere ragazzi capaci di simili pensieri.
"Hanno la loro utilità."
Me lo ripeto, nella mente. È vero, a ogni oggetto si conferisce un valore pari all 'uso che ne facciamo o al significato che gli diamo, altrimenti non avrebbe senso di esistere.
Ma mentre sono intenta a riflettere, sorpresa, incredula, noto che l'attenzione di tutti è rivolta più in là...
Anche Piergi non mi dà più ascolto. Estrae dalla sua minuscola sacca un piccolissimo binocolo.
«Chi è?» chiede al fratello.
Andrej si sbraccia e saltella. Sembra entusiasta. La figura, lontana, diventa sempre più grande, finché ci raggiunge.
Ed è un uragano di parole, di gesti. Un personaggio singolare, buffo ma simpatico. Ha uno strano apparecchio sui denti che lo costringe in una esse sifula. Tutti noi siamo catturati da lui. Andrej lo abbraccia, gli dà una bella pacca sulla spalla e un saluto fatto di strani gesti di cui non colgo assolutamente il significato. Con il sorriso bloccato e stampato sul volto, il berretto girato sul capo, ci scorge uno a uno, da dietro le lenti spesse, avendo per tutti una battuta simpatica, una parola, un apprezzamento, tranne che per Piergi.
Lo guarda di sottecchi, sospettoso, direi quasi diffidente. Ma forse è una mia impressione, perché poi torna a sorridere e a parlare velocemente, senza sosta. Impossibile non dargli retta. Mi chiede delle mie scarpe, dei miei capelli, se ho fatto mai - come le chiama lui - delle esplorazioni in montagna o se sono più dedita ad altro visto che dall'abbigliamento non gli sembro particolarmente ferrata. Poi passa alla bionda e a Tamara, che appaiono divertite e spiazzate allo stesso tempo. Senz'altro il tipo non è uno di quelli che si fa scrupoli o che le manda a dire. Se deve esprimersi lo fa e come, indipendentemente dalle conseguenze. Lo guardo esterrefatta e ammaliata. Una strana accoppiata questa. È vero, l'estetica, il carattere non c'entra nulla, in amicizia come in amore non sempre si scelgono persone a noi affini, ma di solito vedo i belli con i belli, i prepotenti con gli arroganti... e questo ragazzo, non so come esprimermi, sembrerebbe non avere nulla a che fare con Andrej.
Nel senso che non sarebbe il tipo di amicizia che mi sarei immaginata al suo fianco. Avrei pensato a uno più stronzo. Bene: l'ho detto.
Diciamo che con lui la compagnia è diventata un vero gruppo. È come se facesse da collante tra tutti noi.
«Allora, amico, non ti aspettavo più, sai?» gli dice Andrej toccando la sua mano in un pugno chiuso. Lui fa altrettanto e si sfiorano.
Mi guarda ancora e mentre chiudo gli occhi, per assorbire e assaporare quell'atmosfera intrisa di meraviglie, vedo il tizio - come cavolo si chiama? - fare cenno verso di me e alzare il mento, scrutando Andrej per avere una risposta.
Ma quello sembra non percepire o forse non vuole capire.
«Insomma, vuoi tenerle tutte per te? Non me le presenti?»
«Ah, beh, loro?»
«Chi sennò?»
«Non sei mica il tipo che si tira indietro per una mancata presentazione. E poi mi pare che tu ti sia messo già a tuo agio...»
«Ok, ho capito.»
Allunga il braccio verso di me.
«Tobias.»
«Piacere, sono Rose.»
Mi sento nervosa. Si sofferma, mi squadra ancora. Uno strano silenzio si è frapposto tra di noi. È quel genere di situazioni che proprio odio: essere al centro dell'attenzione. Preferisco essere spettatrice, stare ai margini, non di certo buttarmi in prima linea, a meno che non sia necessario.
Una voce si intromette rompendo il silenzio imbarazzante. Ed è salvifica.
«Non vorrai mica fare il lumacone con mia sorella?»
Raddrizzo la schiena e alzo la testa.
Allucinante! Mia sorella? Stento quasi a riconoscerne il timbro...
Se non fosse che a Andrej non è mai piaciuto passare in secondo ruolo, penserei a quella frase come a un modo per proteggermi.
Proteggere me?
Non ho intenzione di farmi difendere da nessuno, tantomeno da lui. So cavarmela da sola, io! Sarà la bella atmosfera, l'aria rarefatta che mi porta a fare simili conclusioni, ma Andrej non è mai gentile, è un calcolatore. Lui non fa mai nulla per niente, per questo non devo farmi venire in mente strane idee, perché sarebbero solo illusorie.
I due continuano a parlare - si vede che sono amici di vecchia data - e le parole escono dalla bocca di Tobias vorticosamente. È inarrestabile.
«Perché avete scelto questo versante? Ci metteremo più tempo ad arrivare. E poi ci sono dei tratti un po' pericolosi. Ho sentito di qualche frana lassù. Sarebbe preferibile addentrarci.» Con il dito indice puntato in aria, ci mostra la deviazione che vorrebbe fare.
Nela - è così che si chiama l'amica di Tamara - sembra terrorizzata, anche se non vuole darlo a vedere.
Cerco di tenere alto il morale e lo spirito. Non voglio entrare nel bosco, non voglio farmi prendere dal panico, non ora.
Piergi sembra leggermi nel pensiero, mi sorride e mi dà un pizzicotto sul fianco.
Poi schermendosi gli occhi dalla luce del sole, si protrae in avanti per parlare. Ha la voce stranamente roca, come se qualcosa gli impedisse di parlare, come se avesse della sabbia a grattargli la gola.
«Ho sempre proseguito per questa strada e non è mai successo nulla. L'altro versante è più sicuro, è vero, ma saremmo rallentati dalla fitta vegetazione. Poi questo panorama è impagabile. Riesci a vedere tutto da qui... È stupendo. È meno all'ombra, il che non può che essere positivo. Più andremo su e più le temperature saranno fredde.»
«Ehi, ma questo dove l'hai beccato? Nemmeno il mio professore di italiano è così poetico.»
È un soggetto strano questo Tobias. Meticoloso e allo stesso tempo strafottente. Forse non è poi tanto una combinazione azzardata quella con Andrej. 

Piergi è leggermente infastidito - al suo posto lo sarei anche io, probabilmente - ma mantiene il self control. È davvero ammirabile. Tobias continua a ridacchiare. Credo tutto sommato non lo abbia detto per cattiveria, anche se noto che con la coda dell'occhio ogni tanto si gira per scrutare il volto di Piergi. Sono incuriosita da questo suo atteggiamento.
Vedendo poi che Andrej è imbarazzato, non aggiunge altro. Si gratta il capo in un modo buffo, scompigliandosi i capelli.
«Scherzavo eh! Che sono queste facce? Non sarà che anche lui è tuo fratello?» chiede rivolto ad Andrej.
«Bingo», gli risponde quello.
«Sul serio? Questa poi... non me l'aspettavo proprio. Uno nero, una bionda ramata e uno quasi albino. Ma la cosa incredibile è che siete tutti diversi...»
E lo eravamo davvero, non sbagliava, ma nessuno di noi aveva voglia di spiegare il filo che ci legava e ci teneva uniti come un'arma a doppio taglio. Un filo talmente sottile...
Non ci voleva nulla per spezzarlo, eppure, per ragioni diverse, eravamo incatenati, costretti a vivere insieme, eppure avvertivo che qualcosa stava cambiando in me, in noi.
«E voi? Siete sorelle, cugine?» chiede la new entry.
«Loro non sono nulla, semplicemente amiche», ammette Andrej.
Un'affermazione secca ma sincera.
Leggo una nota di amarezza nelle bionde.
«Bene, bene. Proseguiamo allora.»
Prima di incamminarci, osservo Tobias mentre fruga frettolosamente tra le tasche dei pantaloni. Sembra un tipetto davvero preciso. Prende uno strano aggeggio da una tasca. È un coltellino svizzero.
«Che te ne fai di quel coso?» domando curiosa.
Mi guarda divertito.
«Si vede che non sei mai salita su. Vedi, un affare del genere può sempre tornarci utile, per mille ragioni. Per accendere un fuoco, per tagliare una corda, per difenderti, per svago. Lo porto sempre con me.»
«Ma a noi non servirà accendere un fuoco o altro. Giusto?»
«Non si sa mai. In montagna non va mai come dovrebbe andare...» ribadisce. Anche lui ha un taccuino. Annota, osserva. Se dovessi accomunarlo a un animale penserei a una talpa o a un gufetto. È un vizio che ho, associare le persone a degli animali. Mi diverte.
Piergi mi si accosta. Con voce bassa mi dice di non preoccuparmi. Non capisco bene le sue parole, ma ne intuisco il senso. Come sempre lui riesce a stupirmi, leggendomi dentro.
Poi a un tratto le cose cambiano, precipitosamente.
Un gregge di pecore scende in modo disordinato.
Ciò che per me poteva sembrare normale, non lo era.
Sento vibrare le corde del mio cuore in maniera stridula... e avverto una strana sensazione, come un monito, ma questa volta non sono stata io a cacciarmi nei guai, non posso farmene una colpa. È qualcosa di più grande, è chiamata destino... contro il quale nulla si può, se non piegarsi.
Ma io non lo avrei mai fatto, potete starne certi, mai...
Mi sarei opposta con tutte le mie forze.
Perché?
Perché non posso essere nient'altro che me stessa, perché non posso fare a meno di essere Rose, complicata, insicura, ma cocciuta, ma pur sempre la vostra Rose.
Sappiatelo!

Spazio autrice

Rose e le sue insicurezze...
Rose e le sue fobie.
Ci addentriamo sempre più tra gli spazi aperti del suo cuore.
E poi vediamo lui, Tobias, un soggetto alquanto strano. Che ne pensate? Spero vi sia piaciuto il capitolo. Fatemi sapere!

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